Il blog di Leandro

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[2024-03-17 dom] Appino al Viper   Musica Concerti Recensioni

Un altro bel concerto anche se questa volta in un locale nel quale era tanto che non andavo.

Appino ha fatto parte del gruppo Zen Circus, gruppo che ho visto tante volte dal vivo e che ho apprezzato tantissimo in tutti i vari dischi, specialmente quelli in italiano. Avevo visto Appino anche in occasione del suo primo disco e mi era piaciuto ma non del tutto.

Invece questa volta è andato tutto per il meglio.

Innanzitutto si partiva da un ottimo disco, probabilmente il migliore della produzione di Appino da solista, che se la gioca anche con i migliori dischi degli Zen Circus: bei suoni molto elettronici, belle canzoni, bei testi anche se forse sempre un po’ con lo stesso tono.

Però il concerto è stato diverso. Innanzitutto perché il gruppo è stato estremamente presente, sia come suoni che come presenza scenica. E poi perché le canzoni sono state suonate in modo molto diverso dal disco.

Suoni molto rock, quasi da concerto anni ’80 in totale spregio delle mode attuali: due tastiere, un basso e una batteria, oltre alla chitarra elettrica di Appino. Ottima anche l’equalizzazione rispetto alla sala.

Ottimi musicisti tutti, compreso Appino che non avevo mai sentito fare soli (seppur brevi) con la chitarra elettrica dimostrando oltretutto una notevole maestria; inoltre parevano divertirsi anche loro, tanto che uno dei tastieristi ha trovato il modo di fare una citazione dai Pink Floyd (almeno nei suoni) e della PFM (accennando il tema di Impressioni di settembre) e ha fatto un (breve) solo anche il batterista. Anche la tenuta del palco è stata veramente efficace da parte di tutti i componenti del gruppo.

Anche gli arrangiamenti erano molto più rock del disco perché erano molto più elettrici. Era tutto suonato senza campionature se non le voci presenti come introduzione nel disco e un contrabbasso che apre un canzone.

Interessante il fatto che, a mia impressione, non è stato usato nessun controllo della voce e quindi ogni tanto si sentivano leggere stonature.

Il concerto è iniziato con una serie di canzoni dell’ultimo disco intervallate da una dei vecchi. Poi è proseguito mescolando tutti i dischi.

Dopo un primo intervallo è entrato Appino da solo e ha fatto una serie di canzoni con la chitarra acustica e l’armonica (facendo pensare tanto a Edoardo Bennato) fino a che non è arrivata Emma Nolde con la quale sono state fatte un paio di canzoni e una bellissima cover de La Bambola di Patty Pravo.

Una nota a margine: in generale per la voce ma quando Appino ha suonato la chitarra acustica con l’armonica mi ha fatto pensare (e non solo a me ma anche ad altri) a Eugenio Bennato.

L’ultima notazione riguarda il pubblico, che ascoltava, partecipava ma non chiacchierava e che ha riempito quasi tutto il locale.

[2024-03-13 mer] La mostra di opere di Michael Stipe alla findazione ICA a Milano   Musica

Sono andato a questa mostra perché ho sempre apprezzato il gruppo musicale del quale Michael Stipe ha fatto parte fin dall’inizio, apprezzamento che cominciò con un bellissimo concerto che vidi a Bologna molti anni fa.

Alla fine sono stato contento anche se in effetti non c’era poi gran che: forse le opere che mi hanno colpito di più sono state la prima stanza con le teste di gesso e l’idea dei cappelli buttati in terra (che facevano pensare alla stanza delle scarpe di Mauthausen).

Il posto era molto underground ma simpatico.

Ne è valsa la pena.

[2024-03-04 lun] Mi si è bruciato un raspberry   Computer Informatica

Lo scrivo qui perché, nel mio piccolo, è un avvenimento.

Sono tutt’altro che un fanatico dell’hardware, che anzi in genere mi dà poca soddisfazione ma ho seguito la parabola del raspberry fin dall’inizio incuriosito dall’idea di un piccolo computer scarno per quanto possibile a basso costo.

Così a suo tempo comprai un raspberry 1 (credo di aver ricevuto il numero d’ordine 80 o giù di lì) e da allora ne ho comprati svariati, tutti ancora in uso, compreso il suddetto primo.

Ma questo invece, un raspberry 4 con otto giga di ram, ha appena smesso di funzionare ed è stato il primo a morire.

[2024-03-02 sab] Tony Crimine al Surfer Joe   Concerti Musica Recensioni

Bel concerto di un gruppo che proprio non conoscevo nonostante sia delle mie zone (Pisa per la precisione) in un piccolo locale molto simpatico di Livorno nel quale conto di tornarci, visti oltretutto i molti legami che mi portano in quella città.

Il gruppo è composto da due chitarre, basso chitarra, batteria e cantante, tutti sui quaranta con un monte di energia, evidente esperienza di palco e un monte di carattere: deliziosa la maglietta dei Turbonegro di uno dei due chitarristi, d’altra parte il genere è quello.

Rock’n’roll bello sudicio e violento, suonato con tanta maestria con alcune canzoni che anche al primo ascolto dal vivo rendevano proprio bene.

Due soli appunti:

  • il cantante se l’è cavata bene con il canto ma la tenuta del palco è stata un po’ troppo sopra le righe con dei gesti e un abbigliamento (praticamente nudo) che forse faceva effetto una ventina di anni fa ma che ora mi ha lasciato perplesso. Guardando poi i video pubblicati ho visto che questo cantante sembrerebbe essere un acquisto recente;
  • maledizione a quelli che hanno creduto alla cazzata della “rinascita” del vinile e che si presentano a questi concerti gratuiti vendendo solo quei merdosissimi piattelloni di plastica impedendomi di aiutarli economicamente come mi piace fare quando mi piacciono i musicisti. Per fortuna ho potuto comprare il disco poi su bandcamp e devo dire che suona proprio bene.

[2024-02-24 sab] Blue Beaters al Glue   Musica Concerti Recensioni

Anche questo è stato proprio un bel concerto e quindi il primo ringraziamento va sempre al locale che lo ha offerto; grazie Glue!

Era tanto tempo che non vedevo un concerto ska, oltretutto suonato così bene.

Avevo già visto questo gruppo (o per lo meno una sua incarnazione) molti anni fa quando accompagnavano Giuliano Palma e in effetti anche allora mi erano piaciuti ma allora erano veramente un solo accompagnamento e la stella era il cantante. E invece anche senza la stella mi sono piaciuti un sacco.

Sul palco erano presenti il cantante/tastierista (che fa parte anche dei Casino Royale), chitarra, basso, batteria, tastiere, sassofono e trombone fra i quali sembrava esserci molta affinità pur essendo di età molto varie (diciamo dai trenta ai cinquant’anni) tanto che sembravano divertirsi tanto quanto il pubblico: forse anche troppo “scherzosi” fra di loro, cosa che a me non piace molto ma in effetti alle volte sembravano molto emozionati come se fossero un po’ alle prime esibizioni.

Le canzoni suonavano molto bene anche se i rapporti fra i volumi degli strumenti non sembrassero ottimali perché, pur cambiando spesso la posizione nella sala, ad esempio la voce era sempre piuttosto bassa mentre il volume dei fiati era troppo alto.

Mi sono piaciute sia le canzoni più tradizionali cantate in inglese che quelle più “moderne” cantate in italiano: fra l’altro mi sono piaciute anche nei dischi che ho comprato al concerto e scaricato.

[2024-02-02 ven] La mostra sui CCCP a Reggio Emilia   Musica Mostre

Sono andato a vedere questa mostra sull’onda del documentario che ho visto commentato tempo fa ma anche perché, come ribadisco, sono sempre stato un fan di quella musica e di quel periodo.

E anche per questa mostra ho un po’ la stessa sensazione del documentario: la mostra è molto interessante e ben curata anche se in verità non è che ci sia tantissimi oggetti e il tutto è molto affidato alle “installazioni”, peraltro molto ben fatte e di sicuro impatto.

Però resta la stessa sensazione: si parla solo del gruppo e di niente altro, come se fossero stati i soli e gli unici, senza riportare invece qual’era la scena in cui si muovevano e della quale erano i figli, scena musicale ma anche sociale e politica. In realtà i CCCP erano all’interno di una scena molto interessante che poi ha dato figli e figliastri che vediamo ancora oggi.

Un’altra occasione persa. Sempre la mia impressione è che i componenti abbiano necessità di rilanciare le proprie carriere.

[2024-01-27 sab] /handlogic e Corda al Glue   Concerti Musica

Ancora una bella serata nel locale più accogliente attualmente della mia città, il Glue, al quale vanno sempre i miei complimenti, auguri e auspici di lunga vita perché di un locale come questo ne sentivo proprio la mancanza. Fondamentalmente perché, dalla chiusura della Flog in città non c’era più un locale dedicato all’ascolto di musica a prezzi raggiungibili che proponga anche gruppi piccoli e anche molto piccoli. Altri locali ci sono ma o sono dedicati praticamente ad un solo pubblico oppure sono abbastanza più cari. Viva il Glue!

Venendo al concerto, in questa serata hanno suonato due gruppi cittadini, prima i Corda e poi gli /handlogic (il primo carattere è un’acca con un gambino che non so come si scrive).

I Corda sono al loro primo EP e sono risultati abbastanza interessanti anche se forse un po’ scontati: una bella mescolanza di emo, un po’ di rumore, rock chitarristico e tocchi elettronici insieme ad una buona tenuta del palco. Interessanti.

Gli /handlogic erano l’attrazione della serata: io li avevo già sentiti al primo concerto dopo il lockdown e forse posso un po’ confermare quello che avevo già pensato (e scritto).

Cominciamo dalle differenze: innanzitutto quasi tutte le canzoni adesso sono in italiano (come nel nuovo disco), poi evidentemente c’è stato un cambio di persona nel gruppo perché adesso c’era una ragazza che non ricordavo.

Il resto posso (ahimé) confermare quello che avevo già scritto: una bella tenuta di palco anche se il cantante ha la pessima abitudine di introdurre le canzoni con “lo spiegone” che io proprio non apprezzo. Un’ottima tecnica strumentale però sempre piegata per curare le canzoni e mai esibita fine a sé stessa. Però il risultato non funziona: le canzoni sono sempre molto sofisticate, con molta melodia ma spesso (se non anche sempre) un po’ “demodé” per non dire anche un po’ pacchiana; anche i suoni sono sempre molto curati che però risultano un po’ sempre uguali. È tutto un girare intorno al singolone di successo ma non ci arrivano mai, come se ne avessero “paura” e probabilmente è un risultato cercato, nel senso che non vogliono mai arrivare dove li aspetteresti ma il risultato alla fine è noioso. Anche l’ascolto del disco provoca la stessa reazione.

Alla fine poi sono rimasto molto male perché volevo comprare il nuovo disco ma vendevano solo il vinile (con un codice per scaricare la versione digitale) e quindi mi hanno costretto a scaricarlo.

[2023-12-16 sab] I computer non sono semplici   Informatica

Adesso vi svelerò un segreto: i computer sono macchine complesse e difficili da usare e ancora di più da comprendere.

Per usarli sono necessari concetti completamente nuovi che prima di loro non esistevano, sono necessari modelli mentali assolutamente alieni e anche posizioni del corpo abbastanza nuove.

Chi vi dice che sono semplici vuole vendervi una visione edulcorata e prona a qualsiasi tipo di strumentalizzazione.

La cosa peggiora enormemente se entra in gioco anche la rete.

[2023-12-14 gio] Casino Royale a Prato   Concerti Recensioni Musica

È stato davvero uno splendido concerto, come non ne vedevo da tempo, specialmente considerando l’età del gruppo che ha attraversato un sacco di trasformazioni sia dei componenti che del genere proposto. La cosa è ancora più strabiliante considerando che il gruppo ha avuto un periodo nel quale ha sfiorato la cima delle classifiche senza mai però realmente arrivarci e poi sono piano piano scomparsi.

Per quanto mi riguarda, la cosa non conta perché per me molti dei loro dischi, sia del periodo di fama sia dei vari periodi oscuri sono fra i miei dischi della vita e anche alcuni loro concerti sono stati per me oltremodo determinanti.

Comunque, tornando a questa esibizione, il gruppo era molto “in palla”: tre componenti storici, canto - Alioscia, chitarra e tastiere. Un batterista nuovo molto efficace anche se venivano usate tantissime basi ritmiche. Un percussionista molto efficace. Una cantante molto giovane che però non mi è piaciuta tecnicamente ma forse era solo molto timida e alle prime armi. In verità sembrava ci fosse una tensione non proprio positiva fra i vari componenti: il cantante ha fatto più volte dei commenti acidi rivolto verso il tastierista (che è appena rientrato nel gruppo) anche se con il sorriso sulla faccia e poi ha fatto una presentazione un po’ “strana”, come imbarazzata, della cantante.

Le canzoni presentate erano solo dai dischi dopo 1996 - adesso e niente dai dischi precedenti, quelli ska per intenderci e la cosa mi è un po’ dispiaciuta perché mi sarebbe piaciuto ascoltare versioni rifatte delle canzoni ska. Comunque in generale le canzoni sono state presentate in versioni estremamente rimaneggiate, anche quelle più classiche con molto coraggio ma con risultati assolutamente efficaci e piacevoli: Soul Kingdom in versione quasi rock ad esempio mi è piaciuta tantissimo.

Un sacco di strumenti acustici/elettrici, chitarre e bassi, batteria, percussioni ma anche tanta elettronica “camuffata” in modo molto funzionale in modo da risultare poco evidente.

Ottima acustica dal palco anche se alcuni volumi secondo me erano sbagliati per lo meno dalla posizione dove mi trovavo io: in particolare la voce alle volte rimaneva un po’ bassa, così come la chitarra bassa, mentre le basi e le tastiere un po’ troppo alte.

Locale molto scarno ma molto accogliente, proprio nel centro della città, accanto al teatro dove ho visto i Marlene Kuntz.

Nessun merchandasing, e mi è dispiaciuta perché questa volta avrei comprato qualche gadget volentieri.

[2023-11-30 gio] David Morrell - Primo Sangue   Libri Recensioni

Ho letto che questo libro ha un approccio molto diverso da quello che viene fuori dal film o per lo meno da quello che ci è stato proposto visto che il regista ha detto che il film è stato molto modificato in fase di montaggio contro la sua volontà.

In effetti il tono è molto diverso, molto problematico, con i due personaggi principali, il soldato e lo sceriffo costretti a fare (e a farsi) del male perché questo è quello che gli è stato insegnato e non hanno altre possibilità.

Il tema è abbastanza banale ma all’inizio rende abbastanza bene ma poi comincia la fuga del soldato e la trama diventa troppo inverosimile e quindi il racconto diventa meno interessante fino al finale troppo cinematografico.

[2023-11-10 ven] Kissing Gorbaciov   Musica Film

Sono andato a vedere questo documentario per molte ragioni: sono stato un fan dei due gruppi principali della storia e più in generale della musica di quel periodo e giro; ma soprattutto ero incuriosito dal fatto che avevo sempre sentito parlare in modo mitico di quel festival e della tournée in Russia che ne seguì e quindi ero curioso di vedere cosa avrebbero raccontato.

E sono rimasto molto deluso perché praticamente hanno raccontato solo dei CCCP come se non ci fossero stati altri, trascurando completamente o quasi i Litfiba che in realtà sono stati i grandi protagonisti della musica popolare proprio a partire da quella vicenda.

Oltre ai CCCP hanno intervistato solo i Rats e un altro gruppo dei quali però non è stata fatta vedere neanche una registrazione di un’esibizione perché erano assolutamente secondari. Anche i due giornalisti che sono stati intervistati non hanno detto una parola sui Litfiba.

Non capisco bene perché abbiano voluto far scomparire completamente i Litfiba ma ho un po’ l’impressione che i componenti dei CCCP abbiano la volontà di ripresentarsi al pubblico e quindi hanno la necessità di presentarsi come i “grandi” di quel periodo, riscrivendo di fatto la storia: i grandi gruppi venuti fuori da quel periodo, non solo come vendite ma anche come eredità, sono stati i Litfiba e successivamente i CSI che dei CCCP sono stati gli eredi.

Forse l’unico aspetto riuscito del documentario è stato il racconto del festival organizzato nel Salento in un periodo in cui tutto ciò era veramente avveniristico e il background culturale e politico in cui tutto ciò nacque anche se il tono è sempre stato troppo autoindulgente.

[2023-09-28 gio] Yaron Herman al Museo dell’Opera del Duomo   Concerti Musica Recensioni

Rapida recensione di un concerto che mi sono goduto, per la musica in sé ma anche per il posto in cui si è tenuto, il museo dell’Opera del Duomo di Firenze.

La musica improvvisata pianistica mi è sempre piaciuta, fin da bambino quando i miei genitori mi facevano ascoltare continuamente Keith Jarret.

Il pianista di questo concerto, Yaron Herman, che non conoscevo, si è dimostrato molto interessante eseguendo una serie di brani “improvvisati” cambiando via via sempre “genere”, dal “keithjarrettismo” a movimenti più eterei e “ambient”. Interessante anche il fatto che il pianista si è presentato con una mise molto dimessa, contrariamente al tono molto “high society” della serata. In tono con il luogo molto bello in cui si è svolto il concerto, all’interno del museo dell’Opera del Duomo di Firenze in uno spazio adornato con i gruppi scultorei originali della facciata del duomo e del battistero. Tutto molto scenografico!

Bella serata.

Peccato che i dischi che ho provato ad ascoltare risultino molto meno coinvolgenti del concerto.

[2023-09-17 dom] Liberato a Napoli   Concerti Musica Recensioni

Una bellissima serata che mi ha fatto fare la pace con quelli che io chiamo “i concertoni”, quelli in posti troppo grandi per percepire davvero quello che succede sul palco, sempre troppo pieni di effetti di luce, di schermi giganti che spesso nascondono quello che dovrebbe essere il punto centrale, la musica.

Qui c’è stato tutto quello che mi fa tremare quando sono ai “concertoni”: effetti speciali molto spettacolari, un palco particolarissimo (fra l’altro tenendo i musicisti molto più in alto del solito), schermi giganti (che però sono stati usati per far vedere solo effetti di luce e mai le facce dei musicisti, che fra l’altro erano mascherati in modo irriconoscibile), una location molto spettacolare anch’essa. Anche ballerini con costumi simil folkloristici ma non pacchiani.

Però l’ossatura sulla quale tutto si reggeva sono state sicuramente le canzoni: eseguite molto bene, molto spesso fortemente riarrangiate ma sempre riconoscibili, molto ben suonate. Non sto a dire che amo profondamente molte di queste canzoni.

Quattro musicisti sul palco: un cantante, due tastieristi/percussionisti e un chitarrista che ha suonato ben poco. Tutti indossavano una tunica con maschera che non ha mai permesso di neanche percepire la figura della persona. Fra l’altro, il palco con i musicisti, come ho già scritto era molto in alto, molto di più di quanto ho mai visto, cosa che ha permesso sia di vedere abbastanza bene anche da lontano, sia di utilizzare la parte inferiore del palco per una breve coreografia dei ballerini verso la fine del concerto.

Scenografie molto efficaci e mai pacchiane, con giochi di colore che spesso richiamavano il senso della canzone senza mai starfare e soprattutto non c’è mai stata la cosa terribile di usare gli schermi giganti per ingrandire il palco ma solo per effetti.

Un aspetto molto evidente era la “rivendicazione” molto forte della “napoletanità” dell’evento: forse la cosa era rimarcata dal fatto che ci trovavamo nella loro città e non ho idea se in altri posti hanno fatto lo stesso. Sicuramente qui hanno reso molto evidente un certo “orgoglio” campanilistico, sia nell’uso spesso e volentieri di un dialetto (sia pur molto semplificato) sia nell’iconografia. Un aspetto che ho letto in una recensione giornalistica è stato l’uso della “parolaccia” “chitemmuort”, che però io non ho sentito.

[2023-08-09 mer] Miserere di Marina Marrazza   Libri Recensioni

Questo è il seguito “ideale” de il segreto della monaca di Monza: ideale perché racconta le vicende della figlia della storia precedente della quale però in realtà storicamente non ne sappiamo niente.

Di conseguenza la storia è da considerarsi completamente di fantasia anche se si muove all’interno di un periodo storico ben preciso con continui riferimenti storici reali.

Purtroppo l’autrice si fa “prendere un po’ troppo la mano” e quello che risulta è una serie di avventure un po’ troppo rocambolesche tanto che alla fine quello che non sembrava l’altro libro, un romanzo di cappa e spada, lo diventa questo: sempre godibile ma poco realistico.

Quello che invece funziona proprio bene sono le introduzioni ai vari personaggi che via via vengono incontrati dove vengono raccontate storie se non reali almeno realistiche di personaggi e caratteri del periodo: il cantante lirico che muore al momento della castrazione, la bimba infibulata e la madre assassinata (detesto la parola “giustiziata”) per lapidazione, bambini storpiati per poter chiedere l’elemosina per fare alcuni esempi, untori condannati a morte. Questi racconti rendono uno sguardo vivido del periodo storico in cui si svolge il romanzo.

[2023-07-28 ven] Il concerto di Kenobit alla limonaia di Villa Strozzi a Firenze   Musica Concerti Recensioni

Sono andato a questo concerto perché avevo un appuntamento per il Flug con il musicista (che gestisce anche il server mastodon presso il quale abbiamo chiesto l’account del Flug) e lo scrivo perché probabilmente non ci sarei andato altrimenti visto che avevo già visto Kenobit altre due volte.

Le altre due volte però erano situazioni nelle quali non sono riuscito a vedere l’esibizione come un vero e proprio concerto ma più come una “presentazione”.

Invece questa volta l’esibizione era strutturata proprio come un concerto con tanto di palco, luci, amplificazione e “gruppo spalla” (del quale scriverò alla fine).

In realtà il concerto di Kenobit era stato preceduto da una presentazione (più che altro un’intervista da quel che mi hanno raccontato) che però non ho seguito perché ero altrove.

Venendo al concerto vero e proprio, non so cosa pensare: l’idea di fare musica con macchinette pensate per tutt’altro non è per niente nuova ma a differenza di altre esperienze che ho visto, che volevano sempre essere “d’avanguardia”, “ricerca”, Kenobit vuole solo far ballare e far sentire le canzoni che piacciono, un po’ come un karaoke, un concerto “revival”.

La cosa funziona per il pubblico che conosce le canzoni che vengono eseguite, come sigle di cartoni animati anni ’80, tormentoni anni ’90 e che altro che incontra i gusti del pubblico di trenta/quarant’anni.

La vera “novità” è solo l’uso dei gameboy continuamente ribadito e rivendicato.

Per chi come me quelle canzoni non dicono praticamente niente l’effetto è scarso perché l’unica cosa che cattura l’attenzione è l’ottima tenuta di palco di Kenobit stesso che in questa cosa è decisamente molto bravo.

Una nota a margine: c’erano tre fotografi “professionisti”, non chiamati da Kenobit ma probabilmente dal locale e/o da giornali. Probabilmente Kenobit sarà una prossima stellina del firmamento pop.

Il gruppo spalla si chiamava qualcosa come “Elettro gruppogeno” e non era malissimo, specialmente per come avevano organizzato il palco con due ballerini davanti. Le canzoni però erano abbastanza piatte e insignificanti: bravi ma hanno bisogno di un po’ di produzione professionale.

[2023-07-26 mer] Il segreto della monaca di Monza di Marina Marrazza   Libri Recensioni

Alle prime pagine il romanzo ha un po’ l’andamento di un romanzo “d’appendice” (come di diceva una volta) e lo scrivo io che ho sempre adorato quel tipo di letteratura. Invece, proseguendone la lettura questa prima impressione si rivela sbagliata perché l’intreccio è tutt’altro che “facilmente avventuroso” e diventa invece un bell’affresco di una vicenda piena di personaggi e vicende realistici.

Della Storia con S maiuscola non ne so praticamente niente per cui non ho idea di cosa sia veritiero e cosa no ma sicuramente la scrittrice riesce a rendere tutto molto vibrante e interessante e anche qui viene voglia di approfondire (con wikipedia) i tanti accenni storici presenti.

[2023-07-23 dom] Detto dei fremen   Letteratura Dune

Non puoi dissetarti con un miraggio ma ci puoi annegare dentro.

[2023-07-18 mar] Il cellulare di whatsapp   Personale Privacy

Come tutte le persone comuni, anch’io ho molti rapporti sociali mediati da whatsapp.

Solo che a differenza di molti (tutti?) i miei conoscenti, la cosa di avere un solo aggeggio per comunicare dove fosse presente whatsapp in compagnia di tutti i miei dati personali mi disturbava: così ho fatto il Grande Passo e ho messo su un altro cellulare dove sta whatsapp, con tutte le complicazioni relative.

Appena l’ho fatto mi è venuto naturale pensare al nuovo (in realtà vecchio) cellulare come “il cellulare di whatsapp” e così un’ambiguità della lingua italiana mi ha fatto capire un semplice fatto: quell’aggeggio non è di mia proprietà ma appartiene a Meta con tutti i dati che contiene.

[2023-07-16 dom] Proletkult di Wu-Ming   Libri Recensioni

Il romanzo si svolge durante i primi anni successivi alla rivoluzione d’ottobre visti attraverso gli occhi di un personaggio storico, Bogdanov, decisivo durante la rivoluzione ma ormai fuori dalla lotta politica. Questo personaggio storico ha pubblicato anche romanzi di fantascienza ed è da qui che parte la storia.

Come tutti i romanzi di Wu Ming, quella che viene raccontata è una vicenda storica mescolata a storie di fantasia riuscendo anche in questo romanzo a creare un racconto vivido, con i personaggi che si muovono in maniera sempre realistica. Un racconto realistico e di fantasia come dovrebbero essere tutti i romanzi raccontando periodi decisivi della storia con la S maiuscola. Insieme vengono inseriti tanti piccoli particolari a personaggi e vicende dell’epoca: ad esempio il racconto della nascita dell’astronautica sovietica è molto interessante ed intrigante anche se forse viene lasciato un po’ troppo sullo sfondo per la mia curiosità.

Viene sicuramente voglia di leggere la fantascienza russa di quel periodo.

Il gioco della morte del protagonista è forse un po’ scontato visto che ricorda tanta fantascienza conosciuta, film dell’arrivo degli alieni in primis.

Assolutamente un libro da leggere.

[2023-07-14 ven] Aphex Twin al castello scaligero di Villafranca   Musica Concerti

Una recensione di un concerto che volevo assolutamente vedere perché il musicista in questione è sempre stato molto “simpatico” ed interessante ma che purtroppo ha confermato un po’ le paure che avevo già prima.

Innanzitutto una menzione per il luogo in cui si è svolto: il castello scaligero è veramente stupendo per concerti medio grandi: le mura intorno quasi intatte, il grande piazzale interno praticamente vuoto con un bellissimo prato che abbassava tanto la temperatura è stato un aspetto splendido perché permette di godersi lo spettacolo sia da sotto il palco (cosa che io non ho fatto) sia un po’ a distanza sia dai rialzi lungo le mura sempre vedendo molto bene il palco. Peccato per gli antipaticissimi cani antidroga all’ingresso.

Era presente tanto pubblico anche se lo spazio disponibile ne avrebbe potuti accogliere anche il doppio tanto che abbiamo potuto comprare il biglietto all’ingresso come una volta.

Il pubblico era composto da tanti ragazzi, tanti ventenni come non vedevo da tempo ad un concerto. Evidentemente il personaggio, pur essendo piuttosto “antico”, riscuote interesse anche fra i più giovani.

Venendo agli aspetti meno riusciti, la musica è stata fondamentalmente di genere rumorista con degli accenni ogni tanto tecno e acid ma fondamentalmente tutta rumorista tanto che dopo un po’ sembrava un accompagnamento ai giochi di luce. I suoni erano perfetti ma essendo tutti artificiali non era poi così difficile

Tanta cura per i giochi di luce interessanti soprattutto per l’uso delle proiezioni sullo schermo cubico sopra al musicista e sui due schermi a lato con il tocco “umoristico” del montaggio di facce di personaggi famosi (per lo più italiani, tanto da pensare che fosse una cosa preparata per lo specifico concerto) sopra alla solita faccia/logo di Aphex Twin. I laser invece erano cosa ormai vista e rivista.

Alla fine concerto assolutamente insufficiente. Peccato però alla fine sono stato contento di esserci andato ma non ci tornerò mai più.

[2023-06-09 ven] Quintettottoni in via Tornabuoni a Firenze   Musica Concerti

Brevissima segnalazione per un piccolo concerto di un gruppo abbastanza amatoriale (nel quale suona anche una persona con la quale ho suonato tantissimo da ragazzo) che ho ascoltato sul sagrato della chiesa che si trova in via Tornabuoni a Firenze:

  • repertorio di canzoni pop da colonne sonore e non solo, tipo banda, molto carine e con bellissimi arrangiamenti;
  • esecuzione abbastanza amatoriale;
  • tanto pubblico in un bellissimo scorcio della città.

Mi ci sono proprio divertito.

[2023-06-06 mar] I concerti “seri” poco divertenti   Musica Concerti

Andare ai concerti odierni sta diventando una pena invece che un divertimento: biglietti costosissimi, regole di ingresso che neanche le basi militari o le carceri (che già il fatto che si debba subire una perquisizione all’ingresso mi mette subito di malumore), pubblico ludibrio se sbagli gli applausi (che se non sai la partitura a memoria sei fuori luogo). I “grandi” concerti, quelli “importanti” e “seri” stanno diventando divertenti come una seduta dal dentista.

[2023-06-03 sab] Gabriele Mirabassi in duo al teatro Olimpico di Vicenza   Musica Concerti

Sono andato a questo concerto un po’ per caso perché mi trovavo a Vicenza per tutt’altra occasione ma sono stato proprio contento di esserci andato per tante ragioni:

  • il teatro Olimpico di Vicenza è un palco eccezionale sia per ragioni storiche (è detto essere il più antico teatro coperto al mondo) sia perché è una scenografia eccezionale che avevo studiato al liceo ma che visto dal viva fa un effetto meraviglioso;
  • il repertorio presentato è stato notevole: la parte di musica “colta” (odio questa definizione, come ho già scritto, ma funziona) con le sonate di Berio e di un compositore argentino (del quale non ricordo il nome) molto “moderne” ma per me estremamente godibili, sicuramente caratterizzate da una difficoltà tecnica d’esecuzione particolare. Anche la parte del repertorio “pop” (si fa per dire) è stata molto interessante e mi ha colpito tanto che mi è venuta voglia di studiare e ascoltare Carlos Jobim che proprio non conosco se non di nome;
  • l’esibizione è stata veramente magistrale. I due musicisti si sono “trovati” sempre nonostante la difficoltà tecnica dei brani fosse sempre da alta ad altissima. Una cosa che però mi ha lasciato un po’ dubbioso è stato il suono del clarinetto che sembrava un po’ “secco”, con pochi armonici, cosa forse dovuta al tipo di sala;
  • l’atteggiamento dei musicisti è stato un altro aspetto che mi è proprio piaciuto perché hanno presentato almeno parte del repertorio con molta simpatia, aiutandoci a capire quel che stavano suonando (visto che oltretutto non c’era un programma di sala) dando una dimostrazione che la musica possa (o anche debba) essere spiegata;
  • infine questione molto pragmatica, il costo del biglietto di 10€ ha reso il tutto molto fruibile anche se in verità non c’era tantissimo pubblico, diciamo intorno alle cento persone.

Purtroppo adesso non ricordo il nome del pianista che era l’altra metà del duo.

[2023-05-06 sab] Ufomammut (e Nudist) al Glue   Musica Concerti

Una bellissima serata per quello che probabilmente è stato uno dei concerti più belli che ho mai visto.

Innanzitutto una menzione al locale: spartano, piccolo ma estremamente accogliente e simpatico, come ce ne sono sempre meno in questa città: il mio più appassionato ringraziamento per tutti coloro che lo mantengono aperto.

Prima del gruppo principale si sono esibiti i fiorentini Nudist: mi sono piaciuti tanto, bel punk con tanti suoni metal, suoni fra l’altro molto ben calibrati in particolare quelli della chitarra. Ho comprato loro anche il disco che devo ancora sentire.

Poi hanno cominciato gli Ufomammut e ho assistito ad una gran concerto.

Palco minimale, nello stile del locale ma tenuto benissimo dai tre musicisti con un minimo di effetti di luce semplici ma oltremodo efficaci.

Suoni ottimi per lo stile musicale (anche se forse ogni tanto il volume andava un po’ troppo “oltre”), questo anche a dispetto di qualche problemino con la strumentazione da palco per gli effetti, problemino che da sotto il palco non si sono sentiti quasi per niente.

La musica rendeva benissimo dal vivo, sicuramente meglio che da disco, con brani dell’ultimo disco ma anche altri che non ho riconosciuto. Una bellissima sorpresa che proprio non mi aspettavo è stata la cover di Welcome to the machine dei Pink Floyd suonata con rispetto e in modo riconoscibile ma assolutamente nel loro stile.

Veramente un bellissimo concerto.

[2023-04-22 sab] La musica di sottofondo, spotify, l’IA e le “scelte comode”   Musica

Oggi ho letto un ennesimo articolo che si lamenta del fatto che da quando viene usato spotify per usufruire della musica questa ha perso senso diventando solo un “sottofondo” senza poter realmente scegliere perché non se ne ha il tempo e spotify è “troppo più comodo”.

Posso dirlo? Non se ne può più! Questi hipster che scoprono che ascoltare la musica scelta da altri continuamente è una gran rottura di coglioni stanno diventando patetici.

Direi che tutto sta nel concetto di “scelta comoda” che mi pare proprio un ossimoro: la scelta per definizione è scoperta del nuovo, dell’inaspettato, che comporta quindi anche fatica. Questo vale in generale ma peggio che mai per quel che riguarda il godimento di opere culturali: una scelta automatica può essere una provocazione, una boutade o una performance e in effetti lo sono anche state ma pensare che possa essere una modalità reale è veramente un’immane fregatura della moda, del conformismo, della pubblicità.

Cosa verrà detto quando questo accadrà anche per la letteratura, quando un sintetizzatore vocale ti leggerà brani di opere letterarie seguendo un “algoritmo” che si basa sull’analisi dei tuoi gusti?

[2023-04-05 mer] Il mio ricordo di Kurt Cobain   Musica Personale

Oggi è il 29° anniversario della morte per suicidio di Kurt Cobain.

Se da una parte sono da sempre un appassionato patologico di musica popolare dall’altra non sono mai stato un “fan” di alcun personaggio/gruppo. Mi sono sempre interessato più ai prodotti che ai produttori.

Ma Kurt è stata un po’ un’eccezione perché dal momento in cui lo vidi dal vivo (piccolo cinemino nella campagna bolognese) lo sentii più vicino di quanto me lo avessero già fatto sentire le sue canzoni.

Oltretutto avevamo la stessa età.

Così quando vidi la copertina aggiunta di Rumore che ne annunciava la morte sentii un lutto come avessi perso un amico.

Questo solo per ricordarlo.

[2023-04-01 sab] I prequel di Dune   Letteratura Fantascienza

Ho letto due romanzi che fanno da prequel a Dune, anzi li ho riletti perché li avevo già letti molti anni fa.

Premetto che per me Dune è stata una lettura entusiasmante: sicuramente uno dei romanzi di fantascienza che mi hanno segnato maggiormente e che poi ho continuato a godermi anche in tutti i successivi romanzi della saga originale.

Così anni fa, quando furono tradotti, mi lessi anche i due prequel di cui parlerò in questa mia piccola recensione, Casa Atreides e Casa Harkonnen.

E mi divertii.

E così anche questa volta, sia pur con qualche differenza.

Innanzitutto nella modalità di lettura: per natale mi è stato regalato un tomo che contiene questi due romanzi (più un terzo che non ho mai letto) in traduzione italiana. Un bellissimo regalo solo che è un tomo assolutamente non trasportabile e quindi ho cominciato anche a leggerli in formato elettronico solo che in lingua originale. Era una prova, leggere contemporaneamente un romanzo in traduzione e in lingua originale e devo dire che tutte e due le modalità mi sono piaciute.

I due romanzi ovviamente vivono di luce riflessa pur essendo buoni anche di per sé se non fosse che forse enfatizzano troppo la “trama”, l’intreccio mentre il racconto delle “condizioni al contorno”, che tanto sono importanti nella saga principale diventano secondarie: ad esempio tutto quello che succede è per l’azione dei personaggi mentre in Dune spesso questi non hanno reale libertà ma si muovo all’interno di meccanismi che sono al di là del loro controllo. Inoltre qui i “sentimenti”, amore, lealtà, odio sono sempre forti, significativi e determinanti mentre in Dune sono molto meno centrali.

Due romanzi ben scritti ma alla fine anche un po’ noiosi.

[2023-03-15 mer] King Gizzard and the Lizard Wizard all’Alcatraz   Musica Concerti

Sono andato a questo concerto sull’onda di due (più uno) dischi che ai tempi, fine 2020 e poi nel 2021, mi piacquero tantissimo, K.G, L.W e Butterfly 3000. I King Gizzard and the Lizard Wizard sono un gruppo che ha una produzione musicale sterminata (tanto che da quel che ho capito dal loro blog, durante questa tournée ad Amsterdam si terrà una fiera della loro discografia), discografia nella quale sviluppano un monte di generi diversi, sempre però con un “atteggiamento” psichedelico. Nei primi due dischi di cui sopra “esplorarono” le “blue note”, le note stonate tipiche di tante musiche, specialmente mediterranee: il risultato fu ottimo e quei due dischi furono per me un’epifania portandosi dietro anche il successivo che era un po’ una brutta copia. Il problema per me era il resto della discografia che in realtà non mi piace poi così tanto e forse anche meno.

Così sono andato a vedere questo concerto nella speranza di ascoltare quei dischi, speranza in realtà piuttosto remota visto che nel frattempo il gruppo aveva pubblicato non so quanti altri dischi e sono stato deluso, non solo dalla musica ma da molti altri aspetti.

Ero già stato in quel locale che è grandissimo e molto accogliente e in effetti anche questa sera era veramente pieno anche di tanti fan sfegatati che ballavano sotto il palco. E questa è stata la prima sorpresa negativa: sorpresa perché non mi aspettavo tante persone visto che praticamente nessuno dei miei conoscenti li conosce (evidentemente la mia gente è un po’ fuori dal mondo) e negativa perché non mi piace vedere i concerti nella calca.

Purtroppo mi sono dimenticato che a Milano c’è un regolamento cittadino che obbliga la fine degli spettacoli entro le 23 e quindi è cominciato alle 21 e io sono arrivato un pochino in ritardo, cosa che odio profondamente ma questa è colpa mia.

Passando proprio all’aspetto più strettamente musicale, sono rimasto un po’ deluso da molti aspetti.

Innanzitutto il voler suonare tanti generi diversi, anche se sempre con il solito atteggiamento rischia di dare un po’ un senso di “saggio scolastico”, anche perché molti di questi generi sono stati suonati, appunto, in modo abbastanza scolastico: l’effetto gruppo di cover è stato spesso un po’ presente.

Poi lo stile “psichedelico”, per cui per tutti brani faccio sempre e comunque seguire dieci minuti di “improvvisazione” (spesso su un solo accordo, povero bassista!) alla fine risulta noioso e rende tutte le canzoni uguali.

Non hanno suonato nessun brano dei miei due dischi preferiti ma solo Butterfly da Butterfly 3000, anche questa con la sua bella coda di “improvvisazione”.

Il suono era abbastanza orribile, molto piatto: forse è una caratteristica del locale perché mi era già successo anche altre volte. In verità provando a stare in mezzo alla calca il suono migliorava sensibilmente.

Questa scena un po’ fosca è andata nettamente a migliorare nella parte finale dell’esibizione quando, a detta loro, hanno cominciato a proporre brani nuovi, tutti con un suono molto “heavy” che in effetti suonavano abbastanza bene, anche se ovviamente non essendo da me conosciuti li dovrei rivalutare.

Il gruppo sul palco era abbastanza piacevole da guardare anche se forse un po’ ingessati.

Un’ultima nota negativa, il costo delle magliette (regalo sempre obbligatorio per i miei figli) era veramente troppo alto, 35€, e così i miei figli sono dovuti rimanere senza.

Alla fine un concerto che sono contento di aver visto ma che non merita di una seconda volta, specialmente così lontana e scomoda.

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[2023-03-11 sab] The Cleopatras al Glue   Musica Concerti

Ottima tenuta di palco, anche se spesso hanno avuto atteggiamenti troppo “familiari” con il pubblico. Anche la tecnica è valida anche se in effetti pare musica facile da suonare.

La musica è assolutamente già sentita ma vuole esserlo, rock’n’roll, garage, un tocco di punk, tutto molto anni ’80: il che va oltremodo bene solo che l’effetto revival è molto forte, forse troppo anche perché c’è poca o punta rielaborazione. Se poi ci aggiungo il fatto che non è tantissimo il mio genere resta poco.

Da questo punto di vista proprio una bella serata, anche perché il locale è un dei miei preferiti della mia città, specialmente da quando ha chiuso il mio preferito in assoluto.

La cosa strana è stato il pubblico: ho un’età per la quale andare ai concerti “rock” significa quasi sempre essere il più anziano o quasi nella sala. Questa sera invece ero largamente nella media, o forse anche fra i più giovani cosa che mi fa strano e mi fa pensare a quella cosa che scrissi (e lessi) tempo fa sul fatto che la musica “rock” è diventata musica per cinquantenni, musica “comoda”, in cui il revival spesso la fa da padrone. È difficile uscire da una situazione di questo genere ma è necessario altrimenti si corre il rischio della morte cerebrale.

Fra l’altro la sensazione è stata acuita dal fatto che all’uscita dal concerto ci siamo incrociati con il pubblico che usciva dal concerto di Renato Zero, che anche qui era di età molto più avanzata di quella alla quale ero abituato io.

[2023-02-18 sab] Il futuro della musica nei micropagamenti   Musica Soldi

Ho letto questo articolo e l’ho trovato estremamente interessante (oltre che ben scritto), facendomi fra l’altro diventare sempre più fan del sito.

Fra l’altro è un argomento che in qualche modo avevo già affrontato anche in questo mio blog.

Le conclusioni alle quali arriviamo però sono opposte perché sinceramente io non credo che ci sia alcuna possibilità che i “micropagamenti” (il mio “micromecenatismo”) possano essere una fonte di sostentamento per l’ambiente musicale:

  • le cifre possibili sono troppo basse. Se un bene è ottenibile gratuitamente è assolutamente improbabile che il pubblico paghi una qualsiasi cifra che non sia pura beneficenza. Oltretutto se il pubblico perde l’“abitudine” di pagare per qualcosa molto difficilmente la potrà riconquistare, proprio come l’esempio dell’arte figurativa che fa anche l’articolo: attualmente nessuno o pochissimi pagano per avere fotografie in generale e men che mai per quelle “d’autore”;
  • come fa anche notare l’articolo, davanti a questa prospettiva stanno schierati compatti tutti i controllori attuali della musica “legale”, come spotify, apple e compagnia miliardaria, i quali hanno proprio tutto da perdere da una prospettiva in cui gli artisti ricevono soldi direttamente dai propri ascoltatori.

Però l’articolo fa delle considerazioni molto interessanti ed in particolare quella sulla trasformazione prossima ventura della musica in una forma d’arte molto standardizzata e quindi alla fine molto meno interessante “grazie” alla diffusione di strumenti per crearla sempre più semplici e “democratici” ma per l’appunto più standardizzati, così come è successo alle arti figurative.

[2023-02-18 sab] La presentazione di tails all’hacklab   HackLab Tor Presentazioni

Qualche giorno fa ho fatto una presentazione molto semplice e stringata dalla distribuzione Tails all’hacklab dell’emerson, presentazione che fa parte di una piccola rassegna dedicata a tails stessa e a Tor.

La presentazione è stata “volutamente” molto stringata perché io l’ho pensata come la “coda” della presentazione su linux che vorrei riproporre al prossimo hackmeeting (sperando di riuscire a farlo perché ci sono difficoltà), tanto per dare un esempio di distribuzione facile da “installare” ma anche molto specializzata.

Lo scrivo qui perché in verità la cosa che mi ha colpito è che alla fine, sia pur con pochissima pubblicità quattro persone “esterne” hanno partecipato insieme agli “interni” dell’hacklab e la cosa è risultata assolutamente piacevole ma anche forse utile e quindi lo voglio usare per ricordarmi che queste cose vanno fatte, anche se sembrano inutili, argomenti risaputi.

Chi sa deve raccontare.

[2023-01-07 sab] Attori belli imbruttiti per interpretare persone normali   Cinema Televisione

Leggo questo articolo e mi fa sorridere perché è tanto che penso lo stesso.

Per citare:

Noi ci aggiriamo in questo abbagliante scenario apocalittico con le pupille ormai insensibili alla bellezza, assorbendo senza poter opporre resistenza la nostra dose quotidiana di avvenenza

Io credo che questa cosa sia un abito mentale, specialmente nelle produzioni statunitensi, del quale i produttori (inteso in senso lato) neanche si rendono più conto: se c’è un personaggio questo deve essere sempre perfetto, un figone super, vestiti sempre stirati, capelli sempre acconciati. Oltretutto ho la sensazione che questa cosa riguardi in particolare le persone della mia età cresciute come siamo in un culto ferreo dell’apparenza.

Tanto per fare un esempio, tempo fa una serie televisiva che ha avuto tanto successo, proprio all’inizio della prima puntata presentò il personaggio di una rapinatrice di banche seriale, appena uscita di prigione che era interpretata in modo imbarazzante da un’attrice poco più che ventenne con due poppe che erano una sfida alla legge di gravitazione, con un trucco perfetto e una pelle chiarissima.

Al limite, ogni tanto, qualche personaggio deve essere caratterizzato in modo particolare, il ciccione, l’hacker e quindi su questi si transige ma sono per appunto macchiette.

[2022-12-27 mar] Le tecnologie non si autodeterminano   Tecnologia Società

Leggo oggi su un articolo del Post che esprime questo concetto che devo tenere a mente, articolo che parla della scuola italiana a proposito della “guerra” al cellulare che tante scuole scatenano che alla fine è una guerra contro i propri scolari.

In verità è un concetto che ho sempre avuto ben chiaro però non riuscivo ad esprimerlo con questa chiarezza.

(Che invidia mi fanno le persone che sanno scrivere)

[2022-12-27 mar] Il piacere per la scrittura dei saggisti   Letteratura

Sto leggendo un saggio di Angela Davis sul blues femminile degli inizi del secolo scorso.

Il saggio è interessante, ben scritto e ben documentato.

Però, come succede spesso con questi testi è verboso, al limite dell’insopportabile: trenta pagine per dire che i testi di quelle musiciste presentano segni di un protofemminismo, con decine di esempi dai testi delle canzoni sono assolutamente troppe, con continue ripetizioni del concetto con frasi girate e rigirate.

Forse queste scrittrici dovrebbero prendere esempio dai manuali tecnici.

[2022-12-24 sab] La crisi dell’hacklab   Hacklab Personale

Da qualche tempo sono tornato a frequentare un hacklab, la qual cosa mi rende molto contento perché sono tornato finalmente ad avere un ambiente di scambio della mia passione per l’informatica.

In generale è un ambiente che mi piace perché abbiamo molte modalità comuni nel fare le cose e quindi mi ci trovo.

Però da qualche settimana mi pare che ci sia meno impatto e proverò ad elencare i problemi che ci vedo:

  • innanzitutto come succede spesso in queste situazioni è nata l’idea da parte di buona parte del gruppo di creare una società cooperativa. Questo comporta che l’aspetto lavorativo prenda il sopravvento sull’aspetto comunitario e quindi sono molto meno interessati a prendere iniziative.

    È un problema che ho trovato spesso perché questo tipo di iniziativa riguarda un ambiente in cui c’è veramente la possibilità di ricavare reddito e quindi è normale che accada.

    Però il gruppo ne risente, specialmente se la cosa coinvolge quelli che erano gli aderenti più attivi.

    La soluzione potrebbe essere quella di prendere in mano io la gestione ma purtroppo non credo proprio di farcela, un po’ perché sono un po’ fuori dal giro, un po’ per problemi di organizzazione mia personale, un po’ perché non so quanto sarebbero in grado di “passare il testimone”, ad uno come me che oltretutto non è proprio il più interno alla situazione.

  • un altro problema è un po’ più generale e riguarda la crisi che ha colpito anche lo spazio occupato in cui l’hacklab esiste, crisi che probabilmente è cominciata con il Covid ma dalla quale fatica a riprendersi.

    Per questo non ho altra soluzione se non provare a portare qualcosa come ho scritto sopra.

  • In generale comunque è tutto l’ambiente ad essere in crisi. In particolare lo spazio occupato dove ci troviamo è in crisi dal Covid e da allora fatica a riprendersi ma in generale tutto l’ambiente degli spazi occupati ad essere in crisi di significato e partecipazione. Oltretutto la nostra attività è percepita come estranea da questo ambiente forse perché quelli che sono rimasti sono quelli più refrattari a quello che vorremmo dire noi. Per questo non ho proprio idea di cosa poter fare.

Tutto questo porta ad una scarsa rilevanza delle nostre attività anche all’interno dell’ambiente in cui ci muoviamo.

[2022-12-17 sab] CCC CNC NCN all’Emerson   Musica Concerti

Più che un semplice concerto una vera e propria performance in cui la musica era un ingrediente importantissimo ma appunto solo un ingrediente insieme a tanti altri come l’impatto visivo sia dei filmati proiettati sia della tenuta dei vari partecipanti, oltre al coinvolgimento del pubblico (allego alcune fotografie scattate durante il concerto come esempio), ed infine dei testi.

Musica suonata con tanti tipi di strumenti, informatici, elettrici (basso e chitarra), acustici (tromba e sassofono) e percussivi (casse, bidoni, lastre di metallo).

Tanti episodi da ricordare tanto che sarebbe stato necessario prendere appunti, tutti molto azzeccati e ben realizzati: il bidone con il fuoco sopra usato come tamburo in mezzo al pubblico, la striscia di plastica con la quale hanno legato gran parte del pubblico, le radioline appoggiate agli orecchi delle persone del pubblico mentre venivano declamati i più vari slogan. E soprattutto, quando hanno coperto gli occhi (ad alcuni la bocca )

Una bellissima serata che mi ha coinvolto e che mi rende anche orgoglioso per il luogo in cui si è tenuto.

Peccato per il relativamente poco pubblico.

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[2022-12-15 gio] La materia del cosmo di Cixin Liu   Libri

Seguito del primo libro Il problema dei tre corpi del quale prosegue la trama.

E come il primo, anche questo romanzo ha molti pregi e molti difetti però in totale vale assolutamente la lettura.

Purtroppo parte un po’ male perché la prima parte è quella scritta peggio e dove la trama è troppo lenta e poco chiara, un po’ avviluppata su sé stessa. Di per sé l’idea degli Impenetrabili è valida, tanto che nel seguito diventerà un punto di forza, ma in questa prima parte le varie storie sono trascinate troppo a lungo senza tanto senso e quindi risultano anche noiose e hanno rischiato di farmi finire la lettura prima della fine.

E sarebbe stato un peccato perché invece la seconda parte è molto interessante e anche ben scritta con molti spunti interessanti che portano anche molte riflessioni: lo sviluppo della sociologia galattica da parte del quarto impenetrabile, il concetto dell’universo come foresta oscura è azzeccato, ben sviluppato nella trama lasciandolo alla fine e dato come spiegazione del paradosso di Fermi.

Molto ben sviluppata la battaglia contro la goccia anche se per capirla e apprezzarla è necessaria qualcosa di più che un’infarinatura di fisica delle particelle perché l’idea dell’uso della forza forte in un complesso macroscopico è veramente intrigante ma forse poco chiaro a chi non ha le conoscenze di cui sopra.

Anche lo sviluppo della battaglia oscura è veramente ben scritto e stimolante.

Inoltre in generale la visione della “politica”, del movimento delle masse di terrestri che si muovono sempre un po’ troppo come un corpo unico è un po’ ingenua.

Concludendo ripeto che è un po’ come il primo libro: un po’ difficile da portare avanti ma una volta superato lo scoglio della prima parte si rivela essere un romanzo pieno di buone idee, ben scritto e avvincente.

[2022-12-08 gio] Manuel Agnelli al Viper   Musica Concerti

Concerto maledettamente poco interessante di un musicista che per me è stato molto importante.

Come ho già scritto, frequento gli Afterhours da tanti anni, tanti che alla fine non ho più “avuto bisogno” di ascoltarli anche se hanno fatto dei gran bei dischi.

Nel tempo la figura di Manuel Agnelli ha staccato via via tutti i componenti del gruppo rimanendo da solo fino al disco da solista vero e proprio. Questo disco proprio non mi è piaciuto.

Venendo al concerto in questione, ci sono state tante, troppe cose che non mi sono piaciute:

  • il volume era basso, ed in particolare dal fondo della sala dove mi trovavo praticamente non si sentiva la voce e anche gli strumenti erano indistinguibili;
  • con gli anni, probabilmente anche a causa delle troppe frequentazioni televisive, Manuel Agnelli è diventato un po’ “piagnone”
  • uniche canzoni valide quelle degli Afterhours
  • pubblico poco interessato alla musica ma più alla figura

[2022-12-06 mar] Le previsioni della sinistra   Politica

Sarebbe interessante elencare per tenere a mente tutte le previsioni fatte dall’area politica della sinistra che si sono rivelate sballate.

[2022-11-27 dom] Il curioso utilizzo del pronome “noi”   Lingua Società

In questi giorni di mondiali di calcio mi è venuto in mente il curioso utilizzo comune del pronome “noi”.

“Noi” non siamo andati ai mondiali di calcio.

“Noi” siamo quelli con maggiore evasione fiscale.

Ma li dobbiamo accogliere tutti “noi”?

Io sono probabilmente in modo patologico individualista ma non mi riconosco in nessuno di questi “noi”.

[2022-11-14 lun] Verdena al TuscanyHall   Concerti Musica

Sono riuscito ad andare a vedere questo concerto nonostante il tutto esaurito fatto praticamente subito grazie alla rivendita dei biglietti del sistema Dice (anche se ho perso il biglietto che avevo comprato per il concerto di Napoli, anche se avrei avuto problemi ad andarci per un mio problema fisico). Questa cosa del successo enorme è stata per me decisamente inaspettata perché i Verdena non pubblicavano un disco nuovo da sette anni e non facevano concerti da quasi altrettanto che è un periodo enorme nella scena musicale attuale caratterizzata dall’istantaneo: invece anche durante il concerto il pubblico ha fatto sentire la propria presenza continuamente come se non fosse passato tutto questo tempo.

Inoltre ho visto questo concerto da una posizione poco “ortodossa” perché per il mio suddetto problema fisico ho assistito seduto sul palco destinato alle persone con disabilità e quindi piuttosto comodo anche se proprio dietro al banco del mixer con i tecnici sempre davanti.

Venendo al concerto in sé alcune cose da ricordare:

  • bell’impianto scenico con le tele sul retro sulle quali venivano proiettate scene varie, cosa già vista ma sempre di bell’effetto;
  • suoni molto “carichi”, forse anche troppo equalizzati da risultare poco comprensibili;
  • l’atteggiamento del gruppo sul palco è stato strano perché da una parte c’era il cantante che sembrava un po’ “sfavato” mentre dall’altra la bassista è stata molto chiacchierina anche se ha avuto problemi gravi al suo amplificatore tanto che è stato necessario sostituirlo con quello del gruppo spalla (che non sono riuscito a sentire);
  • ovviamente molte canzoni del disco nuovo (bello) con un’ottima riuscita dal vivo ma anche tante dei dischi passati anche se non moltissime dei due penultimi dischi che sono in assoluto i loro miei preferiti;
  • un quarto componente molto giovane alle chitarre necessario per gli arrangiamenti del nuovo disco.

Bel concerto, poco più.

[2022-11-10 gio] Marlene Kuntz al teatro Politeama di Prato   Concerti Musica

Bel concerto di un gruppo che continua imperterrito a proporre la propria musica come agli inizi della carriera, forse con un po’ meno verve e più compassati ma ancora in modo assolutamente convincente.

Il nuovo disco non è tanto riuscito ma essendo l’ultimo di una bella carriera segnata da dischi molto belli un po’ c’era da aspettarselo. Il concerto fa parte della tournée di presentazione del disco che quindi è stato suonato praticamente tutto lasciando peraltro intatti i dubbi di cui sopra.

Venendo al concerto, ci sono state luci ed ombre:

  • poco pubblico, teatro praticamente vuoto che faceva un po’ tristezza anche se il gruppo non ha dato segno di farsene poi tanto un problema;
  • questo fatto però ci ha permesso di vedere tutta l’esibizione comodamente seduti (per ragioni personali non avrei potuto vederlo in piedi) molto vicini al palco;
  • forse per l’acustica però non era la posizione migliore perché questa non era proprio ottima.
  • effetti scenici molto semplici ma di buona riuscita, con fumogeni e poche luci;
  • atteggiamento del gruppo molto semplice, quasi come fosse un concerto di ragazzi agli inizi. Non ricordavo Godano così chiacchierone che si presta a presentare le canzoni, in special modo quelle del disco nuovo, e ad intrattenere il pubblico mentre i tecnici di palco provavano a risolvere il problema di un amplificatore di palco che ronzava. E comunque Godano riesce sempre ad accentrare su di sé tutta l’attenzione del pubblico lasciando gli altri componenti del gruppo un po’ in ombra, compreso l’altro chitarrista, rimasto ormai l’ultimo altro componente storico del gruppo che è sempre stato come al solito in disparte;
  • poche canzoni della vecchia produzione mandando in particolare tante canzoni dei migliori dischi, il primo omonimo, il Vile. Hanno però suonato la cover della Premiata Forneria Marconi che ormai è diventato un loro classico;
  • cambio di chitarra ad ogni canzone con quello che sembra più un rituale che una reale necessità;
  • aggiunta di un quinto componente che suona tastiere, necessarie per gli arrangiamenti delle canzoni del nuovo disco, e violino in realtà poco significativo (solo note lunghe anche poco udibili), che sembra più un omaggio alla moda di qualche anno fa;
  • questo quinto componente, insieme al batterista, cantano i cori, una novità visto che altre volte mi sembrava cantasse sempre e solo Godano.

Tutto sommato un concerto piacevole del gruppo che mi ha fatto vedere due dei concerti più belli della mia vita.

[2022-11-01 mar] Disco del mese di ottobre 2022 (sono due): The Mars Volta - Omonimo e Verdena - Volevo Magia   DiscoDelMese Musica

Seguo i The Mars Volta dai tempi in cui si chiamavano At The Drive In e li ho anche visti dal vivo a Milano in questa veste ma in verità non mi hanno mai entusiasmato: era sempre una musica troppo cerebrale, muri di suoni che non mi permettevano mai di “entrarci” dentro e di sentirli con emozione. Di conseguenza anche con questo disco mi ci sono avvicinato con poca convinzione, incuriosito dal fatto però che nell’intervista i membri del gruppo lo avevano anticipato come un disco “pop”.

E per fortuna che mi sono fatto incuriosire perché è un disco veramente bello: nel farlo hanno usato la grande capacità tecnica che sfoderavano continuamente per i dischi precedenti mettendola però al servizio di temi e arrangiamenti quasi sempre eccezionali, orecchiabili ma non pacchiani perché vengono continuamente mescolati anche all’interno della stessa canzone. Fra i vari brani ce ne sono tanti molto belli (Graveyard Love, Black Condolences, Tourmaline), anche fra quelli un po’ più “stranianti” (Collapsible Shoulders) e sono pochi quelli dimenticabili.

L’unico aspetto che mi piace poco è la voce che è sempre un po’ troppo uguale, falsetto raddoppiato un po’ noioso.

Anche i Verdena sono una delle mie passioni da tanti anni ma eravamo diventati orfani perché sono passati sette anni dal loro ultimo disco che con la moda attuale del “mercato” discografico è un’eternità tanto che non posso neanche dire che lo stessi aspettando. Amici e conoscenti che come me ascoltano musica con attenzione praticamente neanche se ne ricordavano.

Il disco è valido, suoni molto curati, arrangiamenti assolutamente non banali e intriganti, suoni ganzi provenienti da ispirazioni diverse se non addirittura contrastanti (doom, metal, folk, africano). Tutto molto ben fato ma…. manca la sorpresa perché questo è un disco dei Verdena, non una copia di altri precedenti ma una cosa che mi sarei aspettato. E questa cosa con i due dischi precedenti non era successa perché sono stati tutti e due una gran sorpresa.

[2022-10-16 dom] Due film ragionevoli: Il mostro dei mari e Secret Love   Film

Ieri ho finito di vedere Il mostro dei mari e ho visto Secret Love.

Il primo è un film per bambini abbastanza ben realizzato con ottime animazioni molto spettacolari ma mai fini a sé stesse anzi ben al servizio della storia, una trama ben pensata e anche qualche citazione carina (lo studio Ghibli), il tutto però un po’ rovinato da un finale troppo scontato e personaggi un po’ troppo rivisti. Forse l’unico personaggio degno di nota è quello del vecchio capitano che non riesce ad accettare che tutto quello in cui ha sempre creduto alla fine si riveli falso e quindi da “buono” nella sua testardaggine diventa alla fine “cattivo”.

Un film per bambini che mi lascerà poco il segno.

Poi ho visto Secret Love e mi sono emozionato come era tanto non mi capitava da tanto con un film. La trama è assolutamente una scusa per raccontare il lutto per le persone morte nella guerra (la prima guerra mondiale) senza mai farle vedere ma facendone vedere solo i vuoti che hanno lasciato nella società. Ci sono anche altri accenni a temi diversi, come il rapporto fra le classi sociali e la condizione femminile ma forse sono l’aspetto meno convincente del film.

Il tutto visto attraverso la storia di amore fra il personaggio principale della cameriera/scrittrice e altri due personaggi che le ruotano intorno.

Non è un film perfetto perché alcune parti della trama non sono così efficaci, in particolare la storia di amore della ragazza con il secondo uomo non mi è sembrata così chiara, così come le scene della ragazza da anziana che vince il premio letterario.

Però la parte della prima storia di amore, fra lei e il personaggio più tragico di tutto il film, il ragazzo ricco mi ha appassionato tantissimo, sia per lo sviluppo della trama sia per come sono state girate le scene: quelle in cui lei cammina nuda per la casa dell’amante resa vuota dalla mancanza di tutti gli abitanti perché nella guerra due dei tre fratelli sono morti mi hanno veramente emozionato. Il suo amante è il personaggio più tragico perché è rimasto solo fra cinque ragazzi ed è quindi sottoposto ad una pressione sociale fortissima simboleggiata dal matrimonio forzato con la ragazza che era stata fidanzata ad uno dei suoi coetanei morti, pressione sociale che probabilmente lo porta al suicidio (la cosa non è chiarita nel film ma lo si lascia trasparire) e dalla quale riesce ad uscirne solo con l’amore con la protagonista che è la cameriera di una famiglia amica. Anche la fidanzata è tentata dal suicidio, nel fiume (come Ofelia, le dice un cameriere).

Il personaggio principale della cameriera è poco costruito, appena abbozzato perché sembra solo uno specchio nel quale si riflettono gli altri personaggi ma funziona bene perché, essendo un’orfana è senza legami e quindi non può sentire l’assenza delle persone morte se non quando il suo amante muore.

Nella seconda parte, quello della vita con il marito, il personaggio e il film stesso diventano molto meno interessanti perché raccontano una storia molto diversa dalla prima parte, in cui lei si innamora e diventa famosa come scrittrice. Boh, non l’ho ben capita.

[2022-09-29 gio] Non ci può essere alcuna mescolanza   Hacker Hacklab Informatica Sociale

In questi giorni nella lista hackmeeting stanno parlando del fatto che la scena è molto chiusa in sé, poco aperta agli “esterni”.

Ma non ci possono essere tante mescolanze perché la scena dell’informatica non è più una sola, non è più appannaggio solo dell’ambiente dell’autogestione come era (almeno in parte) venti anni fa, adesso tanti ambienti stanno facendo i conti con l’informatica e questi ambienti non possono mescolarsi perché gli scopi e le pratiche sono troppo diverse e questo è un bene.

Io cerco di frequentare ambienti diversi (anche se non vado troppo lontano) ma devo dire che il posto in cui mi sento a casa è solo hackmeeting.

[2022-09-06 mar] Il sistema   Lavoro Informatica

È il nome della cosa che sta dietro al monitor del computer che usiamo a lavoro.

[2022-09-06 mar] Lo specchio della guerra in Ucraina   Ucraina Russia Guerra Pace

Ci permette di vedere cosa vedevano gli altri in Iraq, Afghanistan e chissà dove altro erano presenti le armi di distruzione di massa, le stragi di innocenti e che altro.

Gli unici che restano sempre fuori sono coloro che chiedono la pace.

[2022-09-05 lun] Ursula Le Guin - Il campo di visione (racconto della raccolta I punti cardinali)   Libri

Un racconto breve ma veramente molto bello, in cui la fantascienza di una delle mie scrittrice preferite dà veramente il meglio di sé: come succede spesso con quest’autrice, la fantascienza è solo un mezzo per raccontare storie in cui il mistero e l’inspiegabile sono trattati senza cadere nel misticismo né religioso né “tecnologico” sfruttando solo le particolarità della fisiologia e della psicologia dell’essere umano.

La storia racconta di una missione spaziale su Marte che ritorna con due astronauti all’apparenza scioccati dopo aver visitato una “stanza” trovata sul pianeta apparentemente creata da alieni: un astronauta è incapace di usare gli occhi perché dice di vedere “male” mentre l’altro è apparentemente ebete. Uno psichiatra che li visita capisce che il secondo ha negli orecchi una continua sensazione di beatitudine e così tappandogli gli orecchi riesce a rientrare nella coscienza normale del mondo esterno mentre l’altro ha la stessa sensazione solo mediata dal senso della vista. Così i due astronauti riescono a descrivere quello che è successo nella stanza marziana raccontando così di aver ricevuto il messaggio degli alieni che erano missionari che volevano far conoscere l’esistenza di Dio (proprio quello, senza aggettivi). Un astronauta lo aveva ricevuto come sensazione uditiva dalla quale riusciva in qualche modo ad isolarsi così da riuscire a trasmetterla alle altre persone e l’altro come sensazione visiva senza però riuscire né a trasmetterla agli altri né ad isolarsici portandolo quindi alla pazzia e di conseguenza al suicidio. Il tutto viene poi raccontato dai discendenti che hanno ormai conosciuto e accettato il messaggio da missioni successive.

Bellissimo.

[2022-07-19 mar] Le automobili volanti, la fusione nucleare e le batterie eterne   Scienza Tecnologia

La moda del momento sono i veicoli elettrici, che siano automobili, motorini, monopattini e biciclette. E su questa “moda” si stanno scatenando un monte di supercazzole, in particolare sul punto debole di tutto ciò, cioè la capacità delle batterie e la loro ricariche.

In effetti è tutto un fiorire di articoli che decantano le meraviglie delle nuove batterie, quanto durano, quanto velocemente si ricaricano, quanto sono piccole e via magnificando, senza mai però specificare che tutte queste meraviglie sono semplicemente dei piccoli aggiustamenti su una tecnologia vecchia e che i problemi sono proprio di natura fisica perché nessuno ha veramente risolto i problemi di base, cioè l’entropia e la relativa rarità dei materiali sui quali tutto ciò si basa. Non solo, c’è anche il problema enorme dell’infrastruttura elettrica necessaria per far sì che decine di migliaia di automobili possano essere collegate praticamente contemporaneamente nei centri abitati.

Tutto questo mi fa pensare ai film di fantascienza degli anni ’50 in cui venivano promesse automobili volanti per tutti. Tutto molto bello se non che nessuno aveva mai risolto il problema della gravità che è un laccio troppo forte per le nostre capacità innanzitutto teoriche: alzarsi da terra è uno sforzo ancora enorme per il quale ci occorre o l’esplosione controllata usata nei razzi o lunghe piste di decollo e atterraggio necessarie per gli aeroplani.

E anche la fusione nucleare è un buon esempio: quando ero ragazzo leggevo un monte di articoli su riviste scientifiche che promettevano la fusione presto, prestissimo ma anche lì non veniva spiegato come intendevano risolvere il problema della temperatura necessaria per il funzionamento e quindi siamo ancora qui ad aspettarla e ogni articolo scritto sposta un po’ più in là la previsione di reale funzionamento. Forse su questa ci siamo più vicini ma il senso del problema resta.

[2022-07-03 dom] Liberato II - Disco del mese di giugno 2022   DiscoDelMese Musica

Mi piacerebbe cominciare questa piccola rubrica con i miei dischi del mese così da ricordarmene poi più tardi.

Però la comincio in ritardo perché questa è la segnalazione per il mese appena passato ma da qualche parte devo cominciare.

Liberato fu una rivelazione nel 2017: ho sempre seguito con curiosità la scena musicale napoletana e sono stati tanti i musicisti che mi sono piaciuti. E Liberato, così come tanti altri, hanno la magia tutta napoletana di trasformare in “napoletano” qualsiasi cosa suonino, il blues, il reggae.

E così anche Liberato riesce a trasformare il pop elettronico di questi anni, con tanti inserti dance, mescolando lingue, registri colti e popolari, tutto diventa “napoletano”.

E anche in questo disco dal titolo piuttosto semplice “II” (forse il primo ad uscire subito come collezione di singoli e non come singoli separati) riesce a ripetere la magia con una serie di canzoni veramente azzeccate: suoni con una produzione perfetta (anche se sempre un po’ ripetitiva), melodie che più appiccicose non si può, testi che raccontano sempre d’amore (per quel che riesco a capire dal dialetto) ma mai banali e singoli fatti apposta per riempire le piste estive.

Certo l’effetto sorpresa è passato da quel 9 maggio ma se si riesce ad ascoltare questo disco senza aspettarsi lo stesso effetto di allora si scopre che è veramente un bel disco.

[2022-05-24 mar] Continuo ad avere un problema con i film biografici   Cinema Musica Scienza

Sono appassionato soprattutto di due ambiti, scienza e musica, direi alla pari. Sono tutti e due ambiti in cui i singoli hanno spesso una grande rilevanza e quindi, anche se per la mia formazione politica e sociale difficilmente sono attratto dagli “uomini illustri”, leggo e studio volentieri anche le vite dei singoli.

È un problema del quale avevo già scritto e ogni volta ci resto di stucco. Questa volta è stato il film sulla “vita” Marie Curie della quale vengono raccontati praticamente solo i rapporti d’amore, veramente pessimo!

[2022-05-13 ven] Murubutu al Viper di Firenze   Musica Concerti

Era tanto che non andavo ad un concerto “vero e proprio”, in un locale al chiuso pieno di gente per ascoltare un “gruppo rock” (tanto per parlare come il TG1). E sono stato proprio contento anche se la mancanza di mascherine mi ha lasciato un po’ “stranito”.

Sono stato contento non solo per l’occasione ma anche per il concerto in sé perché lo spettacolo è stato ben fatto: palco semplicissimo, strumentazione molto “rock”, basso, chitarra e “macchine” e presentazione del gruppo molto ben riuscita con il cantante al centro ma che lasciava molto spazio sia alla corista che era a tutti gli effetti una seconda cantante, sia al solista con la tromba che ha fatto una bellissima figura.

Murubutu mi piace in generale anche se il mio disco preferito è quello più vecchio e lo avevo visto altre due volte, una da solo in una situazione forse un pochino troppo “povera” e un’altra volta in compagnia di Claver Gold devo dire che così, con un palco ed un concerto tutto suo è stata l’occasione migliore.

L’unica nota negativa è stata la scelta del mixaggio perché lasciava troppo in evidenza la ritmica, ed in particolare la batteria (elettronica) nascondendo le voci e il solista, cosa che percepii anche al concerto con Claver Gold.

[2022-04-10 dom] Hackrocchio a Torino   Hacklab Hacker Yunohost

Sto tornando da questo piccolo evento e sono proprio contento perché è stata proprio una bella occasione.

L’evento è stato organizzato come “preparazione” per il prossimo hackmeeting che si terrà sempre a Torino anche se in un altro spazio occupato e mi pare che sia andato tutto bene, e così pensavano anche i locali.

Io sono contento anche perché la mia presentazione di yunohost ha avuto un successo come non mi era mai successo: un monte di persone ad ascoltare ma soprattutto un monte di domande, tutte molto azzeccate sia durante la presentazione che dopo e anche addirittura il giorno successivo. Alla fine c’è stato pure un suggerimento piuttosto interessante che proverò a sottoporre al forum di yunohost.

Di altre cose interessanti c’è stato il racconto del take-down dei siti notav come infoaut.org e notav.info, racconto fatto proprio dal webmaster di questi due siti: è stata un’illustrazione estremamente chiara di quelli che sono i reali rapporti su internet, dove basta che un qualsiasi “potere costituito” faccia bau perché un qualsiasi sito venga abbattuto. Inoltre ricordare il fatto che il giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia è stata sufficiente una segnalazione anonima per far tirare giù il sito del governo ucraino.

Un’altra cosa interessante, direi l’hack dell’anno per quanto mi riguarda, è stato il motore di ricerca che elenca i file robots.txt dei siti di informazione commerciali italiani, fondamentalmente i giornali. Non solo li elenca ma salva le pagine via via aggiunte su archive.org - geniale!

[2022-04-09 sab] I cantanti, i calciatori, i loro guadagni e la percezione nell’ambiente in cui mi muovo   Musica Pop Calcio

Premetto che, come chiunque legga questo blog sa bene, sono un appassionato bruciato di musica ed in particolare musica “pop”: principalmente la ascolto ma la suono anche e questo da quando sono bambino. Mi sono sempre mosso in questo ambiente da quasi puro amatore anche se in verità non ho mai pagato per suonare ma, anzi, spesso sono stato pagato per farlo, sia pur poco. Anche come ascoltatore mi posso considerare un “esperto” perché frequento l’ambiente da tanti anni anche da “dietro le quinte” visto che tanti miei conoscenti e anche amici sono nell’ambiente.

Quindi posso dire di conoscere l’ambiente musicale.

Diversamente, conosco poco, male e molto peggio di quello che considero ragionevole e giusto, l’ambiente del calcio: questo perché quando ero ragazzo pochissimi fra le mie frequentazioni erano realmente appassionati e anzi era considerata anche una passione da sfigati e quindi io ero imbevuto di questi pregiudizi. Un giorno, tanti anni fa, una persona che mi sembrò decisamente lucida mi chiese come potevo considerarmi una persona interessata al mondo se non conoscevo niente del gioco più amato dai terrestri. Tempo dopo lessi una citazione di uno scrittore che diceva più o meno che l’immagine della felicità più comune è quella di un bambino con un pallone in un prato. Infine da qualche tempo mi appassiona vedere che nel calcio praticamente sono rappresentati tutti i popoli terrestri: le squadre di calcio professionistiche sembrano i manifesti dell’Unicef degli anni ’70. Diciamo che l’unico problema è il fatto che sono praticamente solo maschi.

Scrivo tutto ciò per spiegare perché mi piace seguire il calcio, sia pur a distanza, cioè non da tifoso ma da osservatore ’ateo’.

E, vengo all’argomento di questo mio scritto, in questo mio interesse mi scontro con tanti che mi circondano che mi contestano principalmente il fatto che “i calciatori guadagnano troppo”. A queste stesse persone però non viene in mente di tenere lo stesso atteggiamento verso i “mostri sacri” della musica, persone che, come Paul Mc Cartney, negli anni ’80 guadagnavano 80 milioni di lire l’ora per i diritti di canzoni composte almeno venti anni prima e che da quelle in poi non hanno fatto niente di significativo.

Sia ben chiaro, quando faccio il nome di cui sopra io mi faccio il segno della croce: nella musica non sono ateo, anzi ho un pantheon molto nutrito.

So però che quelle persone hanno alimentato un ambiente estremamente tossico, in cui non c’è mai stata praticamente nessuna redistribuzione dei guadagni, in cui il vincitore ha sempre preso tutto: io so di essere stato un “privilegiato” per non aver dovuto mai pagare per suonare quando invece in tanti ci si sono trovati nella speranza di “avere successo”.

Inoltre è anche un ambiente in cui non è detto che i meriti siano reali e/o riconosciuti e quindi spesso chi “ha successo” è solo quello che si è trovato nel posto giusto al momento giusto senza “reali meriti”. Sono tanti quelli che hanno fatto cose grandiose senza ricavarne niente.

[2021-11-26 ven] I FunkOff al teatro Dante-Monni di Campi Bisenzio per il Campi Jazz Festival 2021   Musica Concerti

Sono andato a questo concerto, più che per l’offerta musicale, per un senso di appartenenza visto che tutta la rassegna viene organizzata da anni da un’associazione musicale che frequento come musicista nella quale mi ci trovo tanto bene.

E devo dire la verità che ci sono andato anche un po’ controvoglia anche perché era saltato un altro appuntamento e non ero per niente attratto dalla proposta.

E mi sbagliavo perché in verità mi ci sono divertito un bel po’.

Vidi i FunkOff tanti anni fa quando erano agli inizi e li classificai in quel genere di gruppo che sfrutta una moda, quelle delle marching-band, con qualcosina in più ma niente di che. Nonostante suoni da quando ero bambino in questi gruppi non sono tanto attratto dai loro concerti.

Invece i FunkOff in questi anni hanno sviluppato uno spettacolo musicale assolutamente degno anche e soprattutto di un palco teatrale e quindi mi sono divertito.

La musica è sempre po’ tutta uguale ma la presentazione e tutta la scenografia che ci piantano sopra ti fanno passare proprio bene un’ora ad ascoltare una banda di fiati.

Ottimo anche l’inserimento della cantante che probabilmente anche da sola farebbe un’ottima figura viste le notevoli doti vocali.

Visto questo concerto mi spiego la longevità di questo gruppo che ancora suona e gira per spettacoli quando ormai la moda delle marching-band ha fatto scomprarire tutte le altre, almeno in Italia.

[2021-11-14 dom] Anche a me piacciono i Maneskin   Musica Arte Spettacolo

Proprio come scrive Edoardo Frasso in questo articolo (che riporto).

In particolare mi ritrovo in questa frase:

…il problema è che la band segna una tacchetta più in su verso la classicizzazione di quella poltigliona che abbiamo sempre chiamato rock. Classicizzazione, ossia la sua definitiva imbalsamazione in una bella teca eterna. La sua messa in vetrina, il suo effettivo funerale con tanto di omaggio alla salma.

e poi

La band è l’ultima prova del fatto che il rock ha fatto la fine del jazz, la fine dell’opera o dell’arte figurativa.

Ecco l’articolo completo:

Maneskin - La musica nell’era del Metaverso

Ma a noi che importa dei Måneskin? Sarebbe facile rispondere nulla, ma è inevitabile lasciarsi incuriosire quando si manifesta un fenomeno globale. E questi quattro ragazzi romani lo sono eccome. Per accorgersene basta aprire un caro vecchio social media della neo-Meta famiglia. In poche parole: gli addetti ai lavori musicali paiono rincretiniti come nonni a cui è nato un nipote. Aprono il cellulare e mostrano ai parenti, ai passanti al supermercato, agli sconosciuti in metro, le foto dei Måneskin, “I nostri ragazzi”. I patriottici paiono aver trovato un vessillo dell’esportazione di un’italianità nell’universo; al fronte contro Drew Barrymore, in trincea contro Jimmy Fallon. Fino a poco tempo fa questi ragazzi erano un enigma solo nostro. Se per qualche anno sono parsi semplicemente l’ennesima incarnazione della Locura all’italiana di “Boris”, in pochissimi mesi hanno fatto qualcosa che nessun altro artista nella storia della musica italiana era mai riuscito anche solo ad immaginare. E quello che è avvenuto non può essere attribuito esclusivamente alla vittoria di un paio di kermesse televisive. I quattro romani, a mano a mano che la soggettiva si faceva più macro, hanno evidentemente polarizzato un bisogno globale. Ma un bisogno di cosa, esattamente?

Senza molto più che un’immagine caricaturale, la band ha fatto la rivoluzione dell’industria discografica italiana di ogni tempo. Un sogno talmente grande da sembrare irreale: l’Europa, gli Usa, la Tv americana, duetti con leggende, concerti di spalla ai Rolling Stones, tour mondiali e sold out. Si può verosimilmente immaginare un futuro non lontano fatto di arene e stadi in tutto il mondo. Grandezza: la parola chiave dell’oggi. More is more, villaggio globale, New York e Parioli a un tiro di schioppo, per esportare un riff che raduni le folle o diffondere una pandemia che le disperda. Ma il plebiscito provocato dal gruppo non è da ricondurre alla musica. La loro fama è esplosa con la cover di una cover e con una canzone contro i professori scritta su un riff che un chitarrista youtuber a caso avrebbe potuto improvvisare in un video di 10 anni fa. E noi, con grande sbigottimento, scopriamo addirittura di rimpiangere i Greta Van Fleet, che nel loro essere ridicolmente derivativi appaiono a confronto addirittura troppo cerebrali e stratificati.

Nonostante una proposta al limite della sufficienza anche nell’ambito del revival, il grosso problema degli Italian Fab Four non è la musica. Il reale grattacapo è che i quattro ventenni piacciono ad ogni generazione. Piacciono ai bambini, agli adolescenti e ai loro genitori. Piacciono ai nonni, perché i nonni di oggi non sono più quelli che han fatto la Seconda Guerra Mondiale, ma casomai quelli che ci sono nati in mezzo e il rock lo han vissuto da vicino o lo hanno fatto. Hanno schiere di difensori, tastiere e smartphone alla mano, di 50, 8, 60, 25, 70, 13, 10, 19 anni. Ma i Måneskin per chi cantano? Per chi suonano? È strano. Sono un’effigie che cristallizza un meraviglioso cliché estetico fuori dal tempo, fuori dallo spazio, fuori dai contenuti e da ogni profondità.

Da un punto di vista empirico, non rappresentano apparentemente nulla e nessuno. Sono italiani, ma fanno musica anglofona. Cantano un po’ in lingua madre e un po’ in inglese. Fanno un po’ cover e un po’ pezzi propri. Sono romani, ma questo non emerge da nessun elemento se non dai loro accenti. Hanno 20 anni nel 2021 ma fanno musica che era considerata da dinosauri già alla fine degli anni Settanta. Non appartengono a un luogo, né a un’era. Molti li hanno paragonati agli Abba e all’inizio questo parallelismo poteva anche apparire convincente. Ma riflessioni approfondite inducono a ricredersi. Gli Abba facevano disco music negli anni della disco music. I Måneskin fanno, molto scolasticamente, un hard/funk/rock sfigo-semplice negli anni del post-tutto. E il risultato è un’isteria mondiale collettiva che (con le dovute proporzioni ma dai, capite cosa si intende) sfiora la Beatlemania (poi c’è anche chi è arrivato davvero a paragonarli ai Beatles, come il loro mentore Manuel Agnelli). L’attaccamento mondiale a questa retro-ossessione è talmente morboso da far pensare quasi a una qualche forma di psicosi collettiva. Ma che succede?

I nonni del rock, i grandissimi che veneriamo da anni negli abitacoli delle nostre utilitarie, sembravano non vedere l’ora di elargire caramelle e buffetti sulle guance a qualche potenziale nipote. Da un rincoglionitissimo Iggy Pop a Little Steven, da Chris Frantz (sigh) a Simon Le Bon, in tantissimi hanno appeso sul frigorifero i disegni di Damiano, Victoria, Thomas e Ethan. “Sapete, una volta anche io suonavo, mi ricordate me da giovane”, sembrano pronunciare durante una grande festa di fine anno. E in Italia è anche peggio. Dallo stesso Agnelli a Massarini, da Guglielmi a Castaldo, tra i veterani dell’alternative e del classic rock il mood generale sembra essere sempre lo stesso: ce l’hanno fatta! Viva la musica, viva il rock! “I nostri ragazzi”! Intanto gli studenti delle Elementari che suonano (pochi) vogliono imparare i loro scialbi riff e i ventenni li ascoltano a tutto volume fuori dalle università.

Ma è proprio questa assoluta trasversalità del successo dei Måneskin a nascondere qualcosa di distorto. Loro ce la mettono tutta. Damiano canta da paura, Victoria è una bass heroine con un girl power pazzesco che certamente non può che rappresentare qualcosa di significativo per le ragazze di tutto il mondo. Thomas ed Ethan sono i nerd della scuola che ce l’hanno fatta. Ce la mettono tutta, dicevamo, per presentarsi come “un segno dei tempi”, per imporsi sulla scia del qui ed ora, ma il problema è che la band segna una tacchetta più in su verso la classicizzazione di quella poltigliona che abbiamo sempre chiamato rock. Classicizzazione, ossia la sua definitiva imbalsamazione in una bella teca eterna. La sua messa in vetrina, il suo effettivo funerale con tanto di omaggio alla salma. I loro strenui difensori (o follower, che dir si voglia: i fan non esistono più) vedono in loro la rinascita di qualcosa che da ragazzini, prima di iniziare a conoscere l’agenzia delle entrate, chiamavano rock. Ma tutto cambia perché i riff non cambino. La band è l’ultima prova del fatto che il rock ha fatto la fine del jazz, la fine dell’opera o dell’arte figurativa.

I movimenti di rottura sono roba da giovani, fino a che non diventano reazionari. Il bebop era musica da depravati per chi era nato a metà Ottocento. Il rock era scandaloso per chi era nato ai primi del Novecento. Il primo punk era schifoso per, beh, quasi tutti. E anche l’odierna trap è un linguaggio di distacco fieramente generazionale. I movimenti hanno sempre fatto questo: se piace ai genitori, qualcosa non va. Ma i quindicenni di tutto il mondo si tuffano nell’adorazione di un gruppo di poco più della loro età che suona però come quello che ascoltavano i loro genitori e i loro nonni. Freud, dove sei? Oggi il bebop è chiaramente roba da preistoria. Charlie Parker e il Miles Davis elettrico? Sono la stessa cosa. La musica barocca è come la Gioconda. Picasso è come Raffaello, Basquiat è come Van Gogh. I Led Zeppelin come i Nirvana. Qualcuno ricorda le singole rivoluzioni di questi artisti? È tutto un polverone di nome “classico”. Il classico è il passato e il passato è la stessa grande matassa. È storia dell’arte. Dove c’è la storia dell’arte, c’è il museo e i Måneskin non sono altro che una stanza di quel museo, un itinerante Louvre della rock culture, quello che sarà il rock da ora in poi. Di più: quello che sarà il nostro ricordo dell’intera musica del Novecento da ora in poi. Vedendola da questo punto di vista, questi ragazzi non rappresentano nemmeno la fine. Rappresentano l’inizio di quello che c’è dopo la fine. L’inizio di un futuro in cui la musica non parla più nemmeno del suo presente, in cui l’arte è semplicemente un ricordo, che parla del ricordo. Ecco il bisogno mondiale che sta portando al successo di questo super-musical itinerante vestito da band: il bisogno di una rassicurante assenza del presente.

Chi aveva 15 anni agli inizi del Duemila sa che “la morte del rock” era un refrain già piuttosto abusato. I quattro paladini di “X Factor” certificano un passaggio ulteriore, in atto già da diverso tempo, da quando tutto è diventato liquido, da quando ci avvolge la Rete: non è morto solo il rock, è finita la necessità generazionale di creare una identità musicale. La musica “as we know it” non è un genere, è un’attitudine. Non è il rock, la musica leggera o il pop: è un calderone più grande, è l’epoca discografica. Lingua morta uccisa dall’era del silicio. Da studiare a scuola e guardare nelle rievocazioni storiche, disgregata lentamente dalla “distruzione delle varie realtà particolari”, l’unico vero principio della globalizzazione. I ragazzi di oggi non sanno cosa farsene della musica, di un movimento che appartenga solo a loro. In questo senso, ecco che la mancanza di una proposta stilistica realmente significativa diventa una risorsa per i Måneskin: non piacciono per la musica, ma in effetti per una sorta di non-musica, per una straordinaria, liberatoria, superlativa capacità di non prendere nessunissima decisione, di non imporsi. Di essere generici.

In un mondo globalizzato, futuristico e pandemico, i Måneskin sono la perfetta colonna sonora per l’alienazione diluita. Un Frankenstein show lontano dal proprio tempo, lontano dal proprio spazio, che rifugge la profondità in un ballo (della vita) in maschera, per ragazzi che invecchiano al posto dei propri genitori. Un futuro prossimo in cui la musica non è più un faro nella ricerca dell’identità, non identifica più nessuna contro-cultura per trovare speranze in un mondo disperato. Ma è solo un’ombra sfumata, lontana, svuotata da ogni emozione ed esposta nei libri. Niente più che fotografie dal passato per agghindare il Metaverso che, implacabile, sta venendo a prenderci.

[2021-11-14 dom] Il troyan nel telefono del rettore   Privacy Polizia

In questo articolo la prima frase è decisamente interessante:

Il trojan nascosto dai finanzieri nel cellulare del rettore Luigi Dei

Quindi anche per una semplice indagine su raccomandazioni e violazioni delle regole degli appalti e ingaggi, roba estremamente comune in una qualsiasi università, si ricorre all’uso di troyan.

La cosa mi ha colpito e me la voglio ricordare.

[2021-10-25 lun] Cambio dell’indirizzo di questo blog   Blog

Oggi cambierò l’indirizzo di questo blog che diventerà http://srmdho5coxk4c5ny3mtmnuqrjp34fdotq26gtiuwyxf6efoi6km4t6ad.onion così che possa diventare un hidden service di tipo V3.

[2021-10-25 lun] Ancora sulle serie tv (e poi smetto)   Televisione SerieTV Pop

La stessa sensazione avuta con Breaking bad anche con “Squid game” che tutti elogiano: nella prima puntata un massacro di almeno duecento persone, neanche si parlasse di Wounded Knee, Kaytlin, la notte di San Bartolomeo. Così, tutto gratuitamente, senza nessuna conseguenza nella trama.

Cancellerò anche questa.

[2021-08-31 mar] Il mio rapporto con le serie tv di successo - Breaking bad   Televisione SerieTV Pop

Sempre in questi giorni mi sono messo a guardare la serie tv “Breaking bad”, della quale chiunque ne ha sempre parlato bene, conoscenti, riviste, siti web pop.

Ho smesso alla terza puntata e appena avrò tempo cancellerò i file dal disco.

Mi chiedo come sia possibile apprezzare una serie tv che racconta la storia di un professore di liceo, presentato come estremamente “normale” e placido che, solo nella prima puntata, si mette a picchiare un ragazzone di due metri con mosse degne di un picchiatore di professione, uccide due gangster e poi ne tortura uno sopravvissuto: il tutto mentre, in quello che dovrebbe essere il focus della trama, riesce a produrre un solo sacchetto di acidi da spacciare non riuscendo a venderne neanche un po’.

Poi ci sono dei luoghi comuni che mi hanno fatto rabbrividire: in particolare mi ha fatto impressione il fatto che, fino a quando è una persona “normale” ha con la moglie una vita sessuale stanca e poco vivace ma appena si mette a fare il gangster subito diventa un amante focoso, il tutto ovviamente nella prima puntata. Poi c’è il personaggio ridicolo del parente poliziotto che, sempre nella prima puntata, esegue almeno tre operazioni di polizia con decine di arresti in interi quartieri.

Il tutto è talmente sopra alle righe che dopo la terza puntata mi pareva di guardare una parodia di serie tv quando invece la produzione della serie si prende tanto sul serio.

[2021-08-31 mar] Che brutti i film di Hollywood   Cinema

In questi giorni ho avuto occasione di guardare alcuni film che erano rimasti nelle cose da guardare e così ho visto qualche film di Hollywood (più o meno), con risultati abbastanza disastrosi.

The Green Book è un film decisamente zuccheroso, pieno di buoni sentimenti, famiglia, onore, rispetto che non è riuscito neanche un po’ a raccontare il clima razzista degli Stati Uniti del periodo, gli anni ’60, in cui si svolge. Troppi buoni sentimenti.

Judas and the black messiah è forse stato anche peggio (tanto che non sono riuscito neanche a finirlo) perché racconta la storia dell’attivista nero e comunista Fred Hampton e dell’informatore che lo fece uccidere dall’FBI esattamente in bianco e nero: da una parte c’è l’attivista presentato sempre e comunque come perfetto, adamantino, leader politico esemplare, compagno affidabile, amante e padre innamorato, una figurina. Dall’altra i cattivoni dell’FBI che corrompono il traditore ricattandolo. Il tutto senza sfumature, senza alcun problema, tutto molto semplice, da una parte i buoni, dall’altra i cattivi. Evidentemente io non voglio contestare il succo della storia e neanche pensavo ad un documentario da corso universitario ma presentare un personaggio in questo modo agiografico lo rende soltanto distante, almeno per la mia sensibilità: un film completamente inutile senza alcuna capacità di scrittura.

Black widow, è l’ennesimo film di supereroi che stanno diventando delle macchiette del cinema, degli scherzi di cattivo gusto. Innanzitutto veramente non ne posso più dei russi cattivi (Tenet, perché?) che, in questo film, prendono le orfane per renderle delle macchine omicide prima per la vittoria del socialismo e poi per difendere le ricchezze dei cattivissimi, vecchi e brutti oligarchi. Poi la trama è veramente una rincorsa all’effettaccio, sorelle che spuntano, madri e padri (e tutto questo familismo, che palle): è tutto super, anche la noia. E tutto questo prendendosi sul serio.

[2021-08-14 sab] La mia preistoria dell’hacklab di Firenze (e altre riflessioni sulla storia)   Hacklab Firenze Storia Movimenti

In questi giorni sto leggendo “Millenium bug”, un racconto della storia di Indymedia Italia scritto dai protagonisti della cosa.

In generale questi racconti non dovrebbero essere scritti dai protagonisti perché i propri ricordi sono sempre come minimo fallaci ma mi rendo conto che se nessun altro dimostra interesse nello scrivere queste storie è bene che qualcuno cominci anche perché, oltretutto essendo storie di sconfitte, rischiano di essere scritte dai vincitori e quindi di essere completamente travisate.

Però ci sono tanti livelli di sconfitta e probabilmente quella che racconterò io è un livello ancora più infimo.

Ovviamente anche qui vale il discorso che ho appena scritto della mancanza di scrittori terzi ma se nessuno vuole scrivere la storia di Indymedia immaginiamoci la preistoria dell’hacklab. E probabilmente e a ragione questo mio blog rimarrà la vetrina più in vista per queste mie riflessioni.

Inoltre c’è anche un altro problema che deriva dall’ambiente dei movimenti, dell’“autonomia” (ovviamente in senso lato, non in senso storico-politico): questo è un ambiente che frequento tutt’ora e che apprezzo per tante cose ma è anche un ambiente chiuso e molto auto-referenziale, nel quale tutto ciò che viene dall’esterno viene visto come poco interessante e rapidamente derubricato.

E questa cosa è successa anche in questo libro, almeno con la storia dell’hacklab di Firenze.

Alla pagina XX c’è scritto che l’hacklab di Firenze nacque nel 19XX nel centro sociale occupato CPA di Firenze ma i miei ricordi sono decisamente diversi.

Nei primi mesi del 1998 un gruppo di persone (che si nominarono i Gr.U.(l)Li., il Gruppo Utenti Linux) decisero di creare un gruppo di utenti di Linux (per l’appunto) per la città di Firenze. Così prendemmo contatto con il Pluto, gruppo utenti Linux dell’università di Padova che allora era il più importante, che ci indirizzò verso un’altra persona di Firenze che aveva espresso lo stesso interesse.

Così insieme decidemmo di indire una pubblica assemblea come atto fondativo del nuovo gruppo.

In quel periodo io frequentavo la Biblioteca Popolare dell’Isolotto, un’associazione fondata negli anni ’70 che gestiva una biblioteca nell’omonimo quartiere. Quest’associazione era fortemente politicizzata a sinistra e al suo interno c’era anche una forte rappresentanza del Partito Marxista Leninista Italiano (cosa che poi si rivelerà importante per il successivo sviluppo). In quel periodo la Biblioteca Popolare si era appena trasferita in una nuova sede nel quartiere di Legnaia, molto bella e ben sistemata e visto che erano sempre in cerca di iniziative io proposi di ospitare l’assemblea fondativa del gruppo Linux di Firenze.

Così il 17 marzo 1998 si tenne l’assemblea fondativa del gruppo, che poi verrà chiamato Flug, alla Biblioteca Popolare dell’Isolotto che fu un successo perché ci fu una notevole partecipazione e quindi l’associazione della Biblioteca mi chiese se potevamo continuare a portare iniziative nella loro sede e noi fummo ben contenti: cominciammo a fare le prime assemblee e portammo una serie di computer che collegammo in una rete locale (usando cavi UTP) collegata a sua volta ad internet (con un modem 56k).

Delle iniziative che facemmo ricordo il corso di Linux a partire dal settembre 1998, la Banca degli organi e l’incontro “Sicurezza lato server” tenuto intorno al settembre 1999 che fu importante per quello che comportò successivamente e che racconterò più avanti.

Nel frattempo nacque in un giro che io non frequentavo direttamente (ma solo attraverso di gruppi di discussione) l’idea dell’hackmeeting che si tenne nel giugno del 1998 al CPA. Il gruppo utenti Linux (non ricordo se si era già nominato come Flug) stabilì durante un’assemblea di non partecipare direttamente perché veniva sentita come un’iniziativa troppo politicizzata ma io personalmente aderii (tanto che il mio nome fu stampato anche sul manifesto che fu affisso un po’ in tutta Firenze) e partecipai. Durante l’hackmeeting probabilmente anche proprio io pubblicizzai le attività del gruppo che si riuniva alla Biblioteca Popolare e quindi alcune persone, fra le quali anche attivisti di vecchia data, cominciarono a frequentare le assemblee e le iniziative.

Tornando all’iniziativa “sicurezza lato server”: si trattò di un incontro in cui si volevano dimostrare, anche in modo pratico, exploit conosciuti utili a forzare server. Un argomento del genere allora era una grossa novità almeno per noi organizzatori e ne capivamo la delicatezza, per cui trovammo questo titolo un po’ misterioso e pubblicizzammo come al solito l’incontro. Che ebbe un successo enorme: vennero decine di persone, soprattutto semplici curiosi che di sicurezza informatica niente sapevano e neanche volevano sapere ma erano lì solo perché volevano vedere gli “hacker” che erano una figura mediatica di moda allora.

Però comportò dei problemi gravi con la gestione della Biblioteca: durante l’incontro io, che facevo da “ponte” fra gli hacker e l’associazione, percepii dei malumori che poi mi furono confermati nei giorni successivi e che portarono fondamentalmente all’espulsione del nostro gruppo dalla Biblioteca.

Nel frattempo si era tenuto il secondo hackmeeting a Milano: durante l’assemblea conclusiva venne lanciata l’idea non ricordo da parte di chi di creare degli spazi stabili che continuassero l’attività dell’hackmeeting anche durante l’anno, spazi che poi diventeranno gli hacklab.

Come conseguenza dello sfratto subito dalla Biblioteca e sull’onda dell’idea lanciata all’hackmeeting alcuni del gruppo di Firenze decidemmo di andare all’assemblea di gestione del CPA a chiedere uno spazio, assemblea che accettò e che decise di darci l’ultimo piano della palazzina che allora si trovava in viale Giannotti e così nacque l’hacklab di Firenze.

[2021-07-24 sab] Gli sportivi che non vogliono gli sponsor e le interviste   Media Sport

Tempo fa ho letto la storia di una tennista statunitense che si è ritirata da un torneo di primo livello perché, dice lei, non regge allo stress delle interviste che sono obbligatorie come da regolamento del torneo stesso. Quest’obbligo deriva dal fatto che l’organizzazione del torneo usa i diritti televisivi, anche delle interviste, come fonte di finanziamento.

Qualche settimana fa, durante il torneo europeo di calcio, durante un’intervista a fine partita, Ronaldo ha tolto dal banchetto dove stavano i microfoni due bottiglie della bevanda che fa da sponsor al torneo perché, a detta sua, è preferibile bere acqua.

E io mi domando: di cosa pensano di campare questi sportivi senza gli sponsor e i diritti televisivi? Loro sono lì perché qualcuno pensa che un marchio esposto durante un evento sportivo abbia un beneficio per le vendite del prodotto e perché qualcuno paga un abbonamento per le televisione per poterli vedere. Dal momento che una di queste due presenze dovesse scomparire ho paura che il loro sport diventerebbe un piacevole passatempo di scarso o nullo reddito.

E nel caso della tennista, come ho letto anche a giro, con un atteggiamento forse un po’ populistico mi verrebbe da dirle di provare ad andare a lavorare che forse provoca uno stress anche più forte di un’intervista in cui ti chiedono di che nazionalità ti senti.

Forse questi personaggi sono stati caricati di responsabilità che vanno molto oltre le loro capacità e forse loro stessi si credono al di là delle regole che invece li hanno creati e li mantengono.

[2021-07-22 gio] I Norge all’anfiteatro delle Cascine   Musica Concerti

Periodo pieno di concerti, finalmente.

Gruppo di cover dei Led Zeppelin, per me che ho sempre amato tanto gli originali quanto ho sempre ascoltato poco volentieri i gruppi di cover.

Comunque bella serata: ottimo il cantante che è riuscito a ricordarci l’originale, il resto del gruppo invece poco interessante.

[2021-07-18 dom] Murubutu e Claver Gold all’anfiteatro delle Cascine   Musica Concerti

Sono andato a questo concerto anche se frequento poco il genere rap attratto dal nome di Murubutu del quale conosco e apprezzo un disco in particolare. Invece non conoscevo l’altro artista.

Ero accompagnato da mia figlia che invece conosce tutti e due gli artisti e frequenta molto più di me il genere.

Di Murubutu conosco un disco soltanto ma, sull’onda di questo concerto ho cominciato ad ascoltare anche altre cose.

Il concerto in sé non mi è piaciuto gran che forse perché frequentando poco il genere non lo riesco troppo ad apprezzare. Di sicuro rimane interessante l’uso della letteratura classica come fonte di ispirazione.

Altrettanto di sicuro l’equalizzazione era sbagliata perché si sentivano pochissimo le voci e in generale le frequenze medie e invece erano troppo alti i bassi. Non sono molto usuale a questo tipo di concerto e quindi forse mi sbaglio ma mi è parso che l’equalizzazione fosse più adatta ad una sessione dance più che una cosa basata sulle parole.

Sul palco ogni tanto suonava anche un giovane trombettista (chiamato per cognome “Tamburini”, non se parente del defunto trombettista bolognese) ma è stato ben poco interessante.

Alla fine dei conti sono contento di esserci andato ma devo riconoscere che questa musica mi piace di più in ascolto che dal vivo

Sicuramente il pubblico è stato molto partecipativo.

[2021-07-12 lun] I Calibro35 al museo Pecci di Prato   Musica Concerti

Anche questo gruppo sta rientrando nell’insieme dei gruppi che ho sentito tante volte. E ogni volta mi sono piaciuti anche se ogni volta hanno presentato uno spettacolo diverso, quando riempiendo il palco di musicisti, quando con filmati e quando, come questa volta, usando solo il gruppo “base”.

Come già altre volte, l’emozione è stata tanta considerando che era un concerto dopo il lockdown: fra l’altro il loro concerto alla Flog è stato l’ultimo per lungo tempo.

Questa volta, come ho già scritto, si sono presentati solo in quattro sul palco (oltre all’immancabile fonico/maestro) e hanno fatto un gran concerto suonando pezzi di quasi tutto il loro repertorio e solo da questo (senza cover mi è parso) con un tiro e un divertimento notevole.

Solita grande prova virtuosistica, anche se forse qualche sbavatura l’ho percepita e nessun discorsone che altre volte mi aveva un po’ stuccato: è rimasta solo la voce all’inizio che chiede di non usare i cellulari, cosa che ormai potrebbe anche essere eliminata. Nessuna voce, se non registrata, nessun ospite, solo un monte di musica.

Pubblico abbastanza numeroso e ambientazione molto confortevole.

[2021-06-29 mar] La mia nuova definizione di “musica alternativa”   Personale Musica

La musica “alternativa” è quella che non si trova come torrent.

[2021-06-29 mar] L’era del “micro-mecenatismo” per me   Personale Musica

Sono ormai un po’ di anni che il mio “negozio” musicale preferito è bandcamp, visto che è il luogo in cui trovo musica interessante che spesso non riesco a trovare altrimenti, cioè con il p2p: questo perché la musica che trovo in bandcamp è sempre musica “alternativa” che non si trova come torrent.

Cose buone:

  • permette di scaricare anche file flac spesso di buona qualità;
  • costa relativamente poco;
  • permette di comprare anche solo un brano;
  • non richiede nessun abbonamento e neanche te lo propone;
  • permette di ascoltare le canzoni per intero anche senza acquistarle.

E poi dice che le commissioni che si tiene contro quello che paghi siano le più ragionevoli di tutto il mercato.

Fra i problemi direi che il principale è che non trovo musica italiana, anche quando si tratta di musicisti che avrebbero tutto da guadagnare da una distribuzione del genere.

Però c’è un però legato proprio alla “cosa buona” del permettere l’ascolto delle canzoni per intero senza comprare il disco: spesso non viene neanche voglia di comprarle visto che ormai con il cellulare non ho più limiti di traffico e che con l’add-on di kodi a casa ascolto tutto. Quindi alla fine mi sono domandato più volte perché comprare un disco?

Le volte che ho comprato un disco l’ho fatto più che altro come gesto di apprezzamento per l’artista, appunto come gesto di “micro-mecenatismo”. E allora mi domando: può essere un modello valido, qualche modo sostenibile? In qualche modo è possibile che i musicisti possano tirarci fuori un reddito?

Sinceramente credo proprio di no e non credo che questa sia una via d’uscita dalla crisi economica che sta colpendo l’ambiente della musica, così come non lo sono la vendita in formato digitale o lo streaming perché tutti soffrono del profondo problema che rendono troppo poco. L’ambiente della musica ha sempre sofferto della difficoltà di fare previsioni ma ha sempre riparato dai grandissimi guadagni garantiti dai successi. Adesso però questo sistema non regge più perché anche i “grandi successi” non garantiscono più la copertura per tutti.

E quindi cosa succederà? Io credo che l’ipotesi più probabile è un ritorno alla musica fatta per passione, in un’economia povera e la prospettiva mi terrorizza.

[2021-06-16 mer] Yunohost e gli hacker   Informatica Hacker Yunohost

Sono ormai un paio di anni che sto usando estesamente yunohost nel senso che l’ho installato un anno fa sul server familiare che ho poi portato in una situazione “protetta” e me ne sono praticamente dimenticato considerato che funziona e basta.

Proprio un bel progetto.

Che però non piace agli hacker che frequento, proprio non interessa.

L’avevo già notato all’hackmeeting di due anni fa quando alla mia presentazione sul server casalingo non partecipò nessun “hacker” del giro più tecnico. Allora pensai che il problema fossi io, che non ho assolutamente la fama di super tecnico, per usare un eufemismo.

Poi l’ho rivisto all’ultimo hackmeeting quando la mia presentazione fu messa in un orario assolutamente non da “prime time” e anche allora non partecipò nessuno del giro “tecnico”. Anche qui “mi presi” la responsabilità ma cominciai ad avere dei dubbi che forse l’argomento non era di interesse.

Continuando con la lista dei miei fallimenti ci metto anche la presentazione che ho fatto qualche mese fa per ILS che ha riscosso poco o punto successo.

E anche oggi all’incontro settimanale del mio hacklab ho toccato con mano questo totale disinteresse, se non anche un po’ di disprezzo.

Provo a dirmi il perché: ho paura che la cosa non piaccia perché è “facile”, o meglio cerca di rendere facile una cosa che sarebbe difficile, che la si vuole pensare difficile ma soprattutto che la si vuole presentare come difficile perché se non lo è più il ruolo di “hacker” perde di forza. E così mi bullo di aver passato ore e ore a configurare il mio server xmpp perché poi quando mi chiedono come si fa posso dire “che casino!”.

Questo anche a costo di rendere alla fine praticamente inutile quello che faccio perché nessuno lo userà mai perché io, che ne avrei anche le competenze, non mi interessa renderlo facile perché altri possano usarlo.

Anche perché molti di questi “hacker” poi contano, più o meno nascostamente, di usare queste loro “competenze” per cercare lavoro, reddito, non solo prestigio. Il che ovviamente non è un male di per sé, anzi! Io sono sempre stato convinto che fra i risultati più importanti di questo tipo di attività è quello di riuscire a trasferire competenze a persone che poi le possano usare per crearsi reddito e prestigio sociale. Il problema è quando questo trasferimento lo si intende solo all’interno del proprio gruppo, elite.

È un atteggiamento che proprio detesto e penso a quella bella frase che era “creare saperi senza creare poteri”.

[2021-06-12 sab] Le macerie di Facebook   Internet

Viene sempre un po’ naturale pensare che quello che è il presente sarà anche il futuro e che niente possa crollare, specialmente le entità enormi. E invece studi la storia e scopri che sono crollati l’impero romano e quello britannico, l’Unione Sovietica, la Compagnia delle Indie Orientali, le banche fiorentine e quelle d’affari statunitensi e quindi crolleranno anche Facebook e i suoi emuli che lavorano nei campi più diversi, il gioco, il commercio, il sesso, l’esibizionismo. Passeranno uno, dieci, venti anni ma succederà.

Negli esempi precedenti di crolli quello che è rimasto sono stati oggetti, usanze che sono stati dimenticati, distrutti o riciclati.

E forse sarebbe il caso di cominciare a pensare cosa succederà alle macerie di Facebook e dei suoi emuli: al momento che questi non saranno più in grado di “badare a se stessi” cosa faremo dell’immane quantità di dati personali, privati, privi di significato ma anche orribilmente delicati ed imbarazzanti che stanno custodendo attualmente? Fisicamente è probabile che saranno migliaia e migliaia di hard-disk dispersi per tutti i CED usati attualmente o la configurazione che la memoria informatica che avrà al momento del collasso.

Cosa faremo di questi dati?

Aspetteremo che non abbiano più alcun valore perché riguardano persone delle quali nessuno più cura neanche la memoria? Ma fino a quel momento, chi e come le custodirà? Lo “Stato”, un comitato di “Garanti”? Con quali risorse?

Oppure dobbiamo presumere, sperare o temere che questi dati avranno talmente poco valore da essere diventati insignificanti perché immersi in un fiume ancora più grosso di dati simili creati dai successori di Facebook e simili e che quindi il problema sarà di ben poco conto?

Io non ne ho alcuna idea e mi domando se altri prima di me si sono posti il problema.

[2021-06-10 gio] Il crollo di freenode, cioè non ci sono concentrazioni buone   Internet

La vicenda di freenode ci ricorda la lezione che tutte le concentrazioni sono pericolose, anche quelle “amiche”, anche se gestite da volontari, anche se hanno nel marchio parole come “open”, “free”, “liber”.

[2021-05-30 dom] Il festival della letteratura sociale alla polveriera occupata   Letteratura

Ieri l’altro, ieri e oggi sono andato alla manifestazione del titolo e sono rimasto veramente contento.

Innanzitutto per lo spazio, bellissimo, in centro a Firenze ed incredibilmente lasciato inutilizzato da una qualche proprietà che non conosco ma che evidentemente ha altro a cui pensare. Il che forse è anche un bene visto l’utilizzo che ne viene fatto nonostante lo stato di abbandono.

Uno spazio centrale, reso vitale da un bel gruppo di persone che sono riuscite in questi anni a renderlo vitale.

E poi per la manifestazione in sé perché riuscire a parlare di una letteratura non convenzionale è sempre una bella riuscita e soprattutto risulta interessante a prescindere.

Il mio unico problema è che non riesco praticamente più a comprare libri di carta e lì venivano venduti solo quelli, il che è un grave limite per la scena.

[2021-04-17 sab] Il problema dei tre corpi di Liu Cixin   Libri

Un romanzo interessante anche se forse non del tutto a fuoco perché ci sono alcune parti che potevano davvero essere scritte meglio cercando di non raccontare troppo.

Sicuramente viene salvato dal finale che è veramente intelligente ed interessante.

La storia segue tre tronconi, uno che si svolge nel nostro presente in cui viene raccontato come i governi del mondo si rendono conto della prossima ventura invasione della Terra da parte di una civiltà extraterrestre molto più avanzata e bellicosa di quella umana proveniente da Alfa Centauri. In questo troncone ci sono tanti aspetti azzeccati che mi sono piaciuti anche se il voler presentare gli scienziati la categoria che ha la capacità di prepararsi a salvare il mondo e, al solito, militari e politici come imbelli fa un po’ molto film statunitense degli anni ’80. Interessante l’idea che la civiltà extraterrestre comunichi con la Terra sfruttando un videogioco di ruolo ma l’organizzazione segreta creata da un miliardario pazzo che vuole distruggere il mondo fa un po’ Spectre. In tutto questo il finale, come ho scritto sopra, in cui l’umanità viene paragonata agli insetti è geniale.

La seconda parte si svolge invece nel periodo della “Rivoluzione culturale” in Cina e anche questa è piuttosto interessante perché riesce a raccontare in poche pagine quel periodo storico dal punto di vista di una vittima anche se non mi rendo ben conto di quanto possa essere valido da un punto di vista storico perché di quella storia non conosco praticamente niente.

Invece la terza parte che si svolge nel pianeta extraterrestre è quella meno convincente sia perché risulta decisamente poco credibile che i movimenti di tre stelle siano visibili e percepibili da forme di vita simili a noi perché ai nostri occhi in realtà sono immensamente lenti, ma anche perché immaginare una civiltà extraterrestre con pulsioni e modalità di vita sociale simili a quelli a cui siamo abituati sulla Terra in questo periodo storico anche qui fa un po’ film di fantascienza di invasione degli alieni anni ’50. Anche l’idea di creare un supercomputer all’interno di un protone sfruttando le dimensioni nascoste mi ha lasciato un po’ dubbioso.

Un libro decisamente interessante ma non entusiasmante.

[2021-03-19 ven] Perdido street station di China Mièville   Libri

Ho letto questo romanzo su indicazione di una partecipante all’hacklab di Firenze che cura una serie di pubblicazioni sulla letteratura fantascientifica. Un romanzo strano, uno strano miscuglio di fantascienza, fantasy, con uno stile che spesso mi ha lasciato di stucco. Non è un romanzo perfetto ma forse sono stato affascinato proprio dalle sue imperfezioni.

La storia si svolge in una realtà diversa in cui la fisica è diversa, in cui esistono forze diverse dalle nostre, alcune delle quali molto simili alla magia. Oltre a queste forze c’è anche una tecnologia molto diversa, basata sul vapore invece che sulla forza elettrica, che dà un tocco molto steampunk all’ambientazione ma che, nella finzione, permette ad esempio apparecchi simili ai nostri computer.

Inoltre le specie viventi, senzienti o meno, sono molto varie e gli esseri umani sono solo una delle tante, neanche la più importante.

L’azione si svolge all’interno di una enorme città stato che è una grande protagonista perché serve come “menù” di tipi per i vari personaggi e permette all’autore (che da quel che ho capito è anche un sindacalista) di creare delle situazioni in cui l’azione è governata da forze quali la politica, le tensioni sindacali, la repressione violenta del dissenso.

Il tutto è in realtà un gran minestrone in cui, forse il problema maggiore del romanzo, l’autore vuole raccontare troppo, vuole mettere troppa carne al fuoco tanto che alcune scene (lo sciopero dei portuali per fare un esempio) restano lì, un po’ appese come una cosa che hai voluto scrivere per forza ma che non servono più di tanto per lo scorrere della storia. Anche i personaggi alle volte sono semplicemente troppi anche se ben individuati e alcuni sono un po’ “campati in aria” come il Consiglio dei Congegni. Ma questo, se è un problema specialmente nelle prime pagine, poi diventa un fatto attraente perché l’autore riesce a orchestrare l’insieme abbastanza bene: alle volte aiutati anche dallo stile “frondoso” della prosa (per lo meno nella mia traduzione italiana) si ha l’impressione di camminare dentro una foresta intricata tanti sono gli intrecci.

Probabilmente un romanzo di questo tipo è possibile solo in una edizione “underground” perché una situazione più commerciale avrebbe tagliato tanto in fase di editing.

Bello, all’inizio difficile ma poi tanto interessante.

[2021-02-17 mer] La mia presentazione di yunohost   Informatica Flug

Oggi ho presentato yunohost nell’ambito di una rassegna organizzata da alcuni lug della Toscana, Golem di Empoli, Libera Informatica di Firenze e il lug di Lucca. La presentazione si è tenuta via internet usando un programma di presentazione con il quale facevo vedere le mie pagine html e intanto parlavo.

Erano collegate circa una quindicina di persone, delle quali due facevano parte della mia personale “clacque” mentre le altre erano normali spettatori del giro.

Non ho praticamente provocato alcun interesse, cosa dimostrata dal fatto che al termine non mi è stata rivolta praticamente nessuna domanda relativa a quel che avevo presentato, se non da parte degli organizzatori.

Così come all’ultimo hackmeeting, mi scontro con il fatto che questo argomento è realmente poco interessante per la comunità informatica italiana: probabilmente questo è dovuto al fatto che questa comunità si è progressivamente staccata dai contatti “sociali”, isolandosi in una bolla tecnicistica nella quale esistono soltanto le questioni tecniche. E questa cosa vale sia per il giro hacklab, che conosco un pochino meglio, ma anche per il giro lug.

Comunque non devo dimenticarmi mai la mia patologica mancanza di carisma per cui è probabile che al momento che altri si appassioneranno all’argomento riusciranno a trasmettere maggiore interesse.

[2021-02-11 gio] Maurizio Blatto e la morte   Musica Libri

Sto leggendo Maurizio Blatto - Sto ascoltando dei dischi - e mi piace tanto, un po’ perché è scritto abbastanza bene, un po’ perché racconta un argomento - la dipendenza dalla musica - che sento tanto vicino. Per molti versi la mia mania è molto diversa da quella di Blatto perché, al di là dei gusti musicali e della sua enormemente maggiore erudizione, io non sono mai stato un maniaco dei supporti, CD, cassette o vinili che siano come invece viene raccontato nel libro. Fra le varie scene e motti però c’è un’immagine della morte che mi piace tantissimo:

Comunque non so bene come funzioni, anche quella faccenda della vita che ti passa davanti agli occhi un attimo prima. Mi sono sempre fatto un’idea personale della cosa. Vedrò un nastro di una vecchia casetta, una TDK C-60 fine anni Settanta, quella con i colori tipo seconda maglia della Nazionale di Calcio della Germania occidentale che scorrerà veloce. Sopra ci saranno le mia canzoni preferite. Poi si fermerà, e fine dei giochi. Infarto o roba simile.

[2021-02-03 mer] Sempre il jazz e i suoi critici   Musica

Il jazz è stato di gran lunga la forma musicale più significativa emersa nel corso del XX secolo.

Alyn Shipton - Nuova storia del jazz - 2007 (Esattamente la prima riga di un saggio di 1000 pagine o giù di lì)

Evidentemente l’autore in questione è andato in coma prima del 1967 e si è risvegliato da poco perché non ha saputo niente di Sgt Pepper, tanto per fare l’esempio più facile.

Ascolto tanto jazz (qualsiasi cosa significhi quest’espressione), è un genere che frequento da quando ero bambino grazie agli ascolti di mio padre e che apprezzo tantissimo però mi sembra evidente che non sia neanche un po’ la forma musicale del secolo passato: lo è stato, così ad occhio dagli anni ’40 ai primi anni ’60 ma poi è stato travolto dalla musica pop.

[2021-01-06 mer] Delle mascherine e i semafori di notte   Covid19

Da quando è cominciata la pandemia c’è tutto un gruppo di persone che si lamentano degli obblighi di portare sempre e comunque le mascherine previsti dai vari decreti governativi: questo gruppo è composto da persone le più diverse che partono da punti di vista estremamente lontani, dalla negazione dell’esistenza della malattia fino all’apparente assurdità di portare una mascherina quando si è isolati dagli altri.

Ovviamente del gruppo dei negazionisti non ho niente di particolare da scrivere ma invece ho qualcosa da pensare delle obiezioni delle persone che invece contestano la necessità dell’enunciazione dell’obbligo anche quando si è isolati.

E lo farò prendendo un esempio.

Per lavoro mi muovo per la città presto la mattina quando le strade sono praticamente deserte, in special modo in questo periodo di quarantena generalizzata. Bene, quando mi muovo per le strade della città con mezzi con i quali rispetto il codice della strada mi trovo a fermarmi a semafori che regolano un traffico che veramente non esiste. Io ricordo che fino a qualche anno fa quasi tutti i semafori cittadini venivano resi solo gialli lampeggianti durante le ore notturne, cosa che è stata cambiata recentemente, probabilmente perché prima erano un pericolo.

Quindi io cosa faccio la mattina presto, quando arrivo ad un semaforo rosso con nessuno in vista? Cosa fa uno che contesta l’obbligo della mascherina quando si è isolati? Attraversa l’incrocio perché quel semaforo è assurdo oppure c’ha fatto l’abitudine e non ci pensa neanche?

Le leggi generali comportano sempre delle zone “grige” nelle quali la norma appare estrema ma d’altronde probabilmente con i semafori notturni sono stati evitati tanti incidenti.

[2020-12-05 sab] Le fotografie digitali come memoria   Internet

C’è questo bell’articolo che parla della “moda moderna” di scattare un monte di fotografie con i cellulari, fotografie che spesso poi vengono condivise usando i social network.

L’articolo contiene alcune, diciamo così, “inesattezze”: ad esempio la memoria dei cellulari non ha niente di “virtuale” o per le meno niente di più virtuale della carta sulla quale venivano stampate anticamente le fotografie. Inoltre i “codici che non capiamo” sono semplicemente oggetti tecnologici che invece dovremmo capire, a maggior ragione se si lavora come mediatore culturale.

Però l’articolo è lo stesso estremamente interessante perché fa partire l’analisi dalla lettura di un testo di Italo Calvino scritto molto prima che anche si pensassero gli strumenti attuali. Il che dimostra, fra l’altro, che la questione è piuttosto antica e che Calvino è stato uno scrittore assolutamente lucido.

Riporto alcune citazioni dal racconto di Calvino:

Basta che cominciate a dire di qualcosa: ‘Ah che bello, bisognerebbe fotografarlo!’ e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto, e che quindi per vivere bisogna davvero fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita. La prima via porta alla stupidità, la seconda alla pazzia.

C’erano molte fotografie di Bice possibili e molte Bice impossibili da fotografare, ma quello che lui cercava era la fotografia unica che contenesse le une e le altre.

(Bice è la moglie del protagonista del racconto).

Anche nella mia famiglia abbiamo un po’ questa mania e rivediamo spesso le fotografie che scattiamo perché abbiamo il salvaschermo del computer casalingo che ce le scorre in modo casuale.

[2020-11-08 dom] I sondaggisti per Biden   Politica

Piccola premessa: ho sempre creduto poco ai sondaggi e ho fatto anche bene perché li ho visti sbagliare continuamente.

In questo articolo del Post c’è una frase finale che lascia pensare:

Alla fine, ha detto di nuovo Morris dell’Economist, l’unico segmento di popolazione in cui i sondaggi sono stati molto accurati è stato quello degli elettori bianchi con un’istruzione universitaria e che vivono nelle aree suburbane: lo stesso che i sondaggi avevano correttamente assegnato a Clinton nel 2016.

Probabilmente, dico io, l’unico segmento di popolazione della quale i sondaggisti riescono ad azzeccare le previsioni è il segmento al quale appartengono i sondaggisti stessi. Il resto della popolazione in cui vivono è un enorme mistero, il che non fa molto onore alla “scienza” della sociologia.

[2020-11-03 mar] Una storiella di Franz Fanon   Razzismo

Sto leggendo Timira che racconta la storia di una signora che ha vissuto a cavallo fra l’Italia e la Somalia del secolo scorso. Come molti libri e in generale gli scritti degli scrittori del gruppo Wu Ming è un ottimo libro di parte che è sia un complimento che il suo opposto.

Volevo però riportare solo una bella citazione da un libro di Frantz Fanon (del quale però non conosco il titolo) che viene fatta all’interno di questo:

Tre uomini arrivano un giorno ai cancelli del cielo: un bianco, un mulatto e un nero.

«Cos’hai desiderato di più sulla terra?» domanda san Pietro all’uomo bianco.

«I soldi».

«E tu?» domanda al mulatto.

«La gloria».

E quando si volta verso il nero, quest’ultimo dichiara con un bel sorriso:

«Io sto solo portando le valigie di questi signori».

[2020-10-20 mar] La fine di immuni   Covid19 Informatica

Oggi ho letto questo articolo di Riccardo Luna che mi ha dato da pensare: premetto che non sono per niente un ammiratore del giornalista né tanto meno dell’ambito sociale e politico che questi spesso va a rappresentare, quello tecno-fiducioso, semplificando.

Però questo articolo fa un po’ sorridere perché pone il problema, come sempre fanno gli appartenenti a quell’ambito, alla “burocrazia”. Sbagliano tutti, i medici di base, le regioni, il ministero della salute, tutti meno quelli che hanno pensato l’applicazione. In particolare i bravissimi Google e Apple, veri alfieri di questo genere di persone, hanno fatto tutto il possibile per rendere i loro sistemi operativi utili e funzionali a questa necessità.

Però, però nessuna delle varie applicazioni di questo genere hanno mai o ancora funzionato nel mondo. Inoltre quando ci si pone nella posizione di dire che tutti gli altri sbagliano qualche domanda se la potrebbe anche porre.

Io mi chiedo: non è che il problema sta anche nei sistemi operativi di questi “alfieri della modernità” perché sono pensati per tutt’altro, appropriazione dei dati personali degli utenti, tracciamento delle abitudini e non è così facile usarli per tutt’altro?

Per altro io ho provato ad installare immuni sul mio cellulare con lineage e non ha funzionato perché non ho i “servizi” di google.

[2020-10-05 lun] A hidden life di Terrence Malick   Film Recensioni Cinema

Sono tornato anche in un piccolo cinema di città (ormai quelli grandi sono tutti in periferia) per vedere questo film del quale avevo letto una favorevolissima recensione.

E in effetti mi sono trovato seduto al cinema per quasi tre ore, pure stanco dopo una giornata a lavorare, senza quasi rendermene conto, preso da un’emozione continua e fortissima creata da un film quasi senza trama ma realizzato con immagini e scene meravigliose, in particolar modo quando il regista riprende i personaggi e le vallate alpine in cui si svolge gran parte della storia.

Il film racconta la storia di una famiglia di contadini austriaci durante l’avvento del nazismo e l’inizio della seconda guerra mondiale. Il marito viene reclutato per l’esercito del Reich nazista e lui si rifiuta di giurare fedeltà al fuhrer per la sua radicata fede cristiana e quindi viene condannato a morte e giustiziato. Unica a sostenerlo resta la moglie mentre la famiglia e la piccola comunità nella quale sono sempre vissuti li isola mentre il nazismo si radica anche al suo interno.

Questa storia viene raccontata attraverso tre tipi di scene: le scene bucoliche della vita prima della chiamata alle armi e della solitudine della famiglia dopo l’arresto, le scene nelle prigioni austriache e tedesche e tantissimi primi piani degli attori. Le scene della campagna alpina sono splendide, con una fotografia che sembrava voler ricordare le fotografie familiari scattate con una semplice reflex casalinga, colori saturi: le scene sono di tanti (forse troppi e anche un peletto idealizzati) lavori contadini, vita di paese e di casa - veramente bellissime. I primi piani dei personaggi sono molto efficaci per la bravura degli attori che riescono a dare drammaticità alla vicenda senza strafare: in particolare ovviamente i due principali protagonisti, moglie e marito riescono a far sentire le loro emozioni, la loro determinazione e la loro fede cristiana senza mai sventolarle come bandiere ma con una umiltà che li fa sentire vicini. Le scene del carcere sono quelle forse meno efficaci perché le ambientazioni sono troppo irrealistiche: celle singole troppo pulite e ordinate, la violenza solo accennata sia pur in modo molto efficace e soprattutto una serie di personaggi stucchevoli che fanno una specie di analisi psicologica del prigioniero che risultano troppo eterei e “psicanalitici”. Il film non vuole essere realistico in questo senso, la guerra ad esempio viene ricordata solo dalle sirene degli allarmi aerei e dai rumori degli aeroplani e la violenza viene solo accennata sia pur in modo molto efficace ed inoltre c’è tutta una serie di piccole incongruenze storiche (scarpe di gomma, vestiario troppo moderno) che stonano un po’.

I dialoghi sono stati doppiati solo quando i dialoghi servono per capire la trama mentre sono stati lasciati in tedesco quelli “di contorno” dando un fortissimo senso di straniamento allo spettatore che non capisce il tedesco, come se questo straniamento fosse anche per i personaggi della storia, come se neanche loro capissero più quello che viene detto perché ormai estranei al loro stesso popolo.

Comunque in generale, al di là di alcuni dettagli forse un po’ stucchevoli, il film scorre benissimo trasmettendo un’emozione fortissima per tutta la durata.

La citazione dalla scrittrice George Eliot dalla quale il film prende il titolo:

Poiché il bene crescente del mondo dipende in parte da atti non storici; e quelle cose non sono così negative per te e per me come avrebbero potuto essere, in parte a causa del numero di persone che ha vissuto fedelmente una vita nascosta, e riposa in tombe non visitabili.

[2020-09-13 dom] Ho riletto “Il nome della rosa”   Recensioni Libri

E non mi è piaciuto poi chissà che.

Lo avevo letto da ragazzino perché un signore coltissimo (al quale devo tante scoperte letterarie) che frequentavo allora mi disse assolutamente di leggerlo (credo fosse il 1981) e mi piacque tantissimo. L’ho riletto al trienno del liceo qualche anno dopo con la guida della mia coltissima professoressa (alla quale devo ancora più scoperte letterarie e musicali) e ancora mi piacque tantissimo.

Probabilmente allora lo capii oppure era la prima volta che leggevo una trama del genere scritta da chi sapeva veramente scrivere.

Adesso invece l’ho trovato un po’ troppo schematico, con dei personaggi che si muovono come marionette (tranne forse un pochino l’allievo del monaco), una trama poco plausibile e meno ancora avvincente, scene che si susseguono come flash senza reale sviluppo della vicenda. Inoltre le due storie che sono la base del libro, gli assassini dei monaci e la disputa fra benedettini e francescani sono praticamente scollegate tanto che alla fine non si capisce perché sono state messe lì insieme.

[2020-08-27 gio] L’“esclusivo” club Billionaire   Costume

Da un articolo odierno di Open:

gli oltre 3mila clienti che nella settimana di Ferragosto hanno visitato il club esclusivo.

[2020-08-26 mer] Tenet di Nolan   Film Recensioni Cinema

Sono tornato finalmente al cinema con grandissime aspettative perché mi aspettava il nuovo film del regista di alcuni dei più bei film degli ultimi anni, a partire da Interstellar.

Purtroppo però non mi sono divertito come speravo perché il film è stata una gran delusione.

Un monte di luoghi comuni degni di un film anni ’80:

  • il magnate russo cattivissimo partito dalla disperazione della Russia post-sovietica arricchitosi con il traffico di armi e con a disposizione un esercito di uomini disposti a farsi malmenare ed uccidere in nome di non si capisce cosa;
  • la bellona sposa del cattivo che deve essere salvata continuamente dal buono tutto d’un pezzo, ovviamente statunitense, anche se non viene mai esplicitato ma quello è il fisico;
  • la visione della Russia dove il luogo dove può avvenire una battaglia fra due eserciti, uno quello del cattivo e uno dell’agenzia dei buoni, composti da decine di uomini armati di armi pesanti, elicotteri da trasporto e mezzi corazzati senza che si sia alcun intervento da parte delle forze armate locali.

I rapporti dei personaggi sono troppo schematici:

  • il cattivo e la bellona che si odiano senza che venga spiegato realmente perché;
  • il buono che si innamora subito della bellona e su questo “amore” viene sviluppata gran parte dell’azione successiva;
  • l’amicizia e la complicità che scatta subito fra i buoni;
  • le mille rivelazioni che vengono fatte subito al buono.

Tutto troppo automatico, veloce come se ci fosse fretta nello stabilire questi rapporti per poter proseguire con il racconto, cosa che però mi ha impedito di immedesimarmi realmente nella storia.

Anche il gioco dei salti nel tempo viene giocato male perché all’inizio viene stimolata la curiosità con la storia dei ritrovamenti di tanti oggetti dal futuro raccolti dall’agenzia dei buoni ma poi il gioco viene abbandonato perché degli unici oggetti di cui si parla diventano esclusivamente armi. Spesso, quando nei racconti si affrontano i paradossi dei salti nel tempo, diventa difficile seguire la storia e solo raramente sono riusciti a rendere la storia plausibile e/o godibile: in questo film invece diventa troppo intricato e poco comprensibile e quindi poco godibile.

Di Nolan alcuni film mi sono piaciuti tanto ma altri proprio no e questo rientra nel secondo gruppo.

[2020-08-10 lun] Liquid portraits di Clap! Clap!   Musica Recensioni

Questo disco mi piace tanto quanto non mi è piaciuta l’esibizione della quale racconto nel precedente messaggio.

È assolutamente un disco da ascolto perché dal vivo mi rendo conto che è difficile renderlo dal vivo.

Si tratta di un disco fatto quasi esclusivamente di suoni campionati che però suona “freschissimo” come se fosse suonato da musicisti dal vivo: oltretutto pur essendo quasi tutti campionamenti di strumenti percussivi i suoni sono così interessanti e stimolanti che si è sempre stimolati all’ascolto. Pochissime melodie, sempre molto eteree (tranne forse il singolone Moving On, dove c’è una linea vocale molto importante) con accompagnamenti ritmici sempre molto interessanti.

Un bellissimo disco strano!

[2020-08-08 sab] Viva festival a Locorotondo - Populous e Clap! Clap!   Musica Recensioni Concerti

Siamo venuti in questa terra così lontana da casa perché questi due musicisti ci avevano regalato due dischi molto interessanti negli ultimi mesi e siamo stati un po’ traditi, e non perché si siano esibiti male o che altro legato all’organizzazione ma proprio per il tipo di spettacolo che ci hanno proposto.

Fondamentalmente i due musicisti, che fanno musica molto simile per la modalità di produzione, elettronica con idee di musica latinamericana e “da cocktail” per Populous, Africa, percussioni e suoni “tribali” per Clap! Clap!, sono saliti sul palco per passare dischi, o quel che sono nel 2020.

Il risultato cercato dai due musicisti, credo, era quello di far ballare il pubblico, solo che questa cosa nell’estate del 2020 non mi pare una grande idea visto che in teoria non potevamo muoverci dalle seggiole che ci avevano assegnato. E comunque queste esibizioni mi lasciano sempre con un po’ d’amaro in bocca perché per poter dare un tocco “live” i due musicisti inframmezzavano le canzoni che avrei voluto ascoltare con minuti interi di suoni senza tanto senso ai miei orecchi di ascoltatore seduto su una seggiolina. Populous addirittura ha passato pochissime canzoni e solo dell’ultimo album mentre Clap! Clap! almeno qualcosa di suo ce lo ha passato.

Ora fare chissà quanti chilometri per andare a sentire due DJ che cercano di far ballare nell’estate del 2020 non è stata propriamente una grande idea da parte nostra; però sono costretto anche a pensare che chi programma questi spettacoli e a maggior ragione chi poi sale sul palco in queste condizioni dovute alla pandemia in atto dovrebbe far mente locale e costruire qualcosa di più adatto ad un pubblico che non può muoversi.

La scena di un pubblico che balletta sulle seggioline assegnate faceva un po’ sorridere e un po’ pena. E comunque la scena è diventata ancora più penosa quando durante lo spettacolo di Clap! Clap! il pubblico non ha retto e si è radunato sotto al palco per ballare, al che mi sono sentito assolutamente fuori luogo.

Una cosa che però mi ha fatto piacere è stato il fatto che gran parte del pubblico, molto giovane, era lì per ascoltare i musicisti, Clap! Clap! in particolare, che erano ben conosciuti.

Nel mezzo fra lo spettacolo di Populous e Clap! Clap! si è esibito prima un gruppo del quale non ho capito niente se non che aveva un’equalizzazione completamente sbagliata e che poi ha fatto da gruppo per il rapper Massimo Pericolo che però non mi ha detto niente.

[2020-07-12 dom] I vecchi e le rockstar attuali   Vecchi Famosi

Nel canale di un gruppo che non voglio nominare ci sono tante persone che sono state e sono tuttora tanto importanti sia come amici che come stimolo culturale però sento che mi ci sto allontanando sempre più perché hanno un atteggiamento che proprio non mi piace.

Un esempio è il rapporto con il calcio e soprattutto con la fama dei giocatori.

Quando ero ragazzino mi ricordo che quelli che io percepivo come vecchi avevano sempre una pessima considerazione e soprattutto sempre tante brutte parole per quelle che erano ai miei occhi di ragazzino le “rockstar” di allora, cioè le rockstar vere e proprie: erano troppo ricchi, avevano comportamenti immorali, erano nullafacenti e via moraleggiando. Adesso la mia generazione è andata al potere e così quelle rockstar, nonostante non facciano praticamente più niente di realmente significativo da eoni, sono dei santi laici ai quali vengono perdonati tutti gli eccessi di allora, anzi vengono indicati come quelli che hanno vissuto la vera vita e così ci si fanno film multimilionari sopra.

Adesso le rockstar, quelli che guadagnano troppo, che hanno comportamenti vergognosi, quelli contro cui i moralisti si scatenano sono i calciatori e di questi moralisti ce n’è una buona presenza in questo gruppo. Il problema è che tutti i ragazzini attuali vorrebbero giocare come Ronaldo e quindi è molto probabile che fra trent’anni questi calciatori diventeranno i nuovi santi laici e delle lamentazioni dei moralisti non ci sarà più nessuna memoria.

E così in questo gruppo si fa solo la figura di vecchi barbogi che totterano nella loro chat/panchina.

Sia ben chiaro: io resto appassionato di musica e molte di quelle rockstar per me restano dei grandissimi artisti che ascolto volentieri però cerco anche di seguire, capire e anche apprezzare quello che è lo spettacolo pop attuale.

Forse tutto ciò è corollario della legge di Douglas Adams.

[2020-06-29 lun] /handlogic e Don Karate al teatro romano di Fiesole (sono tornato ad un concerto)   Concerti Musica

Dopo mesi di lock down sono tornato a vedere dei musicisti su un palco: io ero emozionato tantissimo così come i musicisti.

La cosa ha funzionato nonostante tante novità: il nome all’ingresso, la misurazione della temperatura, essere accompagnati al posto dai valletti, il divieto di lasciare il proprio posto che era distanziato dagli altri spettatori. La cosa ha funzionato soprattutto perché lo spazio, un bellissimo teatro all’aperto di epoca romana, permette avere una ragionevole quantità di pubblico, anche se un tocco fondamentale è il fatto che la rassegna è sovvenzionato dalle istituzioni pubbliche.

Venendo alla musica devo dire che mi sono proprio divertito.

I due gruppi sono molto locali e quindi sono una buona speranza per la scena musicale della zona.

Il primo gruppo, gli /handlogic sono un ottimo gruppo molto giovane che propone una musica forse un pochino troppo sofisticata: canto in inglese, suoni molto ricercati, anche un po’ troppo forse per l’appunto e una presentazione molto efficace. Il gruppo si presenta come un gruppo rock standard, chitarra, basso, tastiere e batteria ma usa tantissimo l’elettronica per deformare tutti gli strumenti, compresa la voce usando suoni molto curati, come ho scritto sopra. La musica suona un po’ come i Radiohead, i These New Puritans (senza il tocco acustico però) e all’inizio è intrigante ma alla lunga annoia un pochino, forse proprio perché è un po’ troppo sofisticata.

I secondi sono stati forse più interessanti ma sicuramente più intriganti: batteria (suonata dal leader del gruppo), vibrafono e basso suonati in modo molto libero ma sempre molto melodico e anche qui un costante uso dell’elettronica. La musica ricorda molto cose tipo Godblesscomputers, e andando un po’ più lontano i Jaga Jazzist: usa stilemi del jazz “leggero”, quasi da musica da filodiffusione, senza temere lunghe ripetizioni dei temi, “sporcando” però il tutto con tocchi spesso quasi rumoristi ma soprattutto con l’uso dell’elettronica, anche qui sempre con suoni ben fatti e con un uso “disinvolto” degli strumenti acustici.

Anche la presentazione scenica del palco è stata interessante perché il gruppo si è presentato un musicista per volta indossando maglie zebrate con il batterista che indossava un largo cappello da allevatore di api che lo nascondeva completamente. Inoltre sul palco erano montati dei piccoli schermi sui quali venivano proiettate delle immagini molto azzeccate.

Molto interessanti i secondi, tanto che conto di comprargli il disco (anche loro su bandcamp) mentre i secondi conto di riascoltarli con calma.

[2020-06-24 mer] La magistratura italiana (ma anche i giornalisti)   Politica Italia Magistrati

Alcuni anni fa conobbi alcune persone che facevano parte dell’organizzazione “Sud ribelle” che furono poi coinvolte in un’inchiesta pazzesca organizzata da Carabinieri e magistratura basata sul nulla.

Anche prima avevo poca fiducia in quelle istituzioni ma dopo quella prova sentii che non avevamo più niente a che spartire, nonostante per tante persone del mio ambito ci fosse un amore specialmente verso i magistrati.

Ora vedo che si comincia a pensarla diversamente anche in altri ambiti e così oggi esce questo articolo su un giornale che proprio estremista non può essere definito. Lo riporto completo:

La misera etica: se Palamara parlasse

20 Giugno 2020

Dunque, Palamara è stato espulso dall’Associazione nazionale dei Magistrati, che rappresenta il Parlamento dei Magistrati, organizzati attraverso correnti che fungono da partiti. Voler smentire questo quadro significa mettere, come lo struzzo, la testa sotto la sabbia. I magistrati sono organizzati con un potere, non solo con un ordine costituzionale: hanno legami politici, ambiscano a far carriera,vogliono anche proiettarsi nell’agone e ricoprire ruoli rilevanti. Questo significa, per chi conosce la dinamica del potere, che inevitabilmente

1-devono organizzarsi,

2-godere di protezioni,

3-stringere alleanze,

4-avere riferimenti politici e di partito,

5-penetrare nelle istituzioni,

6-nei gangli e gabinetti ministeriali.

Ecco allora che la figura costituzionale del Magistrato non esiste più. La realpolitik ci impone di capire che il Magistrato è un uomo di potere, capace anche di cambiare una realtà politico-istituzionale.

Voler girare la faccia, d’altra parte, significa non ammettere la realtà palpitante, vera, anche se inaccettabile. Palamara ha dimostrato che i Magistrati sono ed hanno un sistema: questo è il punctum dolens. Spartiscono Procure, intessono relazioni con politici che chiedono protezioni per aggiustare inchieste che li riguardano, vogliono entrare nei ministeri per guidare processi legislativi e dominare anche ministri.

Vediamo il caso di Bonafede, figura inetta ed incompetente, ma facilmente addomesticabile. Noi ci auguriamo una catarsi: che alle intercettazioni segua una confessione liberatoria di Palamara, che metta in piazza le asimmetrie del sistema, le sue implicazioni con la politica, anche le sozzerie e prebende. Non sono immacolati, non sono illibati, anche loro hanno subito la deflorazione del potere che è pervasiva: intendono comandare,vogliono uscire sui giornali, godere di popolarità, essere punto di riferimento per carriere future in altri ambiti. Sono una casta: Palamara, con la sua faccia di bronzo e di tonno, come diceva Cossiga, che non è mai stato tenero con i Magistrati ed aveva ragione, è solo la punta dell’iceberg. Il marcio non è ancora venuto fuori, perché chi conosce il potere sa che i suoi miasmi, le sue corrutele, la putrefazione degli ascessi di pus è quella che fa impressionare la massa. Ecco, allora, che il nostro Presidente della Repubblica parla di miseria etica e dice la sacrosanta verità.

Ma questa miseria, bisogna dirlo, produce anche disperazione.

  1. Perché i Magistrati che sbagliano sentenze non devono pagare?
  2. Perché un medico, un avvocato può essere incolpato, subire azioni di responsabilità dai propri clienti ed i Magistrati no?
  3. Perché i politici che cadono in disgrazia devono essere vilipesi nel pubblico ludibrio e subire tutte le ignominie possibili ed i Magistrati, invece, che errano devono ritenersi intoccabili?

L’indipendenza della Magistratura è certamente un valore inestimabile, ma non deve consentire l’impunità. Deve cadere la protezione della casta, perché non è tollerabile. Palamara abbia il coraggio di parlare. Forse arriva il momento della catarsi.

Ci sono un monte di punti che mi trovano d’accordo, il giudizio su Bonafede, il fatto che i magistrati non possano più considerarsi intoccabili. Però quello che fa sorridere è il fatto che il giornalista alla fine confronti i magistrati “solo” con medici, avvocati, politici, con la crema professionale, come se altre figure non corressero rischi per i loro errori come infermieri, autisti, ferrovieri, insomma ciò che non sono professioni “alte”. Evidentemente anche il giornalista si sente parte di una “casta”.

[2020-06-07 dom] Twilight di Stephanie Meyer   Libri Recensioni

Mi piace scrivere questa recensione perché mi pare vada contro il senso comune che costringe questo libro nella letteratura “romantica”, “da ragazzine”, in altre parole, “bassa”.

Premetto due cose:

  • la prima è che ho letto questo libro in inglese e quindi ho sicuramente perso molto a livello lessicale perché il mio inglese non è gran che. D’altra parte posso dire che lo stile mi è piaciuto abbastanza, anche se alle volte i dialoghi fra i due protagonisti sono un po’ troppo serrati e “automatici”, un po’ come succede nelle serie TV;
  • la seconda è che ho una certa passione per la letteratura “bassa” visto che mi è sempre piaciuta la fantascienza, il fantasy, in generale la letteratura che racconta storie. Questa letteratura fino a pochi anni fa, diciamo fino al successo cinematografico di Tolkien e alla fantascienza tipo Matrix, è sempre stata considerata “bassa”, “da ragazzini” e quindi è sempre stata snobbata dalla critica e quindi spesso e volentieri io credo che neanche sia mai stata letta.

La storia è semplice: una ragazza, Bella, si trasferisce nella cittadina in cui abita il padre al nord degli Stati Uniti dove conosce e si innamora ricambiata di un bellissimo ragazzo che si rivela essere un vampiro che fa parte di un gruppo di suoi simili che si rifiutano di nutrirsi di carne umana, sia pur con difficoltà.

Il perno attorno al quale ruota tutto il romanzo è il personaggio di Bella, tutto viene deciso da lei. È un personaggio costruito molto bene perché ragiona, si comporta come una ragazza di 17 anni che si trova a dover cambiare compagnia, città, scuola.

La cosa che mi ha intrigato è che in effetti Bella è l’unico agente della storia, tutti gli altri personaggi seguono solo la sua scia: si innamora di Edward, il vampiro, solo perché è bello, e questa cosa viene ribadita continuamente e questa bellezza è l’unica caratteristica significativa di Edward, specialmente all’inizio. Anche nei frangenti più avventurosi è sempre la ragazza che detta il ritmo della storia, quella che prende le decisioni. E questo suo attivismo si basa su una personalità all’apparenza tutt’altro che forte e decisa, perché Bella si presenta sempre come una ragazza goffa, timida, che si sente ben poco appariscente anche come aspetto, che compie errori ma è decisa e che ha ben chiaro che si trova ad affrontare la compagnia di esseri che potrebbero ucciderla senza alcuno sforzo, un po’ come se l’agnello si innamorasse del lupo e ne fosse ricambiato.

C’è una battuta interessante da questo punto di vista quando uno dei vampiri buoni ammette che un paio di idee della ragazza sono buone restandone sorpreso e la ragazza percepisce questa sorpresa come estremamente offensiva.

Il fatto è che nelle recensioni che ho letto di questo libro invece la situazione viene sempre presentata all’opposto, come se Bella fosse solo la tipica principessa che viene salvata dall’eroe che poi se la prenderà. Evidentemente devo aver capito male io però le scene in cui la ragazza viene salvata o non vengono messe in risalto (la scena finale dell’uccisione del vampiro cattivo non viene raccontata, il salvataggio dalla banda di molestatori si risolve banalmente in una fuga). Probabilmente altri recensori si sono fatti influenzare molto dal film che è un pochino più centrato sul personaggio del vampiro.

Non tutto nel libro d’altronde mi è piaciuto perché ad esempio i personaggi restano troppo simili a loro stessi e non c’è alcuna trasformazione. Il finale è decisamente banale con la questione della trasformazione in vampira che torna poco e che difatti nel film è stata messa sotto tono.

Un libro carino che non leggerò mai più.

[2020-05-19 mar] Huntsmen - Mandala of fear   Musica Recensioni

Lo ridico un’altra volta: questi gruppi statunitensi mi hanno riportato ad ascoltare l’hard-rock come facevo da ragazzo e come non speravo più di riascoltare. Era dai tempi dei primi Soundgarden che non ascoltavo un hard-rock così interessante.

Gli Huntsmen usano stilemi usati da generazioni passate per creare musica interessante e assolutamente nuova: i suoni carichi delle chitarre ricordano gli Iron Maiden, i riff rimandano al metal anni ’70 ma anche i più recenti Kyuss, il cantato mescola i cori e il growl e spesso effetti con belle linee melodiche. Interessanti anche i lunghi brani strumentali.

Rispetto al disco precedente “American Scrap” per il quale li conobbi usano meno la suggestione “folk”, “americana” ma più metal e riff.

Anche questo disco l’acquistato su bandcamp.

[2020-05-15 ven] L’economia, la salute pubblica e il corona virus   Politica Economia CoViD19

Praticamente fin dagli inizi dell’epidemia da corona virus è stato fatto notare da tanti la contrapposizione fra la salute pubblica e l’economia: prendo ad esempio questo ultimo articolo de Gli Stati Generali https://www.glistatigenerali.com/governo/chi-sosterra-i-costi-economici-fase-2-distanziamento-sociale/

Due cose secondo me però restano sempre nel non detto:

  • l’economia è sempre stata in contrapposizione alla salute pubblica, basti pensare ai rischi che correvano i nostri antenati nella caccia e nella raccolta per arrivare all’inquinamento atmosferico. Da qualche anno questo è diventato un problema, giustamente, che sentiamo di dover affrontare ma non credo che ci siano soluzioni semplici.
  • dovremmo abituarci al fatto che questo virus sarà una causa comune di morte, specialmente per malati e anziani, com’è abbastanza ovvio, per lo meno per i prossimi mesi, così come lo sono state altre malattie ora debellate e come lo sono ancora altre che invece non lo sono, tumori in primis. A differenza di quest’ultime però questa nuova malattia è fortemente contagiosa e quindi forse fa più impressione ma se non siamo stati capaci di prendere iniziative efficaci contro l’inquinamento del quale conosciamo da tempo gli effetti, dubito che riusciremo a mantenere a lungo i buoni propositi fissati dai governi per questa nuova malattia.

[2020-05-09 sab] Elder - Omens   Musica Recensioni

Sono diventato un grande fan di questo gruppo all’ascolto della loro precedente pubblicazione più lunga Reflections of a floating world del 2017 e poi ancora di più quando ebbi l’occasione di vederli dal vivo a Bologna.

Fra l’altro sono stati fra i miei primi acquisti su bandcamp, che ora è diventata praticamente la mia unica fonte di musica a pagamento.

Il loro disco precedente a cui accennavo sopra è stato un disco che ho ascoltato tantissimo e che ho apprezzato ancora di più quindi sono arrivato tremante a questo ascolto perché temevo una delusione.

I suoni questa volta sono diversi: ci sono molte più tastiere, molto più spazio dedicato al cantato (il senso dei testi però mi resta sempre misterioso) e attenzione alla melodia. Restano la lunghezza dei brani e la ricercatezza delle strutture che sono sempre molto elaborate.

In generale gli Elder suonano un po’ come i Kyuss però privilegiando i suoni più hard rock e meno psichedelici, quindi sempre molte chitarre, riff ripetuti e sempre molto belli (anche se a volte sono ripetuti troppe volte e quindi un po’ ridondanti) e un cantato adesso molto più elaborato.

Spesso fanno pensare anche ai Motorpsycho, specialmente in questo nuovo disco soprattutto per l’uso delle tastiere con suoni deliberatamente anni ’70 (tanto da far pensare ogni tanto al progressive inglese), anche se sono meno variabili e imprevedibili rimanendo sempre all’interno dello stile hard che invece i norvegesi spesso abbandonano.

Una musica per chi apprezza brani di dieci e più minuti senza ritornelli e altre strutture tipiche della canzone.

Come scrissi nella recensione del concerto di cui sopra, questo gruppo continua a impressionarmi perché riesce a fare musica valida usando tecniche e stilemi di una musica vecchia come l’hard-rock (che mi è comunque sempre nel cuore) senza sembrare un gruppo di cover.

[2020-05-09 sab] Non ci saranno più concerti per un bel po’   Musica Blog Covid19

E quindi non ci saranno neanche le mie recensioni in questo blog.

Di conseguenza proverò a cominciare a scrivere dei miei ascolti, cosa che non ho mai fatto e quindi mi toccherà imparare da capo.

E proverò anche a scriverne su mastodon, per quello che può impattare.

[2020-04-30 gio] Il lavoro da casa che sfratta la vita   Politica Sociale Covid19

In questi giorni di reclusione in casa per la pandemia si parla tanto di sviluppare e incentivare il lavoro/scuola da casa come soluzione “moderna” per i prossimi anni che permetterà ai fortunati di gestire meglio la propria attività.

Però io domando: quale sarà la reazione di un lavoratore casalingo rispetto alla propria intimità? Si pensa che dopo aver passato otto ore davanti ad un monitor in casa propria lavorando per quel che sia attività questa persona si girerà, cambierà monitor e si metterà a guardare su un altro monitor una partita di calcio, una serie tv o che altro su un servizio in streaming o parteciperà a qualche social network o quel che è? Oppure ci sarà la sensazione che il lavoro appena concluso (ammesso che questo si concluda) abbia invaso la propria intimità e questa persona sentirà la necessità di uscire da quello che è diventato il proprio luogo di lavoro e non più il luogo della propria intimità?

Non è che il lavoro da casa ci “costringerà” a trovare la propria intimità altrove?

[2020-04-11 sab] Il jazz nella profezia di Frantz Fanon ne “I dannati della terra”   Musica Razzismo Politica

Un libro che devo leggere.

[Per i critici] il jazz non deve essere altro se non la nostalgia spezzata e disperata d’un vecchio negro preso tra cinque whisky, la maledizione di sé e l’odio razzista dei bianchi.

non è utopia supporre che tra una cinquantina d’anni la categoria jazz sarà difesa dai soli bianchi, fedeli all’immagine bloccata di un tipo di rapporti, d’una forma della negritudine.

[2020-04-04 sab] Ho passato il server di casa ad yunohost   Informatica Yunohost Casa

Mi ci sono messo approfittando del confinamento in casa dovuto alla pandemia in cui stiamo vivendo.

È stata una faticata immane perché mi ci sono volute dieci ore di concentrazione ma d’altra parte il server di casa era talmente “sovrastrutturato” da anni di uso continuo che mi immaginavo un lavoro del genere. Oltretutto alla fine non tutto mi funziona però conto di riuscire a sistemare i problemi presto.

Sono passato ad yunohost perché spero che mi aiuti a gestirlo.

Spero nei prossimi giorni di riuscire a scrivere un documento che racconti quello che ho fatto.

[2020-03-14 sab] Fare i musicisti ai tempi del corona virus   Musica CoronaVirus

In questi giorni di pandemia una cosa che mi manca sicuramente è la musica dal vivo, specialmente quella che piace a me, nei locali abbastanza piccoli per vedere bene i musicisti sul palco.

Fra l’altro ho la fortuna di poter frequentare gratuitamente uno dei locali più interessanti di Firenze grazie ad una serie di antiche amicizie e affetti.

Però quando vado ad un concerto senza pagarne il biglietto mi pesa sempre un po’ la coscienza per non dare il necessario sostentamento agli artisti e tutti quelli che li circondando e quindi cerco di aiutarli in altri modi e così i miei figli sono pieni di magliettine (alcune anche molto fiche) che compro al merchandise del gruppo - ormai i dischi per me non hanno più senso e ancora ho trovato solo gli Einsturzende Nuebauten hanno cominciato a vendere chiavette usb personalizzate con la loro musica (nel loro caso era la registrazione del concerto appena tenuto).

In questo periodo di reclusione, del quale non abbiamo ben chiara la durata, c’è questo bell’articolo di Vice che dà qualche idea su come aiutare i propri artisti preferiti.

[2020-02-29 sab] I Calibro 35 alla Flog   Musica Concerti

Bellissimo concerto di un gruppo un po’ pedante.

Ho già visto altre volte i Calibro 35 e ogni volta li trovo splendidi come musicisti che però si pongono male verso il pubblico, o per lo meno verso di me.

Partiamo dai punti positivi:

  • la musica che propongono mi piace un monte. In particolare il disco nuovo (che ho pure comprato) mi ha entusiasmato e anche le versioni notevolmente rimaneggiate che hanno proposto ieri sera dal vivo mi sono piaciute;
  • il suono del palco era veramente notevole. Ho ascoltato decine di concerti suonati sul palco della Flog e so che spesso il risultato è pessimo mentre ieri sera è stato fatto un lavoro eccellente perché si sentivano tutti i timbri molto distinti senza esagerare con il volume, veramente tanti complimenti al tecnico del suono (Colliva, che fa parte del gruppo a tutti gli effetti);
  • tecnicamente i quattro musicisti sul palco sono notevoli. Anche stavolta ho apprezzato tantissimo in particolare il batterista. Forse Gabbrielli in realtà suona poco il sassofono perché lo usa più per fare effetti che per suonarlo veramente e comunque il risultato è efficace;
  • la sistemazione del palco era molto ridotta, anche perché il palco è fisicamente piccolo, però anche qui il risultato è stato piacevole;
  • una bellissima scoperta è stata la cantante (Serena Altavilla) che prima ha aperto il concerto con un po’ di canzoni accompagnate solo da un vibrafono, canzoni che però ho seguito poco perché c’era troppa confusione ma che poi ha cantato tre canzoni con il gruppo con una voce veramente splendida.

Le cose che invece mi sono piaciute meno:

  • nei bis alla fine del concerto sono state suonate alcune cover che mi sono risultate veramente noiose, in particolare l’ultima Amore qualcosa cantata originariamente da Ornella Vanoni che proprio non mi è piaciuta, seppur nella splendida esecuzione della cantante;
  • i “consigli” dati all’inizio dalla finta voce sintetica di tenere spenti i cellulari che assomiglia un po’ troppo a quella dei teatri “seri”, quelli dove non si può neanche tossire.

In generale tutto il tono del concerto è stato un po’ “saccente” perché sembra che i musicisti “sappiano” tante cose, che te le vogliano dire tutte mettendole tutte in evidenza come un’esibizione di erudizione. Io sarò un po’ punk nell’intimo però detesto chi si mette nella posizione del “mo’ te lo spiego”, specialmente se questo succede stando sotto un palco: quando un musicista sale sul palco per me il suo compito resta quello di suonare, non di spiegare cose né tanto meno di far vedere quanto è bravo. È una cosa che avevo già notato nel precedente concerto di questo gruppo e che mi viene confermato.

Sta forse diventando un po’ troppo facile fare il maestro e il pubblico è sembrato non accorgersene o per lo meno tollerarlo, così come succede nei succitati teatri “seri”. Io lo trovo invece intollerabile. Forse i Calibro 35 rendono meglio come gruppo da disco che dal vivo.

Tutto sommato comunque un bellissimo concerto del gruppo italiano più in tiro del momento.

[2020-02-21 ven] Don Pasquale di Donizetti al teatro del Maggio   Musica Concerti

Opera molto interessante con una bella musica, un tema incredibilmente attuale ma con una messa in scena che mi ha lasciato un po’ dubbioso.

Come ci ha fatto notare la sempre ottima e imprescindibile presentazione, l’opera parla di un argomento attuale e cioè il volersi sentire giovani anche quando l’età rema contro e questo viene fatto usando un tono umoristico piuttosto efficace nonostante sia stata scritta quasi due secoli fa. Ovviamente una storia del genere adesso sarebbe improponibile però alla fine è risultata oltremodo efficace.

Anche la musica ha reso molto bene, riuscendo ad accompagnare davvero lo svolgimento della trama. Mi è proprio piaciuta.

Ottimi i cantanti e in particolare la soprano che ha fatto una splendida figura sia per il canto che per la recitazione. Forse il tenore era un pochino scarso di volume e anche un po’ impacciato nella recitazione.

Invece mi ha lasciato un po’ perplesso la messa in scena, sia l’ambientazione in un casinò ma soprattutto la caratterizzazione della figura femminile invece che con una vedova giovane con una ragazza vetrina-porno che mi è sembrata molto forzosa e messa lì solo per fare scandalo: forse trent’anni fa avrebbe fatto effetto ma in un’epoca di youporn risultava un’idea più vecchia della vedova.

[2020-01-21 mar] Il “pull-to-refresh” dei cellulari   Informatica

Leggo in un articolo dei WuMing questa citazione di Loren Brichter, autore della funzione del titolo, in cui si dichiara…:

perplesso per la longevità [del pull-to-refresh]. In un’era di notifiche push, le app possono aggiornare il contenuto in automatico, senza che l’utente debba far niente […] Invece sembra avere una funzione psicologica: dopotutto, le slot machine sarebbero meno intossicanti se i giocatori non tirassero la leva di persona. Brichter preferisce un altro paragone: è come il ridondante tasto “Close door” in alcuni ascensori le cui porte si chiudono da sole. “Alla gente piace pigiarlo” […] “Il pull-to-refresh dà dipendenza. Twitter dà dipendenza. Non va bene. Quando ci lavoravo sopra, non ero abbastanza maturo per rifletterci sopra. Non dico di essere maturo oggi, ma un po’ più di allora sì, e mi rammarico per i lati negativi”.

[2020-01-18 sab] The Winstons al Glue   Musica Concerti

Anche per questo concerto purtroppo sono passati molti giorni da queste mie righe e quindi sarò breve e poco preciso.

Il concerto mi è piaciuto abbastanza anche se, come spesso accade quando è coinvolto Gabrielli, i musicisti sono molto innamorati della propria musica ma meno del pubblico: in questo caso forse meno di altre occasioni nelle quali ho ascoltato il musicista ipetrofico di cui sopra, però sempre un pochino sembrava che parlassero fra di loro invece che con il pubblico.

Il concerto è cominciato in maniera inaspettata perché Gabrielli si è messo alla batteria e, considerando che praticamente non conoscevo la musica, ho temuto il peggio. Per nostra fortuna :-) dopo il primo pezzo lui e il batterista (che invece si era messo alle tastiere) si sono scambiati.

La musica era interessante e ottimamente suonata ma mi è rimasto poco in testa, anche dopo aver ascoltato il cd che ho comprato al concerto.

Interessanti ma dimenticabili.

[2020-01-17 ven] Risurrezione di Michele Alfano al teatro del Maggio   Musica Concerti

Purtroppo sono passati molti giorni dalla rappresentazione quando mi trovo a scrivere questa recensione perché è stato un periodo un po’ movimentato per cui scriverò quello che ricordo.

L’opera mi è piaciuta, sia nella musica che nella messa in scena: la prima è abbastanza tipica del periodo e forse poco memorabile ma accompagnava bene la storia, mentre la seconda era forse un po’ al risparmio ma era di effetto.

Mi sono piaciuti i cantanti e anche l’orchestra.

[2020-01-10 ven] Musica astrologica - Concerto del festival Puntuale alla casa del popolo Risorgimento   Concerti Musica

L’evento era la seconda edizione di un festival organizzato da una piccolissima casa discografica che produce e distribuisce musica che una volta sarebbe stata definita “colta” (come se ci fosse anche una musica “ignorante”). In effetti però sono andato a questo concerto attratto soprattutto dal fatto che fra i musicisti era presente anche Enrico Gabbrielli e questo per due ragioni: la prima, personale, è che trovo questo musicista estremamente interessante e al centro di progetti fra i più interessanti di questi anni, Calibro 35 in primis. La seconda ragione era data dal fatto che un mio collega, con il quale sono andato al concerto, era stato compagno di liceo proprio di Gabbrielli e quindi aveva voglia di passare a salutarlo.

Di conseguenza siamo andati un po’ al buio, senza sapere cosa avremmo visto e ci siamo divertiti tantissimo.

La prima esibizione era un brano di Stokhausen dedicato ai segni zodiacali che è stato suonato da tre tastieristi e una violinista seduti intorno ad un tavolino situato in mezzo al pubblico. La musica, come un po’ tutta quella del primo novecento europeo, era praticamente inutile però l’effetto è stato splendido per la sistemazione. Davvero molto bello.

Poi i musicisti sono saliti sul palco e prima hanno suonato un altro brano di quel periodo per clarinetto basso e percussioni, anche questo completamente inutile e poi un brano di un compositore inglese degli anni ’80 del secolo scorso, il cui spartito erano dei segni grafici proiettati su uno schermo visibile sia al pubblico che ai musicisti, segni dai quali i musicisti prendevano “ispirazione” per improvvisare: sempre musica assolutamente inutile però il tutto è stato di bell’effetto.

Serata ganza nella quale la musica è stato l’aspetto meno importante.

[2020-01-09 gio] Federico Fiumani al Glue   Concerti Musica

Ho una passione che dura da tanti anni per Federico Fiumani con i Diaframma anche se in effetti le canzoni che mi hanno segnato e che ricordo ancora adesso sono solo quelle degli anni 80 mentre le ultime le trovo da un punto di vista puramente estetico troppo distanti da me: però mi è rimasto il legame con l’autore.

In particolare ricordo quando durante una serata al Viper in favore della rivista musicale Il Mucchio Selvaggio, salì Federico sul palco e raccontò con tanta umiltà di come chiedesse ai redattori della rivista una recensione dei suoi dischi per tirare su un po’ di soldi dalle vendite.

E così sono andato anche a questa serata durante la quale Federico presentava un libro di proprie poesie (libro che ho pure comprato).

In verità la declamazione delle poesie è durata pochissimo ed è stata anche fatta con poche partecipazione ed enfasi, direi una semplice lettura, con anche forse un po’ di imbarazzo e quindi in totale direi praticamente inutile.

Poi ci sono state le canzoni suonate con la chitarra e un tastierista, tutto piuttosto interessante ma neanche imperdibile.

Però mi sono divertito lo stesso.

[2020-01-05 dom] Tre film di natale, Guerre Stellari, Pinocchio di Garrone e Tolo Tolo di Checco Zalone   Film Cinema

In questi giorni di vacanze natalizie, come da tradizione, sono andato tanto al cinema con andamenti alterni nonché forse inaspettati.

Infatti il blockbuster della saga che ho tanto amato, Guerre Stellari, mi ha veramente annoiato e non mi ha lasciato assolutamente niente: storia assolutamente inesistente, una pletora di personaggi inutili e tutto assolutamente prevedibile. Non scriverò altro e non andrò più a vedere questi film.

Poi sono andato a vedere Pinocchio di Garrone: il regista mi è sempre piaciuto ma in particolare mi piacque tanto il precedente film “Il racconto dei racconti”. Anche questo Pinocchio mi è piaciuto perché è riuscito a rileggere la storia che più o meno tutti conosciamo e soprattutto a reggere il confronto con lo sceneggiato di Comencini che tutte le persone della mia età hanno visto. Garrone ci è riuscito utilizzando i propri strumenti, sia come scenografia che come sceneggiatura. Anche gli attori mi sono piaciuti, ed in particolare Benigni che è riuscito a confrontarsi con il flop che fu il suo Pinocchio, pur facendo un altro personaggio, uscendone assolutamente vincente; anche il Ceccherini mi è piaciuto anche se ormai lui riesce a fare solo quelle parti.

Una sola cosa mi ha lasciato all’inizio un po’ male: nel primo tempo succedono troppe cose, pur tralasciandone tante scene del libro e quindi il ritmo è troppo serrato. Per fortuna invece nella seconda parte, sempre tralasciando tante storie dall’originale, si riesce a seguire meglio e a godersi di più la storia.

Bellissimo film.

Infine sono andato anche a vedere il film evento di questa parte di stagione, Tolo Tolo di Checco Zalone e devo dire anche mi è piaciuto anche questo. Si tratta di una commedia estremamente semplice come storia, come sceneggiatura, come recitazione che però tratta un argomento scottante con molta leggerezza diventando così piuttosto efficace. Non ho visto tutto quello che era stato indicato, ed in particolare non ho capito la “critica” sul fatto che sia una forma di auto-assoluzione per i “vizi degli italiani” perché ovviamente è una commedia scritta per questo mercato e quindi usa forme e contenuti nei quali ci dobbiamo riconoscere: però li ha usati bene e in modo efficace.

L’unica stonatura è stato il personaggio del fotografo francese che era veramente troppo macchiettistico e grezzo tanto che ci sta proprio male.

Tranne questo film azzeccato.

[2019-12-28 sab] Animatronic al Glue   Concerti Musica

Bel concerto di questo gruppo noto per lo meno a me per il fatto che ci suona il batterista dei Verdena anche se in verità la musica presentata era basata soprattutto sul contributo del funambolico chitarrista.

Il genere sta nel mondo di mezzo di quella musica molto tecnica, che usa stilemi del jazz, del metal, del progressive per tirare fuori musica molto concettuale ma comunque molto godibile, specialmente dal vivo. Come ho scritto sopra, gran parte del lavoro è stato fatto dal chitarrista che ha tirato fuori veramente una pletora di suoni, di svisate, riff e preziosismi tecnici veramente stupefacente rimanendo comunque molto godibile sempre. Anche gli altri due hanno fatto una bella figura.

Una bella serata in un locale che sta diventando uno dei miei preferiti.

[2019-12-28 sab] L’inversione di ragionamento necessaria per Darwin   Scienza Citazioni Darwin

Sto leggendo il libro di Dennet “Dai batteri a Bach” sul problema filosofico della mente, piuttosto interessante.

All’inizio di un capitolo riporta una frase di Robert MacKenzie Beverly, presentato come uno dei maggiori critici contemporanei a Charles Darwin che riporto:

Nella teoria di cui ci dobbiamo occupare, l’artefice è l’Ignoranza Assoluta; si può quindi enunciare come principio fondamentale dell’intero sistema che, AL FINE DI COSTRUIRE UNA MACCHINA PERFETTA E MERAVIGLIOSA, NON È NECESSARIO SAPERE COME FARE A COSTRUIRLA. A un attento esame, si scoprirà che questa affermazione esprime, in forma concisa, lo spirito essenziale della teoria e che sintetizza in poche parole tutto quanto intende il signor Darwin, il quale, grazie a una strana inversione del ragionamento, sembra ritenere l’Ignoranza Assoluta pienamente qualificata a prendere il posto della Saggezza Assoluta in tutte le le realizzazioni delle capacità creative.

La frase, che voleva essere un attacco a Darwin, invece dà esattamente conto di quello che è il senso ultimo della teoria darwiniana ed è interessante il concetto (ribadito anche nel libro che sto leggendo) dell’“inversione del ragionamento” necessaria per arrivare al cuore della rivoluzione di Darwin.

Il concetto mi intriga.

[2019-12-21 sab] Il pianoforte automatico del MakerFaire di Roma   Musica Concerti Tecnologia

Quasi sicuramente la cosa più interessante del MakerFaire di quest’anno è stato questo strumento che mescola informatica (e forse solo la parola intelligenza artificiale) e musicisti.

[2019-12-21 sab] La fine della musica dal vivo   Musica Concerti Tecnologia

Leggo un articolo di Rumore nel quale viene raccontato di come due artiste, anche piuttosto interessanti di per sé, Zola Jesus e Grimes, si siano scontrate perché la seconda ha detto durante un’intervista che la musica dal vivo entro pochi anni sarà “obsoleta”. Zola Jesus l’attacca perché quell’idea sarebbe la conseguenza di una visione “tecnocratica”: in verità Zola Jesus ha parlato di “tecno-fascismo” ma forse ha un po’ esagerato.

Anche io, come dice di sé Grimes, ho visto centinaia se non migliaia di concerti dal vivo e lego ad alcuni di questi eventi i momenti fra i più emozionanti della mia vita: probabilmente dopo quelli legati a questioni di amore e di sesso, alcuni concerti sono stati i momenti in cui mi sono emozionato di più della mia vita.

E tutt’ora, che ho più di cinquant’anni, continuo a cercarne di nuovi, come riporto spesso anche in questo testo.

Però in effetti il commento di Grimes mi trova piuttosto d’accordo.

La musica è l’espressione artistica che, insieme al cinema, ha subito negli anni maggiori modifiche dalla tecnologia: fin dall’inizio del secolo scorso con l’arrivo dell’elettricità la musica è stata pesantemente modificata dalla tecnologia, sia nella produzione che nella riproduzione.

E “ora”, diciamo da dieci anni a questa parte, con l’arrivo della musica al computer, la trasformazione è ancora più violenta.

Ultimamente ho assistito a molti concerti nei quali il computer era lo strumento centrale (Godblesscomputers su tutti) e devo dire che in effetti questo cambiamento mi lascia dubbioso e spesso anche poco soddisfatto perché sento la mancanza dell’esibizione tecnica e in queste esibizioni alla fine restano solo la voce e la coreografia: al limite, rispetto all’ascolto casalingo, possono essere interessanti il volume dell’impianto, l’equalizzazione.

E quindi cosa rimane dell’esibizione dal vivo?

Poco e ho paura che Grimes abbia ragione quando dice che rimarrà sempre meno.

Nel mio immaginario la musica “del futuro” di una volta c’era l’orchestra del bar di Guerre Stellari e invece ho paura che non vedrò mai niente del genere.

Però la sfida per i musicisti si fa interessante.

[2019-11-29 ven] La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante   Libri

Scrivo una breve recensione di questo romanzo perché considero questa scrittrice una delle più interessanti di questi anni: in particolare la serie di libri conosciuta come L’amica geniale mi è piaciuta tantissimo.

Anche questo romanzo mi è piaciuto tantissimo: quasi tutti i personaggi sono delineati benissimo, la storia è costruita molto bene e alcune pagine sono veramente coinvolgenti e poetiche. Veramente bellissimo.

D’altra parte c’è da dire che alcune pecche ci sono: in particolare il primo problema è che questo romanzo ricalca forse con troppa precisione le stesse atmosfere della serie dell’amica geniale, stessi luoghi geografici, Napoli con la contrapposizione fra centro borghese e periferia povera; stessa ambientazione sociale con maestri, professori e scuole centrali; la stessa importanza centrale data alla “cultura alta” (ovviamente umanistica), alla formazione psicologica creata dalla lettura di romanzi e saggi, senza nessun’altra fonte, che so, cinema, frequentazioni o che altro.

E soprattutto il problema irrisolvibile è che questo romanzo viene dopo i quattro dell’amica geniale e quindi il senso di sorpresa è minore.

[2019-10-20 dom] Fernand Cortez di Gaspare Spontini al teatro del Maggio Fiorentino   Musica Concerti

Bellissimo spettacolo questa sera al Teatro del Maggio.

Come sempre devo ricordare, non sono un reale intenditore di questo genere musicale perché lo frequento poco ma questo spettacolo è stato realmente bello.

È stata messa in scena una versione simile a quella vista per la prima volta a Parigi da Napoleone in persona e quindi è stata una versione molto lunga e molto piena di spettacolo: quindi più di tre ore di musica, canti e balli, con bellissimi costumi e una trama abbastanza avvincente.

L’unica cosa che manca è che la musica non aveva niente di “memorabile”, proprio nel senso di ricordabile ma d’altra parte Spontini non è né Verdi né Puccini!

Un’altra cosa che manca spesso in questi casi è il pubblico: per uno spettacolo così bello era triste vedere il teatro con i posti vuoti. D’altronde questo genere musicale, tutta la scena che gli gira intorno deve imparare da capo ad attirare il pubblico!

[2019-10-11 ven] Joker di Philip Todd   Cinema

Sono andato a vedere questo film perché ha vinto premi prestigiosi e perché ho letto buone recensioni, fra le quali ancora una volta quella più affidabile si è dimostrata quella di Vice.

Il film è il classico “filmone” hollywoodiano che pare fatto apposta per piacere alle giurie dei premi, basato fondamentalmente sulla prova di attore e con una sceneggiatura come minimo un po’ trascurata. Il film in sé mi è piaciuto però mi domando se davvero risulta così difficile scrivere una sceneggiatura coerente (il che mi pare strano visto che altri cinema invece ci pongono attenzione).

Fondamentalmente il film si compone delle riprese del personaggio principale che viene reso in modo molto efficace dall’attore spingendo molto sull’empatia dello spettatore verso questo personaggio malato e sfortunato in una società anch’essa malata. Questa parte funziona molto bene anche se non si riesce a capire cosa sia “reale” e cosa sia invece frutto dei sogni del personaggio, problema che però ricade fra quelli della sceneggiatura. In effetti l’attore mi è piaciuto e in particolare mi è piaciuto il modo meravigliosamente scomposto con cui corre.

Quando invece si esce dal personaggio il film diventa più confuso e sconclusionato perché da una parte la sceneggiatura cerca di essere realistica nella rappresentazione della società dall’altra però questa cosa fallisce perché sono troppe le cose che non sono riusciti a mettere dentro: la rivolta della popolazione è troppo “facile”, viene data come scontata perché voler far intendere che una metropoli possa esplodere perché la mondezza non viene raccolta o per un triplice omicidio è un po’ ridicolo; la rappresentazione degli spettacoli televisivi tipo “vita in diretta” e dei loro conduttori è talmente stereotipata che all’inizio pensavo che in realtà fossero delle immagini della pazzia del protagonista; anche l’omicidio del conduttore nel finale è una scena improponibile. Quello che invece funziona è come viene reso evidente la distanza della percezione della realtà fra le classi sociali, anche se forse anche in questo caso la distanza fra poveri e ricchi è troppo stereotipata.

Dal punto di vista prettamente tecnico, per quel poco che riesco a percepire mi sono proprio piaciuti la fotografia e il montaggio.

[2019-10-03 gio] I Marlene Kuntz al Velvet   Concerti Musica

Ho visto i Marlene Kuntz moltissime volte dal vivo a partire proprio dai loro inizi. In particolare considero il loro concerto di molti anni fa (purtroppo non ricordo quando perché allora non scrivevo ancora questo blog) alla Flog nel loro tour “bianco” uno dei più bei concerti della mia vita.

Anche lo spettacolo che vidi sempre anni fa al teatro Puccini insieme ad un corpo di ballo fu molto bello e particolare.

Anche questo concerto è stato molto bello, anche se forse con qualche difettuccio.

Il concerto era la prima data della tournée celebrativa del ventennale del disco “Ho ucciso paranoia” e quindi essendo una data zero forse c’era ancora qualcosa da sistemare ma in verità i problemi che sentito erano proprio del tipo di spettacolo.

Il palco era molto ben sistemato: il gruppo banalmente davanti con le tre chitarre davanti, la batteria e il violinista/tastierista, unica aggiunta rispetto alla formazione standard, dietro. Alle loro spalle poi c’era uno schermo sul quale venivano proiettati video per quasi tutte le canzoni sempre molto belli

La prima parte del concerto è stata suonata tutta in acustica con versioni nuove (almeno per me) di vecchie canzoni molto ben arrangiate e, come sempre, eseguite: sono davvero degli ottimi strumentisti e arrangiatori.

Dopo un cambio palco è cominciata la seconda parte del concerto in elettrico suonando quasi tutto il disco del ventennale ed è stata la parte migliore del concerto perché, oltre alla perizia nell’esecuzione e alla bontà delle canzoni suonate anche in modo molto rivisto, i suoni erano veramente splendidi: tutti gli strumenti suonavano in modo quasi “elettronico”, come se fossero digitali con un effetto molto “cibernetico” veramente bello. Un ottimo lavoro da parte del fonico aiutato sicuramente anche dal locale, il Velvet, che forse è uno dei luoghi migliori della zona per i concerti.

Dopo aver suonato il disco del ventennale hanno cominciato a suonare altre canzoni che però mi hanno un po’ stancato, tanto che se il concerto fosse finito a quel punto mi sarebbe piaciuto di più: un po’ perché la magia dei suoni era un po’ passata ma soprattutto perché anche il gruppo sembrava stanco di suonare i “soliti” vecchi successi dal primo disco e l’effetto juke box è stato abbastanza fastidioso.

In totale comunque più di due ore e mezza di spettacolo.

Uno strano commento l’ha fatto il cantante sul fatto che non hanno mai cambiato quasi formazione citando, fra l’altro, anche il bassista con i capelli lunghi che invece nel film al cinema non era stato assolutamente mostrato.

Un altro aspetto negativo è stato il costo del biglietto perché 32€ per un concerto in un locale così mi è sembrato veramente troppo.

Bel concerto che sarebbe stato migliore se fosse durato mezz’ora meno e se fosse costato 10€ meno.

[2019-09-15 dom] Il Fringe Jazz Festival 2019 e la Waves Orchestra di Franco Santernecchi   Musica Concerti

Anche quest’anno sono riuscito ad andare a qualche concerto della bellissima rassegna FringeJazzFestival che si tiene nei quartieri dell’Oltrarno di Firenze. Questo festival mi piace sempre tanto perché cerca e spesso riesce a dare una sensazione diversa della musica jazz, attualizzandola e mostrandola non sempre e soltanto come musica “per intenditori” ma accessibile a tanti.

Ho visto un paio di concerti che però mi sono piaciuti poco nonostante fossero nomi piuttosto famosi: un jazz un po’ troppo sentito e noioso.

Invece sono andato a vedere un gruppo italiano (e forse anche molto fiorentino, ci suona anche una persona con la quale ho condiviso una delle mie più belle esperienze musicali) che mi ha divertito moltissimo: la Waves Orchestra di Franco Santernecchi è riuscita a fare un concerto veramente interessante con una musica abbastanza nuova (diciamo che ogni tanto si sentiva l’atmosfera dei Jaga Jazzist) e molto fresca.

La prima cosa che mi ha colpito è stata la composizione del gruppo: oltre alla sezione ritmica e quella dei fiati c’erano un violoncello, una tastierista che suonava anche la clavietta elettrica, una cantante che non faceva la solista ma stava in mezzo agli altri musicisti e un percussionista elettronico. Ma l’interesse non era dato solo dalla composizione ma anche da come venivano usati gli strumenti perché, al di là della tecnica pura, gli arrangiamenti riuscivano davvero a farli esaltare tutti su composizioni veramente valide che giocavano anche con citazioni aulicissime.

Peccato per la musica registrata che ho trovato offerta su internet perché in realtà non rende quello che ho provato dal vivo perché secondo me manca di coraggio nella produzione togliendo tanta freschezza e novità al suono.

Bellissimo concerto.

[2019-09-08 dom] La prima riunione di Extinction Rebellion

Sono andato alla prima riunione di questa organizzazione che si è tenuta presso la casa del popolo vicina a casa.

Conoscevo questa organizzazione perché avevo seguito un seminario di presentazione al Chaos Computer Congress dello scorso anno e quindi mi ero iscritto al loro sito anche se poi in verità sono stato contattato da un’altra strada.

La cosa è stata interessante e, forse, importante perché mi ha messo in contatto con una parte della società attiva della mia città con la quale erano anni avevo perso i contatti e poi perché spero di riuscire a partecipare a questa cosa alla quale tengo molto.

Però ci sono stati tanti problemi che mi hanno reso un po’ distaccato:

  • innanzitutto tante delle persone che erano presenti erano le solite del giro da quando lo avevo lasciato e spesso erano anche molto vecchi, sia come esperienza che come età. La cosa buona era che non eravamo solo vecchi e che c’erano anche persone nuove;
  • non conoscevo in dettaglio la piattaforma rivendicativa di XR e quando il tipo che era venuto a presentare l’organizzazione l’ha raccontata ho avuto molti dubbi, anche profondi, su quanto la possa sentire e fare mia;
  • in generale non mi sono piaciuti neanche l’atteggiamento dell’“importante è fare qualcosa, anche se è una cazzata” che sento sempre in questi ambienti perché assomiglia tanto alla beneficenza da dame della buona società che poi non hanno capacità di sporcarsi le mani;
  • sono state dette tante leggerezze e anche sciocchezze proprio sul campo specifico del loro agire che suonavano proprio male. In verità il presentatore ha detto anche delle sciocchezze generali che in altri ambienti sarebbero state fatte pagare a caro prezzo: forse non è la persona più adatta e comunque resto un po’ basito dal fatto che un ambiente del genere le abbia prese senza apparentemente battere ciglio, forse proprio perché in questi ambienti e per alcune persone, è più importante essere lì che fare qualcosa davvero.

Però ci sono state anche cose molto positive come l’approccio non violento (che mi piace ma anche no però è una cosa che voglio riscoprire), l’urgenza di fare qualcosa e l’impostazione di voler far qualcosa che riguardi solo i problemi globali lasciando le questioni locali ad altri.

Proverò a seguirli.

[2019-08-31 sab] Il Festival della Mente 2019

Anche quest’anno sono andato, come da tradizione, a Sarzana a seguire qualche conferenza di questa rassegna.

L’aria è sempre un po’ la solita, belle signore che fanno una bella vacanza e intanto curano la propria cultura chiacchierando con le amiche. Evidentemente non è il mio ambiente neanche un po’ però io ho come assioma ce vado in tutti i posti dove c’è qualcosa che mi interessa, indipendentemente che sia o meno il posto dove vorrei stare.

Alcune cose mi hanno dato però particolarmente noia:

  • la prima fila di seggiole delle sale sempre riservate alle “autorità” e sempre completamente vuote o quasi nonostante che le sale fossero anche molto piene;
  • l’obbligo di lasciare le borracce all’ingresso delle sale per non meglio specificati “motivi di sicurezza”.

A parte questi brutti atteggiamenti che non perdono, quest’anno è stata forse la volta che ho trovato meno cose interessanti di sempre però qualcosa si è salvato.

Francesca Rossi, una tipa che lavora sull’intelligenza artificiale ha fatto una presentazione decisamente troppo di base per me però mi ha fatto scoprire:

  • imagenet che è una raccolta di immagini usate per addestrare l’AI;
  • il winograd scheme challenge, che mi devo studiare;
  • la convention annuale dell’ONU, AI for good che si tiene ogni anno a Ginevra.

Antonello Provenzale, studioso del clima e dei cambiamenti climatici che ha fatto una presentazione molto efficace del problema del cambiamento climatico. Ha detto una cosa molto efficace che riporto a memoria: “non stiamo distruggendo la vita sul pianeta, lo stiamo rendendo invivibile per noi esseri umani”.

Libro, life on a young planet

Il filosofo Massimiliano Valerii ha fatto una filippica veramente poco interessante.

Il neurologo Edward Bullmore ha raccontato di come abbia, possibilmente (è stato molto cauto), il legame fra depressione e infiammazione. Una cosa molto interessante che ha detto è che probabilmente, in un’ottica evoluzionistica, il legame è sorto perché un individuo che soffre di infiammazione, e quindi un qualche tipo di ferita, viene spinto a ritirarsi e vivere lentamente, in depressione appunto.

Andrea Moro, lo studioso del linguaggio, è stato interessante anche se avendolo già sentito molte altre volte, alla fine non ha detto gran che di nuovo.

[2019-08-25 dom] Lo spogliatoio dell’Inter e la crisi di governo   Politica Sessi

Anni fa con un mio carissimo amico per indicare posti nei quali non vorremmo mai trovarci parlavamo dello spogliatoio delle squadre di calcio perché pieno di uomini nudi e sudati, un’immagine che mi fa pensare all’inferno in Terra :-)

Ecco, allo spogliatoio dell’Inter mi è venuto da pensare guardando agli attori dell’attuale crisi di governo, scena completamente dominata da soli maschi, in questo caso vestiti nel modo più antipatico possibile e spesso pure sudati.

La scena della politica italiana attuale è veramente una pena anche solo per la totale mancanza di differenza di genere, un vero incubo.

D’altra parte negli ultimi anni c’è stata una guerra totale contro tutte le esponenti politiche non maschili, a partire dalla guerra condotta contro Mara Carfagna che forse è stata la prima a subirla, seguita poi da Kyenge, Boschi, la presidentessa della Camera della quale non ricordo il nome. Evidentemente erano percepite come gli anelli deboli che potevano essere attaccati e che potevano essere sacrificati.

Ce la siamo cercata!

[2019-08-19 lun] Un po’ di cose che mi sono rimaste da Israele   Viaggi

Quest’estate sono andato con la mia famiglia e i miei suoceri in viaggio in Israele e un minimo dei Territori Palestinesi. È stato un viaggio ovviamente molto interessante del quale voglio scrivere alcune sensazioni che mi sono rimaste.

La prima cosa da ricordare è che il viaggio erano in realtà due viaggi diversi perché per i miei suoceri e, con meno entusiasmo, per mia moglie, è stato anche in parte un pellegrinaggio, un viaggio alla ricerca e alla visita dei luoghi della vita di Cristo e dei suoi seguaci. Questo aspetto ha ovviamente determinato fortemente tutto il viaggio, le scelte dei luoghi da visitare e il tempo da dedicarvi perché, ancora ovviamente, io avrei scelto diversamente. Però questo aspetto è stato importante anche per me non perché abbia partecipato in qualche modo alla componente mistica ma perché mi ha permesso di visitare alcuni luoghi che probabilmente non avrei mai visto ma soprattutto perché mi ha permesso di vivere una cosa molto bella come un pellegrinaggio. Maledettamente resto ancora un ateo sfegatato.

Una cosa che invece proprio non mi aspettavo e che invece ha caratterizzato praticamente tutti i posti abitati che abbiamo visitato è stata la spazzatura che trovi ovunque. Quando pensi ad Israele hai l’immagine di un paese più o meno europeo e quindi con standard simili e invece, come per le armi delle quali scriverò dopo, ho visto un po’ ovunque una quantità di sudicio alla quale non siamo più abituati, roba più simile alle periferie più degradate che alle città. La cosa è forse dovuta in parte al fatto che c’è un uso indiscriminato dei contenitori di plastica per fare un po’ tutto ma non basta come spiegazione perché oltre a questi in terra si trovavano oggetti di ogni tipo, assorbenti, mobili abbandonati e questo un po’ ovunque. La sensazione che si aveva è che non si pensasse che questo fosse importante, era tutto trasandato.

Un’altra cosa che mi ha colpito tantissimo è stata la quantità di armi che abbiamo visto: oltre agli ovvi militari che stazionano un po’ ovunque, tantissime persone “normali” portavano armi, dai controllori del tram di Gerusalemme ai ragazzetti studenti ventenni e tanti con armi automatiche sempre in bella mostra.

La sensazione che mi è rimasta è stata quella di un paese occupato, dove gli occupanti sono i cittadini stessi che però si comportano come invasori disinteressandosi alla qualità della vita ma badando solo alla difesa. Ovviamente probabilmente in un altro paese, con una storia e soprattutto con un’attualità diversa da Israele la sensazione sarebbe stata diversa ma sommando la storia, l’attualità, il sudicio e la trasandatezza e le armi diffuse la sensazione è che il popolo israeliano non abbia mai finito la guerra di conquista contro i palestinesi neanche nelle zone conquistate più di cinquant’anni fa. Un paese in guerra principalmente con se stesso.

Hanno fatto anche tanta impressione vedere la sera dalla (bellissima) terrazza dell’ostello di Masada una sfilata di aerei da guerra che passavano a bassissima quota sul lato giordano del mar morto, in un atto che in qualsiasi altra situazione avrebbe provocato una guerra istantanea.

Alcuni aspetti meno tragici.

Ad esempio la sobrietà dell’aspetto commerciale della religione: in effetti in tanti posti dove siamo stati c’erano in vendita tanti ricordi di tipo religioso, ovviamente ma in effetti non c’era mai tanta paccottiglia ma sempre il tutto con un po’ di tono, senza esagerare. Ovviamente un po’ c’era, tipo le bottigliette con l’acqua del Giordano nel luogo tradizionale del battesimo di Cristo e poi ovviamente Gerusalemme che è in gran parte, nella città vecchia, un continuo mercatino di oggetti (anche se non tutti i negozi erano soltanto per turisti, ottima una pasticceria molto “per locali” con il miglior dolce di formaggio che abbiamo provato).

E poi abbiamo visitato alcuni posti con dei paesaggi per me incredibili. In particolare seguendo il Giordano e in particolare la zona del Mar Morto dove ho visto per la mia prima volta una cosa che assomiglia al deserto dei film e in questa la zona meravigliosa dell’oasi di Av-dat, veramente incredibile.

Una cosa che invece mi ha lasciato un po’ diciamo così deluso è stato il Museo dell’Olocausto di Gerusalemme: la parte centrale della documentazione era molto ben fatta anche se forse mi aspettavo qualcosa di più completo ma il resto erano soltanto dei monumenti alla fine poco significativi.

Infine il cibo è sempre stato un po’ scadente e soprattutto sempre uguale: con tutto il sole che hanno non riescono a fare un sugo, un soffritto ma solo carne arrosto e riso bollito. Una citazione a parte si merita la pasticceria che invece era spesso molto buona anche se alla fine sempre uguale visto che si tratta sempre di dolci di formaggio, se pur buoni oppure di zucchero e sempre tanto pistacchio e non hanno mai una crema, una panna, una pasta a modo.

[2019-08-17 sab] Ricomincio questo blog   Blog Personale

A questo http://srmdho5coxk4c5ny3mtmnuqrjp34fdotq26gtiuwyxf6efoi6km4t6ad.onion nuovo indirizzo perché ho cambiato server.

[2019-07-20 sab] I Hate My Village a Rapolano   Musica Concerti

Ho passato proprio una bella serata a Rapolano: bel paesino, molto pittoresco e ancora abbastanza immune dall’invasione del turismo di massa quindi ancora be abitato su un poggio immerso in un paesaggio splendido, tipicamente toscano. Non siamo però andati a vedere l’attrattiva maggiore locale che sono le terme.

La festa era organizzata da un’associazione locale mi dicono molto attiva socialmente che usa questa festa da alcuni anni come reperimento di fondi. Inoltre la festa si svolgeva in un parco urbano, il parco dell’acqua, molto bello e sistemato. Abbiamo mangiato benissimo spendendo abbastanza poco.

Venendo alla mia attrattiva, è stato un concerto molto bello, tanto che era tanto che non ne vedevo uno così emozionante.

Hanno aperto La Batteria, un gruppo romano che suona molto rock/jazz anni ’70. Tecnicamente erano molto validi e interessanti e hanno suonato musica che sembra proprio uscire dalle colonne sonore degli anni ’70, in definitiva un po’ i cloni dei primi Calibro 35. Quindi direi piuttosto interessanti specialmente quando suonavano tipo i Goblin ma in definitiva un po’ derivativi e scolastici.

Poi hanno suonato gli I Hate My Village e hanno fatto un grandissimo concerto.

Il palco era composto da:

  • innanzitutto il chitarrista (che credo sia quello dei Bud Spencer Blues Explosion) che suona la chitarra con lo stile del “blues del deserto” (mi vengono in mente i Bombino) e che, insieme al batterista è l’anima e originatore del gruppo, almeno a leggere la stampa specializzata è stato veramente bravissimo. Uno stile e un suono nuovissimi, una tenuta di palco notevole. Veramente bravo.
  • insieme c’è il batterista, anche dei Calibro 35, Afterhours e un monte di altri progetti che ha suonato in modo mirabile e interessantissimo. Accompagnato spesso da una batteria elettronica molto discreta, ha suonato insieme alla batteria anche qualche percussione, spesso anche proprio insieme con un risultato di suoni e di ritmi bellissimo.
  • poi c’è il cantante, già dei Verdena, che suonava anche la chitarra facendo più che altro suoni, sia pur con qualche problema tecnico. Però la cosa più interessante è stato sicuramente l’uso che ha fatto della voce perché la usava quasi come uno strumento giocando molto sul suono delle parole, più che sul loro significato. Questa cosa c’è sempre stata anche nei Verdena ma qui aveva risultati molto diversi, come spiegherò anche più avanti, anche perché usava molti effetti sulla voce.
  • infine c’era il bassista che forse era il meno significativo, anche se aveva un suono molto interessante e spesso delle parti solistiche ben fatte.

Il risultato generale è stato veramente notevole perché le canzoni avevano un suono molto bello ma anche assolutamente nuovo almeno per le mie orecchie europee. In particolare i due singoli hanno reso tantissimo dal vivo, tanto che le candiderei a singoli dell’estate se potessi scegliere la musica che passa.

Un altro aspetto veramente piacevole era anche il fatto che si percepiva che tutti i musicisti sul palco si stavano divertendo e che stavano davvero suonando qualcosa di emozionante anche per loro: ad esempio ad un certo punto il cantante ha chiamato un po’ di pubblico sul palco usando un’espressione particolare (“a tu per tu con la band”) che ha ripetuto più volte come fosse un mantra probabilmente proprio perché aveva un suono particolare. Quando il pubblico (in verità gran parte facevano parte della crew) è salito e hanno cominciato a ballare il gruppo ha suonato anche con maggiore energia.

Il palco non era grandissimo ma era molto carino.

Infine il pubblico non era numerosissimo, diciamo cento persone realmente interessate ma c’erano alcuni ragazzi molto giovani che erano dei fan del gruppo.

[2019-07-21 dom] I dischi di Solange e Billie Ailish, cioè solo la voce   Musica

Qualche giorno fa ho letto un articolo su Noisey sui migliori dischi della prima metà di quest’anno nel quale venivano, fra gli altri, raccomandati i dischi di queste due artiste nordamericane.

In generale considero Noisey, nella versione italiana e inglese, una fonte interessante di musica perché scava con molta attenzione nella musica attuale e spesso mi ha dato indirizzi molto validi come quando mi ha fatto scoprire il pianista Cameron Graves.

Però questa volta secondo me ha un po’ toppato, o forse, cosa probabile, sono io che non riesco tanto ad apprezzare questa musica.

Il problema comune a tutti e due i dischi è che sono fondamentalmente basati sull’interpretazione delle due artiste, interpretazione fondamentalmente vocale: in altre parole, i due dischi sono fondamentalmente basati sulla voce delle due artiste con una base musicale ridotta ma anche spesso, specialmente per Solange, piuttosto insignificante. Suonini sintetici spesso scolastici, arrangiamenti ultra ridotti e il tutto, da quel che capisco si riduce all’interpretazione vocale delle artiste e, sempre in special modo per Solange, sulle ospitate, sempre vocali e sempre poco significative, di altri cantanti che a me sinceramente dicono poco.

In effetti in quest’epoca in cui la parola, attraverso quella che genericamente possiamo chiamare musica rap, ha preso tutta questa importanza, è una cosa da aspettarsi: però da due dischi di questo livello delle basi di un altro livello (e mi viene da pensare al lavoro che è riuscito a fare Charlie Charles con Ghali) erano prerequisiti per dei dischi che vengono definiti i migliori di questa prima parte dell’anno.

[2019-07-21 dom] Le differenze di genere nello sport e i mondiali di calcio femminile   Calcio Politica Genere

Come al solito quando parlo di questi argomenti devo premettere che non mi intendo gran che di calcio e men che mai mi considero un tifoso: semplicemente il calcio mi piace come spettacolo e come tale lo valuto.

In questi giorni si sono svolti i campionati mondiali di calcio femminile in Francia con un notevole risalto sui media mondiali e, da quel che leggo, anche un buon risultato di pubblico.

Ho seguito anche io alcune partite, in particolare quelle della squadra italiana divertendomi pure.

Però devo ammettere che lo spettacolo offerto era abbastanza misero: le giocatrici erano simpatiche e si davano anche un gran da fare ma il confronto con i loro colleghi maschi era francamente impietoso tanto che alle volte sembrava di guardare una partita di amatori di 40 anni più che un campionato mondiale dello sport più diffuso al mondo.

E allora mi sono chiesto quale potrebbe essere lo scopo di organizzare una cosa del genere in tanta pompa magna? Sarebbe stato sufficiente organizzare un campionato di squadre escluse da altri campionati oppure di serie B o che altro per avere uno spettacolo sicuramente migliore.

Certo, queste giocatrici sono “femmine” e quindi con una struttura fisica meno adatta al tipo di sport e quindi appare “naturale” fare un campionato solo per loro però la cosa non mi torna.

Però, considerando che il tutto è uno spettacolo, mi domando che senso ha organizzare con tutta quella pompa un campionato di atleti meno adatti ad uno sport? A questo punto vorrei un campionato di basket per quelli alti meno di 1,70 metri o un campionato di tennis giocato con la sinistra da destri e con la destra da sinistri e cose così.

La questione della differenza di genere nello sport è una cosa della quale dovremmo parlare meglio.

E non sto parlando di atleti con menomazioni, che lì il problema è completamente diverso.

[2019-07-15 lun] Tre film statunitensi un po’ bischeri   Film

Seguo da qualche tempo il blog i 400 calci che parla fondamentalmente di film d’azione in maniera molto simpatica e coinvolgente e che mi aiuta ad apprezzare questo tipo di film che comunque normalmente già mi piacciono. Inoltre mi permette anche di conoscere film che altrimenti passerebbero inosservati perché non fanno parte dei film di cui sento parlare.

Così mi sono guardato Escape Plan del 2015 con Sylvester Stallone e Schwarzenegger perché il blog aveva scritto che aveva qualche numero. In effetti non è un film completamente da buttare via soprattutto perché recitato (si fa un po’ per dire) da questi due mostri sacri e in parte anche scritto da Stallone. Il film è un banale film d’azione con poche idee interessanti ma che alla fine si fa guardare: diciamo valido per un film scaricato ma lontanissimo da un biglietto al cinema.

Ho poi guardato Us, film di quest’anno, un po’ il seguito di un altro film (del quale ora non ricordo il titolo) che fa parte di questo filone che pare andare di moda adesso, dell’horror recitato da attori di colore. Il blog un po’ lo consigliava ma in effetti a me è piaciuto proprio poco perché ha una sceneggiatura che parte bene ma che poi deborda un po’ troppo e lascia troppi buchi: non si capisce perché e come gli abitanti del mondo sotterraneo fossero lì, perché la bimba sappia del mondo esterno e perché ci siano questi “doppioni” del mondo esterno. Secondo me la storia regge fino a quando gli unici doppioni sono quelli della famiglia protagonista ma poi dopo diventa un po’ una bischerata. Forse volevano fare un film un po’ di denuncia sociale, come erano riusciti a fare con l’altro film, ma gli è scappato poi di mano.

Poi ho visto Donnybrook e anche qui sono rimasto un po’ deluso perché anche qui la storia, la sceneggiatura ha un po’ di buchi: non si capisce perché uno dei due debba massacrare chiunque incontri, perché lo sceriffo si faccia uccidere per niente e tutta una serie di incongruenze che mi hanno lasciato un po’ di stucco. Inoltre fa un po’ “sorridere” il fatto che il personaggio “positivo” debba essere il padre di famiglia che si salva alla fine nonostante abbia rapinato un negozio e abbia attaccato un poliziotto. Anche qui forse si voleva fare un film di denuncia del popolo del white trash statunitense ma il tono era sempre troppo tragico ed epico e alla fine vincono i buoni in modo troppo banale.

Evidentemente scrivere buone sceneggiature sta diventando difficile. Non che io sia un reality-nazi però i buchi di sceneggiatura mi danno sempre troppa noia.

[2019-07-14 dom] Connessione a freenode via tor   Informatica

Visto che ancora alcuni gruppi di internet si riuniscono su irc, in special modo quelli legati alla musica informatica, ho dovuto rimettere su irc.

Inizialmente avevo usato quassel ma questo non permetteva di connettersi via tor e quindi sono passato a weechat che permette di collegarsi via tor usando l’autenticazione SASL che ho ottenuto così:

  • ho seguito il manuale (ottimo) di weechat e in particolare la sezione che spiega l’autenticazione via sasl e l’ho configurata per freenode senza tor;
  • poi ho copiato la configurazione generata per freenode senza tor per quella per tor nel file ~/.weechat/irc.conf e la cosa è partita proprio bene.

[2019-07-06 sab] La scomparsa dei CD inutili   Musica

Stavo pensando alla musica italiana di questi ultimi anni e mi è venuto in mente che alcuni gruppi che ho tanto apprezzato negli ultimi anni non pubblicano più niente da molti anni: penso in particolare ai Verdena e ai più recenti I Cani.

Io credo che questa cosa sia dovuta al fatto che ormai pubblicare un CD è diventato un enorme costo perché ne vengono venduti pochissimi e quindi non conviene pubblicare se non speri fortemente di riuscire a vendere tanto. Fino a quando i CD venivano venduti tanto si poteva anche rischiare di più perché tanto qualcosa avresti sempre venduto e quindi si continuava a pubblicare anche quando veramente non si aveva più niente da dire.

E invece adesso se non si ha niente da dire si sta zitti e la cosa è sicuramente positiva.

E non voglio parlare delle responsabilità delle casa editrici perché la musica la pubblicano i musicisti e non i discografici, il nome lo mettono i musicisti e quindi la responsabilità alla fine è loro.

[2019-06-15 sab] I librai si lamentano ma forse leggono le fonti sbagliate   Letteratura Libri

Intanto una premessa: considero Internazionale, fra le altre caratteristiche che non mi piacciono, una rivista adatta ai cinquantenni del “che tempi, signora mia” e quindi quello che ci leggo lo prendo con queste pinze. Delle ragioni per le quali ho smesso di leggerla ne ho scritto tempo fa.

Oggi leggo questo articolo sulla morte delle librerie di Roma, articolo pieno di “librai che offrono tisane”, “rapporto con il cliente”, “eventi memorabili” e di terribili tasse che strangolano i poveri librai costringendoli alla chiusura. La parte più comica, si fa per dire, è quella che contiene le proposte del consorzio dei librai con cose tipo obbligare le scuole a comprare i libri dalle librerie di quartiere, immani sconti sulle tasse e altre amenità.

E invece io ho pensato a quello che ha scritto Luca Pakarov riferendosi alla similitudine fra la morte della vendita dei dischi e quella della prossima futura (allora) morte dell’editoria per come l’abbiamo conosciuta e mi domando: possibile che i librai, considerando l’attività che conducono, non abbiano letto quel libro? Possibile che le similitudini fra due mercati così simili non siano evidenti? Ma mentre morivano tutti i negozi di dischi del mondo i librai a cosa pensavano, che la cosa non li avrebbe riguardati?

Io credo che il problema di fondo è che il mondo della letteratura scritta sia un ambiente molto autoreferenziale, chiuso in sé perché alla fin fine si sono convinti di essere la “vera cultura” e che quindi distanti dalle musichette da ragazzini vendute (una volta) nei negozi pieni di fotografie di cantanti mezzi svestiti. E invece dopo i tuoni la grandine è arrivata.

Ho avuto personalmente una grandissima frequentazione dei negozi di dischi, essendone un cliente ottimo e ho visto che in effetti la preparazione dei commessi di questi negozi è stata molte volte determinante per la mia maturazione come appassionato di musica: tanto per fare un esempio ricordo quando il commesso preparatissimo di Contempo mi mise il secondo disco dei Nirvana (che ancora non erano le stelle che ricordiamo) nel pacco dei dischi che avevo appena comprato senza che l’avessi chiesto rispondendo alle mie proteste che tanto lo avrei comprato. E questa cosa mi manca anche perché purtroppo non ho neanche più tante persone con le quali confrontarmi per conoscere musica nuova ma ho dovuto imparare farne senza perché non esiste più.

Ho invece avuto molta meno familiarità con le librerie perché ho sempre avuto passione per letterature “minori” che venivano mal considerate dai librai; inoltre sono da sempre un forte utente delle biblioteche pubbliche per il fatto che un libro lo leggo normalmente una volta sola e quindi riempirmi la casa di libri fondamentalmente inutili mi scoccia. Di conseguenza ho cominciato a frequentare veramente le librerie solo da quando (da poco!) hanno cominciato a fare eventi di presentazione e comunque nessuno mi ha mai offerto una tisana. La libreria del mio quartiere ha aperto da poco ed è gestita da librai in effetti competenti ma ormai la chiavetta con migliaia di libri in formato epub l’ho ricevuta da troppo tempo e il canale telegram sul quale passano decine di libri tutti i giorni lo seguo già da un po’ e quindi lascio che ci vadano quelli che “la carta è tutta un’altra cosa” che però non vedo mai con un saggio sulle Brigate Rosse da 500 pagine sempre nello zaino. Con molto meno rimpianto rispetto al commesso di Contempo.

[2019-06-02 dom] L’hackmeeting del 2019   Informatica Politica

È stato un hackmeeting a due facce, per fortuna la seconda che può dare qualche speranza per questa scena che mi ha dato tanto.

La prima faccia è stata quella triste del primo giorno: poca gente, solite facce, poco interesse e seminari poco interessanti, sembrava una copia di quello dello scorso anno.

Ho presentato anch’io un seminario che è stato abbastanza seguito ma che non ha avuto praticamente nessun riscontro se non attestazioni di simpatia verso la mia persona, che fanno molto piacere ma che sinceramente non cercavo.

Il giorno successivo invece l’aria è completamente cambiata perché invece c’era tanta più gente, con anche un po’ di facce nuove delle quali alcune anche di ragazzi ben più giovani della media e soprattutto un po’ di seminari anche molto interessanti. In particolare ho seguito una presentazione di un libro curato da Tommaso Tozzi sulla storia dei primi anni dell’attivismo informatico in Italia (libro sul quale tornerò più avanti), seminario durante il quale sono state espresse opinioni anche abbastanza fuori dal coro ma che è stato veramente interessante, cosa facile da aspettarsi vista la caratura del personaggio di Tommaso. Poi ho seguito un pochino di un seminario sull’informatica che prova ad emulare il funzionamento della rete di neuroni del cervello, molto interessante anche se purtroppo sono riuscito a seguirlo solo alla fine. Infine ho seguito la presentazione del software di cifratura tomb decisamente interessante che se tenuto con un tono forse un po’ troppo informale.

Mi rendo ben conto che tre seminari non sono gran che rispetto ad altri incontri di questo ambito però sono molti di più di quelli ai quali ero abituato in hackmeeting passati.

Inoltre c’erano anche altri aspetti piacevoli.

Innanzitutto c’era un lan space che finalmente è tornato ad essere frequentato: niente di paragonabile ad altri incontri ovviamente visto che c’erano sì e no venti persone però sempre molte di più dei passati hackmeeting quando spesso non c’era proprio nessuno.

Poi appunto molte facce nuove, delle quali alcune anche molto giovani. Questa cosa è stata forse dovuta al buon lavoro di pubblicità (i “warm up” come li chiamano in gergo) che è stato fatto dalle persone del nuovo hacklab di Firenze, collettivo che sembra piuttosto intressante.

Infine, fra le cose buone, c’è stata sicuraamente la sorpresa del regalo del suo libro, con dedica personalizzata, che mi ha fatto Tommaso Tozzi, regalo che mi ha fatto veramente tanto piacere perché mi ha fatto sentire parte di una scena anche se un po’ vecchio.

Ovviamente alcune caratteristiche negative sono rimaste. In particolare la presenza di molti vecchi che vengono ormai solo per salutare senza portare niente che aiuti la situazione. In particolare non portano nessun computer, cosa che m’è sempre sembrata poco opportuna: siamo all’hackmeeting e dovrebbe essere quasi obbligatorio portare qualcosa e se proprio non sai cosa portare porta almeno il computer, siediti accanto a qualcuno che forse gli puoi spiegare qualcosa, come è capitato a me proprio quest’anno.

Purtroppo quest’atteggiamento non c’è più tanto.

Poi ci sono stati i soliti personaggi folkloristici che vengono all’hackmeeting per vedere la “fauna locale”. In particolare mi ha fatto sorridere una persona, intorno alla quarantina, autodefinitasi sociologa che si lamentava della mancanza di “femminismo” di tutta la situazione e poi è stata tutto il tempo a spippolare sul cellulare e in particolare su facebook, tanto che ad un certo punto ha proposto di fare un sondaggio, ovviamente su facebook: sembrava la vecchina dell’aceto.

In sostanza un buon hackmeeting ben preparato dal gruppo del nuovo hackmeeting di Firenze che ha portato ad un buon risultato.

Purtroppo non ho potuto partecipare all’assemblea conclusiva e non riesco a scaricare la posta per cui non so quali siano le considerazioni finali del gruppo.

[2019-05-18 sab] bin-art, una bellissima mostra di arte   Arte Informatica

Sono stato alla bellissima mostra bin-art, ospitata dal centro sociale occupato di Firenze CSA-NextEmerson.

In pratica si tratta di una dozzina di installazioni di vecchi computer e altri piccoli aggeggi, come ad esempio un giradischi da 45 giri, bellissima!, con delle opere di artisti che vanno dagli anni ’60 fino agli anni ’90 costruita da un gruppo di appassionati che hanno raccolto e sistemato tutto, occupandosi anche dell’installazione e della presentazioni delle opere.

Lo scopo è quello sia di presentare le opere sia di parlare delle origini dell’arte fatta con i computer negli anni passati.

Si parte proprio dalle origini con la bellissima installazione del giradischi che fa ascoltare un 45 giri contenente una registrazione di un’opera di Pietro Grossi e l’ingengere dell’Olivetti Zuliani che rifa sia musiche antiche sia musica realizzata partendo da algoritmi.

Poi c’era un Commodore 64 che creava partendo da una semplice riga di codice dei pattern a video.

Un’Amiga 500 che mostrava una demo, approfittando così di parlare della demo-scene degli anni ’80.

Una console di videogiochi che mostrava un videogioco molto sperimentale di un artista giapponese, un vecchio macintosh powerpc con un videogioco dei Residents.

Un bellissimo Apple II con un fumetto creato dai Giovanotti Mondani Meccanici per la rivista Frigidaire e un Apple Classic.

Infine un plotter (comandato in verità da un raspberry) che faceva vedere un’opera creata da un artista tedesco negli anni ’60 che creava dei pattern casuali a partire da una semplice serie di quadratini, opera esposta in quegli anni come prima opera creata da un computer.

Tutto veramente molto interessante e ben fatto.

[2019-05-12 dom] Le musicassette del 2019   Musica Pirateria

E così dopo la grande invenzione dei programmi shareware che dominano il Play Store di Google direttamente dagli anni ’90, oggi, nel 2019, mi sono ritrovato a fare una musicassetta di alcune canzoni così come facevo negli anni ’80. Ovviamente qualcosina è cambiata e così invece di usare la radio e il registratore a cassette, ho usato pulseaudio e il suo modulo loopback

  pactl load-module module-loopback

ho fatto partire audacity in registrazione e il client spotify in riproduzione e poi con taglietto all’inizio e uno alla fine ho esportato in mp3 le ultime canzoni di Liberato.

Benvenuti nel futuro!

[2019-05-07 mar] La legge di Douglas Adams sulle novità   DouglasAdams Vecchi Giovani Cultura

Anche io avevo scritto una cosa del genere del genere tempo fa però lui è Douglas Adams e scrive molto prima e molto meglio di me. Da http://www.douglasadams.com/dna/19990901-00-a.html

How to Stop Worrying and Learn to Love the Internet

This piece first appeared in the News Review section of The Sunday Times on August 29th 1999.

A couple of years or so ago I was a guest on Start The Week, and I was authoritatively informed by a very distinguished journalist that the whole Internet thing was just a silly fad like ham radio in the fifties, and that if I thought any different I was really a bit naïve. It is a very British trait – natural, perhaps, for a country which has lost an empire and found Mr Blobby – to be so suspicious of change.

But the change is real. I don’t think anybody would argue now that the Internet isn’t becoming a major factor in our lives. However, it’s very new to us. Newsreaders still feel it is worth a special and rather worrying mention if, for instance, a crime was planned by people ‘over the Internet.’ They don’t bother to mention when criminals use the telephone or the M4, or discuss their dastardly plans ‘over a cup of tea,’ though each of these was new and controversial in their day.

Then there’s the peculiar way in which certain BBC presenters and journalists (yes, Humphrys Snr., I’m looking at you) pronounce internet addresses. It goes ‘www DOT … bbc DOT… co DOT… uk SLASH… today SLASH…’ etc., and carries the implication that they have no idea what any of this new-fangled stuff is about, but that you lot out there will probably know what it means.

I suppose earlier generations had to sit through all this huffing and puffing with the invention of television, the phone, cinema, radio, the car, the bicycle, printing, the wheel and so on, but you would think we would learn the way these things work, which is this:

  1. everything that’s already in the world when you’re born is just normal;
  2. anything that gets invented between then and before you turn thirty is incredibly exciting and creative and with any luck you can make a career out of it;
  3. anything that gets invented after you’re thirty is against the natural order of things and the beginning of the end of civilisation as we know it until it’s been around for about ten years when it gradually turns out to be alright really.

Apply this list to movies, rock music, word processors and mobile phones to work out how old you are.

This subjective view plays odd tricks on us, of course. For instance, ‘interactivity’ is one of those neologisms that Mr Humphrys likes to dangle between a pair of verbal tweezers, but the reason we suddenly need such a word is that during this century we have for the first time been dominated by non-interactive forms of entertainment: cinema, radio, recorded music and television. Before they came along all entertainment was interactive: theatre, music, sport – the performers and audience were there together, and even a respectfully silent audience exerted a powerful shaping presence on the unfolding of whatever drama they were there for. We didn’t need a special word for interactivity in the same way that we don’t (yet) need a special word for people with only one head.

I expect that history will show ‘normal’ mainstream twentieth century media to be the aberration in all this. ‘Please, miss, you mean they could only just sit there and watch? They couldn’t do anything? Didn’t everybody feel terribly isolated or alienated or ignored?’

‘Yes, child, that’s why they all went mad. Before the Restoration.’

‘What was the Restoration again, please, miss?’

‘The end of the twentieth century, child. When we started to get interactivity back.’

Because the Internet is so new we still don’t really understand what it is. We mistake it for a type of publishing or broadcasting, because that’s what we’re used to. So people complain that there’s a lot of rubbish online, or that it’s dominated by Americans, or that you can’t necessarily trust what you read on the web. Imagine trying to apply any of those criticisms to what you hear on the telephone. Of course you can’t ‘trust’ what people tell you on the web anymore than you can ‘trust’ what people tell you on megaphones, postcards or in restaurants. Working out the social politics of who you can trust and why is, quite literally, what a very large part of our brain has evolved to do. For some batty reason we turn off this natural scepticism when we see things in any medium which require a lot of work or resources to work in, or in which we can’t easily answer back – like newspapers, television or granite. Hence ‘carved in stone.’ What should concern us is not that we can’t take what we read on the internet on trust – of course you can’t, it’s just people talking – but that we ever got into the dangerous habit of believing what we read in the newspapers or saw on the TV – a mistake that no one who has met an actual journalist would ever make. One of the most important things you learn from the internet is that there is no ‘them’ out there. It’s just an awful lot of ‘us’.

Of course, there’s a great deal wrong with the Internet. For one thing, only a minute proportion of the world’s population is so far connected. I recently heard some pundit on the radio arguing that the internet would always be just another unbridgeable gulf between the rich and the poor for the following reasons – that computers would always be expensive in themselves, that you had to buy lots of extras like modems, and you had to keep upgrading your software. The list sounds impressive but doesn’t stand up to a moment’s scrutiny. The cost of powerful computers, which used to be around the level of jet aircraft, is now down amongst the colour television sets and still dropping like a stone. Modems these days are mostly built-in, and standalone models have become such cheap commodities that companies, like Hayes, whose sole business was manufacturing them are beginning to go bust.. Internet software from Microsoft or Netscape is famously free. Phone charges in the UK are still high but dropping. In the US local calls are free. In other words the cost of connection is rapidly approaching zero, and for a very simple reason: the value of the web increases with every single additional person who joins it. It’s in everybody’s interest for costs to keep dropping closer and closer to nothing until every last person on the planet is connected.

Another problem with the net is that it’s still ‘technology’, and ‘technology’, as the computer scientist Bran Ferren memorably defined it, is ‘stuff that doesn’t work yet.’ We no longer think of chairs as technology, we just think of them as chairs. But there was a time when we hadn’t worked out how many legs chairs should have, how tall they should be, and they would often ‘crash’ when we tried to use them. Before long, computers will be as trivial and plentiful as chairs (and a couple of decades or so after that, as sheets of paper or grains of sand) and we will cease to be aware of the things. In fact I’m sure we will look back on this last decade and wonder how we could ever have mistaken what we were doing with them for ‘productivity.’

But the biggest problem is that we are still the first generation of users, and for all that we may have invented the net, we still don’t really get it. In ‘The Language Instinct’, Stephen Pinker explains the generational difference between pidgin and creole languages. A pidgin language is what you get when you put together a bunch of people – typically slaves – who have already grown up with their own language but don’t know each others’. They manage to cobble together a rough and ready lingo made up of bits of each. It lets them get on with things, but has almost no grammatical structure at all.

However, the first generation of children born to the community takes these fractured lumps of language and transforms them into something new, with a rich and organic grammar and vocabulary, which is what we call a Creole. Grammar is just a natural function of children’s brains, and they apply it to whatever they find.

The same thing is happening in communication technology. Most of us are stumbling along in a kind of pidgin version of it, squinting myopically at things the size of fridges on our desks, not quite understanding where email goes, and cursing at the beeps of mobile phones. Our children, however, are doing something completely different. Risto Linturi, research fellow of the Helsinki Telephone Corporation, quoted in Wired magazine, describes the extraordinary behaviour kids in the streets of Helsinki, all carrying cellphones with messaging capabilities. They are not exchanging important business information, they’re just chattering, staying in touch. “We are herd animals,” he says. “These kids are connected to their herd – they always know where it’s moving.” Pervasive wireless communication, he believes will “bring us back to behaviour patterns that were natural to us and destroy behaviour patterns that were brought about by the limitations of technology.”

We are natural villagers. For most of mankind’s history we have lived in very small communities in which we knew everybody and everybody knew us. But gradually there grew to be far too many of us, and our communities became too large and disparate for us to be able to feel a part of them, and our technologies were unequal to the task of drawing us together. But that is changing.

Interactivity. Many-to-many communications. Pervasive networking. These are cumbersome new terms for elements in our lives so fundamental that, before we lost them, we didn’t even know to have names for them.

Credo che salverò nella mente la semplificazione:

1 - tutto ciò che c’era alla tua nascita è normale;

2 - tutto ciò che viene inventato dopo e fino a quando hai trent’anni è incredibilmente eccitante e creativo e sperabilmente ci puoi fare una carriera sopra;

3 - tutto ciò che viene inventato dopo è contro l’ordine naturale delle cose ed è la fine della civiltà per come la conosciamo per circa dieci anni fino a quando a poco a poco si rivela andare bene.

[2019-05-06 lun] Un po’ di film musicali   Cinema Musica

O meglio, un po’ di film su musicisti.

In queste ultime settimane mi è capitato di vedere quattro film che raccontano la vita di musicisti, tre di stampo biografico e uno di fantasia.

Fra l’altro questo fiorire di film anche di notevole budget su musicisti è ovviamente indirizzato alle persone della mia età che hanno vissuto il periodo d’oro, dal punto di vista puramente economico, della musica popolare fra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso nell’età in cui si compravano i dischi.

I film sono la biografia di Freddie Mercury, “Lords of chaos”, racconto della scena black metal della Norvegia, la biografia dei Motley Crue e “A star is born”.

Ho sempre un problema con questo tipo di film perché normalmente l’aspetto della passione, della fatica che costa seguire una passione come la musica ma anche lo sport o che altro non viene mai raccontata e viene sempre fatto vedere solo la parte “luccicante” delle attività. Invece quando si riesce a far vedere anche la parte meno brillante la storia diventa più credibile e alla fine divertente.

Il primo film, la storia di Freddie Marcury, è una mega produzione tipicamente hollywoodiana che racconta la storia di un personaggio decisivo degli anni ’80 per la musica nei primi anni e per la cultura pop in generale negli anni successivi. Il film mi è piaciuto un monte perché riesce,per l’appunto, a far vedere cosa ci sia stato dietro alla realizzazione dei dischi storici dei Queen: molto belle le scene della registrazione del disco di Bohemian Rapsody, le prove prima del concerto del Live Aid. Poi sono riusciti a far vedere l’enorme emozione che devono aver provato a suonare a quel concerto. Ovviamente ci sono anche le storie dei rapporti amorosi del cantante, della sua perdita di connessione con la musica e con gli altri membri del gruppo e la malattia finale, però sempre con molto rispetto per la figura senza cadere troppo nel pruriginoso. Per quanto riguarda le prove degli attori posso dire che mi sono piaciuti ma non sono un esperto.

Poi ho visto Lords of Chaos, racconto romanzato della scena black metal norvegese. Avendo vissuto la nascita di questa scena quasi in tempo reale visto che stavo seguendo altri gruppi norvegesi poco precedenti (Motorpsycho!) guardare questo film è stato emozionante e “divertente”. La produzione è molto meno ricca del precedente però il risultato è stato decisamente piacevole perché qui sono riusciti a trasmettermi il senso di quello che quei musicisti hanno fatto. Ovviamente non posso condividere praticamente niente di quello che pensavano però ho apprezzato in parte quello che hanno fatto. In effetti come ho letto su qualche critica più organica delle mie parole, la musica nel film ad un certo punto passa troppo in sordina rispetto a tutto il resto (e che resto!) però vengono raccontati anche i problemi finanziari e il finale è estremamente coerente con tutto il racconto. Bel film! Anche qui la performance degli attori mi è piaciuta.

Poi passerò invece ai film che proprio non mi sono piaciuti.

Fare una biografia dei Motley Crue, oltretutto con il gruppo stesso fra i produttori del film, quindi suppongo senza troppi problemi di diritti d’autore, e non metterci praticamente nessuna canzone ma solo sesso e droga è un crimine. Un gruppo che ha venduto milioni di dischi, che ha dominato le classifiche sia di vendita, sia di passaggi dei video e riuscire a non far sentire praticamente nessuna canzone è stata veramente un’occasione persa.

Peggio che mai con “A star is born”. Mi era parso di aver letto critiche benevole con questa mega produzione hollywoodiana ma proprio non capisco cosa abbiano visto. Il film mi stava piacendo abbastanza quando è spuntato il sesso/amore/romanticismo fra i due protagonisti: a quel punto il film è diventato solo un film d’amore nel quale i due protagonisti lasciano completamente la questione della musica e diventano solo due amanti in difficoltà e quindi perdendo per me qualsiasi interesse. Oltretutto la storia del successo della cantante è completamente fuori sincrono con qualsiasi richiesta di plausibilità visto che la tipa diventa famosa ad un’età piuttosto avanzata, diventando pure una ballerina da televisione quando fino a pochi mesi prima faceva la cameriera: come se fare la ballerina fosse solo una questione di qualche lezione con un maestro. La composizione delle canzoni di successo poi è completamente falsata visto che i due musicisti non vengono mai mostrati a scrivere, pensare, e soprattutto provare quello che stanno scrivendo: tutto appare come se tutto fosse facile, praticamente già fatto. Un pessimo film.

[2019-04-28 dom] I documenti delle Brigate Rosse e il linguaggio della sinistra   Politica Storia Sinistra

In questi giorni sto leggendo una storia delle Brigate Rosse, cosa che volevo fare da tanto tempo e mi sto rendendo conto che in effetti a grandi linee ne sapevo abbastanza.

Quello che però mi ha lasciato di stucco è stata la lettura dei documenti così detti “strategici” perché mi risultano quanto mai attuali e azzeccati nelle previsioni pur con delle mancanze estremamente pesanti come le questioni ambientali, una visione delle questioni di genere che suona vecchia: in particolare la previsione della perdita di rilevanza del potere politico contro il potere economico trans-nazionale e quindi la perdita di potere degli stati nazionali nonché la presa di potere da parte di imprenditori sembrano concetti che possono essere usati per analizzare la politica mondiale degli ultimi vent’anni. Questo fra l’altro mi porta a ricordarmi che devo sempre ascoltare gli estremisti perché spesso hanno ragione perché la realtà è sempre estrema.

Però questo mi porta anche ad un altro ragionamento: non sarà che questa “somiglianza” con il mio pensiero attuale sia soltanto un’“assonanza” linguistica? Non sarà che queste previsioni mi risultano azzeccate solo perché sono scritte con il linguaggio che mi è familiare in quanto persona di sinistra. Questo vorrebbe probabilmente significare che il linguaggio che uso per conoscere è vecchio?

[2019-04-28 dom] La musica e i musicisti   Musica

Stavo pensando al rapporto che vedo in molti ambiti musicali fra il pubblico, i musicisti e la musica: spesso l’attrazione è più per il musicista che per la musica che questo effettivamente suonerà.

Ora questa cosa ha forse un senso quando il musicista ha veramente un legame speciale con la musica, come succede praticamente sempre nella musica popolare dove l’uso di suonare la musica di altri è molto poco diffuso. Però anche qui alle volte io mi sento a disagio perché non sento tutta questa affezione per le persone in quanto tali ma solo per quello che fanno.

Invece la vedo proprio come un’esagerazione quando si tratta di musica antica come quella diciamo che suonano nei teatri d’opera perché qui il legame fra musicista e musica è decisamente labile: l’orchestra stasera suona Puccini e domani suonerà Donizetti e ieri ha suonato tutt’altro. Ovviamente il direttore e i solisti hanno il loro tocco però si tratta solo di interpretazione che per me ha sempre meno valore della musica in sé perché mi piace ascoltare tutte le interpretazioni e poi valutarle. Non vado a teatro per fare il tifo a favore o contro chissà chi.

[2019-04-11 gio] Due film musicali - Bohemian Rapsody e The Dirt   Film Musica

In questi giorni ho guardato questi due film usciti da relativamente poco tempo con miei giudizi che difficilmente potevano essere più diversi.

Il primo film racconta la storia di Freddie Mercury e quindi dei Queen ed è stata una mega produzione (che fra l’altro ha anche avuto un monte di problemi produttivi) con risultati di botteghino e di premi (Oscar al protagonista) molto importanti.

Il secondo racconta invece la storia dei Mötley Crüe ed era una produzione Netflix molto meno “importante”.

Evidentemente l’idea di raccontare la musica che adesso piace ai cinquantenni come me è vincente in questo periodo.

Il primo è decisamente un bel film perché, oltre ad avere al centro un attore che fa un ottimo lavoro di recitazione, ha anche una sceneggiatura che racconta e quindi fa sentire bene quello che può essere stato diventare uno dei musicisti più apprezzati della musica popolare degli anni ’80. Si ascoltano le canzoni, si vedono i musicisti che creano provando e registrando in sala di registrazione, loro vero ambiente di lavoro, che sbagliano e modificano e poi arrivano sul palco e nel caso dei Queen, su grandi e grandissimi palchi dove è stato creato il mito. Le questioni personali di rapporti familiari, di amore e personali all’interno del gruppo ci sono e sono importanti ma non sono il centro del racconto.

Alla fine, al di là di licenze poetiche sulla realtà della storia del personaggio e del gruppo, il risultato è una partecipazione emotiva alla storia di un gruppo di musicisti.

Il secondo invece è il peggio dalla parte opposta. Come ho scritto tempo fa relativamente al film su Niki Lauda (con nota anche sul film su Charlie Parker di Clint Eastwood, tanto per restare in tema di musicisti) questi film che raccontano questi personaggi senza far vedere il punto centrale del loro successo limitandosi a raccontare le beghe da comari sono veramente inutili. Raccontare la storia dei Mötley Crüe, un gruppo che ha pubblicato una decina di album, e che ne ha venduti a decine di milioni senza far ascoltare neanche una canzone, senza far vedere un minuto di concerto o di prove in sala ma soltanto sesso e droga è veramente deprimente. Praticamente tutta la sceneggiatura è un susseguirsi di fidanzate, amanti, sesso occasionale, droga e mai, dico mai, una canzone. Non c’è neanche da pensare che non avessero i permessi di pubblicazione oppure che sia stato fatto senza l’accordo del gruppo perché questo risulta fra i produttori del film. Film veramente inutile, peccato perché c’era tanto di più da raccontare.

[2019-02-16 sab] The lamb lies down on Broadway al Puccini   Musica Teatro Danza

Sono stato a vedere questo spettacolo al teatro Puccini in un periodo in cui ero tornato ad ascoltare i Genesis e in particolare proprio questo disco. E mi sono proprio divertito.

Lo spettacolo era composto da un gruppo che suonava quasi letteralmente il disco dal vivo e una compagnia di ballerini che eseguiva delle coreografie sul tema della storia raccontata dai testi del disco con delle presentazioni in italiano per alcune scene. Il tutto ovviamente considerando che anche la “trama” del racconto è molto labile e quindi c’era spazio per tantissima immaginazione.

L’unica nota dolente purtroppo è stato il gruppo perché hanno suonato in modo abbastanza approssimativo: dovendo suonare musica conosciutissima davanti ad un pubblico che la conosce praticamente a memoria, hanno sbagliato un po’ troppo. In particolare il chitarrista in mezzo ad alcune sviste secondarie ha completamente sbagliato un ingresso (lo so che i leggii fanno poco rock però con la musica scritta davanti probabilmente un errore del genere non ci sarebbe stato). Inoltre anche il cantante ha faticato molto a tenere le linee vocali che però in effetti sono difficili soprattutto per un cantante non più giovane come lui. Inoltre alla fine hanno fatto una serie di bis anche noiosi perché hanno rifatto tutta la prima parte del disco che avevano già suonato poco prima più una serie di canzoni dei Genesis per periodo post Gabriel che personalmente non sopporto suonate anche queste troppo con effetto “gruppo cover”.

Invece i ballerini mi sono piaciuti tantissimo: nonostante un inizio che sembrava particolarmente povero e arrangiato, hanno presentato nel corso dello spettacolo una serie di coreografie molto efficaci basate sia sulla danza di per sé sia su alcuni effetti scenici molto efficaci sia pur semplici come costumi (bellissimi quelli delle lamia) e giochi di luci ed ombre che hanno funzionato benissimo anche sul piccolo palco del teatro. Non posso assolutamente giudicare da un punto di vista tecnico l’esibizione dei ballerini ma l’effetto generale è stato molto coinvolgente.

Il pubblico era composto praticamente solo da cinquanta-sessantenni che conoscevano il disco a memoria: un signore davanti a me si suonava tutti i pezzi con la tastiera immaginaria.

E alla fine mi sono chiesto: perché non fare questi spettacoli anche in ambienti più grandi e prestigiosi come potrebbe essere il teatro del Maggio Fiorentino? Quanto dovremo aspettare prima che questa musica, che ormai ha tutte le caratteristiche per essere definita “classica” o “colta” che si voglia, trovi accoglienza anche in teatri grandi? In particolare uno spettacolo come questo, su un palco come quello del teatro del Maggio avrebbe avuto un effetto splendido.

[2019-02-10 dom] Sanremo 2019   Media Musica

Quest’anno ho visto due serate di questo festival, cosa che non mi succedeva da molti anni ma mi sono annoiato. Lo dico perché so che fa molto “alternativo” dire di non aver visto Sanremo però io l’ho visto anche se il livello di attenzione è calato rapidamente.

Quest’anno mi è capitato perché da quando abbiamo la connessione più veloce in casa è diventato più facile vedere alcuni programmi televisivi in streaming. Mia moglie ha piacere a guardare questi programmi ed essendo a casa mi sono accomodato anch’io sul divano.

Però quest’anno ero particolarmente interessato perché erano presenti molti musicisti che seguo da anni e che fino a quest’anno erano rimasti fuori dal giro di Sanremo come gli Zen Circus, Motta, i Calibro 35, oltre ad alcuni che invece seguo (o forse seguivo) come Manuel Agnelli che invece sono alcuni anni che in qualche modo partecipano a questo festival.

Cosa non mi è piaciuto:

  • Musica tutta uguale

    A parte le canzoni troppo lontane dalla mia sensibilità, anche quelle dei gruppi che seguo e che riconosco non mi sono piaciute. Probabilmente è la qualità dell’audio troppo televisiva ma tanto secondo me è dovuto alla presenza ingombrante dell’orchestra che ha reso il suono di tutte le canzoni troppo uguale perché ha obbligato gli arrangiatori ad usare sempre le stesse sonorità.

    Ad esempio la canzone di Mahmood che ha vinto era scritta da Charlie Charles, produttore di molti rapper di successo di questi anni, a partire da Ghali, con uno stile molto riconoscibile che oltretutto apprezzo molto: ecco, questa canzone cantata su quel palco non era per me riconoscibile minimamente come una canzone di Charlie Charles. Probabilmente la versione che verrà pubblicata sarà più riconoscibile.

    Oltretutto l’uso di questa orchestra è veramente troppo banale, assolutamente vecchio con note lunghe di archi praticamente obbligatorie, fiati che fanno stacchetti come se fossimo davvero negli anni ’50 e continue rullate sui piatti (dei quali uno continuamente inquadrato). Anche qui probabilmente è un ordine di scuderia oppure gli arrangiatori hanno veramente troppo poco tempo per realizzare qualcosa di più innovativo e interessante.

  • Stacchi troppo lunghi

    Gli stacchi dei presentatori sono stati pesantissimi, troppo lunghi tanto che alla fine non capivo se lo spettacolo fossero le loro battute o le canzoni.

    Capisco la necessità di dove cambiare continuamente il palco ma forse invece di far sempre chiacchierare loro potevano far parlare un pochino anche i cantanti; e non voglio parlare di direttori, musicisti e misteriosi autori e arrangiatori.

    Io credo che altre edizioni siano state anche peggiori, ma a questo Sanremo la musica avrà occupato sì e no il 40% dello spettacolo.

  • Scelte di regia incomprensibili

    Il festival di Sanremo è principalmente uno spettacolo televisivo che usa la musica e quindi la regia televisiva è decisiva. Ecco, io non la riuscivo a capire: alcune esibizioni venivano riprese con continue carrellate lunghe che facevano venire il mal di mare; ogni poco venivano ripresi particolari assolutamente insignificanti; i cantanti, specialmente alcuni, venivano ripresi pochissimo in frontale ma solo di sbieco o da sotto; alcuni musicisti sul palco non venivano mai ripresi, nonostante fossero importanti negli arrangiamenti mentre alcuni erano ripresi continuamente. Invece l’orchestra e il pubblico venivano ripresi continuamente.

    E soprattutto alla fine delle esibizioni non venivano mai ripresi i cantanti mentre salutavano il pubblico girando le riprese subito sui presentatori quasi che, appunto, fossero loro il vero spettacolo e le canzoni solo un intermezzo. Questo è stato ad esempio particolarmente vero per l’esibizione di Ghemon che aveva alle spalle i Calibro 35 che non sono mai stati inquadrati neanche quando hanno salutato.

  • Anche gli ospiti fuori gara che ho visto secondo me sono stati più inutili, mi verrebbe da dire anche fastidiosi. Al di là del fatto che fossero tutti e solo italiani, le loro esibizioni sono state anche fastidiose, in particolare quella di Ligabue che è stata preceduta da una scenetta patetica. E comunque le esibizioni sono state tutte abbastanza inutili.
  • Infine la necessità di far cantare sempre Baglioni che fungeva più da cantante che da presentatore, rendeva la partecipazione degli ospiti noiosa ed inutile visto e considerato che Baglioni non produce musica nuova che abbia un qualche impatto da vent’anni e che era lì solo per la maglietta fina di quarant’anni fa.

In sostanza Sanremo continua ad essere uno spettacolo per sessantenni anche se in effetti, come ha scritto anche Noisey, almeno quest’anno ha vinto una canzone che sembra davvero scritta nel 2019.

[2019-02-08 ven] Il primo re   Film

Anche qui vale la considerazione già fatta per le recensioni dei libri però voglio scrivere lo stesso anche dei film che vedo.

Ancora un’altra premessa: mi piacciono i film d’avventura nel senso di quelli in cui ci sono degli accadimenti mentre quelli dove si chiacchiera oppure si vuole raccontare la “vita vera” spesso mi lasciano disinteressato.

Questo ad esempio è decisamente un bel film d’avventura, direi di super eroi addirittura, che dimostra un fatto che noto da un monte di tempo: gli effetti speciali super (gli “effettoni specialoni”) sono inutili e hanno anche annoiato e che per fare un bel film è necessaria una sceneggiatura.

Film girato con un solo effetto speciale e basato invece solo sulla recitazione, la fotografia (eccezionale, da quel che leggo tutta in luce naturale), il trucco, la recitazione, e per l’appunto, la sceneggiatura.

Dicevo film di super eroi perché quello che viene raccontato è proprio una leggenda e non viene mai messo in dubbio che quello che vedi non è storia: solo che viene raccontato come se lo fosse, i personaggi sono sporchi, si fanno male, mangiano, e interagiscono fra di loro in modo assolutamente realistico.

Poi ci sono un monte di temi, la fratellanza, la paura del divino, il rispetto della comunità, temi che ci stanno tutti dentro in modo comodo senza fare pipponi.

Mi è proprio piaciuto.

[2019-02-08 ven] Lavinia di Ursula Kroeber Le Guin   Libri

Ho voglia di cominciare a scrivere anche dei libri che leggo, ovviamente con l’avvertenza che sono tutt’altro che un critico letterario.

Ursula Le Guin è sicuramente una delle mie scrittrici preferite: la saga di Terramare ancora mi riempie di sogni e sta nel mio empireo dei romanzi della vita. Ringrazio ancora Simone che me la consigliò tanti anni fa.

Così ho letto anche questo libro, molto strano perché parte da un’idea particolare: dare una nuova vita ad un personaggio secondario di un’opera immensa come l’Eneide, facendo intervenire oltretutto anche Virgilio che interloquisce con la protagonista che lo sogna in un piano di sogno. Di conseguenza questa protagonista sa di essere un personaggio letterario ma via via se ne “dimentica” e si comporta come una persona reale.

Questo intersecarsi di piani diversi, il sogno, la finzione letteraria, la realtà storica produce un testo che spesso ha pagine entusiasmanti e di contro pagine che invece sono un po’ stanche: in particolare il personaggio di Lavinia viene mosso benissimo ma altri personaggi sono un po’ troppo rigidi, Ascanio ed Enea in particolare sono spesso piuttosto inutili.

Il finale si riscatta perché la meravigliosa idea che Lavinia non può morire in quanto personaggio letterario viene risolta in modo splendido.

Infine la postfazione della scrittrice è un atto di amore verso la letteratura latina che per noi italiani con un minimo di studi classici come me suona abbastanza banale ma così non dev’essere per persone di altri paesi dove lo studio di questa letteratura è limitato agli studi specialistici.

E ancora, un post scriptum: questo libro è caduto in un periodo denso di leggende romane per me visto che sono andato anche a vedere il film “Il primo re” che mi è proprio piaciuto.

[2019-01-22 mar] La casa di carta e il mio rapporto con la cultura di massa   Media Pop SerieTV Televisione

L’altro giorno mi sono messo a guardare la serie TV “La casa di carta” che è stata tanto celebrata in questi mesi come un grandissimo prodotto televisivo e mi sono reso conto di essere molto distante da quello che viene raccontato a proposito di questi prodotti televisivi.

Premetto che sono da sempre un appassionato di molte serie TV: a partire dalle imprescindibili, per me, Next Generation di Star Trek e Sex and the City ma anche ultimamente L’amica geniale, tratta da uno dei romanzi più belli che ho mai letto, ho sempre trovato questo tipo di intrattenimento piacevole e interessante. Di conseguenza mi ci sono sempre rapportato con interesse.

Adesso vanno o sono tornate di moda e tutti ne parlano e dall’avvento di Netflix paiono essere diventate la nuova letteratura e spesso leggo recensioni entusiastiche sulle tante fonti che leggo.

In particolare della serie in questione ho letto recensioni entusiastiche e di scene di fanatismo quando sono venuti a girare qui a Firenze una seconda serie e così mi sono messo a guardarla e sono rimasto abbastanza basito.

La sceneggiatura pare fatta a caso, piena di buchi logici (i poliziotti della scorta del TIR che viene usato per entrare nella zecca che fine fanno?), personaggi tagliati con l’accetta con un solo sentimento e comportamenti che non hanno niente di ragionevole (tieni decine di persone come ostaggi per dei giorni e ti preoccupi di una donna che vuole abortire? Ma poi questa donna non trova nient’altro a cui pensare mentre viene tenuta in ostaggio?) e una storia che non ha niente di verosimile.

E poi la perla che mi ha fatto alzare dal divano e dire basta: il rapinatore che perquisisce una donna nelle mutande e il commento fuori campo che dice, nel 2019, una frase che sembra tratta da un film anni ’40 “mette le mani nelle mutande di una donna onesta” (che fra l’altro sarebbe l’amante del capo con moglie e figli).

Possibile che nessuno dei giornalisti che raccontavano il prodigio di questa serie non si sia accorto che nel 2019 la frase “una donna onesta” parlando di comportamenti sessuali è una cosa che stride con la realtà come un elefante che ad un certo punto comincia a volare.

Apprezzando Star Trek, con le sue meravigliose supercazzole tecnico-scientifiche è ovvio che non sono un nazi-realista, però se fai una serie che si svolge nel presente e che non vorrebbe avere niente di irrazionale non puoi avere dei buchi del genere. E soprattutto i critici che di queste serie ne scrivono dovrebbero far notare che forse non sono questo incredibili opere geniali che ci propagandano.

E quindi mi chiedo: sono io che sono un rompipalle oppure i nostri media sono veramente asserviti e Netflix si avvia a diventare l’Apple di questi anni della quale non se ne può che parlare con entusiasmo?

[2018-12-21 ven] Due bellissime citazioni   Citazioni

Due bellissime citazioni che ho trovato a giro.

se ti scopi le suore, prima o poi finisci in convento

Joe Strummer

Chi sceglie il male minore dimentica in fretta di aver scelto il male

Marguerite Duras.

[2018-12-14 ven] West Side Story al teatro dell’Opera   Concerti Musica

Bellissimo spettacolo che riuniva canto, semplicissima recitazione e anche un po’ di ballo, come non ne vedevo da tempo.

La storia viene raccontata in modo abbastanza vetusto.

La musica però dal vivo rende tanto anche perché l’orchestra è stata bravissima così come i cantanti.

Bellissimo spettacolo!

[2018-12-10 lun] I “teppisti estremisti” dell’Economist (e del Post)   Media Politica

In generale ho un grave problema con la comunicazione politica ed economica di questi anni perché non trovo nessun media che parli del “mondo tutto” usando la mia visione di fondo. Per tanti anni sono stato figlio del Manifesto anche se via via mi rendevo conto che la qualità di quel giornale lasciava molto a desiderare.

Da quando ho invece abbandonato i giornali di carta per leggere le notizie via rss o quel che è mi sono sempre più avvicinato al Post, diciamo così cambiando parte, senza però trovare una fonte veramente affidabile, vedi ad esempio questo lapsus freudiano oppure questo tocco.

E questa cosa mi viene confermata anche oggi da un commento, preso da l’Economist è vero, però riportato paro paro, come se il giornalista non avesse mai ascoltato Contessa:

teppisti estremisti che hanno solo interesse al rovesciamento del capitalismo attraverso la violenza

In originale era:

thuggish extremists with an interest in the violent overthrow of capitalism

La sinistra fa un po’ schifo, è vero. La destra però pare ancora ferma a due secoli fa!

[2018-11-23 ven] I Giancane e ZeroCalcare alla Flog   Musica Concerti Fumetti Letteratura

Un monte di tag per questa piccola recensione perché di cose ce n’erano tante.

Innanzitutto il gruppo che forse è stata la cosa che mi ha interessato meno: rock buono, molto “romanesco” tipo punk-ska-oi che assomigliava alla Banda Bassotti quindi tante belle melodie, tanti inni e tanto pubblico che li adorava. Però io me li sono già dimenticati, non fanno per me.

Mentre loro suonavano però c’era ZeroCalcare che disegnava pupazzetti, così come li chiama lui, che venivano proiettati sullo schermo, commentando, credo, più o meno, le canzoni e le reazioni del pubblico con il suo solito stile leggero e ficcante come sempre.

Alla fine del concerto c’era la solita fila immane (diciamo intorno alle 50 persone) che aspettavano di parlare e farsi fare un disegnetto da ZeroCalcare, il quale si è sottoposto al fuoco di fila come gli ho sempre visto fare con pazienza, simpatia e disponibilità. Grande fumettista ma soprattutto grande personaggio.

[2018-11-02 ven] Zion Train alla Flog   Musica Concerti

Brevissima recensione per questo bel concerto che però è cominciato ad orari troppo tardi per la mia età e che quindi ho visto solo fino a metà.

Prima del gruppo principale ce n’è stato un altro che però ora non ricordo e che quindi descriverò non appena riuscirò a fare mente locale.

Gli Zion Train si sono presentati con un organico ridotto ma interessante: un bassista con un bellissimo suono nonché una splendida mise, un sassofonista molto interessante anche se niente di particolare come tecnica ed infine il mago del suono, il “selekter” che manovrava strumenti digitali, basi, batterie e quant’altro. Davanti si alternavano un cantante principale che cantava e presentava gli altri, una cantante italiana molto interessante che però non conoscevo ed infine Raiz, storico cantante degli Alma Megretta che però mi è piaciuto poco.

In ogni caso gran parte dello spettacolo era creato dalla musica ed in particolare dal “selekter” che sembrava davvero il cuore della serata: addirittura chiacchierando con i fonici di sala mi raccontavano che dal palco facevano arrivare al mixer di sala solo tre canali, due voci e i suoni perché anche l’equalizzazione veniva fatta da questo musicista.

L’impatto era veramente interessante e godibile, ballabile al massimo e divertente.

Peccato dover andare via a metà.

[2018-10-25 gio] Ghali al Mandela Forum   Musica Concerti

Così come l’altra volta, sono tornato ad un concerto in semplice veste di accompagnatore, questa volta però per accompagnare tutti e due i miei figli; e come l’altra volta mi ci sono divertito anche se, citando un noto scrittore, se non ci fosse stata l’esigenza di accompagnare non ci sarei andato.

La cosa che mi ha colpito maggiormente è stata che, fino dalla prima scena, lo spettacolo è stato tutto basato sulla persona di Ghali: l’apporto di altri sul palco c’è stato ma Ghali ha sempre dominato tutta la scena, con la musica, un poco con le parole, un poco con le scenografie (anche queste sempre piuttosto semplici considerando il genere) e molto con la propria presenza scenica (cambi d’abito frequenti) con simpatia, senza ruffianeria o troppa retorica (diciamo che l’effetto Jovanotti è stato evitato).

A proposito delle parole, mi è proprio piaciuto quando ha presentato una canzone dedicandola alla sua prossima fidanzata, premettendo di essere però ancora single: un’affermazione fatta con una semplicità disarmante, che però ovviamente ha mandato in visibilio tutto il pubblico femminile presente.

Sul palco oltre Ghali si sono via via presentati:

  • due coriste decisamente brave sia nei cori che nei passaggi solistici;
  • un musicista alle basi e macchine varie;
  • un percussionista, un bassista e un tastierista, che non hanno sempre suonato perché alcune canzoni erano con le basi;
  • un gruppo di ballerini che hanno fatto una coreografia su una sola canzone.

Una cosa che mi ha colpito è stato il vestiario di tutti: Ghali sempre con vestiti molto “fichi”, le coriste completamente coperte e i ballerini solo maschi (di colore) con normalissimi vestiti da scena. Non so se questa cosa fosse dovuta alla religione musulmana professata dal cantante, quel che è certo è che non si è sentita la mancanza di donne con vestiti da scena corti.

Le canzoni dal vivo riescono a rendere abbastanza anche se le versioni dal vivo sono praticamente identiche a quelle pubblicate: non essendo un appassionato del genere non mi hanno fatto chissà quale emozione però riconosco che funzionano molto bene.

Il pubblico era veramente numeroso, diciamo un 80% della disponibilità del palazzetto, composto nella maggior parte da ragazzine adoranti ma anche da ragazzi e ragazzini e babbi in accompagnamento come me. Ho anche notato che c’erano pochissimi immigrati, probabilmente anche a causa dell’elevato prezzo del biglietto (circa 30€).

Un bello spettacolo che però non vedrò mai più.

[2018-10-10 mer] George Bernard Shaw, Isadora Duncan e l’eugenetica   Scienza Umorismo

Dal libro “Chi siamo” di Luca e Francesco Cavalli-Sforza leggo questo gustoso aneddoto:

Isadora Duncan […] propose a George Bernard Shaw di sposarsi così che i loro figli avessero l’intelligenza di lui e la bellezza di lei. Shaw oppose un celebre rifiuto «perché il figlio avrebbe potuto avere la bellezza di lui e l’intelligenza di lei».

[2018-10-08 lun] Gli Elder al Freakout club a Bologna   Musica Concerti

Ho visto un bellissimo concerto di un genere, l’hard rock, inteso più o meno estesamente, per il quale ho da sempre una passione notevole ma che mi aveva lasciato senza esibizioni dal vivo convincenti da tanti anni.

E invece questo gruppo è riuscito a farmi sentire una musica bellissima nonostante alcune difficoltà.

La prima nota riguarda il locale visto che erano anni che non mi trovavo in una situazione così underground: il locale si trova in una zona assolutamente “off” di Bologna, circondato da palazzi abbandonati o al massimo in ristrutturazione, una stanza per i concerti di 50 metri quadri dove ci stavano il palco, che definirlo minimale è fargli decisamente un gran complimento, un bancone per il bar e pure il banchetto per vendita dei gadgets dei gruppi e un monte di pubblico! Un’arietta leggera e rinfrescante ;-)

Come primo gruppo hanno suonato gli Ancestors ma non mi sono piaciuti: un po’ il genere heavy/sinfonico, un po’ il modo di suonarlo troppo lamentoso mi hanno lasciato indifferente anche avendoli ascoltati in precedenza. Non mi sono piaciuti.

Poi hanno suonato gli Elder e mi hanno stregato!

Quattro musicisti senza alcun particolare trucco sul palco (e comunque ribadisco quanto detto per in occasione del concerto di Ornette, a me questa versione sempre dimessa dell’aspetto dei musicisti comincia ad annoiarmi) con molta naturalezza ma anche sapienza nel riuscire a coinvolgere il pubblico peraltro molto ben preparato e ben disposto basandosi solo sulla musica. Musicisti oltretutto dotati di un’ottima tecnica strumentale, per quel che posso capirci io di chitarre.

Unica stonatura è stata la batteria, costretta forse dal genere, a limitarsi al battere e a sottolineare alcuni passaggi: forse sarebbe d’uopo una ripensata al ruolo per renderla più “melodica”.

Una strumentazione assolutamente analogica e anche qui veramente minimale: uno strumento a testa, più una tastierina per fare i violini nelle canzoni dell’ultimo disco, una spia, pochissimi effetti e addirittura, erano anni che non li vedevo più, le chitarre amplificate con il microfono dell’impianto audio appoggiato agli amplificatori sul palco!

La musica usa stilemi derivati tipicamente dall’hard rock anni ’70 anche se si sentono tanto i Kyuss e i Motorpsycho più rock.

E tutto questo per creare una musica assolutamente attuale, nuova e coinvolgente che usa questi strumenti vecchi rivitalizzandoli e riportando in alto il genere dell’hard rock/heavy metal che si voglia.

E alla fine tanta umiltà e simpatia visto che i due gruppi si sono alternati al banchino dei gadgets e alla fine si sono messi tutti a vendere e venderci, magliette e cd.

Mi ha fatto veramente una piacevole impressione vedere ragazzi così giovani che suonano strumenti così vecchi, con stilemi così vecchi per produrre musica così emozionante e nuova!

Un’ultima nota sul pubblico: ragazzi in età universitaria per la gran parte anche se con qualche vecchio come me e soprattutto pochissimi telefoni puntati sul gruppo e questi pochi solo per fare rapide fotografie. Insomma un pubblico veramente trendy!

[2018-10-05 ven] Il catalogo musicale e lo streaming   Media Musica

Riporto alcuni dati provenienti da un articolo di Carlo Bordone nel numero di settembre 2018 sulla rilevanza economica di quella che viene definita musica “di catalogo”, un modo elegante per dire “vecchia” cioè, nell’ottica di questi anni di streaming, vecchia più di due anni.

Il primo dato riportato dice che il 70% della musica di catalogo ascoltata in streaming nel Regno Unito è musica prodotta dal 2000 in poi, mentre quella degli anni ’60 ammonta a circa il 3,6% del totale.

Inoltre nell’articolo c’è scritto che le “bonus track” che si trovano nelle ristampe delle versioni “deluxe” in CD o in vinile speciale in occasioni più o meno celebrative generano 5 dollari di guadagno per ogni ascolto a chi ne detiene i diritti: invece le stesse tracce generano circa 28 centesimi di dollaro negli ascolti in streaming.

Quindi, conclude l’autore

Il sistema streaming continuerà a bombardarci di migliaia di canzoni nuove ogni giorno creando un pubblico affamato solo ed esclusivamente di hit e al quale di tutto ciò che è successo prima della scorsa settimana non importa assolutamente nulla.

Io invece credo che questa visione non sia tanto realistica perché è viziata dal “bias” che hanno i giornalisti musicali della rivista in questione che li porta a perdere di vista quello che è il principale canale di approvvigionamento musicale del mondo cioè i circuiti p2p, dove le ristampe, le versioni “deluxe”, i bootleg e tutto quanto fa “discografia non convenzionale” è gettonatissima tanto che spesso è difficile, se non anche impossibile trovare un disco “di catalogo” nella versione originale e si trovano soltanto versioni rimasterizzate, piene di “bonus tracks” che, fra l’altro, raramente hanno significato. Certo è che questi canali di distribuzione generano un ricavo ai detentori dei diritti tutto da verificare, però dire che non esistono è attualmente sbagliato.

[2018-10-05 ven] Un’altra buona definizione di facebook   Media 

L’altro giorno un mio amico mi ha dato una definizione intelligente di Facebook che gli ha dato suo figlio sedicenne: Facebook è il blog dei vecchi.

[2018-09-29 sab] Perché non sono di destra   Politica Media

Sempre nell’ottica di uscire dalla “comfort zone” da alcuni mesi sto leggendo il feed del quotidiano Il Foglio ma mi rendo conto che proprio non ci possiamo trovare, se non in alcune sparute occasioni, quando nella maggior parte delle volte si usano dei concetti che mi sono completamente estranei. Questo articolo è un buon esempio:

il fatto che la sua arte sia un surrogato lo confermano i suoi andanti riferimenti religiosi: il buddismo è un surrogato del cristianesimo (se non perfino un surrogato della religione, non essendo una religione vera e propria) e il Dalai Lama, che è un uomo, è un modesto surrogato di Cristo, che è Dio

[2018-09-29 sab] Una fotografia che racconta il turismo moderno   Politica Turismo

Da qualche tempo sto riflettendo sull’impatto che sta avendo il turismo di massa che stiamo vivendo in questi anni e lo sto facendo come cittadino di una delle maggiori mete turistiche del mondo e la riflessione nella mia esperienza porta ad una visione pessima della cosa perché questo turismo si sta dimostrando un’industria terribile per gli ambienti in cui si sviluppa.

Sto leggendo un libro che racconta, fra l’altro, la storia dei jarawa, abitanti delle isole Adamane che si trovano al largo dell’India, di cui fanno parte da un punto di vista amministrativo pur essendone lontane, isole nelle quali si trovano alcune tribù che sono rimaste isolate dalla “modernità” fino a pochissimo tempo fa e che la rifiutano cercando di mantenere le proprie tradizioni. Appena ho letto questa cosa mi è venuta subito il desiderio di andare a vedere questo luogo ma poi informandomi ho scoperto che tanti, decisamente troppi, hanno avuto e stanno avendo questo desiderio, con un impatto violento su queste persone.

Sul sito di Survival ho poi trovato questa fotografia che spiega perfettamente cosa intendo: quelle che si vedono sono le automobili fuoristrada in fila per portare i turisti a vedere gli indigeni, in quelli che Survival chiama “i safari umani”.

Queste considerazioni mi stanno spingendo a cambiare il mio modo di viaggiare.

[2018-09-29 sab] Lo Slender Man, la direttiva sul copyright e la parentesi di Gutenberg   Politica Internet DirittoDAutore

In questo articolo di Vice c’è un’interessante storia sullo “Slender Man” che non conoscevo insieme ad alcune azzeccate considerazioni sulla recente direttiva europea sul copyright.

Però la cosa che volevo riportare era la definizione di “parentesi di Gutenberg” che non avevo mai sentito e che invece mi piace un monte:

Secondo Thomas Pettitt della University of Southern Denmark Slenderman è un esempio perfetto di come — dopo un periodo inaugurato con l’invenzione della stampa a caratteri mobili nel Quindicesimo Secolo e chiamato “Parentesi di Gutenberg” — la narrazione stia tornando grazie a internet a forme diffuse e collaborative, forme in cui non esiste netta divisione tra autore e pubblico, né un chiaro confine dell’opera.

“[Slenderman] è probabilmente il primo caso di un personaggio importante con una sua narrazione che emerge interamente da internet attraverso un processo di crescita che parte da una singola fonte e poi coinvolge molti interventi, sostanzialmente nel modo in cui pensiamo che siano nate le storie e le figure medievali come Re Artù e Robin Hood nel periodo precedente alla parentesi di Gutenberg,” ha raccontato Pettitt a Motherboard in una email. “Questo è diverso dal modo in cui probabilmente un romanziere — che scriva all’interno della Parentesi — inventerebbe un personaggio originale con la sua narrazione raccontandolo in una storia completamente sviluppata, in un libro. Al contrario, poter osservare ora il processo (un processo che è avvenuto in modo molto rapido e di cui abbiamo ancora tutta la documentazione sulle sue origini e sui suoi primi passi) ci dà l’opportunità di capire meglio come processi analoghi possano essere accaduti nel Medioevo (a un livello tecnologico inferiore, oralmente).”

[2018-09-28 ven] Spettacolo sulla vita di Filippo Brunelleschi alla facoltà di architettura   Teatro

Bellissimo spettacolo che mi ha un po’ riappacificato con il teatro, inteso come prosa. In effetti erano tanti anni che non andavo più a vedere un’opera teatrale perché i titoli che trovavo erano sempre i soliti vecchi classici, Shakespeare, Moliere, Pirandello, che avevo già visto e rivisto e che mi dicono veramente poco. Non che sia andato a cercare chissà quanto però le vedevo nella programmazione che mia figlia ha seguito grazie alla scuola nei teatri “classici” cittadini.

Invece lo spettacolo sulla storia di Filippo Brunelleschi è stato veramente bello e interessante perché era portato in un ambiente “diverso”, un cortile e una chiesa all’interno della facoltà di architettura di Firenze con una scenografia minima composta da alcuni semplici giochi di luce, delle sculture di legno che richiamavano il cantiere al centro della rappresentazione e una musica molto leggera, recitato come un lunghissimo monologo da un ottimo attore e con uno stile veramente coinvolgente.

Lo spettacolo alla fine è risultato veramente interessante e coinvolgente perché il personaggio e tutto l’ambiente di quegli anni sono stati evocati molto efficacemente.

Questi i crediti:

  • drammaturgia originale di Giancarlo Di Giovine
  • con Roberto Visconti
  • regia Giancarlo Cauteruccio
  • scene e video Massimo Bevilacqua

[2018-09-12 mer] Approvata la direttiva europea sul copyright - un commento   Privacy Politica DirittoDAutore

A questo indirizzo (più avanti metterò una copia a memoria) c’è un commento sulla recente approvazione da parte del parlamento europeo di una direttiva sul diritto d’autore molto controversa.

Ancora non ho le idee ben chiare su quello che potrebbe comportare ma sinceramente non credo che ne avremo chissà quale conseguenza e per questa ragione non sono gran che convinto del contenuto dell’articolo.

Però c’è un commento che mi trova d’accordo perché mi sembra che spieghi bene come mi rapporto io, con la mia esperienza informatica, con facebook:

…Facebook, ma non e’ altro che una gigantesca BBS con interfaccia web, ove il Sysop se ne fotte e lascia entrare chiunque, mentre i moderatori non esistono oppure sono drogati, e di brutto. Non avremmo mai accettato una BBS cosi’ mal gestita, prima della “rete come la conosciamo oggi”.

Questo è il testo dell’articolo intero:

Il copyright europeo

La internet di oggi e’ una merda e deve morire.

@Böse Büro · Sep 12, 2018 · 7 min read

Ho gia’ scritto della riforma del Copyright, e onestamente mi fara’ molto piacere veder morire “la Internet come la conosciamo oggi”, semplicemente perche’ la Internet di oggi, e ripeto “di oggi”, e’ una badilata di merda sul muro bianco della civilta’ umana. Non ne sentiro’ la mancanza.

Ma rimane il problema del perche’, cioe’ perche’ sia cosi’ importante una direttiva del genere. Tutti i giornali , interessati al portafogli, ne stanno parlando come di una direttiva che riguarda lo scontro fra editori e piattaforme informatiche.

Questo e’ corretto, ma e’ solo la parte piu’ piccola del problema. La vera natura della direttiva e’ politica, e molto.

Esiste cioe’ un articolo della riforma, non ricordo se 11 o 13, che impone alle piattaforme di marcare con un ContentID i contenuti “esterni” o comunque postati nella piattaforma. Il guaio di questa applicazione della criptazione omomorfica (significa che e’ possibile , usando il ContentID, risalire anche a riferimenti parziali) e’ che ogni contenuto e’ “classificato” e gli viene appioppata un’etichetta unica.

Che cosa significa?

Supponiamo che il giornale di fake news pubblichi una notizia. La quale viene postata du Facebook. Sinora Facebook poteva garantire che avrebbe rimosso la notizia, ma difficilmente avrebbe potuto garantire che domani nessuno avrebbe potuto ripostarla, e come se non bastasse gli era molto difficile rimuovere il tale contenuto anche dai gruppi chiusi, o in tutti i suoi “repost”.

Marcare ogni contenuto con un ContentID omomorfico significa che potrebbe essere possibile:

Creare una “blacklist” di contenuti. Una volta che il tale ContentID e’ nella lista nera, non si riesce piu’ a postarlo.

Rimuovere completamente, con una semplice query, ogni occorrenza possibile di un link o di un contenuto esterno o meno, comprese tutte le sue condivisioni.

Sia chiaro, la direttiva non dice questo. Non lo dice perche’ esiste un altro provvedimento che impone ai grandi OTT di rimuovere contenuti pieni di odio entro un tempo molto breve, cioe’ 60 minuti, o rischiano multe pesantissime.

In pratica, la direttiva sul copyright contiene un adempimento tecnico (il ContentID) che alla fine dei conti fara’ da base alla successiva direttiva, che obbliga i social a eradicare contenuti segnalati entro un’ora dalla pubblicazione.

Questa e’ la ragione per la quale credo sia un provvedimento politico. Quando la norma andra’ in vigore, subito dopo aver implementato il ContentID, chi inietta contenuti di odio su internet sara’ (piu’) facilmente contenibile. In seguito alla segnalazione di un contenuto d’odio il social network avra’ un’ora per processare la segnalazione e prendere provvedimenti. E una volta deciso di eradicare il contenuto, entro un’ora ogni suo riferimento anche parziale verra’ rimosso.

Si tratta del modo abituale di procedere della UE, quando affronta problemi sistemici. Siccome un approccio diretto al problema avrebbe scatenato le lobbies, quello che fanno e’ di spezzettare il problema tra adempimenti tecnici e adempimenti formali.

Gli adempimenti tecnici vengono poi annegati in un provvedimento che apparentemente si occupa di altro (non certo di fake news). Cosi’ si puo’ fare la lotta alle fake news , senza apparentemente fare la lotta alle fake news, in modo da non svegliare i cani che dormono. Sono pochi i partiti sovranisti che hanno votato a contro: M5S, per esempio, ha votato a favore. Non hanno capito la posta in gioco.

Sono dispiaciuto? Onestamente, no.

Non sono dispiaciuto perche’ sono nato, informaticamente parlando, nel mondo delle BBS e di Amiga. Quando collegarsi era una scelta e non un obbligo, e quando esistevano regole della BBS, Moderatori e Sysop.

E la gente potra’ anche dire quel che vuole di Facebook, ma non e’ altro che una gigantesca BBS con interfaccia web, ove il Sysop se ne fotte e lascia entrare chiunque, mentre i moderatori non esistono oppure sono drogati, e di brutto. Non avremmo mai accettato una BBS cosi’ mal gestita, prima della “rete come la conosciamo oggi”.

Nella migliore delle ipotesi, si tratta semplicemente di un sistema troppo grande da gestire. Personalmente, ne dubito. Ne dubito perche’ se puo’ lucrare sui dati come fa, Facebook e’ perfettamente in controllo della propria piattaforma. Semplicemente, ha deciso di portare il mondo in una certa direzione, perche’ se i governi sono fatti di idioti, le aziende come Facebook sono il nuovo governo.

In ogni caso, la Internet di oggi mi fa cagare. Vedo gente che dice “eh, adesso la rete europea e’ diventata una rete di regime e allora mi faccio una VPN in paesi liberi come ce ne sono tanti in Asia, e leggo liberamente il web”

Liberamente cosa? Che cosa leggerete, “liberamente”? Ormai la stragrande quantita’ dei contenuti si trovano sui social network, e mi chiedo come mai nessuno di quelli che aborrono il controllo della UE abbia nulla contro il fatto che Zuckerberg POSSIEDA LETTERALMENTE ogni componente fisica dello spazio che credete “pubblico”. Carrier networking, IX, CDN, server, database. Sono tutti proprieta’ di Facebook.

Se domani la UE provasse a salvare tutti i vostri dati personali in un database unico, gridereste alla dittatura. Ma non quando lo fa Zuckerberg. Se provasse a possedere le CDN che usate, gridereste al regime. Ma se lo fa Facebook, e’ ok. Se la UE si impadronisse delle vostre email e le scandisse una ad una per estrarne i dati, scendereste in piazza. Gmail lo fa. Se domani la UE decidesse di essere la lista delle pagine web presenti, col potere di depennarne alcune arbitrariamente, parlereste di grande fratello. Google lo fa.

Fate pure la vostra libera VPN per girare “liberamente” su siti ove la liberta’ e’ scomparsa. E’ come se voleste immigrare illegalmente in Unione Sovietica per sentirvi liberi poiche’ avete infranto le leggi sull’immigrazione. Se lo fate, siete liberi perche’ vi siete ribellati alle regole di frontiera, ma ora vivete in Unione Sovietica. Complimenti, genietti pseudohacker.

L’indignazione di questa “cultura underground digitale” viene da quelli che io chiamo “Lohacker”, quelli che parlano di exploit e metasploit tutto il giorno, si atteggiano a rivoluzionari, come se fossero dei ribelli combattenti contro chissa’ quali regimi, e poi leggono le news usando twitter. Complimenti.

Mi spiace, ma questa merda tirannica dominata da pochissimi “OTT” deve finire. E qualsiasi cosa arrivi al loro posto e’ una buona notizia, fosse anche la rinascita di Compuserve.

La liberta’ e’ una cosa bella, ma non deve mai sconfinare nei porci comodi

E chi decide il limite tra le due cose e’ semplicemente il singolo individuo, che puo’ appoggiare o meno una data azione del governo e sostenerla col voto. Non e’ possibile voler far parte di una merda assurda come Facebook, che ormai e’ invivibile a chiunque sia sano di mente. Twitter ancora si salva , ma sta venendo colonizzato: e non da Putin, ma da una immensa ondata di imbecilli.

Se prima usare una BBS o connettersi ad una rete era un modo di sfuggire agli imbecilli, e trovarsi a chiacchierare con gente tutto sommato in grado di afferrare concetti semplici, oggi internet e’ diventato qualcosa che non rappresenta nulla di migliore rispetto alla societa’. Ne e’ diventata uno specchio. Non c’e’ progresso, non porta progresso, non parla nemmeno piu’ di progresso.

Internet e’ diventata una merda neocon. Ma non neocon come potrebbe essere un luogo deregolato come 4chan: almeno li’ dalla lotta selvaggia emerge creativita’, si vedono novita’.No, oggi internet e’ una merda neocon come un gigantesco paesino di provincia ove la vita e’ ridotta a mediocrita’, malizia e pettegolezzo.

Voglio una rete elitaria? Non necessariamente. Ma voglio una rete ove ci sia, per qualcuno, un luogo ove incontrare i propri simili senza essere COSTRETTO o “spinto” (parlero’ in un altro post del concetto di “nudging”) ad entrare in contatto con gente che nella vita reale non voglio incontrare neppure per sbaglio.

E se proprio non sara’ la selezione all’ingresso a migliorare il divertimento, almeno che ci siano delle regole. E le regole le fa lo stato. Qualsiasi stato.

Ma di certo un’azienda, peraltro monopolista, e nata in una cultura ove “businessman” e “gangster” sottintendono la stessa etica personale, non deve essere sia il legislatore che il potere esecutivo che lo sceriffo di uno spazio pubblico.

Perche’ se il governo fa qualcosa che non mi piace, posso semplicemente votare un governo diverso. Se Zuckerberg fa qualcosa che non mi piace, essendo un monopolista, mi attacco. E allora ben venga la UE che ricorda a Zuckerberg che lo stato ha la forza della legge.

Ogni cattiva notizia per la internet di oggi e’ una buona notizia per l’umanita’. E se questo provvedimento sul copyright contribuisce ad uccidere “la rete come la conosciamo oggi”, la UE ha tutta la mia gratitudine.

[2018-09-08 sab] Natural Orchestra di Fabio Morgera in piazza del carmine   Musica Concerti

Sempre nell’ambito del Fringe Jazz Festival di quest’anno ho seguito la prima parte di questo concerto (solo la prima parte perché poi sono dovuto venire via).

Tutto molto bello: anche in questo caso la piazza era un contorno molto carino anche perché era piena di banchetti di mangiare che davano un allegro senso di sagra paesana. Poi il pubblico costituito da tante famiglie (e mamme) giovani con figli piccoli che ruzzolavano sotto il palco rendendo tutto ancora più allegro.

Sul palco il gruppo era simpatico ed efficace nel presentare una musica piuttosto interessante tutta composta da Morgera stesso, anche se ogni tanto il rischio del “jazzino”, della musica da sala d’aspetto era presente. Diciamo che un po’ si sentiva che non era propriamente un gruppo affiatato ma un po’ raccattato per l’occasione.

Finalmente un po’ di jazz che fa divertire, buono da ascoltare anche senza una laurea in musicologia.

[2018-09-07 ven] Ornette al Tepidario del Roster all’interno del Giardino dell’Orticoltura di Firenze   Musica Concerti

Piccolo concerto in un posto bellissimo: all’interno di uno dei più bei giardini di Firenze, seppur piuttosto defilato si trova questa serra grandissima che è stata restaurata da poco offrendo uno spazio veramente bello per eventi di questo genere.

Il concerto era proprio piccolo, praticamente fra pochi intimi, sia per l’attrezzatura - non c’era neanche il palco - sia per il numero di spettatori. La ristrettezza ha dato un tocco a momenti interessante all’evento per poi scadere un po’ nel saggio di fine anno visto che praticamente si conoscevano tutti e tutti conoscevano la cantante perché credo che la rassegna della quale il concerto faceva parte era proprio una cosa intima e specialistica (anche se non ho capito il campo di specializzazione).

L’esibizione è stata assolutamente interessante: cantante solista con pianoforte messo con la tastiera praticamente verticale così che le mani facevano la loro parte nello spettacolo, accompagnamento su basi e belle canzoni, specialmente quelle più melodiche, perdendosi nella banalità un po’ in quelle ritmate - ballabili.

Una nota a parte va riportata a proposito dell’aspetto della cantante: oltre ad essere una bellissima ragazza aveva anche una cura semplicissima e insieme di grande effetto dell’aspetto visto che indossava sul vestito due piccole ali nere che riempivano molto bene lo spazio intorno alla sua figura; unito alla sapienza nel suonare e in una buona capacità di coinvolgere il pubblico, oltre al succitato ambiente, ha reso la serata sicuramente interessante anche da questo punto di vista.

L’unico neo della cantante è che non ha reso ascoltabili le proprie canzoni su internet visto che su bandcamp il suo disco nuovo non si può ascoltare ma solo comprare e che su youtube non ci sia niente altro che un vecchio singolo, per altro facente parte delle canzoni “ritmate” che mi sono piaciute meno.

[2018-09-05 mer] Fabrizio Bosso nella chiesa di San Miniato per il Fringe Jazz Festival   Musica Concerti

In questi giorni si terrà a Firenze il Fringe Jazz festival che mi ha dato un monte di soddisfazioni lo scorso anno.

Quest’anno come primo concerto c’è stato questo evento un po’ particolare sia per l’ambiente, la chiesa di San Miniato, sia perché c’è stato un cambiamento all’ultimo dei musicisti visto che il programma originale prevedeva Enrico Rava che non ha potuto suonare, a suo dire, per un incidente al labbro.

Invece hanno suonato Fabrizio Bosso alla tromba e Juan Olivier Mazzariello al pianoforte.

Ci sono andato con mio figlio perché contavo di fargli sentire un po’ di tromba suonata a modo.

E in effetti c’è stata tanta tromba perché Bosso è veramente un notevole strumentista che ci ha fatto sentire praticamente tutte le possibilità tecniche dello strumento con notevole “lirismo” e gusto.

Però non sono stato veramente soddisfatto soprattutto perché non si può presentare un concerto del genere senza concedere nessuna spiegazione al pubblico, nessun modo di introdurre, presentare quello che verrà suonato tanto che alla fine l’effetto era quello di un saggio tecnico dove, come succede anche in altre musiche “intelligenti” si dà per scontato, quasi sembrerebbe richiesto, che tutto il pubblico sappia quello che stai suonando e perché.

Probabilmente questa cosa era dovuta allo scarso anticipo con cui è stato preparato il concerto però un musicista che presenta un’esibizione così sofisticata dovrebbe aver pronta “in canna” la “giustificazione” di quel che presenta e invece non la si considera necessaria, anzi. E soprattutto il pubblico non è educato a pretenderla: prendete questa mia superba esibizione e godete, pubblico bue.

Tanto che alla fine mio figlio non c’ha capito niente.

Una nota finale: in questi casi fa impressione verificare che il jazz è una musica che ha il pubblico mediamente più vecchio di chi sale sul palco. Non so cosa possa voler dire ma qualcosa….

[2018-08-26 dom] Cosmo ad Empoli   Musica Concerti

Anche quest’anno sono andato al festival di Empoli anche se per un solo concerto.

Ci sono andato con mia figlia.

Siamo arrivati in ritardo per cui non abbiamo potuto sentire in vari gruppi spalla ma solo Cosmo.

Così come all’altro concerto, anche questa volta Cosmo sale sul palco con due dioscuri il cui unico compito è stato quello di picchiare su alcuni tamburi sulla cui efficacia ho avuto più volte molti dubbi. Il resto del concerto è stato gestito da Cosmo stesso da solo comandando macchine, toccando ogni tanto qualche tastiera e soprattutto cantando. A differenza dell’altra occasione invece questa volta l’impianto luci del palco era abbastanza imponente ed centrale per l’esibizione stessa.

Il concerto era diviso in due parti in modo netto: una parte in cui Cosmo ha presentato le canzoni melodiche che me lo hanno fatto conoscere ed apprezzare e che sembravano essere molto apprezzate anche da tutto il (tanto) pubblico intervenuto. Di queste canzoni le versioni sono state praticamente identiche alle registrazioni e quindi c’è poco da dire.

La seconda parte invece è stata quella, presentata come “Cosmotronics”, in cui Cosmo ha praticamente fatto da DJ credo cercando di far ballare il pubblico senza in realtà riuscirci gran che almeno da quel che riuscivo a vedere io anche perché la musica che ha passato mi è sembrata assolutamente ordinaria, quasi da festa al liceo. Non mi è piaciuto per niente.

[2018-08-14 mar] Il Fondo Monetario Internazionale/Occidentale   Politica Media

In questo articolo del Post il giornalista fa un’affermazione interessante, direi quasi un lapsus freudiano che dice tante cose sulla politica di questi anni:

Un’opzione percorribile sarebbe quella degli aiuti da parte del Fondo Monetario Internazionale, ma ci sono molti dubbi che Erdoğan li accetti, perché vorrebbe dire mettersi in una posizione subordinata e di debito rispetto all’Occidente, alleato che sta progressivamente allontanando per avvicinarsi alla Russia di Vladimir Putin.

Quindi il FMI è dell’“Occidente” e allora cambiamogli nome perché quell’Internazionale in fondo non ha tanto senso.

[2018-08-12 dom] Adrian Sherwood al MusicaW a Castellina Marittima   Musica Concerti

Ecco un altro “concerto” che mi lascia molto dubbioso su quel che mi è stato fatto vedere perché in questo caso la differenza con una serata da DJ era veramente minima.

Comunque provo ad andare in ordine:

  • il primo gruppo non l’ho praticamente sentito anche se quel poco che mi è toccato aveva un suono interessante, un po’ tipo Floating Points;
  • poi c’è stato un gruppo di ragazzi marchigiani che non mi sono piaciuti per niente anche se avevano un set interessante visto che comprendeva una marimba, una tromba e una cantante in gamba. Però erano decisamente troppo ragazzi come impatto, come testi che come composizione.
  • il terzo era un cantante spagnolo decisamente interessante Pedro Makay, che mescolava un monte di influenze, centro e sud americane in un risultato che voleva essere molto canzone d’autore francese e italiana con un risultato che dal vivo era interessante anche se a volte un po’ troppo ripetitivo. Anche in questo caso un set interessante che comprendeva un trombone (appena reclutato ma molto bravo), un batterista (anche lui appena reclutato ma anche lui bravissimo), il cantante alla chitarra suonata in modo abbastanza interessante, tutta stoppata e un bassista normale.

Alla fine c’è stata l’esibizione di Adrian Sherwood. La prima ora è passata con un’esibizione di “semplice” DJ perché fondamentalmente ha passato un monte di dischi tutti reggae e dub senza nessun “tocco” particolare se non la presentazione dei brani (cosa che tutti i DJ dovrebbero fare a prescindere dal tipo di musica e/o situazione). Più avanti invece Adrian si è un pochino più sbilanciato “toccando” di più ogni brano con effetti e giochetti via via che veniva passato e cambiando anche un po’ genere, con qualcosina di trip-hop, drum-n-bass e simili ma poi è ritornato rapidamente al DJ puro e semplice. Insomma un monte di musica buona ma poco tocco “speciale” che invece è molto presente e interessante nei dischi.

Adrian Sherwood interessante nei dischi ma molto meno dal vivo.

Infine un riconoscimento alla manifestazione che regala sempre un monte di bellissimi concerti in una situazione simpaticissima e piena di persone di tutte le età.

[2018-08-08 mer] Una citazione ganza da Fahrenheit 451   Letteratura Citazioni

Lo sto leggendo e mi sta lasciando fortemente dubbioso perché mi pare un libro scritto di corsa, senza stare tanto a pensarci perché l’autore aveva urgenza di scrivere una cosa e quindi ci sono delle parti francamente un po’ tirate via però alcune idee sono veramente notevoli, diciamo le parti più filosofiche.

Fra queste parti filosofiche metto la seguente citazione perché mi piace un monte l’idea di “respirare tanto incenso da ottenere la fede”:

Montag non disse nulla, ma rimase ancora a guardare le facce delle donne come un tempo si era soffermato a guardare certi volti di santi in una strana chiesa dove era entrato da bambino. Le facce di quelle creature smaltate non gli avevano detto nulla, sebbene avesse rivolto loro la parola e fosse rimasto in quella chiesa a lungo, cercando di essere di quella religione, di capire che cosa essa fosse, cercando soprattutto d’immagazzinare nei polmoni una quantità sufficiente dell’incenso sparso e della speciale polvere del luogo, affinché passandogli poi nel sangue, gli facessero sentire commozione e interesse per ciò che potevano significare quelle figure colorate di uomini e di donne dagli occhi di porcellana e le labbra d’un rosso rubino. Ma non c’era stato nulla, nulla da scoprire; era stata come una passeggiata attraverso i reparti di un altro grande magazzino, dove il suo denaro non aveva corso, dove la sua passione non si accendeva, nemmeno quando le sue mani toccavano il legno, il gesso e la calce.

[2018-08-06 lun] La letteratura “a tesi”   Letteratura Libri

Ora mi proverò ad avventurare in un campo che proprio non è il mio ma tanto questo è il mio spazio di riflessione e quindi ci faccio quel che mi pare!

Nonostante Bradbury sia stato uno degli autori che ho amato maggiormente almeno fino a venticinque anni fa, spinto dalla recente pubblicazione di un film, mi sono messo a leggere Fahrenheit 451 che non avevo mai letto, forse per il fatto che essendo così famoso era come se lo avessi già letto.

Per adesso è una lettura piacevole però già da queste prime pagine o per lo meno in queste prime pagine soffre di quella malattia che se fossi un critico letterario chiamerei letteratura “a tesi”: si capisce cioè subito il giudizio dell’autore, si sente subito forte la dicotomia fra quello che viene presentato come “giusto”, buono per l’umanità contro ciò che governa la realtà contro questa umanità. Tutto quello che viene presentato nello svolgimento della trama è subito inquadrabile in questa dicotomia e non sono previste mescolanze fra questi due campi, se non attraverso “comprensioni”, “ripensamenti”, “illuminazioni”

Sempre se fossi un critico letterario, azzarderei a dire che questa malattia è piuttosto diffusa in molta fantascienza degli anni 70 e 80 ed è ad esempio la stessa malattia che ho trovato nel libro The Handmaid’s Tale dell’autrice Margaret Atwood, anche questo che ho letto ultimamente sempre sull’onda della pubblicazione, in questo caso di una serie televisiva recente. E comunque è una caratteristica che ho trovato spesso sempre in romanzi di questo periodo e genere che mi porta regolarmente a mal soffrire la lettura.

Come primo contro esempio, nel romanzo distopico per eccellenza, 1984, non c’è questa sensazione: si capisce ovviamente da subito per chi parteggia l’autore ma i due campi del bene e del male sono intersecati uno all’interno dell’altro senza semplici confini. Ma anche in tutta la letteratura dell’autrice (meravigliosa) Ursula Le Guin c’è in filigrana un’analisi del bene e del male e si sente subito il senso dell’autrice ma i personaggi e gli avvenimenti raccontati sono permeati da questo confine in modo più uniforme e non manicheo, cosa che mi porta ad apprezzare e soprattutto a provare empatia per questi personaggi.

Sempre per il fatto che questo spazio è mio e ci scrivo quello che mi pare senza remore, mi sento di poter tirare in ballo anche il Romanzo Assoluto: anche in Guerra e Pace questa cosa è fortissima e l’attraversamento di questo confine da parte dei personaggi e all’interno di tutti gli avvenimenti è il sale di questa lettura meravigliosa.

Tanto per mettere dentro a questo discorso letterature di livello molto diverso, anche in Hunger Games c’è una dicotomia molto netta ma anche qui l’autrice riesce a non mettere i personaggi rigidamente da una parte o dall’altra ma il confine viene continuamente attraversato. Diciamo che in questi romanzi la scrittura è un po’ “meccanica” e lo stile è molto meno riuscito, anche se la storia d’amore a tre fra la protagonista e i suoi due amanti è una delle storie d’amore più belle che ho letto.

E per finire anche in un’altra mia bellissima lettura recente, Elena Ferrante nella saga dell’Amica geniale riesce a raccontare uno sprazzo della storia italiana recente muovendo personaggi e avvenimenti che stanno dentro a questa mistura di bene e male, giusto e sbagliato che è la vita di tutti.

E in tutti questi romanzi il giudizio dell’autore c’è, si sente ed è importante ma lo stile, perché secondo me è una questione tecnica, di stile, di riuscita della scrittura, lo stile riesce a coinvolgermi maggiormente.

A questo punto ho terrore a riprendere in mano Ray Bradbury de L’estate incantata o le Cronache marziane che tanto amai venticinque anni fa.

[2018-08-03 ven] Italian Hacker Camp a Padova   Informatica

Sono a Padova a questa manifestazione, che da quel che ho capito è la sostituta dell’End Summer Camp che è stata tenuta gli anni scorsi dalle parti di Venezia e mi sto un po’ ritrovando dopo che all’hackmeeting di quest’anno non mi ero proprio trovato.

Finalmente un po’ di gente, anche piuttosto mescolata sia come genere che come età (avrei potuto portarci davvero i miei figli qui), un po’ di talk abbastanza interessanti e un po’ di spazio dove mettere le mani sopra ai computer insieme agli altri.

Non mi sento tanto come ambiente perché è molto più “businness” però tante sono persone che banalmente si danno da fare convinti che quello che fanno per mestiere abbia anche un risvolto etico da trasmettere.

Inoltre la gestione non è proprio molto trasparente perché ci sono alcune cose che forse costano troppo, e fra queste sicuramente il mangiare: il posto era fortemente isolato da qualsiasi mercato alternativo raggiungibile a piedi e 10€ per mangiare un primo è assolutamente troppo.

Poi c’è stato il brutto fatto del furto di un server messo a disposizione da un partecipante.

A breve farò un resoconto più dettagliato dei talk che ho seguito.

Devo ricordarmi che devo viaggiare di più!

[2018-08-02 gio] L’impatto umano sulla biomassa   Scienza Ecologia

Leggo su Le Scienze nel numero di luglio 2018 alcuni numeri interessanti che mi vorrei ricordare.

Secondo uno studio di Ron Milo del Weizmann Institute of Science di Rehovot in Israele questi sono alcuni numeri della biomassa della Terra:

  • la biomassa totale è circa 550 miliardi di tonnellate di carbonio;
  • l’80% della biomassa totale è costituita dalle piante;
  • il 13% da batteri;
  • gli animali costituiscono meno dello 0,4% della biomassa e i virus sono almeno tre volte tanto;
  • la biomassa marina è l’1% visto che le piante vivono fondamentalmente sulla terraferma;
  • il 70% della biomassa totale degli uccelli è pollame di allevamento;
  • fra i mammiferi il 60% è bestiame allevato, il 36% esseri umani e quindi i mammiferi selvatici sono circa il 4%.

Numeri incredibili.

[2018-07-20 ven] Malibu Super Sonic all’Utopiko   Musica Concerti

Rapida recensione per un gruppo interessante anche se molto giovane.

Li ho visti per caso qualche giorno prima all’ex Fosso Bandito e mi sono piaciuti e così sono tornato a vederli all’Utopiko: bella mistura di elettronica e soul come va molto di moda ultimamente e quindi niente di così nuovo però interessante che sia suonato da ragazzi così giovani con così tanta verve, oltretutto intervallando pezzi propri (interessanti) con citazioni più o meno dovute, con molta umiltà. Una citazione a parte per la cantante perché aveva stoffa.

Bravi!

[2018-07-10 mar] Hackmeeting 2018, non mi è piaciuto   Personale Informatica Politica

Quest’anno sono riuscito ad andare all’hackmeeting che quest’anno si è tenuto a Genova in uno spazio occupato bellissimo e ci sono andato oltretutto con i miei figli e con un amico. Il programma pareva interessante, insomma tutto sembrava portare ad un evento interessante.

E invece non mi è piaciuto per nulla:

  • pochissime persone e tutte da dividere in due gruppi, i locali e i vecchi, nessuna novità, nessun talk tecnico ma quasi soltanto roba umanistica (e spesso anche inutile) e men che mai occasioni per mettere le mani su qualcosa di tecnico;
  • una sala per lo spippolamento sempre vuota;
  • il talk sull’immaginario junghiano e internet era una serie di racconti “scioccanti” da parte di una psicologa su casi clinici da dipendenza da internet. Fondamentalmente un “che tempi, signora mia” lungo un’ora e mezza con una folla di adoratori;
  • il talk sulla relatività speciale spiegata senza riga e orologi era completamente non preparato e confusionario tanto che alla fine non ho capito niente;
  • il talk sul generatore di rumore, probabilmente l’unico con qualche sapore tecnico, era veramente banale;
  • il talk sui sistemi operativi alternativi sui cellulari era in pratica una pubblicità per puri.sm che non poneva nessun dubbio sull’effettiva efficacia e prospettive dell’iniziativa, sulla quale ho tanti dubbi che vengono dall’esperienza di maemo e del cellulare libero openmoko;
  • il talk di presentazione dell’istanza di mastodon messa su dal circolo anarchico bolognese Bernieri era in pratica una presentazione di mastodon fatto da non tecnici dalla quale non sono riuscito a capire perché dovrei utilizzarlo;
  • all’interno dello spazio occupato c’era un fablab che sembrava molto partecipato e organizzato ma di tutto quello che ci veniva fatto non è stato presentato niente per lo meno per quel che ho visto io. Io credo che ci siano stati un po’ di scazzi fra l’organizzazione dell’hm e il fablab stesso e che quindi i partecipanti a questo non si sono fatti vedere.

Anche mia figlia è rimasta estremamente insoddisfatta: un talk ha seguito, quello sulla protezione della privacy di base e un talk di cose che sapeva già.

Io credo che un raduno come l’hackmeeting dovrebbe essere un’occasione per vedere cose e persone dei quali non conoscevi l’esistenza, una fiera che prende il senso da quello che non sai di trovarci e non soltanto un momento di ritrovo per un gruppo più o meno compatto di attivisti ma evidentemente questa mia visione è ormai poco condivisa.

Così ad occhio non credo che ci tornerò a meno che non sia molto comodo oppure non avvenga un cambiamento di approccio.

[2018-07-05 gio] Cory Doctorow su Cambridge Analytica, Facebook e tutto   Media Privacy Politica

Grandissimo articolo di uno dei migliori scrittori di questi anni: da http://locusmag.com/2018/07/cory-doctorow-zucks-empire-of-oily-rags/

For 20 years, privacy advocates have been sounding the alarm about commercial online surveillance, the way that companies gather deep dossiers on us to help marketers target us with ads. This pitch fell flat: by and large, people were skeptical of the efficacy of targeted advertising; the ads we got were rarely very persuasive, and when they did work, it was usually because the advertisers had figured out what we wanted and offered to sell it to us: people who’d previously shopped for a sofa saw ads for sofas, and if they bought a sofa, the ads persisted for a while because the ad targeting systems weren’t smart enough to know that their services were no longer needed, but really, where was the harm in that? The worst case scenario was that advertisers would waste their money with ads that had no effect, and the best case scenario was that shopping would get somewhat more convenient as predictive algorithms made it easier for us to find the thing we were just about to look for.

Privacy advocates tried to explain that persuasion was just the tip of the iceberg. Commercial databases were juicy targets for spies and identity thieves, to say nothing of blackmail for people whose data-trails revealed socially risky sexual practices, religious beliefs, or political views.

Now we’re living through the techlash, and finally people are coming back to the privacy advocates, saying we were right all along; given enough surveillance, companies can sell us anything: Brexit, Trump, ethnic cleansing in Myanmar, and successful election bids for absolute bastards like Turkey’s Erdogan and Hungary’s Orban.

It’s great that the privacy-matters message is finally reaching a wider audience, and it’s exciting to think that we’re approaching a tipping point for indifference to privacy and surveillance.

But while the acknowledgment of the problem of Big Tech is most welcome, I am worried that the diagnosis is wrong.

The problem is that we’re confusing automated persuasion with automated targeting. Laughable lies about Brexit, Mexican rapists, and creeping Sharia law didn’t convince otherwise sensible people that up was down and the sky was green.

Rather, the sophisticated targeting systems available through Facebook, Google, Twitter, and other Big Tech ad platforms made it easy to find the racist, xenophobic, fearful, angry people who wanted to believe that foreigners were destroying their country while being bankrolled by George Soros.

Remember that elections are generally knife-edge affairs, even for politicians who’ve held their seats for decades with slim margins: 60% of the vote is an excellent win. Remember, too, that the winner in most races is “none of the above,” with huge numbers of voters sitting out the election. If even a small number of these non-voters can be motivated to show up at the polls, safe seats can be made contestable. In a tight race, having a cheap way to reach all the latent Klansmen in a district and quietly inform them that Donald

  1. Trump is their man is a game-changer.

Cambridge Analytica are like stage mentalists: they’re doing something labor-intensive and pretending that it’s something supernatural. A stage mentalist will train for years to learn to quickly memorize a deck of cards and then claim that they can name your card thanks to their psychic powers. You never see the unglamorous, unimpressive memorization practice. Cambridge Analytica uses Facebook to find racist jerks and tell them to vote for Trump and then they claim that they’ve discovered a mystical way to get otherwise sensible people to vote for maniacs.

This isn’t to say that persuasion is impossible. Automated disinformation campaigns can flood the channel with contradictory, seemingly plausible accounts for the current state of affairs, making it hard for a casual observer to make sense of events. Long-term repetition of a consistent narrative, even a manifestly unhinged one, can create doubt and find adherents – think of climate change denial, or George Soros conspiracies, or the anti-vaccine movement.

These are long, slow processes, though, that make tiny changes in public opinion over the course of years, and they work best when there are other conditions that support them – for example, fascist, xenophobic, and nativist movements that are the handmaidens of austerity and privation. When you don’t have enough for a long time, you’re ripe for messages blaming your neighbors for having deprived you of your fair share.

But we don’t need commercial surveillance to create angry mobs: Goebbels and Mao did it very well with analog techniques.

Facebook isn’t a mind-control ray. It’s a tool for finding people who possess uncommon, hard-to-locate traits, whether that’s “person thinking of buying a new refrigerator,” “person with the same rare disease as you,” or “person who might participate in a genocidal pogrom,” and then pitching them on a nice side-by-side or some tiki torches, while showing them social proof of the desirability of their course of action, in the form of other people (or bots) that are doing the same thing, so they feel like they’re part of a crowd.

Even if mind-control rays remain science fiction, Facebook and other commercial surveillance platforms are still worrisome, and not just because they allow people with extreme views to find each other. Gathering huge dossiers on everyone in the world is scary in and of itself: in Cambodia, the autocratic government uses Facebook to identify dissidents and subject them to arrest and torture; the US Customs and Border Protection service is using social media to find visitors to the US guilty by association, blocking them from entering the country based on their friends, affiliations and interests. Then there are the identity thieves, blackmailers, and con artists who use credit bureau data, leaked user data, and social media to ruin peoples’ lives. Finally, there are the hackers who supercharge their “social engineering” attacks by harvesting leaked personal information in order to effect convincing impersonations that trick their targets into revealing information that lets them break into sensitive networks.

It’s fashionable to treat the dysfunctions of social media as the result of the naivete of early technologists, who failed to foresee these outcomes. The truth is that the ability to build Facebook-like services is relatively common. What was rare was the moral recklessness necessary to go through with it.

The thing is, it’s always been obvious that by spying on internet users, you could improve the efficacy of advertising. That’s not so much because spying gives you fantastic insights into new ways to convince people to buy products as it is a tribute to just how ineffective marketing is. When an ad’s expected rate of success is well below one percent, doubling or tripling its efficacy still leaves you with a sub-one-percent conversion rate.

But it was also obvious from the start that amassing huge dossiers on everyone who used the internet could create real problems for all of society that would dwarf the minute gains these dossiers would realize for advertisers.

It’s as though Mark Zuckerberg woke up one morning and realized that the oily rags he’d been accumulating in his garage could be refined for an extremely low-grade, low-value crude oil. No one would pay very much for this oil, but there were a lot of oily rags, and provided no one asked him to pay for the inevitable horrific fires that would result from filling the world’s garages with oily rags, he could turn a tidy profit.

A decade later, everything is on fire and we’re trying to tell Zuck and his friends that they’re going to need to pay for the damage and install the kinds of fire-suppression gear that anyone storing oily rags should have invested in from the beginning, and the commercial surveillance industry is absolutely unwilling to contemplate anything of the sort.

That’s because dossiers on billions of people hold the power to wreak almost unimaginable harm, and yet, each dossier brings in just a few dollars a year. For commercial surveillance to be cost effective, it has to socialize all the risks associated with mass surveillance and privatize all the gains.

There’s an old-fashioned word for this: corruption. In corrupt systems, a few bad actors cost everyone else billions in order to bring in millions – the savings a factory can realize from dumping pollution in the water supply are much smaller than the costs we all bear from being poisoned by effluent. But the costs are widely diffused while the gains are tightly concentrated, so the beneficiaries of corruption can always outspend their victims to stay clear.

Facebook doesn’t have a mind-control problem, it has a corruption problem. Cambridge Analytica didn’t convince decent people to become racists; they convinced racists to become voters.

Paolo Attivissimo ne ha fatto anche una traduzione che riporto a mo’ di omaggio:

Per vent’anni i difensori della privacy hanno suonato l’allarme a proposito della sorveglianza online commerciale e del modo in cui le aziende accumulano dossier dettagliatissimi su di noi per aiutare quelli del marketing a mandarci pubblicità mirate. Questo allarme è rimasto inascoltato: la maggior parte della gente era poco convinta che la pubblicità mirata fosse efficace, perché le pubblicità che ricevevamo erano raramente convincenti e quando funzionavano era di solito perché i pubblicitari avevano capito cosa volevamo e si offrivano di vendercelo. La gente che aveva cercato divani vedeva pubblicità di divani, e se comprava un divano le pubblicità continuavano per un po’, perché i sistemi di personalizzazione pubblicitaria non erano abbastanza intelligenti da capire che i loro servizi non erano più richiesti, quindi che male c’era? Il caso peggiore era che i pubblicitari avrebbero sprecato il proprio denaro in pubblicità inefficaci; il caso migliore era che fare acquisti sarebbe diventato più conveniente, perché gli algoritmi predittivi ci avrebbero reso più facile trovare le cose che stavamo per cercare.

I difensori della privacy hanno cercato di spiegare che la persuasione era solo la punta dell’iceberg. I database commerciali erano bersagli ghiotti per le spie e per i ladri d’identità, per non parlare dei ricatti alle persone la cui scia di dati rivelava comportamenti sessuali, credenze religiose od opinioni politiche socialmente rischiose.

Ora stiamo vivendo il contraccolpo tecnologico e finalmente la gente sta tornando dai difensori della privacy a dire che avevamo ragione da sempre. Data una sorveglianza sufficiente, le aziende sono in grado di venderci qualunque cosa: Brexit, Trump, la pulizia etnica in Myanmar e le candidature elettorali di successo di bastardi assoluti come Erdogan in Turchia e Orban in Ungheria.

È molto bello che il messaggio che la privacy è importante stia finalmente raggiungendo un pubblico più ampio, ed è emozionante pensare che ci stiamo avvicinando a un punto di svolta per l’indifferenza verso la privacy e la sorveglianza.

Ma anche se il riconoscimento del problema della Big Tech è benvenuto, temo che la diagnosi sia sbagliata.

Il guaio è che stiamo confondendo la persuasione automatizzata con il targeting automatizzato. Le bugie risibili su Brexit, stupratori messicani e leggi della Sharia striscianti non hanno convinto persone altrimenti ragionevoli che l’alto sta in basso e che il cielo è verde. Semmai i sofisticati sistemi di targeting disponibili tramite Facebook, Google, Twitter e le altre piattaforme pubblicitarie della Big Tech hanno reso facile trovare le persone razziste, xenofobe, spaventate, arrabbiate che volevano credere che gli stranieri stavano distruggendo il loro paese mentre venivano finanziati da George Soros.

Ricordiamoci che le elezioni di solito si decidono sul filo di lana, anche per i politici che hanno mantenuto le proprie cariche per decenni con margini esigui. Il 60% dei votanti è una vittoria eccellente. Ricordiamoci, inoltre, che il vincitore nella maggior parte delle elezioni è il partito degli astenuti, perché moltissimi elettori non votano. Se si riesce a motivare anche solo una piccola quantità di questi non votanti in modo che vadano a votare, anche elezioni sicure possono diventare incerte. Se i margini sono stretti, avere un modo economico per raggiungere tutti i membri latenti del Ku Klux Klan di un distretto e informarli con discrezione che Donald J. Trump è l’uomo che fa per loro stravolge tutto.

Cambridge Analytica è come un mentalista da palcoscenico: fa qualcosa che richiede molto lavoro e finge che sia qualcosa di soprannaturale. Un mentalista da palcoscenico si addestra per anni a memorizzare rapidamente un mazzo di carte e poi dice che può indovinare la tua carta grazie ai suoi poteri da sensitivo. Non assisterai mai ai suoi esercizi preparatori di memorizzazione, tediosi e per nulla affascinanti. Cambridge Analytica usa Facebook per trovare i cretini razzisti e per dire loro di votare per Trump, e poi dichiara di aver scoperto una tecnica mistica per convincere persone altrimenti ragionevoli a votare per dei maniaci.

Non voglio dire che la persuasione sia impossibile. Le campagne automatizzate di disinformazione possono inondare il canale di resoconti contraddittori e apparentemente plausibili della situazione attuale, rendendo difficile per un osservatore comune dare un senso agli eventi. La ripetizione a lungo termine di una narrativa coerente, anche una palesemente insensata, può creare dubbi e trovare seguaci: pensate ai negazionisti dei cambiamenti climatici o ai complottismi su George Soros o al movimento antivaccinista.

Ma questi sono processi lunghi e lenti, che producono piccoli cambiamenti nell’opinione pubblica nel corso di anni, e funzionano meglio quando ci sono altre condizioni che li sostengono: per esempio i movimenti fascisti, xenofobi e nativisti che sono le ancelle dell’austerità e delle privazioni. Quando sei a corto di tutto da tanto tempo, sei pronto a recepire i messaggi che incolpano i tuoi vicini per averti privato delle tue legittime spettanze.

Ma non abbiamo bisogno della sorveglianza commerciale per creare le folle inferocite: Goebbels e Mao ci sono riusciti benissimo usando tecniche analogiche.

Facebook non è un raggio per il controllo mentale. È uno strumento per trovare gente che ha caratteristiche insolite, difficili da localizzare, non importa se queste caratteristiche sono “persona che sta pensando di comprare un frigorifero nuovo”, “persona che ha la stessa malattia rara che hai tu” o “persona che potrebbe partecipare a un pogrom genocida”, e per poi offrire a queste persone un bel frigo doppio o delle fiaccole [tiki torches usate come simbolo dai razzisti americani] mentre si mostra loro una conferma sociale della desiderabilità di questo loro comportamento, sotto forma di altra gente (o bot) che sta facendo la stessa cosa, così si sentono parte di una folla.

Anche se i raggi per il controllo mentale restano fantascienza, Facebook e le altre piattaforme di sorveglianza commerciale sono comunque preoccupanti, e non solo perché consentono a persone con visioni del mondo estreme di trovare i propri simili. Raccogliere enormi dossier su ogni persona al mondo fa paura già di per sé. In Cambogia, il governo autocratico usa Facebook per identificare i dissidenti, arrestarli e torturarli; la US Customs and Border Protection [ente di protezione delle frontiere statunitensi] usa i social media per considerare colpevoli per prossimità coloro che visitano gli Stati Uniti e impedisce a questi visitatori di entrare nel paese sulla base delle loro amicizie, delle loro affiliazioni e dei loro interessi. Poi ci sono i ladri d’identità, i ricattatori e i truffatori, che usano i dati degli enti di valutazione del credito, i dati degli utenti che sono stati trafugati e disseminati e i social media per rovinare la vita della gente. E infine ci sono gli hacker, che potenziano i propri attacchi di “social engineering” rastrellando informazioni personali per creare impostori convincenti che ingannano i loro bersagli e li inducono a rivelare informazioni che consentono loro di penetrare nelle reti sensibili.

Va di moda trattare le disfunzioni dei social media come il risultato dell’ingenuità dei primi tecnologi, che non sono stati capaci di prevedere questi esiti. La verità è che la capacità di costruire servizi simili a Facebook è piuttosto comune. Quella che è rara è l’incoscienza morale necessaria per farlo.

Il fatto è che è sempre stato evidente che spiando gli utenti di Internet si poteva migliorare l’efficacia delle pubblicità. Non tanto perché spiare ti offre intuizioni fantastiche di nuovi modi per convincere la gente a comprare prodotti, ma perché attesta quanto sia inefficace il marketing. Quando il tasso di successo atteso di una pubblicità è ben al di sotto dell’uno per cento, raddoppiare o triplicare la sua efficacia ti lascia comunque con un tasso di conversione inferiore all’un per cento.

Ma è stato altrettanto evidente fin dall’inizio che ammassare immensi dossier su chiunque usi Internet avrebbe potuto causare problemi reali a tutta la società; problemi infinitamente più grandi di quei minuscoli vantaggi che quei dossier avrebbero prodotto per i pubblicitari.

È come se Mark Zuckerberg si fosse svegliato una mattina e si fosse reso conto che gli stracci imbevuti di petrolio che stava accumulando nel suo garage si potevano raffinare per estrarne un greggio di bassissima qualità e di infimo valore. Nessuno sarebbe stato disposto a pagare granché per quel petrolio, ma gli stracci erano tanti, e finché nessuno gli chiedeva di risarcire gli inevitabili roghi che sarebbero avvenuti per il fatto di aver riempito i garage del mondo di stracci imbevuti di petrolio, Zuckerberg avrebbe potuto incassare un bel guadagno.

Dieci anni dopo il mondo è in fiamme e stiamo cercando di dire a Zuckerberg e ai suoi amici che dovranno risarcire i danni e installare gli impianti antincendio che chiunque si fosse messo ad immagazzinare stracci impregnati di petrolio avrebbe dovuto pagare sin dall’inizio, e l’industria della sorveglianza commerciale non ha assolutamente intenzione di considerare nulla del genere.

Il motivo è che i dossieri riguardanti miliardi di persone hanno il potere di causare danni quasi inimmaginabili, eppure ogni singolo dossier fa incassare solo qualche dollaro l’anno. Affinché la sorveglianza commerciale sia remunerativa, deve scaricare sulla società tutti i rischi legati alla sorveglianza di massa e privatizzare tutti i guadagni.

C’è una parola antica per questa cosa: corruzione. Nei sistemi corrotti, pochi malfattori costano miliardi a tutti gli altri per incassare milioni. Il risparmio che può avere una fabbrica scaricando inquinanti nei bacini acquiferi è molto più piccolo dei costi che subiamo tutti per il fatto di essere avvelenati dagli scarichi. Ma i costi sono ampiamente distribuiti, mentre i guadagni sono fortemente concentrati, per cui chi trae beneficio dalla corruzione può sempre spendere più delle proprie vittime per rimanere impunito.

Facebook non ha un problema di controllo mentale: ha un problema di corruzione. Cambridge Analytica non ha convinto della gente di buon senso a diventare razzista: ha convinto i razzisti a diventare elettori.

[2018-06-29 ven] Chiude il Mucchio Selvaggio   Musica Media Personale

Da http://ilmucchio.it/articoli/musica/il-futuro-non-e-scritto/:

Il giorno in cui la decisione è stata presa non è stato il peggiore. Peggiori sono stati quelli che l’hanno preceduto quando, alla consapevolezza della crisi inarrestabile della carta stampata e della discografia, è subentrata la frustrazione di non potervi rimediare. Non stavolta, non davanti a una sentenza del Tribunale a nostro sfavore e resa esecutiva alla fine di maggio.

Così, il numero 767 del Mucchio Selvaggio tuttora in edicola è anche l’ultimo. La sua storia, iniziata nell’anno di American Stars’n Bars di Neil Young, Heroes di David Bowie e The Clash, purtroppo termina qui. Resterà attivo solo il sito ilmucchio.it dove pubblicheremo gratuitamente contenuti inediti.

41 anni per una rivista sono un’enormità e, per quanto sciocchi e inutili suonino gli anniversari, siamo dispiaciuti al pensiero che non ne festeggeremo altri. Mai avremmo immaginato una conclusione tanto brusca e improvvisa da negarci la possibilità di salutare i lettori alla nostra maniera, rispettando un ultimo, sebbene definitivo, appuntamento in edicola. Tuttavia, non ci è davvero possibile fare altrimenti.

Nata nel pieno del movimento del ’77 e inevitabilmente influenzata da quello spirito, Il Mucchio Selvaggio ha avuto una vita redazionale complessa e burrascosa, da vero rock magazine. Negli anni ha diviso il suo pubblico, ha scontentato alcuni ma ha anche lasciato un’eredità innegabile: è stata presente al proprio tempo per raccontare le mutazioni del mondo, non solo inglobandole – ad esempio, è l’unica rivista musicale italiana ad aver fatto emergere con vigore le firme femminili –, ma anche fornendo gli strumenti per orientarsi con consapevolezza. Così, ha formato generazioni di lettori e di critici la cui esperienza resta motivo di orgoglio.

La nostra scelta, resa inevitabile e non procrastinabile da un’ingiunzione di pagamento mossa dalla precedente direzione, ha le sue radici in un contesto editoriale e culturale fin troppo minato. Da anni ci muoviamo in un mercato in dissoluzione con le vendite e gli investimenti pubblicitari in costante calo, mentre il sistema di distribuzione continua a richiedere uno spreco di carta e risorse ormai insostenibile. Se per esistere sei costretto a una tiratura di quattro volte superiore al tuo venduto, allora anche la miglior misura di riorganizzazione assomiglia a una resistenza, mai a un reale rilancio malgrado i riconoscimenti internazionali (la copertina dello scorso giugno dedicata a Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles ha ricevuto un premio di merito agli SPD Awards di New York, la cerimonia che valorizza le eccellenze nel design editoriale).

Senza un grosso sponsor a investire per brandizzare i contenuti, il futuro è segnato e non è scritto.

Probabilmente senza il supporto degli abbonati che hanno sempre risposto con generosità alle nostre iniziative questa storia sarebbe già chiusa. Ringraziandoli di vero cuore per la fiducia che ci hanno dimostrato, provvederemo entro il mese di ottobre al rimborso attraverso la spedizione di arretrati del Mucchio Selvaggio, del Mucchio Extra e dei libri della società editrice. A tal fine l’indirizzo mail abbonamenti@ilmucchio.it resta il riferimento per tutte le informazioni e i chiarimenti del caso.

Senza dubbio non tutto è stato giusto, altroché, ma in tutto siamo stati mossi dal convincimento di fare una cosa piccola ma utile per noi stessi e per i nostri lettori.

Il nostro grazie va a tutte le persone che, numero dopo numero, hanno reso possibile Il Mucchio Selvaggio, condividendo questa meravigliosa avventura: dai collaboratori, cui va dato atto di essersi spesi con entusiasmo e dedizione oltre ogni umana aspettativa, ai colleghi e ai professionisti con cui abbiamo avuto il piacere di lavorare: uffici stampa, etichette, tipografi, addetti alle spedizioni, informatici, commercialisti e avvocati. Stiamo parlando di voi!

Joe Strummer una volta ha detto: “Penso che la gente debba sapere che noi siamo antifascisti, contro la violenza, siamo antirazzisti e per la creatività. Noi siamo contro l’ignoranza.”

Non ci incontreremo più sulle pagine del Mucchio Selvaggio, ma restiamo fieramente parte di questa minoranza informale, amante del mondo e indignata dalle sue ingiustizie.

Ieri, oggi, sempre. Vi vogliamo bene,

Il Mucchio

Ciao Mucchio, sei stato per me una delle maggiori fonti di informazione e formazione!

[2018-06-27 mer] Il sussurro negli orecchi dei sovranisti   Politica

Durante le vacanze familiari dello scorso anno in Albania mi godetti la scena di due ragazzi che portavano sulla spiaggia un grosso amplificatore con il quale pubblicizzavano i loro cd (ovviamente masterizzati in casa) di musica da spiaggia. Al che mi venne un commento un po’ cattivo dicendo a mia figlia: “avviciniamoci e sussurriamo alle loro orecchie - youtube”.

In questi giorni di immani vittorie di partiti sovranisti, di gente che urla “viva l’Italia” e “difendiamo il lavoro italiano” con in mano tricolori (nonché spesso, mazze e bastoni) mi viene in mente che potremmo avvicinarci alle loro orecchie per sussurrargli - amazon!

[2018-06-23 sab] Godblesscomputers al Museo Pecci di Prato   Musica Concerti

In effetti vedere un concerto in questo modo è una soddisfazione: prima fila, senza nessun palco con i musicisti a due metri o poco più, oltretutto con la possibilità di andare a fare due parole al termine dell’esibizione con il leader per fargli i complimenti con facilità trovando una persona che ti ringrazia. Un’esperienza meravigliosa in quest’epoca di super eventi da decine di migliaia di persone vissuti, ma soprattutto propagandati, come se fossero chissà quale privilegio.

E anche l’esibizione in sé è stata interessante e godibile ricalcando quello che avevo già scritto: le novità sono state la batteria acustica, anche se sempre condita con un po’ di strumenti elettronici, una maggiore presenza e possibilità espressiva al chitarrista e soprattutto molte canzoni che non conoscevo delle quali mi hanno colpito in particolar modo le ultime con una forte marcatura dub.

Bel concerto!

[2018-06-19 mar] La classe dirigente del Partito Democratico   Politica

Sono ormai molti anni che sono distante politicamente dal Partito Democratico, probabilmente dal bombardamento di Belgrado con gli aerei decollati dal suolo italiano durante il governo D’Alema. Però è pur sempre rimasto il maggiore partito della sinistra in Italia e quindi ne ho seguite le varie evoluzioni fino al dominio di Matteo Renzi di questi ultimi anni che hanno mi hanno portato ad un ulteriore allontanamento.

Allontanamento peraltro condiviso anche da molti elettori visti i risultati delle ultime elezioni politiche.

E così adesso cominciano a spuntare quelli che chiedono le dimissioni di questa dirigenza e in questa branca letteraria :-) le parole che riporto sotto mi sembrano particolarmente azzeccate.

Premetto che però non conosco lo scrivente.

Da https://www.facebook.com/giuseppegenna/posts/10215198926153971

Ai dirigenti e alle elettrìci ed elettori del Partito Democratico. Questo che scrivo riguarda esattamente il Pd. Ho per puro caso intercettato su Twitter l’ex ministro Calenda, contestato pubblicamente e in modo censurabile dall’esponente della minoranza, Francesco Boccia, il cui non notorio acume non ha mancato mai di non stupirmi. Sembrerebbe una schermaglia minima e irrefutabilmente trascurabile. Invece è segno di una situazione, di cui la nomenklatura Pd finge di non accorgersi. Da un lato, fateci un favore: telefonatevi, evitate di mettere in piazza i vostri ridicoli scazzi da cyberbulletti. Però, se si dicesse la cosa in questo modo, si fallirebbe di pronunciare una parola di verità. La quale, se da scrittore interpreto bene il sentimento diffuso, afferma soltanto un imperativo: il partito non è vostro e dovete lasciarlo. Lo ripeto: il partito non è vostro e vi è fatto obbligo di mollarlo. Questo contenitore, il Pd, appartiene ai milioni di persone che credono in valori che voi, nomenklatura distantissima dalle latitudini della realtà, non soltanto non rappresentate più da anni, ma nemmeno intercettate se e quando andate a comprare un litro di latte al Pam. Voi siete ormai una formazione mortifera, che, con il suo lugubre incedere e tentennare, da anni svilisce le aspettative di un popolo, che, attraverso il centro o la sinistra parlamentare, ha umilmente pensato di esercitare una delega di rappresentanza, la quale è stata costantemente disattesa. Voi siete finiti per esprimere invece una sorta di quarto stato della condizione di zombie, come esemplifica l’immagine dei quattro delegati che vanno a parlare col presidente della Repubblica, in una mistificazione grottesca della rappresentanza, rispetto alla quale non vi siete mai fatti carico di sapere se essa veniva realizzata e come. Questo passaggio lovecraftiano, ben emblematizzato nella foto qui allegata, immortalante la passeggiata da horror di tali Martina Orfini Marcucci Del Rio, è un’immagine tranquillamente apocalittica dell’estremo fallimento della vostra azione, quali rappresentanti di milioni di persone che - ne sono certo - se potessero, ritirerebbero la propria fiducia a ognuno di voi. Andate via, per favore: lo dico da scrittore assai riflessivo, come piace a voi (riflessivo vi piace, scrittore non ve ne frega un cazzo). Voi dovete andare a casa, altrimenti il Partito democratico si estinguerà entro qualche anno, essendosi già votato all’irrilevanza assoluta nel giro di qualche consultazione elettorale. Qui non è in discussione il referendum costituzionale, gestito colpevolmente dal senatore Matteo Renzi, così come non è sul tavolo la questione dell’assicurazione di diritti basilari, che siete stato in grado di non portare a compimento. Non è la sede per rilievi tecnici o proposte di piattaforma, questa: è un post su Facebook. Sono disposto in ogni momento a tracciare i contenuti in cui intende riconoscersi una comunità, che proprio a destra non intende stare, non vuole minimamente prendere in considerazione le opzioni leghiste o pentastellate o sovraniste. Lo dico da signor nessuno, però lo dico. Qui si tratta di qualcosa di più profondo, incistato nel genoma culturale di almeno metà della nazione: c’è un assetto di valori, una ricerca di uscita dall’alienazione a cui voi in primis avete implicato la comunità. Lo avete fatto impunemente? No: siete stati puniti. Voi fate conto su un elettorato che secondo voi vi vota sempre, praticamente una garanzia a vita, nonostante gli anni dimostrino con pervicace costanza che qualunque corpo sociale vi ha abbandonato, non avvertendo rappresentati i propri interessi o i propri valori. Nel ruolo di sinistra governativa, avete fatto da cani da guardia del capitale, nella fase più teratogena della sua storia. Voi non siete stati capaci di ascoltare il grido d’aiuto che arrivava dalle genti prive di autonomia politica ed economica, non avete saputo portare un messaggio di attenzione a quel popolo che stava male e tuttavia ancora è incapace di avvertire la cultura come valore fondante, perché sapere leggere il mondo, e non semplicemente reagire a esso, è un fattore discriminante per qualunque processo democratico - aggettivo quest’ultimo che individua il partito che i vostri elettori desiderano confermare nella dinamica politica di ieri, di oggi e di domani. Democratici proprio non lo siete mai stati, voi dirigenti del Pd. Siete stati inetti a comprendere il valore dei simboli e i portati che la memoria conduce a viva azione, quando non è fossile o banalmente celebrativa. Non avete interpretato, e ciò è l’aspetto più grave di quanto accaduto da qualche anno a questa parte, la trasformazione del tessuto sociale o, meglio, dei tessuti sociali, consegnando il Paese nelle mani di forze reazionarie, che si spacciano per potenze del cambiamento. Non siete mai stati cambiamento. Avete sempre pensato di essere più illuminati dei branchi di pecore che vi davano il consenso, portando la sinistra nazionale allo sbando, facendo perdere la speranza minima che le istanze della gente, entità demonica da voi rifuggite in ogni temperie e circostanza, fossero condotte a rappresentanza ed espressione attiva, in forma di leggi e di spazi ideali in cui stare e discutere, scegliere, contestare, approvare. La vostra disumanità sta in questo. Siete percepiti gelidi e ultracorporei per questo motivo. Quando Marx, che non avete letto o avete letto male, accennava col collega a uno spettro che si aggira per l’Europa, certo non pensavano che voi avreste inverato letteralmente la profezia. Potrei entrare nei singoli punti delle vostre decisioni governative, per contestarne gli effetti spesso tragici. Non è tuttavia questa la sede. Io qui propongo qualcosa di eminentemente alternativo alle vostre logiche ferali. Propongo qualcosa di simbolico, giusto per insegnarvi come si parla con le persone, con il ceto riflessivo, come dite voi, e con i lumpen che secondo voi puzzano. Da scrittore, ovvero parte della società civile, io chiedo a voi, dirigenti del Partito Democratico, dal presidente Matteo Orfini in giù, compreso il reggente Maurizio Martina, inclusi Matteo Renzi e tutti gli altri vergognosi capicorrente, Emiliano Franceschini Boccia Orlando - tutti voi, insomma, che nemmeno arrivate alla dignità di un doroteo o un lapiriano dei tempi che furono - chiedo che convochiate un’assise nazionale di tutte le elettrici e tutti gli elettori, a Roma, e che questa assise si apra con le vostre dimissioni in blocco. Aprite il partito, riconsegnatelo agli elettori, abbiate fiducia che il popolo della sinistra e del centro sappia trovare in se stesso la capacità di prendere in mano questa baracca, questa rovina, a cui avete ridotto la formazione che tanto ciecamente e imbellemente pensate di guidare. State tenendo in ostaggio il partito. Andate via. E’ un appello, che può velocemente divampare in assedio - questo vi sia chiaro. Se non prenderà corpo quest’opzione incendiaria, l’altra ipotesi è che voi siate abbandonati da chiunque, a stare schizofrenicamente su questa nave dei folli, che non smettete di pretendere di pilotare tra i flutti della surrealtà più piena e indegna. Formulo questo appello non soltanto a voi, maggiorenti del nulla. Lo rivolgo anche alle persone che sono andate a votare alle primarie, oltreché alle elettrici e agli elettori che hanno messo la croce sul simbolo nel segreto della cabina e adesso rischiano di metterci davvero una croce sopra, per sempre: sia indetta un’assise nazionale, si riconsegni il partito alle persone, le quali non sfioreranno mai l’abisso impunito della tragedia verso cui voi, membri della direzione, l’avete condotto. Nel caso questo appello susciti un benché minimo interesse, garantisco che mi darò da fare al massimo, per condurre una simile ipotesi nelle sedi, politiche e comunicative, a cui posso giungere, da semplice *membro*della società civile.

Liberiamo le nostre forze, i nostri valori e riprendiamo in mano l’istituzione: essa è puro scheletro, senza il nostro cuore.

[2018-06-08 ven] La maleducazione nel linguaggio politico di questi anni   Media Politica

Qualche giorno fa mi è arrivato dal canale whatsapp dei colleghi un video nel quale un tipo, probabilmente un agricoltore, si lamentava del fatto che degli uccelli gli avevano distrutto un raccolto di ciliege: ad un certo punto, in modo decisamente fuori contesto, il tipo cominciava ad offendere un tale “ministro donna”, che “difende gli animali” (credo si riferisse alla ex ministra Michela Brambilla) con epiteti come “puttana”, “troia” e cose così.

Il linguaggio era così fuori luogo da sembrare uno scherzo mal riuscito ma riguardandolo sia l’agricoltore che il collega che lo aveva condiviso lo prendevano un po’ come uno scherzo e un po’ come una giusta protesta.

La cosa mi ha colpito, anche perché questa volta toccava ad una rappresentante della destra e non, come nel caso dei tanti attacchi alla Boldrini, una rappresentante della sinistra e quindi ho pensato che questa cosa ormai si estende a tutti.

Oggi stavo leggendo un articolo di Bifo che parla di questa cosa con queste parole:

Piuttosto penso che l’epidemia contemporanea di scortesia si debba collegare alle condizioni mutate di interazione sociale: l’effetto della mutazione digitale è l’isolamento dei corpi nel processo di comunicazione, la riduzione del linguaggio a uno strumento per la competizione. Il disapprendimento della cortesia è un effetto della condizione di isolamento crescente: mentre gli individui interagiscono sempre di più come agenti economici, al tempo stesso si trovano sempre di meno nel medesimo ambiente fisico ed erotico. Nella nuova condizione di solitudine risentita e di separazione dello scambio linguistico dalla presenza corporea, possiamo forse trovare le radici della scortesia aggressiva che è il carattere principale del discorso pubblico contemporaneo.

E in effetti l’iniziativa della Boldrini di invitare alcuni di quelli che l’avevano offesa sui social network (invito per altro declinato da tutti) la posso vedere proprio in quest’ottica: “offendimi viso a viso, mentre stiamo nella stessa stanza, mentre in nostri corpi sono vicini”. Non ci andò nessuno.

Con un tocco di semplificazione mi viene da dire che è l’estensione delle offese da automobilisti chiusi nelle loro automobili che offendono i vicini perché gli hanno fatto le corna.

[2018-05-16 mer] Sempre a proposito del tocco dei media   Media

L’articolo per esempio è questo https://www.ilpost.it/2018/05/14/antonello-montante-arresto/ e la notizia sarebbe l’arresto dell’imprenditore e non dei cinque poliziotti di altissimo livello.

[2018-05-07 lun] Gli asini volanti de L’Unità   Media Politica

Il problema delle fake news è che fino a poco tempo fa la “politica” ne aveva il monopolio e quindi ora e diventa per loro difficile farne a meno.

[2018-05-06 dom] Da Rumore di maggio 2018 - Cresce la pirateria   Musica P2P

Lo metto qui per memoria e lo devo scrivere a mano perché non trovo la versione digitale e il documento originale è a (pesante) pagamento:

Secondo l’annuale Global Piracy Report della MUSO, compagnia privata di ’data tracking’, la pirateria è cresciuta del 14,7% nel 2017. La conclusione è che, nonostante la crescente presenza di servizio streaming, la pratica “non è mai stato così popolare”. Secondo la ricerca la pirateria musicale sarebbe la seconda forma più popolare, dietro a quella televisiva ma davanti a quella cinematografica. Nello specifico si parla di 30,5 miliardi di visita a siti di streaming, 21,2 miliardi a siti di download, 15,7 miliardi a siti che offrono gli streaming legali rippati, 6 miliardi a siti di torrent pubblici e 500 milioni a siti di torrent privati. A guidare la classifica gli USA (27,9 miliardi di visita a siti musicali illegali), seguiti da Russia (20,6 miliardi), Brasile (12,7 miliardi) e Turchia (11,9 miliardi). Il cofondatore di MUSO, Andy Chatterly, ha dichiarato: “Si pensa che la crescita di popolarità di servizi on-demand come Netflix o Spotify abbia risolto il problema della pirateria, ma questa teoria, molto banalmente, non sta in piedi”. Aggiungendo: “È importante che le aziende che forniscono contenuti accolgano e comprendano le tendenze che emergono da questi dati, non solo per concepire strategie di protezione dei contenuti ma anche per comprendere i profili dei consumatori di pirateria allo scopo di avere uno sguardo d’insieme e monetizzare quel tipo di pubblico”.

[2018-05-03 gio] Le mie richieste per i direttori dei conservatori musicali   Musica

Quando mi chiederanno di selezionare direttori dei conservatori musicali d’Italia queste saranno le mie prime tre richieste:

  • quante volte è stato il candidato in Giamaica nell’ultimo anno per viaggi di istruzione?
  • elencare almeno cinque tipi di circuiti p2p elencandone pregi e difetti di ognuno oltre ad una valutazione di uso a seconda del tipo di pubblico;
  • se Le dico 808 e DX7 mi elenchi alcuni brani classici che Le vengono in mente.

Risolte queste banali domande di sbarramento comincerei il colloquio vero e proprio.

[2018-04-27 ven] Gli Zen Circus (ancora) all’Obihall di Firenze   Musica Concerti

Li ho visti così tante volte che rivederli è stato solo perché il mio amico che fa loro le luci nei concerti mi ha chiesto di andare a salutarlo.

Comunque bel concerto anche se forse stanno prendendo un po’ una piega da rock star, anche se solo sul palco visto che alla biglietteria, insieme ai bigliettai c’era anche il bassista a prendere i soldi.

Bellini ma ormai sempre uguali.

[2018-03-30 ven] Gli scandali Weinstein nel mondo della musica   Musica Violenza

Tempo fa scrivevo che nel mondo della musica che conosco ho sempre sentito poco di violenze sessuali compiute da persone di potere. Ero poco convinto allora e ora leggo questo articolo che in effetti parrebbe darmi torto. Però non sono del tutto convinto perché, a differenza di quello che ci è stato raccontato dalla cronaca nei casi ’a la Weinstein’, quello che racconta l’articolo non è tanto uno scenario in cui c’è la dinamica “fatti trombare oppure il disco non lo fai” quanto quello di rapporti violenti all’interno di rapporti padrone-dipendente.

È ovvio che il succo della violenza resta lo stesso, quello che cambia però è come viene realizzato il prodotto: da un punto di vista politico, sociale e giudiziario cambia poco, da un punto di vista del consumatore cambia tutto invece. Dire che le attrici vengono scelte e scartate in base alla loro disponibilità nei confronti dei produttori è una cosa ben diversa dal raccontare che David Bowie si è portato a letto una ragazza di 14 anni quando ne aveva 30 o che un’addetta alle pubbliche relazioni ha subito un attacco sessuale da parte del suo principale durante la festa di presentazione di un disco.

Una nota a margine, l’articolo fa un po’ cacare quando mette tanta importanza sul fatto che le ragazzine fossero “vergini”, come se la cosa potesse essere un’aggravante.

[2018-03-14 mer] È morto Stephen Hawking   Scienza Persone

Ieri è morto questo personaggio tanto “pop” che mi ha fatto amare la scienza e mi ha fatto pensare alla filosofia con i suoi libri e i suoi interventi pubblici. Un caro ricordo!

[2018-02-24 sab] I Calibro 35 alla Flog   Musica Concerti

Anche questo è stato un bel concerto anche se, ancora una volta, completamente diverso da quelli che avevo appena visto (e recensito).

Innanzitutto era diversa la formazione visto che per questo concerto si sono presentati dieci musicisti completamente acustici, compresi due archi, che hanno suonato tanto tutti. La presentazione era veramente imponente anche perché il palco della Flog è piuttosto piccolo.

La musica suonata mi è piaciuta anche perché li seguo da tempo e il disco precedente mi era piaciuto veramente tanto mentre l’ultimo, quello che è stato suonato per quasi tutto il concerto lo devo ancora ascoltare bene per metabolizzarlo. L’esecuzione è stata magistrale e coinvolgente anche perché il pubblico (tutto esaurito alla Flog) era molto partecipe.

La cosa che mi ha fatto pensare è che per ascoltare musica coinvolgente suonata con strumenti acustici si debba ascoltare musica talmente vecchia, fortemente ispirata alla musica da film degli anni ’60 italiana, da risultare “nuova”: in effetti ogni tanto, e in alcuni brani anche in modo molto evidente, l’ispirazione prende anche dai Jaga Jazzist, suonati però in modo tutto acustico.

Comunque la considerazione che per ascoltare musica “nuova” suonata con strumenti “vecchi” si debba ascoltare musica “vecchia” lascia pensierosi.

Forse c’è stato un solo neo ed è stato il tono un po’ saccente usato dal sassofonista (nonché parte dell’anima del gruppo) Gabbrielli nel rivolgersi al pubblico: in particolare è stato un po’ ridicolo quando ha detto che c’era tanta gente “nonostante che non ci fosse nessuno a cantare”. Beh, se la sala è piena dovresti ringraziare senza stare a fare tanti distinguo e poi di musica solo strumentale se ne sente a giro un monte ultimamente.

Comunque bellissima serata.

[2018-02-21 mer] Ho ricominciato a comprare la musica   Musica Personale

E così, dopo tanti anni di scarico selvaggio, ho ricominciato a pagare per sentire musica nel mio impianto: addirittura qualche giorno fa ho comprato anche un cd, anche se ho dovuto farlo da Amazon perché nei negozi ai quali ho chiesto non lo avevano. Ovviamente, da buon cinquantenne, il cd in questione era una versione “rimasterizzata” di un disco di venti anni fa :-)

Comunque, a parte le battute e tornando all’argomento del giorno, ho davvero ricominciato a comprare musica anche se in formato principalmente digitale: non lo faccio per chissà quale ravvedimento ma solo perché non ho più voglia di ascoltare solo la musica che trovo sul p2p e in particolare ho voglia di ascoltare anche musica italiana che in effetti è molto più difficile da trovare e poi perché il costo della musica in formato elettronico mi pare sostenibile quasi sempre.

Ovviamente però mi devo lamentare, come ogni buon ascoltatore di musica perché:

  • la musica da scaricare è sempre troppo cara: pagare dieci euro per scaricare dei flac è decisamente troppo. Oltretutto spesso questi flac sono senza nessun tag, copertina, niente e qualche volta addirittura sono proprio la versione dei video di youtube;
  • i servizi di streaming come spotify e TIMMusic sono imbarazzanti per quanto sono costosi visto che oltretutto praticamente non ti permettono di scaricare la musica, roba che fa molto anni ’80;
  • il servizio di download di Amazon ti fa scaricare, a pagamento, solo mp3, come se fossimo ancora ai tempi dei modem a 33.6.

Alla fine i piccoli come bandcamp sono quelli che fanno la figura migliore.

[2018-02-09 ven] Clap! Clap! alla Flog   Musica Concerti

Anche questa volta ho visto una cosa “strana” e visto che queste stranezze cominciano ad essere piuttosto frequenti (vedi la la mia recensione di Godblesscomputers al Combo) comincio a pensare che questo tipo di concerto rappresenti qualcosa del futuro.

Anche questa volta, così come con Godblesscomputers, la strumentazione era un misto fra strumenti acustici (basso, due batterie, in verità non microfonate e quindi poco significative per il suono ma molto per l’impatto scenico e un sassofono, anche questo all’inizio con il microfono spento, questa volta però per errore) e impianti informatici che però hanno dominato largamente le sonorità, molto di più dell’altro concerto.

Anche questa volta, così come all’altro concerto, sono stato colto impreparato ma questa volta molto di più perché il tono dell’esibizione mi ha lasciato letteralmente di sasso. Infatti il disco che mi ha fatto conoscere Clap! Clap! è un bellissimo disco pieno di splendidi suoni esotici e arrangiamenti elegantissimi, il tutto con un tono che mi pareva quasi pedagogico, al limite del documentaristico: la presenza di Paul Simon nella produzione aumentava questa mia impressione. Di conseguenza mi aspettavo un’esibizione molto “seria”, anche forse calligrafica e invece tutt’altro!

Complice forse il fatto che il tema della serata fosse il carnevale e che prima del concerto ci fosse una crew di DJ con la quale Clap! Clap! era in evidente sintonia ma l’aria generale era veramente festivaliera, al limite del rave: ad esempio per tutto il concerto un DJ della crew stava sul palco lanciando coriandoli con un motore ad aria, occhialoni e cappellini di plastica. Il pubblico sotto sembrava gradire moltissimo questa cosa divertendosi un monte.

Dal punto di vista musicale però l’effetto non è stato poi tanto convincente in parte perché l’organizzazione tecnica ha lasciato un po’ a desiderare (vedi il sassofono con il microfono spento) ma io credo soprattutto perché c’è stata la volontà di “fare festa” più che suonare: di conseguenza del disco sono riuscito a sentire solo un brano mentre per il resto erano solo campionature utili solo a ballare.

Questa volta sono rimasto meno convinto ancora.

[2018-01-23 mar] Rumore gennaio 2018 - Youtube e il senso dei giornalisti musicali   Musica Media Informatica

Nel numero di Rumore di questo mese c’è un articolo della rubrica “Blog’n’roll” a firma di Carlo Bordone che dice un paio di cose piuttosto lucide:

Pare che circa il 40% degli ascolti musicali - di tutti gli ascolti musicali - si facciano sul “tubo”.

E ancora, parlando dei musicisti:

E noi che pensavamo ancora al demo da mandare all’etichettina discografica indie, magari con la lettera in cui si elencavano puntigliosamente le influenze musicali e i cinque concerti suonati in birreria.

Gli ascoltatori (intendendo, io credo, con big data i gestori delle piattaforme di contenuti), che comunque è meno azzeccato:

… è evidente come tutto ciò instauri un meccanismo nel quale i big data influenzano le modalità di trasmissione di musica nuova in modo infinitamente superiore a quanto non accadesse nell’industria tradizionale, con il rischio che si plasmino i gusti e le scelte con le stesse strategie utilizzate dallo spacciatore nei confronti dei suoi clienti

Infine sui critici musicali, l’argomento più azzeccato secondo me:

…noi “critici musicali”, con le nostre tenere recensioni e i nostri dischi dell’anno, oggi siamo essenziali quanto i venditori ambulanti di ghiaccio dopo l’invenzione del frigorifero.

[2017-12-27 mer] Il senso dei concerti in quest’epoca di musica sintetica   Musica

Qualche giorno fa ho letto questo articolo piuttosto interessante dal sito http://www.rockit.it che si sta dimostrando un sito piuttosto interessante per quel che riguarda la musica italiana e anche oltre. Nell’articolo si parla, piuttosto superficialmente come ci si può aspettare da un articolo ed un contesto del genere, del senso dell’arte in quest’epoca dominata dall’informatica pervasiva ed in particolare del nuovo risalto che stanno avendo le performance dal vivo nella musica popolare (non viene fatto cenno però al fatto che questo risalto probabilmente è dovuto soprattutto al fatto che non vengono più venduti supporti). In questo discorso alla fine viene fatta un’affermazione piuttosto azzeccata che mi piace, patito come sono di esibizioni dal vivo:

Si può ancora parlare di ascesi personale, per raggiungere e poter toccare se stessi? Forse, l’unica soluzione per uscire da queste logiche (le così chiamate “chiacchiere da bar” che sono i commenti dei social - NDR) è davvero quest’ascesi collettiva che diventano allora le luci e la musica con il loro supposto potere ipnotico, il loro essere qui e ora. L’unico modo per poter conoscere davvero qualcosa è farne esperienza, oggi più che mai.

[2017-12-05 mar] Il film “Il senso della bellezza” e una nuova firma   Cinema Scienza Firme

Ieri sono andato a vedere il film in oggetto che racconta i pensieri del lavoro svolto al CERN di Ginevra da un’ottica degli scienziati ma anche di un gruppo di artisti che hanno creato opere di svariate discipline proprio a partire dalle scoperte dell’LHC. Il film è stato mediamente interessante anche se in effetti di scienza se n’è parlato pochino però una cosa veramente interessante è stata una citazione da uno scultore, che fra l’altro ha esposto alla Fortezza da Basso nel 2015, frase che userò come mia firma. La citazione, a memoria, è: alla bellezza preferisco la verità. E secondo me anche la scienza segue questa idea, tanto che ormai il dubbio è l’unità di misura che dobbiamo usare.

[2017-11-18 sab] Godblesscomputers al Combo   Musica Concerti

Anche questo fa parte dei concerti che non riesco a capire se mi piacciono o meno perché sono completamente diversi da quello a cui ero abituato: si è smesso di voler suonare “tecnicamente” gli strumenti, che comunque in questo caso c’erano, perché i nuovi strumenti sono computer e campionatori che non vengono più nascosti ma che diventano il centro dell’esibizione. Alla fine non riesco a capire se i musicisti stanno veramente suonando o se stanno lasciando fare tutto ai computer, un po’ come mi era già successo con gli Austra. Però, almeno in questo caso, il risultato è stato molto più facile rispetto al concerto di Chiusi perché la musica era oltremodo godibile anche se l’effetto “filodiffusione” o “jazzino” come avrebbero detto musicisti che ho frequentato anni fa era ad un pelo e forse ogni tanto ci si cascava dentro.

Il palco era occupato da un batterista con strumento elettronico (ed era tantissimo che non vedevo quello strumento), un bassista/chitarrista che però rendeva molto di più alla quattro corde soprattutto per il tipo di musica che si basa tanto sui giri di basso: ed infine il titolare del marchio alle tastiere e attrezzi informatici vari che comandava e per lo più lasciava suonare. Sullo sfondo un effetto visivo ripetitivo ma molto carino.

L’effetto era notevole perché i due musicisti “acustici” erano molto bravi e l’insieme rendeva proprio bene ma anche perché sembrava che i tre si stessero divertendo un monte e che quasi non si aspettassero tanto pubblico e interesse (ne scriverò dopo), tanto che alla fine, quando ormai stavano già smontando il palco il tastierista è ritornato per far partire ancora l’ultimo pezzo.

Va riportato anche il posto e in particolare il pubblico: il Combo è un piccolo locale molto carino che avevo già frequentato quando era uno spazio occupato. Il pubblico invece è stato interessante non solo perché era molto più numeroso di quel che mi aspettavo (ma forse anche di quello che si aspettavano i musicisti a giudicare dall’atteggiamento che hanno tenuto) ma anche perché era largamente composto, specialmente sotto il palco, da ragazze che conoscevano benissimo la musica.

Un bel concerto che mi ha lasciato un bell’effetto.

[2017-11-15 mer] Un buon articolo di Vice sempre sullo scandalo delle violenze nel mondo dello spettacolo   Spettacolo Media Femminismo

Ho letto questo articolo di Vice che dice cose che condivido. In particolare:

un sistema che sta collassando, perché fisiologicamente il suo tempo è passato e perché è diventato avulso dalla realtà sociale che lo circonda.

E poi:

quello di chi difende LCK […] E invece anche in questo caso si consuma una dinamica di potere molto chiara e che non ha nulla di debole: è una cosa che si fa perché si ha la consapevolezza di poterla fare senza ciucciarsi casini di alcun tipo dopo (almeno finora, auspicabilmente). È potere ed è ingiusto, a prescindere dalle conseguenze.

Poi smetto di scrivere di questa cosa.

[2017-10-20 ven] Lo scandalo Weinstein, la meritocrazia e la stampa nel mondo dello spettacolo   Spettacolo Media

In questi giorni sta tenendo banco sui giornali di tutto il mondo lo “scandalo” del produttore di Hollywood che violentava con un certa regolarità le attrici che intendevano lavorare nei suoi film. La stessa “scoperta” è stata fatta anche in tanti altri ambienti di spettacolo anche nostrani grazie alle dichiarazioni di molte attrici e soubrette.

Parole più o meno giuste ne ho lette tante ma mi pare che manchi una considerazione: ma se le attrici, soubrette e in generale le donne dello spettacolo venivano scelte e soprattutto scartate se si rifiutavano al potente di turno, quelle che ci sono state propinate in questi anni come sono state scelte? Quali sono stati i loro meriti? In altre parole, le “star” che ci vengono proposte, come sono diventate tali? E quante sono state scartate per poca disponibilità? Che cosa ci fanno vedere al cinema, alla televisione, nel mondo dello spettacolo in generale? Davvero la critica non riesce a darci conto della differenza fra un’attrice (devo parlare al femminile perché questa è la cronaca), un’attrice “brava” e una che fa i pompini? Oppure sono davvero così tante le attrici “brave”?

Le mie domande sono retoriche ma solo fino ad un certo punto perché in effetti non sono in grado di dare risposte perché sono mondi che conosco pochissimo. Nel mondo della musica, che conosco molto meglio ho sempre visto pochissime donne ma di casi del genere ne ho sentito parlare molto raramente e mai causate da una posizione di potere.

E ancora, è mai possibile che anche la stampa di settore non abbia mai avuto sentore di una cosa del genere o che non abbia sentito la necessità di scrivere due parole sul fenomeno? La storia di Bjork e il regista Lars Von Trier è in effetti paradigmatica di questa soggezione della stampa: ricordo benissimo che quando uscì il film in questione i commenti della stampa parlavano di “pessimi rapporti” fra l’attrice-cantante e il regista dovuti alle “bizze” di Bjork e al suo carattere difficile. Ora, dopo anni, mille premi e ovazioni al regista, si scopre che il “carattere difficile” propagandato dalla stampa era solo dovuto al fatto che Bjork non voleva farsi trombare dal tanto osannato regista. Adesso leggo che il Weinstein aveva delle protezioni potentissime, il che non depone proprio a favore della stampa ma spiega qualcosa. Ma tutti gli altri? Possibile che Lars Von Trier avesse tanto potere da far scrivere che la stronza era la cantante? Non ci credo. Più facile che alla fine tanti, anche nella stampa “illuminata” che credo di leggere io, ci fosse l’idea che alla fine sono tutte “attricette”, un po’ troie di per sé, che altrimenti avrebbero fatto lavori meno sporchi, una visione ottocentesca insomma.

Di tutta questa storia mi sembra risulti che, quelli che dovrebbero comporre la classe “intellettuale” della nostra società, siano in realtà una manica di mezze seghe. Guarderò con occhi molto diversi il cinema e la televisione.

[2017-10-04 mer] La lotta alla pirateria e gli abitanti del pianeta di Vega   Politica Musica P2P

Anni fa provai a scaricare dal p2p il nuovo disco di un cantante interessante della mia città ma quando ci riuscivo quello che ottenevo era una musica che non era evidentemente del cantante in questione (anche perché era cantata in inglese). A quei tempi leggevo che quella era una “strategia” dei proprietari dei contenuti contro il p2p: mettere in circolazione copie fasulle della musica.

Già allora mi sembrò una cosa talmente demente che a malapena riuscivo a crederci: davvero un artista locale e dal successo meno che relativo pensava di difendere la propria creatività distribuendo la musica di altri (quali fossero) come propria? Così a naso, quanti musicisti vedrebbero bene essere “distribuiti” al posto del White Album dei Beatles, di un qualche disco di Miles Davis?

E oggi ci stavo ripensando e mi è venuta questa immagine: ma se gli abitanti di Vega, appassionati di musica che ci ascoltano usando le trasmissioni dall’iperspazio, avessero voluto ascoltare il disco di cui si parlava tanto sulle riviste musicali dove lo avrebbero cercato? Sui canali p2p ovviamente, era il canale largamente più usato dagli esseri del terzo pianeta di quel sistema solare. Bene, lo scaricano, lo ascoltano e scoppia una tale isteria di massa per quel disco che alla fine si decidono e organizzano un rapimento per portare l’artista su Vega perché alla fine riscuota il successo che si merita. Fatto il rapimento, organizzano il concerto e cosa si trovano ad ascoltare? Una musica che non c’entra niente con quella dell’isteria collettiva? Che dovrebbero pensare gli abitanti di Vega?

[2017-09-16 sab] I concerti del Fringe Jazz Festival a Firenze   Concerti Musica Firenze

Era tanto che la mia città non mi procurava tanto godimento musicale in così pochi giorni: questa rassegna, sia pur con tanta sfortuna e un po’ di disorganizzazione, mi ha fatto sentire quattro concerti dei quali uno molto interessante e nuovo, uno interessante ma già sentito, uno che sembrava fichissimo che però è stato interrotto troppo presto e uno invece che non mi è piaciuto.

Pipon Garcia Trio al Santarosa Bistrot

Bellissimo concerto, seppur breve (anche perché ho visto solo la prima parte): contrabbassista interessante anche se poco presente come volume, cantante che più che rappare salmodiava in modo però efficace ed interessante e soprattutto un batterista che, oltre a suonare la batteria in modo molto interessante, manovrava degli effetti elettronici che rendevano il suono del gruppo veramente completo quasi come un gruppo completo. Molto bellino, peccato non riuscire a trovare niente da ascoltare a casa.

Simone Graziani pianista Sala Vanni

Gruppo molto giovane che non conoscevo che però suonava in modo abbastanza scolastico tanto che sembrava un po’ un saggio di jazz di un conservatorio. Anche la musica era decisamente poco interessante perché era un po’ una musica che suonava tanto “intellettuale” quanto vecchia, direi anche paludata. Sono andato via prima della fine dell’ultimo brano e qualcuno (Claudio dei Sirrandha) che invece è rimasto fino all’ultimo mi ha detto che questo ultimo brano era molto valido. Comunque quello che ho sentito proprio non mi è piaciuto.

Nico Gori al NOF

Ho sentito Nico suonare tante volte ma mai in una situazione intima come questa: piccolo locale, gruppo composto da batterista interessante anche se niente di trascendentale, tastierista invece più interessante ma tutto era sovrastato dalla tecnica eccezionale di Nico che ha suonato i suoi sax benissimo ma soprattutto ha presentato un clarinetto fantasmagorico.

Riccardo Petrella trio 70’s al Night Towers

Peccato per la pioggia che ha interrotto il concerto dopo pochi minuti perché la situazione sembrava veramente interessante. Avevo già sentito questo gruppo tempo fa al Girone e mi era piaciuto tantissimo. Questa sera però avevano preparato una scenografia veramente suggestiva: i tre musicisti suonavano ognuno in cima a tre torri alte una decina di metri poste ai vertici di un triangolo di venti metri con il pubblico che doveva stare nell’area del triangolo, il tutto montato sulla spiaggia sull’Arno davanti alla torre di San Niccolò. Non credo che mi ricapiterà mai più di vedere una cosa del genere.

[2017-09-10 dom] Maciste contro tutti 25 anni dopo a Prato   Concerti Musica

Non sono mai stato interessato alle celebrazioni dei momenti “decisivi” del passato nell’arte e quindi ho sempre evitato di andare a concerti celebrativi. Per questo ho fatto un’eccezione perché ero curioso di vedere come stessero i musicisti che allora mi dettero una scossa fortissima facendomi apprezzare ancora di più la “nuova” musica italiana di allora: in verità allora erano già alcuni anni che avevo riscoperto la musica italiana contemporanea grazie prima ai Gang e poi agli Afterhours. Inoltre non sono mai stato un amante dei CCCP anche se avevo apprezzato alcune cose loro.

Però i CSI di Ko de mondo e in generale quello che venne fuori da Maciste contro tutti mi è piaciuto immensamente, anche come concerti: il festival di Maciste contro che si tenne due anni dopo il primo al Cencio’s con i Marlene Kuntz e il cambio palco istantaneo alle spalle del pubblico con i CSI resta uno dei concerti della mia vita.

Quindi ho deciso di andare a vedere questo concerto che celebrava l’inizio di tutto ciò.

Alla fine bellino ma…..

Innanzitutto pesava come un macigno l’assenza di Giovanni Lindo Ferretti che, al netto delle sue prese di posizione politica più o meno discutibili (ma quando le prese di posizione politica non sono discutibili?), era sicuramente l’animale da palco più significativo di tutti.

E in effetti quella che sul palco della serata brillava di luce propria era Ginevra De Marco che allora era abbastanza in ombra ma che invece in questi anni è riuscita a farsi una carriera estremamente interessante.

Massimo Zamboni, Giorgio Canali, Gianni Maroccolo ganzi ma alla fine poco significativi su un palco anche se grandi musicisti.

Fatur solo nostalgia.

Oltre a loro c’erano Angela Baraldi, che mi ha detto poco, Francesco Di Bella, ex dei 24 Grana, proprio bravo, e altri che mi hanno detto poco.

Abbiamo cantato e ci siamo sentiti vecchi, non c’era niente di nuovo ma neanche voleva esserci. Scusatemi ma io sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo!

Il concerto era previsto proprio nell’auditorium del museo Pecci dove si tenne 25 anni fa ma per la pioggia è stato spostato in un teatro del centro di Prato.

[2017-09-05 mar] Storia ganza da American Gods di Neil Gaiman   Storie Letteratura NeilGaiman

Hinzelmann raccontò la storia della tromba di suo nonno che un giorno aveva provato a suonarla durante una gelata, ma davanti al fienile dov’era andato a esercitarsi faceva così freddo che non uscì nemmeno una nota.

«Tornato in casa appoggiò lo strumento vicino alla stufa a legna. Ebbene, mentre tutta la famiglia dormiva, di colpo le note congelate cominciarono ad uscire dalla tromba. Mia nonna si è spaventata a morte.»

[2017-08-26 sab] Quello nel mezzo   Firme

Prima non c’eri, dopo non ci sarai più: quello nel mezzo è importante.

[2017-08-26 sab] Gli Zen Circus e Fast animals and slow kids a Empoli   Concerti Musica

In verità ho poco da scrivere perché gli Zen Circus li ho visti talmente tante volte che ormai sono una cosa assodata: diciamo che mi hanno confermato che l’inserimento del quarto elemento alle chitarre ha dato la possibilità al cantante di divertire e divertirsi di più. Bravi.

I Fast animals and slow kids mi sono piaciuti ma niente di che perché il genere rock tutto muscoli e impattone sempre alla ricerca delle cantate del pubblico mi annoia un po’. Bravi ma destinati per quel che fanno adesso a rimanere dei supporter.

[2017-08-18 ven] Jaka al festival a piedi nudi Santa Luce   Concerti Musica

Grandissimo concerto di musicisti veramente amanti della musica che fanno, del contatto con il pubblico, capaci di divertire con un registratore, due luci e tanto carisma.

Prima del Jaka c’è stato un gruppo molto casalingo che faceva ska con una trombonista apparentemente alle prime armi ma interessante e una cantante con tanto carisma e una bella impostazione. Peccato non ricordare il loro nome.

Insieme al Jaka c’erano “solo” il Generale e Ludus Pinsky, senza gruppo ma solo un registratore con le basi e tutto questo è bastato per fare un monte di musica divertente. Ovviamente Jaka è il fuoriclasse del gruppo perché le sue canzoni sono state largamente quelle più orecchiabili e riesce sempre a coinvolgere il suo pubblico. Gli altri due sono più “rudi” ma comunque una forza.

Grandissimi!

E ancora

[2017-08-01 mar] Paolo Benvegnù a Castagno di Piteccio per il festival A piedi nudi   Concerti Musica

È stata una serata interessante e molto intima: il posto era la stazione di Castagno della linea ferroviaria Pistoia - Porretta, ovviamente chiusa a quell’ora visto che eravamo praticamente seduti sui binari. Palco piccolissimo e organizzazione molto familiare, tanto che ad esempio c’era un banchetto con il mangiare piccolo piccolo che sembrava più adatto ad una festa familiare. Tanto pubblico per la situazione, diciamo sessanta persone che davano l’impressione di voler partecipare ad un raduno hippy. Sul palco Paolo si è alternato con uno scrittore che declamava brani di suoi libri che è stato interessante solo quando ha fatto un po’ di rime per bambini efficaci.

Paolo Benvegnù ha suonato da solo con solo una chitarra ed è stato bravissimo anche se non ha fatto nessuna canzone dell’ultimo disco lasciandomi a bocca asciutta visto che quel disco mi è piaciuto tanto. Quello che ha suonato però è stato suonato con tecnica anche scenica notevole e tanto carisma anche se ha tenuto un tono volutamente dimesso.

Bellissima serata.

[2017-07-12 mer] Erykah Badu a Lucca   Concerti Musica

Più che un concerto è stato un coito interrotto perché prima di lei ha suonato Mary J. Blige e quindi il concerto è cominciato tardissimo e io avevo deciso stupidamente di andare in treno invece che in automobile e quindi dopo pochi minuti sono dovuto partire.

In generale ho deciso un’ulteriore volta che il concerto tipo “super piazza piena di gente” non fa più per me perché trovarmi a guardare il concerto da decine di metri separato dal palco da settori a prezzi diversi e transenne, guardando più gli schermi giganti che gli artisti proprio non mi piace. Erykah Badu si è dimostrata un’artista notevole perché ha esplicitamente chiesto durante il concerto alle (decine di) guardie presenti fra il pubblico di far avvicinare le persone indipendentemente dal settore, provocando un po’ di casino ma tanta simpatia.

Di Mary J. Blige ho poco da dire perché invece con lei ero lontano e comunque non mi piaceva la musica che ha suonato, soul tutto muscoli e vocioni che proprio non mi dice niente. Oltretutto sul palco erano veramente tutti vecchi: forse un chitarrista ha suonato qualcosa di significativo ma per il resto me ne sono già dimenticato.

Quel poco di concerto di Erykah Badu che sono riuscito a sentire invece mi è piaciuto: tanti musicisti giovani sul palco, un bel suono, Erykah con molto carismatica al centro con una mise molto particolare che probabilmente sarebbe cambiata durante il concerto e con un monte di strumenti elettronici intorno, batteria, percussioni, basso e vocalist. Poi sono dovuto venire via….

[2017-07-09 dom] Gli Austra a Chiusi   Concerti Musica

È stato un concerto strano, una cosa che non avevo mai visto prima.

La situazione era molto carina perché eravamo in una piccola festa paesana, con l’aria da sagra dove era tutto molto familiare e alla buona. Oltre a un ottimo ristorante c’erano un po’ di banchetti dove vendevano dischi e libri usati, un banchetto che vendeva delle vecchie cassette musicali che contenevano poster disegnati ispirati a dischi famosi, idea che avevo trovato anche su una rivista musicale, e un altro di poster ispirati a concerti (di questi era molto bellino quello del concerto dei Jaga Jazzist).

Il palco era molto bello ma il pubblico era veramente scarso, diciamo cinquanta persone.

Prima degli headliner ci sono stati un gruppo italiano molto amatoriale “a la Cure” che possiamo dimenticare e Wrongyou (non sono sicuro del nome) un cantautore romano interessante che faceva roba alla primo Springsteen con un gruppo dietro formidabile: non lo conoscevo ma dopo mi sono informato e ho scoperto che è coperto da etichette mainstream ed è anche abbastanza conosciuto. Bravo, interessante anche se forse un po’ troppo ruffiano.

Poi hanno cominciato gli Austra e qui è stato lo strano. Hanno cominciato con i singoli da lancio del disco nuovo per poi rifare tutto il disco con poche aggiunte da quelli precedenti. Gli strumenti erano la batteria, un chitarrista-tastierista, un tastierista e la cantante che suonava anche le tastiere: in verità però ho avuto spesso la sensazione che gran parte della musica fossero basi registrate e che spesso tutti, tranne la batterista, facessero finta di suonare. La cantante ha ottime interpretazione e intonazione e anche presenza sul palco anche se, come anche tutti gli altri, sembravano un po’ freddi, forse a causa del pubblico scarso. In generale alle volte sembrava che si divertissero a provocare più che a suonare. Direi che non mi sono particolarmente piaciuti anche se forse ci dovremo abituare a questo tipo di concerti suonati soprattutto con basi registrate.

[2017-05-23 mar] Bellissimo concerto del trio di Gianluca Petrella al Girone   Musica Concerti

Devo ricominciare ad andare a vedere concerti jazz e devo ricominciare anche ad ascoltare questa musica sia perché le altre musiche attraversano un periodo che non riesce tanto ad interessarmi, sia perché invece un certo jazz mi sta piacendo sempre più.

E questo concerto di Gianluca Petrella (trombone), Michele Papadia (tastiere) e Francesco Tamborrino alla batteria me lo ha confermato ancora una volta.

Palco pieno di strumenti acustici ed elettronici che si trovavano proprio bene insieme, una musica che ha avuto momenti esaltanti, rimanendo sempre abbastanza “classica” (i soli ad esempio erano quasi sempre molto orecchiabili) ma assolutamente mai noiosa con sfoggi virtuosistici limitati alla godibilità. Una nota interessante è che tutti e tre i musicisti erano più giovani di me che nell’ambito di questa musica non è una cosa tanto comune.

Troppo ganzo e in effetti anche la gran quantità di pubblico lo ha confermato.

Forse l’unica nota “strana” è stato il comportamento di Petrella che all’inizio sembrava molto scocciato verso gli altri due del trio mentre poi alla fine del concerto sembrava un po’ fuori di sé per ragioni “chimiche”.

Splendida serata!

[2017-02-28 mar] Bella intervista al filosofo Luciano Floridi su L’espresso   Media

Purtroppo non riesco a trovare un link ad un formato elettronico ma questa intervista a questo filosofo Luciano Floridi è veramente interessante. Solo un estratto:

Ancora, dobbiamo fare attenzione a cosa intendiamo per “cultura”. Qualche definizione aiuta. Informazione uguale domanda più risposta; incertezza uguale domanda, ma senza avere la risposta; ignoranza è non avere neanche la domanda. Ecco, la cultura è ciò che fa passare dall’ignoranza all’incertezza; noi invece pensiamo sia il passaggio dall’incertezza all’informazione. Non è così. È quando finalmente sei in grado di porre le domande giuste che sei una persona acculturata.

[2017-02-28 mar] I miracoli   Firme

La caratteritica principale dei miracoli è che non accadono.

[2017-02-05 dom] La lingua di pattumiera   Media

Bell’articolo de Il Sole 24 Ore

Un estratto alla fine:

In un mondo in cui tutte le notizie si leggono in Rete e i quotidiani arrivano sempre tardi, per non parlare dei settimanali, sembra essere questo uno dei possibili destini dell’informazione a pagamento: questo slavato opinionismo dei buoni sentimenti che «tiene desta l’indignazione», inevitabilmente ricorrendo (il tempo è poco, i fatti sono noti, il pathos non dispiace mai) a una «forbita lingua di pattumiera».

[2016-12-17 sab] The Zen Circus alla Flog   Concerti Musica

Anche questo un gran bel concerto a seguire un gran bel disco e dire che è il quarto disco consecutivo azzeccato è proprio un bel sentire.

Anche dal vivo si sono confermati quello che avevo già visto: l’aggiunta di un altro chitarrista ha fatto diventare il concerto anche più colorato.

Le canzoni rendono come sul disco e quindi bene.

Il pubblico c’era tutto quello che poteva entrare e ha partecipato tanto.

Però, c’è un però che sta nel fatto che forse questa formula mi ha cominciato a stancare: musica ganza suonata benissimo ma sempre allo stesso modo da quattro dischi a questa parte forse chiede un qualche cambiamento che ora proprio non saprei indicare.

[2016-11-25 ven] Cosmo alla Flog   Concerti Musica

Un monte di concerti in questo periodo, di tanti generi ma la gran parte di musicisti italiani.

Cosmo è stato ganzo anche se non è proprio quello che mi aspetto da un concerto però è stato stimolante: praticamente un solo musicista sul palco, un computer o quel che era, che veniva comandato da Cosmo stesso solo per avviare le basi. Oltre a Cosmo sul palco c’erano altri due ragazzi (definirli musicisti è un po’ troppo) che si affannavano a suonare dei tamburi che non sembravano neanche amplificati e a fare coretti poco significativi.

Però le canzoni erano ganze, anche se esattamente identiche al disco.

Oltre a questo c’era un pubblico molto appassionato che proprio non mi aspettavo anche se qualche sua canzone era stata usata come sigla di un qualche programma radiofonico o televisivo, non so bene.

Bel concerto ma da rivedere con musica e impostazione diverse.

[2016-11-22 mar] I Jaga Jazzist al Santeria Social Club di Milano   Musica Concerti

Concerto strano quello di questa sera: un piccolo locale, un piccolo palco con otto musicisti sopra con un monte di strumenti, chitarre, tastiere, batteria ma anche tromboni, bassi tuba, flauti, clarinetto (basso) e sassofoni oltre ad una montagna di apparecchi elettronici e un bel vibrafono. Tutti i musicisti cambiavano continuamente gli strumenti e in particolare la musicista che suonava il basso tuba suonava anche un trombone rigirato come un bombardino e un flauto mentre il front man ha esagerato perché suonava chitarra, effetti, un dobro, il clarinetto basso, un sassofono tenore (forse il suo strumento d’elezione all’ascolto dei soli fatti) e un sassofono sopranino

Fra i musicisti il batterista ha fatto veramente un gran lavoro praticamente da solista molto tecnico e interessante ed è stato anche l’unico che ha interagito con il pubblico.

Il bassista è stata una scoperta perché all’ascolto dei dischi mi è proprio sfuggita mentre dal vivo ha suonato proprio tanto.

Infine una nota per il trombonista che mi è piaciuto proprio tanto ma forse solo perché sono di parte :-)

Andando alla ciccia della musica la cosa è stata un po’ a due facce: tecnicamente sono stati notevoli e l’effetto è stato notevole però la cosa era molto, forse troppo, organizzata e quindi il tono era un po’ freddo; inoltre gli strumenti suonavano sempre tutti insieme praticamente e quindi il suono era forse sempre un po’ troppo carico e uguale a se stesso.

Di conseguenza le canzoni conosciute erano emozionanti perché “le sapevi” ma quelle non conosciute mi hanno lasciato un po’ freddo.

Molto interessante anche l’organizzazione del palco: pochissime luci “normali” mentre tutto il palco era riempito da pali luminosi che cambiavano colore e che davano veramente un bell’effetto.

C’è stato un piccolo problema proprio all’inizio perché è scattato il generale e si è spento tutto il palco.

[2016-11-12 sab] Nada e gli …A toys orchestra alla Flog   Concerti Musica

Sono andato a vedere questo concerto per vedere gli …A toys orchestra ma sono stato fregato perché il concerto era della sola Nada con il gruppo solo come musicisti.

Nada è stata interessantissima perché vedere una cantante della sua età con una tale voglia di andare a giro a cantare canzoni vecchie e nuove fa tanto bene al cuore però proprio non è il mio genere.

Gli …A toys orchestra sono però davvero un gran gruppo!

[2016-10-04 mar] La mia plebeità   Personale Informatica Ninux Flug Letteratura

Oggi ho finito un bellissimo libro, “L’amica geniale” di Elena Ferrante. Nell’ultima scena la protagonista principale del racconto si rende conto che, nonostante i suoi successi scolastici, le persone che le sono vicine continuano a considerarla facente parte della “plebe”, facendole sempre pesare la sua provenienza da un quartiere povero, da una famiglia povera e quindi non danno peso ai suoi successi.

La cosa mi ha fatto un po’ riflettere sul rapporto che anche io spesso mi trovo a dover gestire con le persone, non tutte ma molte, degli ambienti in cui mi muovo come quello dell’informatica, in particolare, ma anche della musica: nonostante siano anni che mi ci muovo all’interno e che ci faccia un monte di attività, alla fine mi viene sempre presentato un po’ il fatto di non essere un vero “informatico”, un ingegnere, uno dell’ambiente. Posso sbattermi quanto mi pare, riuscire ad organizzare tutti i gruppi e le esperienze anche le più difficili, a conoscere tutte le persone che mi pare ma in ogni caso qualcuno trova sempre il modo di farmi capire che le mie limitazioni tecniche e teoriche sono insuperabili e che quindi il mio contributo è superfluo. Faccio parte della plebe.

È una cosa che ogni volta mi lascia di stucco perché da parte mia non c’è mai l’interesse a prendere il palco al posto di chi sa ma solo quello di preparare il palco perché chi sa possa spiegare e questo alle volte comporta che io parli dal palco, cosa che però faccio sempre poco volentieri. Però conosco un monte di persone, molte di queste mi considerano bene e quindi quando le invito vengono e spesso invitano me, vado in un monte di posti e soprattutto ascolto tantissimo sempre e quindi alla fine mi trovo spesso nella condizione di essere il perno di tante situazioni e questo evidentemente disturba.

Nella musica questo succede meno perché quello è un ambito in cui le mie lacune tecniche sono veramente un handicap perché lì si tratta veramente di saper o non saper fare mentre l’aspetto “organizzativo” è secondario quindi diventa meno necessario farlo presente. D’altra parte nella musica a me piace salire sul palco e me ne strafrego di non essere il più bravo perché quello che faccio lo faccio sempre e solo per il mio piacere di esibirmi. La situazione è esattamente speculare.

[2016-09-09 ven] I Sunn O))) al Labirinto della Masone a Fontanellato, Parma   Musica Concerti

Non avevo mai visto né sentito niente del genere. Alla fine è stata una serata assolutamente speciale e probabilmente non vedrò mai più niente del genere anche perché nell’economia della serata la musica di per sé ha funzionato solo come “ingrediente” insieme ad altri parimenti importanti. Questo per non dire fondamentalmente che la musica era praticamente inascoltabile ;-)

Il tema della serata, rispettato fortemente, era il “Finis Mundi”.

Fra i vari ingredienti è molto importante il luogo in cui si è svolto il concerto. Il Labirinto della Masone è stata la sede di una casa editrice fallita alcuni anni fa ed è una struttura architettonica molto speciale: due palazzi rossi con cortile interno, dei quali il più piccolo, quello dove si è poi tenuto il concerto, è circondato da un labirinto molto esteso fatto con piante di bambù. Il tutto isolato nella campagna padana.

All’ingresso del palazzo c’era un banchetto dove vendevano magliette speciali per l’evento e delle scatoline, anche queste con il marchio della serata, molto belline che contenevano tappi per le orecchie che si sarebbero dimostrati importantissimi.

Quando siamo arrivati nel cortile del primo palazzo è stato proiettato un video su tutte le sfighe del mondo futuro in ordine di pericolo (per curiosità la cosa più pericolosa era secondo il regista l’avvento dell’intelligenza artificiale): il video era proiettato su uno sfondo di teli semitrasparenti ad altezze diverse dando così un effetto tridimensionale molto suggestivo. Prima di questo c’era stata un’esibizione di tamburi giapponesi che però non abbiamo visto.

Dopo ci hanno indirizzati verso l’ingresso del labirinto: la situazione era incredibile perché ci siamo trovati a camminare in questo labirinto nel quale la via giusta era indicata da delle lanterne che rischiaravano appena un buio pesto (non c’era neanche luna) e da alcuni commessi con maschere da medico veneziano del 1600. Dopo il giro nel labirinto ci hanno fatti entrare nel palazzo interno la cui entrata era immersa nel fumo, che sarà poi una presenza costante di tutta la serata.

Il palco era all’interno del cortile, molto “casa romana” con in fondo però una piramide molto suggestiva, che anche questa avrà la sua importanza nel concerto.

Dopo un po’ di attesa, durante la quale abbiamo ingaggiato una lotta furibonda con il commesso del gruppo per comprare un paio di magliette per i figli in una calca infernale è cominciato il concerto.

Ed è cominciata la Fine del Mondo!

L’inizio è stato fulminante perché all’improvviso hanno acceso dei faretti che illuminavano il cantante, completamente vestito con una tunica da monaco che gli nascondeva anche il viso (tenuta comune anche a tutti gli altri musicisti) sopra ad un tettuccio su un lato della piramide che ha cominciato a salmodiare in modo estraniante ma molto suggestivo. Poi hanno cominciato a “suonare”: due chitarre stra-effettate suonate con soli lunghi accordi, uno musicista agli effetti tipo moog e un tastierista: il cantante è arrivato poco dopo. Suonare è fra virgolette perché quello che veniva fuori era una barriera di rumore potente: le chitarre erano suonate con lunghi accordi con effetti di delay e compressori (non me ne intendo e quindi vado un po’ a senso), gli effetti erano continui e insistiti, le tastiere erano sicuramente suonate ma il loro effetto era nascosto nel rumore potente. L’unica nota “acustica” era un trombone (fra l’altro lo stesso modello del mio) che è stato suonato per qualche minuto dal tastierista.

I musicisti sul palco salivano e scendevano a seconda che suonassero o meno.

L’effetto era aumentato dalle luci fisse che venivano cambiate solo nei colori da caldi rossi e arancioni a freddi blu e viola, il tutto sempre immerso in un muro di fumi che coprivano anche completamente il palco e che venivano sparati anche in mezzo al pubblico.

Il pubblico era estremamente interessato, almeno quello che è riuscito a rimanere e non ha fatto come la persona che era con me che se n’è andata quasi subito, scelta condivisa con molti.

Una serata incredibile per il gioco di tutti gli ingredienti.

[2016-09-05 lun] I Gatti Mezzi all’OffBar di Firenze   Musica Concerti

Concerto di presentazione dell’ultimo disco in un posto molto bellino.

I problemi però erano svariati:

  • la musica del disco nuovo è carina ma resta poco attaccata contrariamente ai dischi precedenti;
  • la performance dal vivo non era male anche se il palco era davvero misero, piccolo e bassino. Il gruppo è decisamente affiatato, suona bene ed è oltremodo simpatico e quindi alla fine godibile;
  • però il problema peggiore è stato il pubblico. Il concerto era gratuito e all’aperto e quindi la gran parte del pubblico non era lì per la musica ma per chiacchierare o peggio per urlare “Pisa merda” proprio sotto il palco e quindi alla fine sono riuscito a sentire proprio poco.

Peccato perché forse sarebbe stato interessante.

[2016-09-03 sab] Il festival della mente 2016

Anche quest’anno, per il terzo anno consecutivo, sono tornato a Sarzana per il Festival della Mente perché mi piace seguire conferenze di “esperti” nei campi che mi interessano. La cosa interessante di questa manifestazione è che vengono invitati sempre o quasi personalità che non conosco perché non fanno parte del mio giro ma sono più di un giro più “professorale”e accademico e anche un po’ “pop”, quindi professori universitari, scrittori di libri, spesso anche di successo e cose così.

Come livello di organizzazione questa manifestazione è paragonabile al Chaso Computer Congress anche se: qui l’età media è molto più alta, sono presenti molte più femmine, l’ambiente è decisamente più “buona società di sinistra”, direi radical chic se ho capito bene questa espressione e di conseguenza questi sono gli argomenti affrontati e soprattutto il livello è sempre più introduttivo, direi alla quark.

Domenique Cardon - A cosa pensano gli algoritmi

Conferenza (tenuta in francese con traduzione istantanea) poco interessante fino che alla fine ha dato qualche illuminazione sull’evoluzione del controllo da parte dei cosiddetti “big data”.

All’inizio però un paio di nozioni interessanti:

  • il 95% degli internauti si concentra sullo 0,03% dei contenuti di internet;
  • la parola algoritmo è quella usata dagli informatici quando non vogliono dire quello che fanno.

In tutta la conferenza ha voluto suddividere i tipi di algoritmi che controllano i contenuti di internet in quattro tipi indicandoli (non ho capito però bene il senso dei nomi) come “su”, tipico di google perché centralizzato sullo studio dei link che si scambiano i siti e da quello facendo derivare l’autorevolezza della risposta, “accanto” (che proprio non ho capito), “dentro”, tipica invece di facebook in cui si studiano e si usano i rapporti fra gli individui e l’immagine che ognuno dà di sé.

Infine il tipo “sotto” in cui si usano i comportamenti “reali” degli utenti (usando l’esempio di amazon), registrandoli anche usando gli aggeggi che ci portiamo dietro a partire dai cellulari, per “prevedere” quelli che saranno i nostri comportamenti futuri.

Quindi questi nuovi algoritmi bypassano le suddivisioni sociologiche tradizionali, basate su vecchie categorie come sesso, età, territorio, idee politiche, rendendole di fatto obsolete e inutili e cercano di misurare ognuno di noi esattamente per quel che siamo, facciamo e vogliamo. Il “problema” quindi secondo Cardon (anche se, forse per mancanza di tempo, non ha spiegato perché questo dovrebbe essere un problema anche se lo posso intuire) è che per poter fare questo le macchine devono elaborare così tanti dati in modo completamente automatico che quello che viene fatto diventa completamente incomprensibile anche per i progettisti degli algoritmi sfuggendo così a qualsiasi controllo.

In questo modo però, e qui la cosa è diventata realmente interessante, è che ognuno di noi diventa responsabile dei dati che lascia dietro e quindi dell’“idea” che le macchine si fanno di noi.

E quindi (ma anche qui non ha spiegato perché) dovremmo cercare di falsificare per quanto possibile questi dati tradendo le nostre abitudini con comportamenti che le macchine non si aspettano.

[2016-08-27 sab] Gli Afterhours a Empoli   Musica Concerti

Gran bel concerto con un gruppo ormai decisamente rodato e con un repertorio in grado di coprire ore di concerto sempre rimanendo ad altissimo livello.

Probabilmente l’ho già scritto ma non importa perché notare che questo è sicuramente il gruppo che ho sentito più volte nella mia vita e sempre in situazioni differenti e a diversi stadi della loro carriera: dal palchettino di dieci centimetri alla Festa dell’Unità locale al teatro Comunale di Firenze e sempre con un livello di interesse altissimo.

Anche questa sera mi hanno divertito anche perché il disco nuovo ha tante belle canzoni che sembrano fatte apposta (e forse lo sono) per suonare bene dal vivo, canzoni che, classicamente, sono state suonate all’inizio del concerto e anche riprese più avanti.

Un monte di gente di età fra i trenta e i quaranta anni sempre molto attenta.

L’unica nota leggermente negativa è che non riuscivo a capire “il senso” della scaletta, forse perché non ascolto da un bel po’ i dischi precedenti.

Solo che a questo punto non ho più né voglia né necessità di ascoltarli ancora.

[2016-08-15 lun] Il concerto di Chelsea Wolfe o povero il mio metallo   Musica Concerti

Non ricordo se l’ho già scritto e in ogni caso lo ripeto: il metal, la musica veloce e violenta è stata quella che mi ha spinto ad ascoltare “le cose difficili” che poi invece riuscivano ad appassionarmi.

Il metal che poi è diventato una sorta di “meta-genere” perché a forza di sotto generi, sperimentazioni e chissà cos’altro è diventato un pozzo dal quale tanti musicisti attingono suoni, atteggiamenti, effetti, impostazioni per farci altro.

E ieri sera ho visto uno splendido concerto in cui il metal veniva usato per raccontare visioni di inferno e disperazioni varie, usandolo ma travisandolo completamente. Ed è stato bellissimo ed emozionante.

Chelsea Wolfe si è presentata con un gruppo quasi completamente elettrico, chitarra, basso, batteria e la sua chitarra: oltre a questi solo un po’ di sampler e un minimo di tastiere. E con questi strumenti ha ricreato perfettamente le atmosfere dei suoi dischi che conosco facendo un concerto potentissimo sia per i suoni, veramente ben curati sia per la presenza scenica. Forse l’impianto luci era un po’ troppo esagerato e alla fine anche poco utile perché la musica era più che sufficiente a trasmettere tutto quello che c’era da dire però era veramente l’unico neo.

Una nota sul pubblico: il festival musicaW è veramente molto bellino e lo spazio era veramente carino e tutto il pubblico ha partecipato con talmente tanto interesse che in pochissimi facevano video e fotografie con i cellulari mentre pareva diventata la norma vedere praticamente i concerti attraverso i monitor. E questo nonostante che questo fosse il primo (o secondo, non ho ben capito) di Chelsea Wolfe in Italia. Insomma un pubblico molto attento e forse anche competente. L’età variava dai 25 ai cinquanta.

Oltre a Chelsea Wolfe hanno suonato un paio di gruppi e un “producer”, tutti sinceramente poco interessanti.

[2016-08-10 mer] I governi che non riescono a nascere   Politica

Stavo riflettendo sulla questione del governo spagnolo che non riesce a nascere nonostante due elezioni consecutive che hanno visto un sostanziale pareggio fra i principali partiti (e la stessa cosa è successa tempo fa anche in Belgio ed è anche lì andata avanti per più di un anno) e pensavo che la cosa è veramente “strana” perché il primo lavoro delle forze politiche dovrebbe proprio essere quello di cercare il compromesso per governare; e mi dicevo che questa classe politica è veramente incapace.

Poi invece mi è venuto in mente che forse non è semplicemente così e che forse il problema è leggermente diverso: l’esercizio del potere, quello reale, effettivo, si è spostato via via dalla classe politica derivante dalla lotta partitica “popolare” che ha il supremo atto nelle elezioni politiche ad una classe burocratica che ha pochissimo a che fare con questa classe politica e che soprattutto non deve risponderle.

Questo comporta due cose: che alla fine anche senza un governo centrale “forte” un grande paese come il Belgio o la Spagna possono funzionare quasi regolarmente. E di conseguenza i partiti politici non hanno la convenienza a “sporcarsi le mani” con alleanze e compromessi ma gli conviene puntare solo a vincere le elezioni cercando di dare agli elettori un’immagine di “determinazione” e di “attaccamento alle proprie idee”, lasciando poi che la gestione del potere resti dove sta.

[2016-07-24 dom] Due citazioni sulla morte dell’industria culturale   Politica P2P Musica Letteratura

Sto leggendo il libro Free di Steven Witt che racconta la storia della diffusione dell’mp3 e la conseguente morte dell’industria musicale così come l’abbiamo conosciuta fino al millennio scorso. La lettura è oltremodo interessante anche perché è un fenomeno che posso dire (e ho detto più volte) di aver vissuto in prima persona anche se non sono del tutto convinto dell’impostazione del tipo “la rivoluzione l’hanno fatta pochi geni”, molto nord-americana anche perché, avendola vissuta dal vivo ho visto tantissimi piccoli attori che hanno partecipato molto attivamente.

Però c’è un passaggio che sento proprio mio, parlando dei “sacerdoti del mixer”, cioè i tecnici del suono che denigravano gli mp3 per la “scarsa qualità”:

Anche ammettendo che i sacerdoti del mixer avessero ragione sulla qualità, non aveva niente a che vedere con le vendite. Fino a pochi anni prima, sentire musica a casa significava mettere vinili graffiati su un giradischi da due soldi, e sentirla in movimento significava portarsi una radiolina gracchiante in spiaggia. L’mp3 di certo era meglio di entrambe queste cose. Il grosso del pubblico non si curava gran che della qualità, e l’ossessione di ottenere un suono perfetto per sempre era un primo segnale che l’industria discografica aveva smesso di capire i suoi clienti.

E anche a me tante volte mi sono venuti a dire che “l’mp3 si sentiva da schifo” ma me lo dicevano sempre “amanti dell’hi-fi” che arrivavano al massimo a The Dark Side Of The Moon e da allora non avevano più comprato un disco e a me venivano in mente gli impianti da automobile, o peggio ancora, la mia vasta collezione di cassette registrate in modi molto vari e pensavo: voi non contate niente.

Sempre rimanendo nell’argomento, ho cominciato a leggere questo libro su indicazione del numero di questo mese di Rumore in un servizio che include anche un’intervista a Luca Pakarov il quale ha scritto un libro (che conto di leggere) sulla scena musicale italiana del periodo in questione. In questa intervista c’è un commento interessante che condivido, questa volta sull’industria editoriale (Agenzia X è la casa editrice):

Domanda: Infine, visto che sei al terzo libro e scrivi su più testate, durante il reportage hai trovato analogie tra lo stato dell’editoria e quello della musica?

Risposta: È terribile dirlo ma ci sono talmente tanti parallelismi che temo una chiamata da Agenzia X per un libro sul mondo dell’editoria. Però già sarebbe più semplice, basterebbe cambiare qualche nome e la bibliografia.

[2016-04-16 sab] I Ministri alla Flog   Musica Concerti

Non ero mai riuscito a vederli dal vivo e proprio non mi aspettavo una cosa del genere: il locale era pieno completamente ma soprattutto il pubblico conosceva tutte le canzoni a memoria, erano proprio dei fan anche se l’età, diciamo intorno ai trent’anni, non era proprio quella che ti aspetti quando parli di fan.

Il gruppo di per se ha fatto un bel concerto, ben suonato e ben equalizzato, con un impatto molto più duro di quanto si ascolta nei dischi.

Discograficamente li ho conosciuti tardi e dei dischi che ho ascoltato in verità me ne piace uno solo e sicuramente l’ultimo proprio non mi piace. Dal vivo però le canzoni che ho riconosciuto dell’ultimo disco non sono male.

Bel concerto sicuramente.

[2016-04-15 ven] I Marlene Kuntz alla Flog   Musica Concerti

E così sabato 9 aprile sono tornato a vedere questo gruppo che ho già ascoltato dal vivo tante altre volte, questa volta in occasione del loro nuovo disco.

Gran bel concerto che ci ha fatto ascoltare un buon disco suonato da un gruppo che ormai dal vivo è una certezza. E questa volta non mi è sembrato un concerto inutile (come mi era capitato la volta precedente) anche se non sono più tanto attratto da quelle sonorità.

Proprio a livello di qualità del concerto forse non mi è piaciuta tantissimo l’equalizzazione: in particolare mi è sembrato che il volume della voce fosse troppo basso o forse il cantante era un po’ in crisi con la voce, non so dire.

[2016-03-29 mar] La musica elettronica come prima forma d’arte per automatici?   Musica

È un periodo che ascolto tanta musica creata con strumenti informatici, di quelli che non sono né a fiato né a corda, di quella che “dal vivo” viene suonata dalle “macchine” e che dal vivo usa eventualmente solo la voce come strumento “naturale”.

All’inizio mi sono chiesto cosa sia rimasto veramente di quello che si intendeva una volta come musica, specialmente dal vivo e mi veniva da pensare che alla fine non fosse altro che “banale” playback, musica suonata dalle macchine senza particolare intervento dell’artista.

Poi però mi è venuta in mente l’idea che probabilmente questo è vero ma che non è solo un “banale playback” ma che quella che ci viene proposta in quelle occasioni potrebbe essere la prima forma d’arte “popolare” creata direttamente dalle macchine informatichee per noi, macchine biologiche.

[2016-03-12 sab] La Jon Spencer Blues Explosion alla Flog   Musica Concerti

Un concerto di musica trapassata e quindi modernissima e quindi vecchia: bella frase a bischero che però forse esprime quello che è stato per me questo concerto dove è stata suonata una musica tanto vecchia che è stata di moda ma che non lo è più. Di conseguenza il concerto non è stato inutile perché è stato suonato benissimo, il disco nuovo che è stato presentato è estremamente valido però è già tutto per me abbastanza risentito e soprattutto non è la musica per la quale ora sto pendendo e quindi mi ha lasciato un po’ distaccato.

[2016-02-21 dom] La lunga fila di conoscenti di Facebook   Politica Informatica

È ormai più di un anno che frequento molto saltuariamente il social network più comune. Fu una decisione meditata e resa necessaria dalla necessità di gestire la comunicazione di un gruppo con il quale faccio attività: in verità poi la comunicazione del gruppo è stata scarsissima e alla fine la mia partecipazione a Facebook è stata soprattutto per contatti “personali” e familiari, nel senso che le persone con le quali sono entrato in contatto sono sostanzialmente colleghi e familiari.

Premetto anche che in tutto questo tempo ho inserito soltanto eventi relativi all’attività del gruppo e ho soltanto accettato richieste di amicizia: non ho mai inserito niente di personale e non ho mai richiesto l’amicizia di nessuno.

E oggi mi è venuta in mente un’immagine che rende bene la sensazione che provo quando apro il browser su quella pagina, una lunga serie di conoscenti messi tutti in fila che ti vogliono comunicare un monte di argomenti: chi ti vuole raccontare il pensiero della mattina, chi vuole farti vedere le fotografie della vacanza sulla neve, chi quelle del cane/bambino/gatto/nipote, chi ti chiede la solidarietà per un progetto nel terzo mondo, chi ti racconta l’ultima efferata azione di gruppi di immigrati allo sbando.

Tutti argomenti che di per sé potrebbero essere anche interessanti ma l’immagine di questa fila di conoscenti che ti investono con tutte queste banalità è una mia personale immagine dell’inferno delle relazioni umane, l’incubo delle chiacchiere da ascensore.

È molto probabile che questo sia dovuto al fatto che non ho mai cercato le fonti più interessanti, che mi sia sempre e soltanto limitato ad accettare le persone che mi hanno cercato. D’altra parte il mio tempo è limitato e ho già un sacco di fonti, decisamente troppe, da seguire al di fuori di Facebook che questo per me si è trasformato in un immenso ascensore pieno di conoscenti con le mani piene di fotografie familiari, giornali da commentare e inviti fatti per cortesia.

[2016-02-20 sab] I Cani al Cage di Livorno   Musica Concerti

Gran bel concerto in un gran bel locale: c’è poco altro da dire perché in effetti è tutto andato benissimo.

Il locale è veramente bellino anche se un po’ fuori mano rispetto al centro cittadino.

Il pubblico era decisamente numeroso ed in effetti i biglietti erano andati sold out in forte anticipo.

Il concerto dal punto di vista scenico era abbastanza basilare anche se le scene proiettate alle spalle del gruppo erano decisamente riuscite: in particolare mi ha colpito la scena del mare mosso.

La musica è stata suonata benissimo partendo da un disco veramente riuscito: alcune canzoni sono state stravolte, altre riprodotte fedelmente; non sono state suonate tutte le canzoni dell’ultimo disco e neanche le mie preferite dei dischi passati. Una cosa che mi ha colpito è stato il fatto che la canzone Aurora è stata suonata in maniera molto fedele ma ottenendo un risultato molto diverso a quello che ero abituato: l’esecuzione dal vivo l’ha resa una ballatona super romantica, cosa che proprio non mi ero accorto.

Un bel concerto.

[2015-12-17 gio] Scaricare la posta con mbsync via tor   Privacy Personale Informatica

Ho una configurazione piuttosto complessa per leggere ed inviare la posta, basata su un server casalingo che la scarica da un servizio di mx esterno a pagamento. Visto che mi è necessario leggere la posta da più computer sul server devo usare imap.

Questo mio piccolo articolo riguarda in particolare lo scarico e la lettura della posta usando il portatile.

Sul portatile uso un altro server imap di modo che i vari programmi che uso per leggere la posta leggano sempre attraverso il server invece che accedere direttamente alla mailbox, avendo così una situazione congruente come flag e che altro.

Fino ad oggi avevo usato offlineimap, il quale mi permette di fare la sincronia fra due server imap. Il programma è decisamente valido anche se ha una configurazione estremamente complessa per le mie capacità però con un po’ di fatica ero riuscito a configurarlo e a farlo funzionare decisamente bene. Il suo problema più serio è che ha un problema con la connessione agli hidden service di tor.

E qui entra in gioco il secondo aspetto della questione, la protezione della privacy. Ovviamente non posso considerare un segreto che la mia posta sta a casa mia perché ormai uso questa configurazione da anni però mi è lo stesso conveniente che la mia azione di scaricare la posta non sia direttamente identificabile da chiunque.

Di conseguenza ho creato sul server tor di casa un hidden service che punta al mio server imap e ho cercato un qualche programma che mi permettesse di fare quel che adesso faccio con offlineimap e così ho trovato mbsync e la cosa pare funzionare, per lo meno nelle prime prove che sto facendo.

Ho preso la parte del certificato ssl (che era in formato pem) del server imap (courier) di casa con un editor di testo e l’ho salvato nella directory del portatile in ~/.cert/bbs.imaps.cert

Sono dovuto partire da una maildir nuova perché in quella che già avevo mi venivano un po’ di problemi di identificazione dei messaggi.

Questo è il file di configurazione di mbsync:

Expunge None Create Both

MaildirStore LeandroLocale Inbox ~/LeandroBBs/ Path ~/LeandroBBs/ Trash Trash

IMAPStore LeandroBBs Host hiddenservice.onion User leandro Pass password UseIMAPS yes CertificateFile ~/.cert/bbs.imaps.crt

Channel Leandro Master :LeandroBBs: Slave :LeandroLocale: Pattern * Sync All Create Slave Expunge Both CopyArrivalDate yes

La riga di comando per scaricare la posta è torify mbsync Leandro

[2015-12-13 dom] Le idee che permettono di cambiarle   Firme

Scegli sempre un’idea che ti permetta poi di cambiarla

[2015-09-29 mar] La ricerca su Spotify sulla musica delle persone della mia età (o quasi)   Musica

Leggo sul Mucchio Selvaggio di questo mese che secondo una ricerca condotta sugli utenti di Spotify (quindi roba molto mainstream) questi dopo che hanno compiuto trentacinque anni non ascoltano più musica nuova.

L’articolo continua con una citazione di Luca Castelli de La Stampa:

si tratta di risultati che non fanno che fissare un contorno anagrafico ad un pensiero assai condiviso di fronte all’avanzata delle nuove generazioni: la mia musica era migliore, questa non la ascolto. E che in gran parte spiega anche l’evoluzione socioeconomica di un mercato dove su Youtube sbocciano continuamente e dominano gli artisti e le vibrazioni per teenager (per views Justin Bieber si fa un boccone dei Beatles), mentre nel circuito live - dove si punta alle disponibilità economiche degli over 35 - l’offerta è ben diversa e proliferano i concerti più nostalgici, le reunion, gli show basati su album e canzoni del passato.

[2015-08-31 lun] I Subsonica ad Empoli   Concerti Musica

Ieri sera sono tornato a vedere i Subsonica con un mio amico ad Empoli, al parco di Serravalle. Ho apprezzato questo gruppo relativamente tardi, in particolare dagli ultimi due album anche se poi ho rivalutato anche quelli vecchi.

Anche questa volta sono rimasto di stucco constatando quanto successo abbia questo gruppo: nel mio giro di ascoltatori e nelle riviste che leggo non sono apprezzati tantissimo e quindi ne sento parlare poco però poi ai concerti riescono a riempire grandi arene, proprio come ieri sera. La composizione del pubblico è piuttosto varia anche se io faccio parte dell’età più vecchia.

Il concerto di ieri sera non è cominciato per me al meglio perché mi sembravano un po’ “legati”, mi è sembrato che suonassero, come si dice “un po’ a memoria”. Poi sono riusciti a prendermi e la cosa è nettamente migliorata

Quello che però non ho capito è come mai abbiano dedicato pochissimo all’ultimo disco privilegiando le canzoni dei dischi più vecchi: queste sicuramente sono più danzerecce e probabilmente anche più di successo mentre l’ultimo disco è più melodico però fare un concerto dopo l’uscita di un disco nuovo e non suonare tante canzoni di questo mi è parsa un’idea strana, quasi che non ne fossero convinti neanche loro. A me sicuramente sono mancate. Peggio è andata per il disco precedente perché di questo sono state fatte solo due canzoni.

Alla fine l’effetto un po’ “Canzonissima” dei grandi successi c’è stato, anche dovuto agli effettoni scenici che alla fine erano anche un po’ stancanti.

Comunque un bel concerto che non importa rivedere nei prossimi anni.

[2015-08-18 mar] Un bell’articolo di Wu Ming su Facebook   Politica Informatica

In realtà l’articolo è la pubblicazione di una lettera aperta nella quale una certa Claudia (che non conosco) annuncia il suo abbandono di Facebook. La lettera per quanto riguarda uno scarso frequentatore di FB come me è poco condivisibile ma tutta la sequela di commenti contiene alcune riflessioni interessanti che mi vado ad elencare:

Dalla lettera di Claudia:

Ma ancora più inquietante sono gli estranei che immaginano: quante volte vi è capitato di incontrare dal vivo, in certe situazioni, persone che avevate visto solo sulla vostra Home, e all’improvviso queste persone se ne escono con un’idea di voi che non riconoscete, e vi chiedete: perché questa persona dice questo di me? Ecco, per me il fatto di venire identificata con quello che lascio trasparire e che nell’economia della mia vita è assolutamente marginale, è diventato fonte di stress e di episodi spiacevoli. Quando lo stesso evento si ripete più di una volta non è più un evento, è una tendenza, e se si ripete diverse volte diventa una norma. Ne deduco che la norma di Facebook è restituire al mondo un’idea dell’individuo falsata e a volte dannosa

Da un commento di jackie.brown:

Che qualcuno si allontani da una discussione perché c’è un troll a me fa prima di tutto ridere e poi preoccupare della salute mentale di costui. […] Per dei commenti on-line, stiamo al livello della fragilità di un adolescente che si ammazza dopo che l’hanno smerdato on-line, con la differenza che qui parliamo di una delle infinite discussioni su un qualsiasi blog. E sarà un pregiudizio mio, ma queste reazioni ce l’hanno soprattutto accademici abituati al principio d’autorità che non sopportano di essere messi in discussione, perché se quello che dici si basa sui fatti ti importa solo di quelli, non che sotto il tuo commento su uno schermo ce n’è un altro stupido o offensivo.

Da un commento di Girolamo:

[…] la rete – non solo fb, non solo i social: anche i siti che consentono la discussione, vedi ad es. questo nel quale stiamo discutendo – partecipano, bene o male, al circuito e al mercato culturali. E le modalità della rete consentono al “semianalfabeta” di interagire, orientare, pre-giudicare: questo è un fatto nuovo, col quale bisogna fare i conti.

[2015-07-31 ven] Bell’articolo del Post sempre su HackingTeam   Politica Informatica

Scritto molto bene e chiaro: articolo

Hacking Team e la tortura digitale

Tra le tante cose inquietanti che abbiamo appreso sulle attività di Hacking Team, una mi colpisce più di altre: ad utilizzare i software malevoli capaci di infettare le protesi del nostro corpo digitale (telefoni, tablet e PC) sarebbe anche la Polizia Giudiziaria, ovvero il braccio fedele della magistratura che deve perseguire gli autori dei reati nella stretta osservanza del codice di procedura penale.

La storia delle “prove” per i fatti criminali è una delle storie più affascinanti che il diritto possa narrare e nell’evoluzione delle procedure che regolano la ricerca, l’acquisizione e l’assunzione delle prove nel processo, ed in ultimo ovviamente la loro valutazione da parte di chi deve giudicare, si scorge un metro infallibile per misurare la civiltà e l’evoluzione delle società.

Nel XII secolo troviamo ancora duelli e ordalie. Niente fatto né diritto: il giudice constata l’innocenza se il sospettato esce indenne da una corsa sui carboni ardenti (iudicium ferri candentis) oppure se immerso nell’acqua fredda annega. Quest’ultima prova, lo iudicium acquae frigidae, ha un piccolo difetto: poiché la credenza consta nel fatto che l’acqua lustrale rifiuta gli impuri, se il malcapitato galleggia è colpevole, se annega è (o meglio era) innocente.

Non dura molto, e arriva presto l’inquisizione: ai nostri occhi iniqua, ma in realtà un bel passo avanti. Prova regina diventa la confessione, ricercata con ogni mezzo: gli inquirenti sono molto agevolati dal legittimo ricorso alla tortura che almeno fino a metà ‘700 è strumento ordinario. Ed è proprio intorno alla tortura che sorgono le prime regole probatorie. Le prove legali ed i primi abbozzi di procedura penale sono introdotti per evitare danni collaterali nella ricerca della confessione: se tortura deve esser, almeno che sia ben indirizzata, evitando di applicarla a caso (o a piacere) verso chiunque abbia la sfortuna di incrociare la Giustizia del tempo. Per torturare ci vuole un delitto serio, e ci vogliono testimoni, rigorosamente maschi, o indizi gravi, precisi e concordanti a carico del sospettato.

Si inizia così a limitare l’onnivora sete di informazioni che muove da sempre inquirenti e giudicanti. Per poter violare l’integrità fisica del sospettato non bastano meri argomenti retorici, ma devono esser portate prove o indizi tangibili: “dati sensibili” da cui trarre comprovate trame causali. Dati sensibili non nel significato che oggi diamo per la legge sulla privacy, ma intesi come dati percepibili ai sensi “signum, quod sub sensum aliquem cadit”.

Oggi lo scenario è mutato: i dati su cui si fondano i nostri processi sono quanto di più immateriale e impercettibile vi sia. Sono artifici informatici tratti da complesse alchimie computazionali ai più ignote (purtroppo ignote soprattutto a giudici e avvocati): sequenze di DNA, metadati di conversazioni, byte tracciati da un GPS o rappresentazioni varie delle nostre vite conservate e ricostruite da computer. Sono la ruminazione dei dati che disseminiamo quotidianamente e che nel loro complesso formano una più o meno fedele rappresentazione di noi, in una sorta di corpo digitale tutt’altro che virtuale, che nominalmente ci appartiene, ma su cui, pare, non abbiamo alcun diritto.

A metà del ‘700 la tortura fu abolita (con notevoli strepiti degli inquirenti) e progressivamente il riconoscimento dei diritti fondamentali -la dignità della persona, il domicilio e la riservatezza delle comunicazioni, per citarne alcuni pertinenti- creò argini invalicabili agli inquirenti.

Oggi le prove penali, per esser liberamente valutate, devono esser acquisite legittimamente. Il più orribile dei delitti non giustifica prevaricazioni, in primis da parte dello Stato chiamato a dispensar giustizia. Una prova acquisita in violazione di un diritto fondamentale della persona, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste da leggi democraticamente approvate, è prova geneticamente invalida: come una confessione estorta con la tortura.

L’uso di captatori remoti è illegale. Il fatto che a rifornirsi da Hacking Team risulti esser la Polizia Giudiziaria -i Carabinieri e la Guardia di Finanza- e che tali software possano esser stati usati nell’ambito di indagini governate dalle regole del codice di procedura lo reputo un fatto intollerabile (su cui mi auguro qualche Procura indaghi).

A legger le mail pubblicate, mi immagino il testo di un ipotetico volantino pubblicitario mandato da Hacking Team alle forze dell’ordine:

Il codice di procedura impone che le intercettazioni telefoniche possano essere compiute esclusivamente per mezzo di impianti installati nella procura della Repubblica?

Nessun problema. Con Hacking Team il target si auto-intercetta con il proprio smartphone.

Per fare una perquisizione debbo avvisare l’indagato che può farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia?

Regole antiquate. Ora c’è Hacking Team. Segreto, indolore e non lascia traccia.

Le intercettazioni ambientali non possono mai esser compiute nei luoghi di privata dimora, a meno che il delitto non si consumi proprio lì?

C’è Hacking Team, e dove c’è un device c’è una possibile intercettazione.

Con il software di Hacking Team, con un unico prodotto ed al costo di qualche migliaio di euro, si possono fare: ispezioni, acquisizioni documentali e perquisizioni occulte; si può eseguire il più pervasivo dei pedinamenti infettando uno smartphone; senza ricorrere a tanti impicci burocratici, si possono fare intercettazioni di comunicazioni (in tempo reale e differite) e captazioni ambientali in ogni luogo vi sia un computer; senza rogatorie internazionali e perdite di tempo si può accedere ai servizi cloud a cui è sincronizzato il dispositivo del target. Dopo che l’informazione è stata acquisita si può ricondurre l’indagine nel rispetto formale del codice di procedura: si sequestra legittimamente il dispositivo del colpevole, che ormai non ha più segreti, e all’interno si troverà tutto l’utile e volendo anche qualcosa in più: dell’infezione non si troverà traccia

Dal punto di vista del diritto è una pratica medioevale: in assenza di diritti, si dispone dei sudditi senza regole e senza limiti.

Ora da più parti si invoca una regolamentazione dei captatori remoti: mi auguro solo che i nostri legislatori abbiano piena contezza di cosa vuol dire disciplinare l’uso di captatori remoti nelle indagini penali. È come la tortura, sebbene sul corpo digitale.

[2015-07-31 ven] Intervista a Vecna sul Manifesto sul leak di HackingTeam   Politica Informatica Privacy

Conosco Vecna da molti anni perché frequentiamo gli stessi ambienti e perseguiamo le stesse idee, anche se forse con modalità diverse.

Purtroppo per lui il leak di HackingTeam ha reso noto che anche lui anni fa ci lavorò e quindi il suo nome è stato esposto ad un ludibrio che forse non è del tutto sbagliato. Tanto che anche in questa intervista si dà indirettamente del bischero quando dice (più o meno) “se lavori in ambienti così compromessi devi fare il whistleblower se vuoi sopravvivere perché altrimenti altri lo faranno contro di te e verrai smerdato”.

In effetti tempo fa lessi un’intervista ad un agente dei servizi segreti tedeschi il quale diceva che nell’era di internet il loro lavoro non è più nascondere le cose ma rallentarne la pubblicazione (loro parlavano di “rallentare i processi”) e quindi anche una cosa come HackingTeam doveva probabilmente capire che prima o poi sarebbe stata tirata fuori dalla segretezza.

Una cosa che mi lascia pensieroso è quando Vecna dice che “la full disclosure serve solo adesso come male minore data l’assenza di una legislazione efficace”, lasciando intendere che se questa legislazione ci fosse potremmo essere lasciati all’oscuro di cose come questa. Io non riesco a pensare cose molto lucide su questo argomento perché da una parte so che la mancanza di regole favorisce i forti contro i deboli, dall’altra ho pochissima fiducia nelle “leggi dello stato”: probabilmente dovremmo puntare ad un’ideale di una legge che favorisca la full disclosure e che insegni alle operazioni sotto copertura (che necessariamente ci dovranno sempre esserci) a conviverci. Una cosa più estrema di quel che viene fatto negli Stati Uniti con la pubblicazione obbligatoria di tutti i documenti governativi. Probabilmente dovremo insegnare alle forze di polizia: fate pure le cose sotto copertura ma sappiate che questa durerà molto meno della vostra vita e/o della vostra carriera.

Comunque questo è il testo integrale dell’articolo:

Claudio “vecna” Agosti, una gola profonda per Hacking Team

Intervista. Ricco il «bottino», reso pubblico, di un attacco informatico alla Hacking Team, leader mondiale in sorveglianza digitale. Ne emerge un quadro di affari con governi che violano i diritti umani e vendita di software per spiare computer e telefoni di giornalisti e attivisti. Un’intervista con Claudio Agosti, fuoriuscito dall’impresa milanese e noto mediattivista a favore della privacy

Fino a pochi giorni fa l’azienda milanese Hacking Team (Ht) era considerata uno dei leader mondiali nel mercato del malware. I suoi prodotti – quei particolari software usati per mettere sotto stretta sorveglianza computer e smartphone di attivisti, militanti politici e giornalisti – erano richiestissimi da polizie e servizi segreti di tutto il mondo. Poi, la sera del 5 luglio, un attacco informatico devastante ha colpito i suoi sistemi. 400 Gb (giga byte) di dati vengono sottratti dai server della società capitanata da David Vincenzetti e resi disponibili in Rete. Tra il materiale pubblicato ci sono i gioielli della corona, come il codice sorgente di Rcs – acronimo di Remote Control System –, prodotto di punta di Ht e frutto di 10 anni di lavoro e investimenti in ricerca e sviluppo. Nell’elenco dei leak figurano altri file preziosissimi, come i cosiddetti 0day: vulnerabilità presenti nel codice di alcuni programmi – in questo caso i popolarissimi Adobe Flash Player e Microsoft Internet Explorer – che nelle mani giuste diventano vettori per condurre attacchi informatici e prendere il controllo di un computer.

Come la notizia si diffonde, la Rete va in fermento. Il management dell’azienda afferma di aver perso il controllo del proprio software di spionaggio e attraverso un comunicato stampa paventa la possibilità che chiunque possa farvi ricorso. I più grossi network globali coprono la storia dedicandole ampio spazio e approfondimenti. E quando il 10 luglio Wikileaks rende consultabile attraverso un motore di ricerca la corrispondenza interna dell’azienda – più di un milione di mail – vengono alla luce vicende imbarazzanti. Come l’esportazione illegale dei software di «sicurezza offensiva» verso il Sudan, Stato colpito da un embargo sulle armi a causa della sistematica violazione dei diritti umani operata dal suo esecutivo. Oppure i rapporti commerciali intrattenuti con società private, in barba alla policy aziendale di Ht, secondo cui i prodotti della compagnia sarebbero a esclusiva disposizione di entità statali. Infine, i legami con la Presidenza del Consiglio e i servizi segreti, il cui aiuto sarebbe stato fondamentale per aggirare i divieti sulle esportazioni del Ministero dello Sviluppo Economico e permettere all’azienda meneghina di continuare a fare affari indisturbata.

Scoperchiato il vaso di Pandora, anche altre storie vengono a galla. Come quella di Claudio Agosti. Per molti è una sorpresa vedere il suo nome in quell’archivio e scoprire nel suo passato un rapporto lavorativo con Ht. Perché «vecna» (questo il nickname con cui tutti lo conoscono in rete) è un attivista pro-privacy, notissimo in Italia e all’estero. Hacker dall’altissimo profilo tecnico, esperto in crittografia e vice-presidente di Hermes (centro studi impegnato nello sviluppo di tecnologie volte a tutelare la privacy e l’anonimato degli utenti in rete), Claudio ha deciso di raccontare al «manifesto» alcuni aspetti della sua vicenda professionale in Ht, compresi i motivi che l’hanno spinto a chiuderla.

Quando hai cominciato a lavorare per Ht?

Sono entrato in Ht nel 2005 per lavorare nella sicurezza informatica. Facevo penetration test. In pratica, i clienti ci chiedevano di condurre un attacco contro le loro infrastrutture, così da individuare le vulnerabilità presenti nelle loro reti.

Eri un attivista pro-privacy. Non trovavi che il profilo dell’azienda per cui lavoravi fosse in contrasto con la tua etica? Nel 2005 Ht avevano cominciato da un anno a commercializzare trojan e spyware per la polizia postale italiana…

È facile ora vedere la cosa con linearità, più difficile quando ero dentro. Io non avevo a che fare con quel progetto, non ero a conoscenza dei clienti cui veniva venduto malware e non ho mai lavorato neppure in seguito in questo settore. Sapevo che c’era quel prototipo in ricerca e sviluppo, ma capire le implicazioni che avrebbe avuto ad anni di distanza era per me impossibile. Inoltre, allora ero molto più preoccupato dalla sorveglianza massiva che da quella targettizzata, indirizzata su un singolo «bersaglio».

Nel 2005 la possibilità di ottenere degli exploit era nettamente superiore rispetto ad oggi: in quegli anni chiunque si dedicasse alla sicurezza offensiva era convinto che la violazione di uno specifico target sarebbe stata possibile con un po’ di lavoro. Il prodotto di Ht ha abbassato la barriera di ingresso degli attacchi informatici. È stata questa la sua vera portata innovativa. Si tratta di un tool che ha reso gli attacchi, prima eseguibili solo da persone tecnicamente esperte, alla portata di agenti che eseguono semplici procedure. È un’analisi che oggi, con maggiore esperienza, posso fare, ma che al tempo mi era del tutto impensabile. Anzi, ero convinto che l’efficacia di questa tecnologia sarebbe comunque stata sempre inferiore rispetto alla capacità di un hacker esperto in grado di condurre un attacco. Mi sbagliavo. Tecnologie simili sono entrate nella piramide organizzativa di compagnie che sono in grado di pagare per ottenerle. E che danno loro un potere nuovo.

Ma se eri a conoscenza di queste cose perché non ne hai parlato prima pubblicamente?

La risposta è semplice: perché non avevo niente da dire. Quello che avveniva in Ht lo scoprivo dai report di Citizen Lab (istituto di ricerca canadese impegnato da anni nel denunciare l’industria del malware, n.d.a.) o da voci riportate nell’ambiente della security informatica.

Quando sei uscito da Ht e perché?

Ci ero entrato sperando di fare attività di ricerca e sviluppo su tematiche di sicurezza. Volevo esplorare campi che mi interessavano e speravo di poterlo fare con un’azienda che mi pagasse per far quello che altrimenti avrei fatto nel tempo libero. Invece mi sono ritrovato a svolgere semplici attività operative. L’investimento sul malware stava aumentando e non era quello il tipo di ricerca che volevo intraprendere. Nella primavera del 2006 ho iniziato a cercare un altro lavoro, finché a giugno ho trovato un’opportunità interessante.

Chi lavora nel mercato degli 0day e della security quanto è compromesso? Quanto è vicino e dipendente dagli ambienti militari, dei servizi e di polizia? Quanto margine ha per poter scegliere chi avvantaggiare con il suo lavoro?

Non lo so. Ho cercato di capire quel mercato un paio di anni dopo, ma si trattava di circuiti in cui potevi entrare solo a due condizioni: o avendo tanti 0day da vendere, o avendo tanti soldi per acquistarne. Io non avevo né gli uni né gli altri…

Definisci 0day…

Si tratta di attacchi che sfruttano delle falle nei software, le quali possono essere facilmente sistemate se gli sviluppatori ne sono a conoscenza. Conoscere queste falle, e scrivere software che le possano sfruttare per avere accesso alle applicazioni, è un valore: ed è per questo motivo che esistono gruppi di persone che si dedicano a cercarle, trasformarle in attacchi stabili, replicabili e venderle. C’è chi le chiama «armi digitali»: una definizione corretta, considerato il tipo di utilizzo che ne viene fatto e il valore che hanno acquisito negli ultimi 10 anni.

Uno 0day è il cuore dell’attacco informatico, una volta compiuto il quale si ha accesso alla macchina compromessa. L’accesso viene sfruttato per finalità d’intelligence, di spionaggio, d’attacco alle reti interne. Il nome 0day deriva dal fatto che si tratta di attacchi conosciuti da 0 giorni, in grado di sfruttare falle di programmazione non ancora note. Nel caso di HT, gli 0day erano acquistati e rivenduti in quanto vettori d’infezione: venivano cioè integrati nel prodotto, così che l’agente sul campo potesse farne uso senza disporre della conoscenza tecnologica altrimenti necessaria.

Tornando alla tua domanda, credo però che chi lavori in questo mercato non abbia alcun margine di azione. Certo, a meno che non si tratti di un doppiogiochista che vende l’asset, promette di mantenerlo segreto e poi lo brucia rendendolo pubblico e, quindi, inutilizzabile. Ma è un’evenienza che tenderei a escludere, perché, se guardiamo al panorama delle aziende che operano in questo settore, ci rendiamo subito conto che si tratta di attori legati a doppio filo a organizzazioni militari e d’intelligence.

I 400 Gb di dati sottratti dai server di HT ne hanno completamente messo a nudo l’attività e la struttura aziendale. In un post su Medium hai sostenuto che questa forma di «trasparenza radicale è essenziale in questa fase di crescita esponenziale del potere digitale. Fino a quando non miglioreremo le nostre leggi». Mi pare che questa tua affermazione presenti al tempo stesso un rischio e una contraddizione. Da una parte la trasparenza radicale è il fondamento filosofico su cui si fonda anche il regime di accumulazione delle grandi Internet Companies. Da un’altra essa si basa precisamente sull’assenza – o il progressivo smantellamento – di un quadro giuridico volto a tutelare la privacy individuale e collettiva. Non credi che ricorrere a tali strategie possa aprire la strada a scenari potenzialmente più pericolosi rispetto a quelli paventati dalla vicenda di Ht?

Con «trasparenza radicale» non intendo lo stesso concetto professato dalle compagnie che guadagnano dall’analisi del comportamento degli utenti. Con questa espressione faccio invece riferimento ad una pubblicazione massiccia, non revisionata e acritica dei dati. Un «leak massivo», come è stato il cablegate di WikiLeaks. E come ho specificato nel post che hai citato non la ritengo di per sé un’idea sacra e neppure giusta.

Credo però che ci troviamo in una situazione in cui le leggi e la consapevolezza degli utenti, delle aziende e dei cittadini si trovano ad uno stadio estremamente arretrato. Ed è per questo motivo che un leak come quello che ha colpito Ht – un vero e proprio trauma se consideriamo le conseguenze che ha avuto – sia, a conti fatti, un bene per tutti.

Da 5 anni sono attivo nello sviluppo di GlobaLeaks, una piattaforma che serve per favorire la comunicazione riservata tra fonti – altresì detti whistleblowers – e giornalisti che possano mediare la diffusione dell’informazione. Quello che promuoviamo è un meccanismo migliore della trasparenza radicale. Ed è per questo motivo che il mio post su Medium termina con questa frase: «se fai parte di un business ambiguo e non regolato diventa un whistleblower, prima che qualcuno ti esponga integralmente».

È un invito a rivelare quel che succede in ambienti simili, nei quali certamente molti hanno dei dubbi che vengono però spesso anestetizzati dalla ideologia e dai soldi. Senza persone disposte a prendersi questa responsabilità la società non ha conoscenze né stimoli ad aggiornarsi e migliorarsi. E in casi di questo genere, se non sarai tu, persona a conoscenza di queste vicende, ad essere un whistleblower corri il rischio che qualcun’altro lo sia al posto tuo, magari ricorrendo, appunto, alla trasparenza radicale. E quando questo accadrà, non ci sarà revisione, non ci sarà una visione d’insieme, ma solo un grande danno a coloro che sono stati esposti al pubblico ludibrio.

In conclusione, la trasparenza radicale per me rimane l’ultima spiaggia, ma quando un mercato come quello di Ht viene esposto al pubblico, allora sei legittimato a pensare che tutto sommato sia meglio così. Il fatto che quella tecnologia venisse usata per limitare dei diritti fondamentali non è mai stato un problema per i vertici dell’azienda. L’unica cosa che potrebbe delegittimare la trasparenza radicale è un avanzamento nella cultura del whistleblowing, una capacità giornalistica di rivedere materiale complesso (anche se non facilmente notiziabile) e una maggior tutela legale per chi si espone, diffonde informazioni segrete e prende la parola nel pubblico interesse.

Chi dovrebbe dunque garantire questa tutela legale? Quello stesso Stato che, come emerge dai leaks, aiutava Ht ad aggirare i divieti di esportazione emanati dal ministero dello Sviluppo economico?

Non ho una risposta. Strumenti simili saranno sempre utilizzati da militari ed intelligence, anche qualora ne venisse fortemente limitato l’utilizzo nelle indagini tradizionali. Dai leaks però emerge la strenua difesa da parte di Ht della propria italianità: una caratteristica che viene più volte presentata alle istituzioni italiane come forma di garanzia.

Garanzia su cosa?

Garanzia per lo Stato ad esercitare un maggior controllo sulla gestione delle loro tecnologie e degli usi che potrebbero esserne fatti. Questo mi sembra un elemento importante su cui ragionare. Fino a che punto un’agenzia di spionaggio o controspionaggio può condurre i suoi compiti affidandosi ad una risorsa estera su cui non esercita il pieno controllo? Credo che ogni Stato si ponga il problema e che tale dinamica potrebbe portare a una nazionalizzazione di queste tecnologie. Questo ci fa capire due cose. Primo, che i conflitti digitali sono solo all’inizio. Secondo, che uno Stato che voglia proteggere i propri cittadini non dovrebbe mai sfruttare tecnologie che lascino la popolazione vulnerabile ad attacchi 0day. La dichiarazione di Cameron di qualche mese fa, quella secondo cui era inammissibile che le comunicazioni su Whatsapp risultassero illeggibili ai servizi britannici, andava in questa direzione.

[2015-01-31 sab] Cifrare una directory con ecryptfs   Privacy Informatica Personale

Lo uso per cifrare i dati del mio portatile, che non siano quelli che stanno nella directory personale.

Ho creato una directory /dati/ che userò per tenere questi dati.

L’ho montata con il comando

  mount -t ecryptfs /mnt/dev /mnt/dir -o key=passphrase:passphrase_passwd=my_passphrase

Ho messo la passphrase su un file con

  echo "passphrase_passwd=my_passphrase" > /dove/mi/pare/passphrase

e poi ho scritto questa riga nel file /etc/fstab

  /dati/          /dati           ecryptfs        rw,user,noauto,rw,key=passphrase:passphrase_passwd_file=/dove/mi/pare/passphrase,relatime,ecryptfs_fnek_sig=97b4e07d1caf1a2b,ecryptfs_sig=97b4e07d1caf1a2b,ecryptfs_cipher=aes,ecryptfs_key_bytes=24,ecryptfs_unlink_sigs,ecryptfs_passthrough=n  0       0

Ovviamente la cosa funziona se il file con la passphrase sta in un luogo sicuro e la paranoia è sempre una virtù, ma come ho già scritto il mio livello di paranoia in questo caso è limitato alla necessità di non far leggere la mia roba ad un eventuale ladro o casuale rinvenitore di portatile smarrito e quindi tengo il file nella home personale cifrata e in una chiavetta usb.

[2015-01-29 gio] Postfix per mandare la posta direttamente ai domini   Informatica Privacy

Da molto tempo uso un server casalingo per la posta elettronica che mi gestisce tutto il mio dominio ricevendo la posta da un MX ed inviandola ad un hub. Purtroppo il mio provider non fornisce un servizio di ip fisso alle connessioni casalinghe e quindi per questi due servizi devo basarmi su servizi esterni a pagamento perché altrimenti non riceverei niente e neanche riuscirei ad inviare per i filtri anti spam che tutti ormai usano contro le connessioni casalinghe.

Quindi alla fine il mio server casalingo mi serve solo per evitare di tenere la posta a giro e di poter gestire come pare a me i miei utenti (i quali scaricano la posta via imaps e la inviano sempre a casa via ssmtp).

Ora però ho fatto un piccolo aggiustamento a favore della privacy facendo in modo che postfix invii la posta per alcuni domini direttamente agli smtp dei domini stessi: ad esempio la posta indirizzata agli indirizzi di gmail li invio direttamente a gmail. Per fare questo devo essere in possesso di credenziali per accedere ai server smtp dei domini e quindi per adesso lo posso fare solo per gmail anche se ho già richiesto l’account per autistici.

Per farlo ho modificato questi file:

/etc/postfix/main.cf il file principale di postfix, aggiungendo queste righe

  transport_maps = hash:/etc/postfix/transport
  smtp_use_tls = yes

poi /etc/postfix/transport

  cybervalley.org	:
  .cybervalley.org	:
  gmail.com		smtp:smtp.gmail.com:587
  *			smtp:outbound.mailhop.org:2525

ed infine nel file /etc/postfix/sasl_password ho messo le password della mia utenza di gmail:

  smtp.gmail.com:587	  utente@gmail.com:password

Questi due ultimi file li ho dovuti poi compilare con il comando postmap file.

E questo è tutto.

[2015-01-26 lun] Cifrare i dischi dei computer personali e familiari   Informatica Personale Famiglia

Da molto tempo l’evoluzione della tecnologia dei dischi dei computer ha fatto sì che quello che si pensa cancellato in verità non lo sia e non lo sarà fino a tempi non determinabili dall’utente.

Questo comporta per me la necessità di evitare che i dati che metto nei miei dischi vadano a giro seguendo i miei dischi e l’unico modo per ottenere questo è usare un po’ di cifratura sul disco.

A mio vedere la cosa si può risolvere in due modi diversi:

  • nei server casalinghi io credo che la cosa migliore sia usare un dm-crypt con una chiave che sta su un altro disco che viene montato prima dell’altro. In questo modo quando i due dischi si separano i dati restano al sicuro ma all’avvio non è necessario inserire la password e quindi restano possibili gli avvii non presenziati;
  • nei computer personali invece mi pare che la soluzione migliore sia usare ecryptfs di modo che la directory home dell’utente venga montata solo quando questo fa il login e smontata automaticamente al logout. In questo caso l’umount della home non sempre avviene ma resta comunque un buon compromesso.

Ovviamente questo non vuole essere una ricetta per resistere a chissà quale avversario ma solo per evitare che, ad esempio lasciando il portatile sul treno, non si sappia più dove sono andati i miei dati: e per questo non credo valga la pena, nel caso dei computer personali usare la cifratura completa del disco, neanche nei portatili.

[2015-01-21 mer] Il nostro articolo per la rivista La Città Invisibile   Ninux Politica

Da molti anni parlo e qualcosa realizzo delle mie passioni informatiche ma è forse la prima volta che viene pubblicato direttamente un articolo che ho contribuito in modo determinante a scrivere. L’articolo è questo, pubblicato dalla rivista web La Città Invisibile, e di seguito il testo:

Ninux, una rete wireless comunitaria per le nostre città

Presentazione

Le reti che usiamo per comunicare e che vengono chiamate tutte insieme “internet” non sono di nostra proprietà. L’aspetto esteriore di democraticità delle reti è un’illusione che svanisce non appena si studia anche superficialmente come sono realizzate tecnicamente a partire dalla connessione casalinga o mobile che usiamo per connettersi.

I recenti casi tanto pubblicizzati degli oscuramenti in Turchia e in alcuni paesi arabi tendono a farci dimenticare che anche in Europa e in Italia in particolare è facile censurare, sia da un punto di vista tecnico ma anche legale, quello che possiamo fare, leggere e guardare nel nostro privato.

Questo può avvenire perché la proprietà dei mezzi di connessione che usiamo continuamente finisce sempre e comunque all’apparecchio (il “modem”, il cellulare) che teniamo in casa o in mano ma spesso anche nella nostra casa non siamo liberi di fare quel che ci pare perché i provider impongono limiti anche oltre l’apparecchio.

Questo succede perché gli utenti, noi tutti, non siamo in alcun modo partecipi delle decisioni che realizzano la rete che usiamo. Da quando poi lo Stato si è sbarazzato del controllo delle compagnie telefoniche lasciando il controllo a fantomatici “Garanti”, le decisioni e le pratiche di queste compagnie rispettano necessità che sono tutt’altro rispetto alle nostre.

In particolare esiste la questione decisiva della “net neutrality” della quale si sta parlando molto a livelli però assolutamente estranei al dibattito pubblico. Un altro esempio più dibattuto e conosciuto è il “digital divide”.

Le reti comunitarie nascono proprio dall’esigenza di riappropriarsi degli strumenti che usiamo di modo che le pratiche di gestione siano frutto di decisioni il più possibile condivise dalla comunità di persone che usano in concreto questi strumenti: la rete che torna ad essere un bene comune da utilizzare a proprio vantaggio e non uno strumento di guadagno e di potere in mano a pochissimi.

Ninux è una realizzazione di quest’idea che già funziona in Italia a Roma e in altri paesi europei come in Grecia, Germania e Catalogna. Da alcuni mesi anche a Firenze esiste una piccola rete che copre tutta la città.

Come viene realizzata una rete comunitaria

In pratica quello che viene realizzato è un collegamento fra abitazioni (ma anche sedi di associazioni o che altro) di modo che le risorse informatiche (computer, hard disk, connessioni, contenuti) possano essere condivise. In teoria questo collegamento potrebbe essere realizzato con molti mezzi ma in pratica il collegamento wireless, il comune wifi, risulta in assoluto il più conveniente come costi e facilità di realizzazione.

La rete Ninux, come tutte le altre esperienze di questo tipo, si basa su collegamenti wifi in grado di coprire distanze da qualche centinaio di metri fino a qualche chilometro. Questo consente di distribuire traffico di dati in ambito cittadino con facilità e a basso costo.

L’elemento fondamentale di base della rete è il “Nodo” costituto da un apparato (l’“antenna”), in genere piazzata sul tetto di casa, e da un piccolo router del tipo che usiamo per allacciarci ad internet che regola il traffico del nodo. Usando questi due apparati si realizza il collegamento fra le reti casalinghe dei due e per estensione fra tutti i nodi che realizzano la rete. Il nodo appartiene al singolo che ne è anche il gestore di modo che la proprietà della rete è quanto più possibile decentralizzata e non siano possibili posizioni predominanti.

A questa rete chiunque può liberamente collegarsi nel rispetto di alcune norme che stabiliscono la possibilità per tutti gli aderenti di usare liberamente tutti i nodi della rete per far passare il proprio traffico e il divieto di modificare in qualsiasi modo il traffico in transito. Queste norme fanno sì che la sia rete libera da censure e controlli.

Sulla base di questi principi a Firenze è nata da poco più di un anno l’esperienza di Ninux Firenze, che si estende su tutta la città e che è composta da una ventina di nodi. Anche in altre città sono state realizzate reti di questo tipo, Reggio Calabria, Pisa: Ninux Roma però è la più importante perché conta più di 250 nodi sviluppati in dieci anni di attività, cosa che l’ha rende di fatto l’esperienza guida per tutta Italia.

All’interno della rete ognuno può scambiare file, documenti, musica e voce ma anche e soprattutto fornire servizi agli altri: a Firenze già sono in funzione un servizio meteo, un sito dove poter sfogliare documenti e cataloghi, uno strumento di diagnosi della rete ed è in fase sperimentale un servizio di comunicazione Voip e sta per essere attivato un servizio di streaming attraverso il quale ogni nodo può diffondere sulla rete contenuti audio e video.

Gli strumenti per realizzare ed usufruire di questi servizi sono quelli che comunemente usiamo nell’“internet”: questo fa delle reti wireless comunitarie anche di spazi liberi per sperimentare ed imparare e condividendo saperi in un altro aspetto importante della comunità che provvede al sostentamento tecnico della rete.

L’obiettivo è quello di realizzare una rete capillare e diffusa in tutta la città in modo che in ogni punto di essa ci possa essere un nodo raggiungibile a cui collegarsi. Questo sarà possibile solo attraverso contributi tecnici e contributi di contenuti e servizi che provengono dai componenti la comunità Ninux: se ho un bisogno, cerco nella comunità qualcuno in grado di collaborare con me alla soddisfazione di quel bisogno.

Altre esperienze

Reti wireless comunitarie molto importanti sono AWNW la rete di Atene che conta migliaia di nodi, Guifi la rete della Catalogna che conta decine di migliaia di nodi e la rete Freifunk diffusa in tutta la Germania.

Contatti

Il sito web di Ninux Firenze http://firenze.ninux.org

[2014-12-21 dom] Lo spam-pop degli U2 e dell’Apple   Informatica Musica Politica

Riporto un azzeccato commento a firma di Francesco Farabegoli su Rumore di dicembre 2014.

Apple ha stretto un accordo con gli U2 che constava di circa cento milioni (cento milioni) di dollari per avere il nuovo disco del gruppo da infilare in esclusiva in ogni account iTunes. L’operazione. qualche settimana dopo, è stata bollata come un fallimento totale: pochissimi hanno ringraziato, pochi hanno ascoltato il disco davvero, la maggior parte della gente se n’è battuta il cazzo e diversi hanno gridato alla violazione degli spazi costringendo Apple a mettere online una pagina da cui si poteva richiedere la cancellazione del disco. L’operazione in sé non è una palla di neve lanciata nel deserto, diciamo: più semplicemente, sembra di stare di fronte al nuovo apice dell’arroganza corporativa nelle strategie marketing dei colossi che sfruttano la musica come fonte di indotto. Ci siamo così così abituati da aver imparato a giudicare queste campagne sulla base dei risultati ottenuti, sulla base del postulato secondo cui un numero puro è l’unica logica incontrovertibile (quando invece lo è solo per la dieci-dodici persone che hanno messo in piedi la strategia, e solo agli occhi del consiglio di amministrazione dell’azienda per cui lavorano). Analizzando il mercato musicale dall’avvento di Napster in poi, in ogni caso, siamo di fronte ad una incontrovertibile realtà di evaporazione non tanto dei formati quanto del peso culturale marginale della musica. All’inizio abbiamo accarezzato un sogno di musica gratuita per chiunque, poi ci fu il download a pagamento, e poi l’ascolto in streaming senza dover possedere la musica. Si doveva arrivare, ed è successo nel 2014, al punto in cui la musica dovesse diventare un bene superfluo, fastidioso, indesiderato, introdotto di straforo nel nostri apparecchi e dandoci motivo di chiedere a chi ce l’ha regalata di toglierla dai coglioni. Spam-pop subito passivamente in quota i problemi seri sono altri. Verissimo, peraltro e siamo anche un po’ trepidanti di sapere, all’interno della parabola discendente, quale nuovo picco di squallore raggiungeremo nel 2015. Magari un altro disco degli U2. Che poi, perché 100 milioni ad un gruppo? Non si potevano fare 33 milioni a tre gruppi o 200 mila a 500 gruppi?

Dopo la cancellazione del libro 1984 dai kindle di Amazon, questa vicenda speculare ed uguale illustra in modo chiarissimo ed atroce la percezione del rapporto con il loro “prodotto” (che sarebbe quella cosa che viene chiamata cultura) che hanno queste multinazionali. Quello che è veramente la novità di questa volta è che nell’altro caso l’“artista” non era parte in causa mentre stavolta sono stati proprio loro a rendere possibile lo scempio del loro lavoro, della loro credibilità, del loro rapporto con l’emozione dei loro ascoltatori.

La morte non si può augurare a nessuno ma pensando alla fine da “pensionati del successo” alla quale sono andati incontro proprio quegli U2 che da ragazzi sono riusciti a scaldare tanti cuori, viene da augurare agli artisti almeno di smettere di “fare successo” dopo una certa età.

[2014-12-15 lun] Emacs e l’autenticazione smtp con submission   Informatica Linux

Per inviare la posta con emacs/gnus Uso smtpmail con queste configurazioni in ~/.emacs:

’(send-mail-function (quote smtpmail-send-it)) ’(smtpmail-smtp-server “nasone”) ’(smtpmail-smtp-service 587)

e in ~/.authinfo

machine host.dom login utente port 587 password PassWord

[2014-12-13 sab] Postfix e il relay autenticato a casa   Linux Informatica

La mia idea generale è quella di riuscire a gestire la posta personale/familiare in modo il più possibile autonomo e indipendente da servizi esterni. Fino ad adesso ero costretto ad usare un relay esterno (un servizio di dyndns) per accettare la posta dai vari computer e tablet casalinghi invece adesso questi si collegano al postfix di casa, il quale però deve usare a sua volta il relay di dyndns. Il prossimo passo sarà quello di trovare un hosting conveniente con ip statico non filtrato sul quale mettere un postfix che faccia proprio lui da relay al postfix casalingo (così non dovrò sistemare ulteriormente gli utenti).

Per adesso non ho avuto tempo, le buone intenzioni per il prossimo anno.

Per farlo ho seguito le istruzioni di https://wiki.debian.org/PostfixAndSASL che è sempre un’ottima fonte informativa per quel che riguarda debian.

Ho creato un file /etc/postfix/sasl/smtpd.conf con scritto:

pwcheckmethod: saslauthd mechlist: PLAIN LOGIN

Ho modificato il file /etc/default/saslauthd, perché il mio postfix gira (come di default su debian) in un chroot, aggiungendo la riga

OPTIONS=“-c -m /var/spool/postfix/var/run/saslauthd”

Ho poi dato il comando

dpkg-statoverride –add root sasl 710 /var/spool/postfix/var/run/saslauthd

In verità ho dovuto prima cancellare un override impostato a 770, probabilmente dovuto ad una qualche mia prova, con il comando

dpkg-statoverride –remove /var/spool/postfix/var/run/saslauthd

Ho aggiunto l’utente postfix al gruppo sasl e poi ho abilitato il supporto per sasl a postfix modificando il file /etc/postfix/main.cf con le righe

smtpdsasllocaldomain = $myhostname smtpdsaslauthenable = yes brokensaslauthclients = yes

e modificando sempre in /etc/postfix/main.cf la riga smtpdrecipientrestrictions con:

permitsaslauthenticated, permitmynetworks, rejectunauthdestination

Ho creato anche un nuovo segmento PAM con

cd /etc/pam.d cp other smtp

lasciando il nuovo file /etc/pam.d/smtp intonso.

Ho riavviato postfix e la cosa funzionava sulla porta 25. Avevo già fatto una cosa del genere ma ricevevo sempre un messaggio di errore da saslauthd che si lamentava di un errore di permessi ma questa volta la cosa pare funzionare.

Però non posso usare la porta 25 con connessioni in chiaro da internet che altrimenti sarei stato subissato di tentativi di connessione continue e così ho abilitato TLS con le righe sempre nel file /etc/postfix/main.cf:

smtpdtlscertfile=/etc/ssl/certs/ssl-cert-snakeoil.pem smtpdtlskeyfile=/etc/ssl/private/ssl-cert-snakeoil.key smtpdusetls=yes smtpdtlssessioncachedatabase = btree:\({data_directory}/smtpd_scache smtp_tls_session_cache_database = btree:\){datadirectory}/smtpscache smtpdtlssecuritylevel = may

E poi ho abilitato il protocollo submission sulla porta 587 modificando il file /etc/postfix/master.cf con le righe (già presenti commentate)

submission inet n - - - - smtpd -o smtpdetrnrestrictions=reject -o smtpdenforcetls=yes -o smtpdsaslauthenable=yes

Ho poi aperto la porta 587 sul router (cosa che ho dovuto fare a mano modificando il file /etc/config/firewall di openwrt (perché l’interfaccia grafica non mi salvava le modifiche).

[2014-12-06 sab] I Marlene Kuntz alla Flog per il ventennale di Catartica   Musica Concerti

Sabato 11 novembre sono andato a vedere i Marlene Kuntz alla Flog per la tournée che stanno facendo per celebrare il ventennale dell’uscita del loro primo disco Catartica.

Quel disco allora in effetti per me fu decisamente importante tanto che lo ascoltai migliaia di volte anche se in effetti per me non fu così “decisivo” perché uscì insieme a tanti altri dischi che forse mi hanno segnato di più: penso agli Afterhours e al grunge in generale. In ogni caso tuttora ricordo tutte le canzoni di Catartica più o meno a memoria.

Di conseguenza sono andato a vedermi il concerto che celebra questo disco risuonandolo tutto ma l’effetto non è stato gran che.

Un po’ non sono molto portato per le celebrazioni di questo tipo perché un disco resta per sempre ma l’esecuzione dal vivo della musica rock è per me troppo legata al momento, alle emozioni che stai provando in quel momento e pensare di replicarle è sempre inutile.

Un po’ anche perché detesto i toni pomposi e celebrativi: in questa occasione il gruppo è stato in gamba ad evitarli anche se il rischio è stato corso perché quando il cantante ha detto che per rendere l’occasione veramente “speciale” hanno pubblicato anche un disco di singoli scartati al momento della registrazione di allora. Il problema è che ascoltandoli adesso è risultato ben chiaro perché quelle canzoni furono scartate e quindi questa pubblicazione è forse un po’ troppo mercenaria.

Un altro problema è che la memoria dei concerti di allora è ancora per me troppo vivida e quindi diventa facile e deprimente fare il confronto fra un gruppo di ragazzi con un’idea geniale e una realizzazione eccezionale e un gruppo di navigati musicisti che fanno cover di se stessi. Da quel che ho potuto percepire io da un punto di vista tecnico il concerto è stato oltremodo valido ma il confronto resta sempre in perdita.

Il problema più grave però è che per me la musica è un continuo movimento, un fluire che ha molto a che fare con l’istante. Il mio ascolto musicale è sempre emozionale e pochissimo tecnico, “freddo” e quindi posso valutare positivamente un concerto come quello in oggetto ma non posso emozionarmi perché per me quella è musica “lontana” dalla mia sensibilità di adesso.

Non è tanto una banale questione di “novità” perché mi succede spesso di tornare ad ascoltare canzoni “lontane” che continuano o ricominciano ad emozionarmi (in questi giorni Quadrophenia per esempio) quanto di una mia personale predisposizione che cambiando mi fa storcere un po’ il naso quando mi fanno riascoltare una musica che mi ha emozionato ma che non mi emoziona più.

Alla fine un concerto bello ma inutile.

[2014-11-06 gio] I concerti rock degli anni ’70   Musica Politica

Ieri sera sono andato alla presentazione del nuovo disco del Banco del Mutuo Soccorso, che dalla morte del cantante Francesco di Giacomo, si personalizzano nel solo tastierista Vittorio Nocenzi.

L’incontro è stato appena un po’ interessante perché non si è mai riusciti a parlare di musica ma solo di “sensazioni” ed “emozioni” però una cosa detta da Nocenzi mi ha colpito:

fino ai concerti degli anni 70 l’unica occasione per vedere centinaia di migliaia di persone insieme erano le battaglie.

[2014-10-29 mer] I miei interventi al Linux Day 2014   Ninux Linux

In occasione dell’ultimo Linux Day ho parlato di Ninux nelle due manifestazioni organizzate (anche) quest’anno a Firenze - del perché ce ne siano due non starò qui a parlarne adesso anche perché non sono sicuro di conoscere bene tutta la storia.

Durante la mattina ho parlato alla manifestazione organizzata da Libera Informatica alle Murate. Il tono della manifestazione era molto “nazional popolare”, la presenza di persone anche abbastanza discreta, molto meno di quel che è stato il battage pubblicitario, anche perché forse due se in contemporanea erano troppe e il pubblico in generale mi è parso molto generalista, sicuramente le (poche) domande che mi sono state rivolte erano non tecniche.

Mi era stato dato un solo quarto d’ora (ero un po’ il figliastro della situazione) ed ero già convinto che il pubblico sarebbe stato di quel livello, così di conseguenza ho preparato una presentazione molto generica, cosa che però ha comportato una scarsissima efficacia. Fondamentalmente un’apparizione piuttosto inutile.

Erano presenti anche i miei familiari i quali mi hanno però detto che mi sono comportato piuttosto bene e che la voce e l’esposizione erano chiare.

Il pomeriggio invece ero alla manifestazione organizzata dal Flug e lì la cosa è andata diversamente perché il pubblico era tecnicamente preparato e io avevo scritto una presentazione alla quale credevo, una lista dettagliata di nodi realizzati a Firenze con una descrizione più precisa possibile di quello che è stato fatto e finanche di quanto avevamo speso. La cosa ha raccolto molto interesse e consenso da parte del pubblico nonché degli altri ninuxari presenti.

Riassumendo: dobbiamo trovare ancora il modo di parlare del nostro progetto a persone digiune tecnicamente. Una cosa me la sono segnata: è necessario spiegare che quello che viene collegato sono le reti locali degli appartamenti perché la cosa non è per niente chiara.

[2014-09-02 mar] Ippolita e la sinistra alla rete   Politica

All’hackmeeting di quest’anno una delle cose più interessanti è stata sicuramente la partecipazione del collettivo Ippolita che ha tenuto un seminario ma in generale ha partecipato attivamente a molti momenti dell’incontro e quindi ho potuto seguirli da vicino anche “personalmente”.

In effetti avevo già letto alcuni loro libri che sono sempre estremamente critici verso tanti fenomeni della rete attuale, libri che essendo anche ben scritti e ben informati sono di conseguenza molto interessanti anche se non sempre del tutto condivisibili.

Nell’ultimo testo che hanno scritto in particolare criticano quello che loro chiamano il “turbo-capitalismo” che caratterizza la scena informatica attuale e che “contamina” anche ambienti come quelli contigui all’hackmeeting. Usando parole mie si può dire che l’informatica attuale è dominata da una visione e da pratiche fortemente di destra della società che hanno reso la rete antidemocratica proprio nella sua essenza.

In questi giorni poi io sto pensando che i diritti civili “di rete” si sono affermati, nella maniera contraddittoria e vacillante che verifichiamo in ogni momento, in questi anni senza che la sinistra “vecchia”, novecentesca sia riuscita a dire niente. Io vado anche oltre dicendo che questi diritti si sono affermati nonostante la sinistra che li ha sempre guardati con diffidenza e spesso li ha proprio osteggiati.

Ecco io credo che probabilmente le due cose sono collegate: una sinistra che ha sempre considerato poco la rete se non proprio l’ha osteggiata ha fatto sì che questa si evolvesse guidata solo dalle potenti lobbies conservatrici e antidemocratiche che la dominano adesso.

Se questo fosse vero la “risalita” della sinistra verso la guida e la determinazione della rete sarà veramente difficile e non potrà passare altro che da una pratica di una rete diversa da quella che ci hanno costruito in questi anni.

[2014-07-07 lun] Gli One Direction a Torino   Concerti Famiglia

Questo è decisamente un articolo che non avrei mai scritto se non avessi avuto una figlia adolescente.

Ieri sera ho accompagnato mia figlia a vedere questo gruppo di ragazzi allo stadio Olimpico di Torino.

Il pubblico era composto totalmente da adolescenti femmine se non per sparute minoranze, escludendo ovviamente i babbi/mamme d’accompagnamento che costituivano il 30% del pubblico.

Lo spettacolo è forse stato decisamente troppo “folkloristico”, fuochi d’artificio, luci e laser.

Le canzoni non le conoscevo però dal vivo suonavano bene.

Alla fine gran bel concerto, suonato, cantato ed interpretato molto bene da un gruppo di ottimi performer e musicisti. Mi ha colpito il fatto che fosse tutto suonato da quattro musicisti, basso, chitarra, tastiere e batteria senza nessun nastro, almeno per quel che mi è riuscito sentire: mi ha colpito perché il pubblico era molto più interessato agli aspetti folkloristici e da avant spettacolo di cui sopra che alla musica per sé; evidentemente c’è stata anche notevole attenzione alla qualità in tutti gli aspetti.

[2014-07-03 gio] I Gatti Mézzi all’anfiteatro delle Cascine   Concerti Musica

Ieri sera sono andato con alcuni amici a vedere i Gatti Mézzi per la mia prima volta.

Il gruppo si compone di due componenti principali, compositori delle musiche e mattatori nei concerti e due bravi strumentisti.

Il genere è un mischione bellino e funzionale di rock, jazz tradizionale, ogni tanto un po’ di blues. Il tutto funziona proprio bene anche se alla fine il tutto sembra un po’ troppo scolastico e suonato “a memoria”.

I testi invece sono la cosa più peculiare del gruppo perché lavorano molto sull’aspetto dialettale in quanto tutte le canzoni sono cantate in dialetto pisano molto stretto qualche volta anche un po’ difficile da capire per chi non è della zona.

I contenuti invece dei testi sono un po’ l’aspetto meno riuscito dell’idea: incentrati come sono sull’uso del dialetto vengono raccontate storie un po’ retoriche di barboni e ubriaconi “pieni di dignità”, città provinciali una volta tanto belle e sberleffi campanilistici verso gli abitanti di altre città come Livorno, Firenze. La cosa funziona all’inizio ma poi diventa noiosa e ripetitiva. Quando provano invece ad usare da questo cliché perdono mordente e diventano davvero troppo retorici. In generale quindi i testi di alcune canzoni funzionano davvero come quella che racconta della propria morte in un incidente stradale, oppure quella che racconta del sogno del proprio padre morto, altre molto meno.

Un gruppo bellino ma che secondo me però non ha troppi possibili sviluppi davanti.

[2014-06-25 mer] La parola volta   Firme

La parola “volta” della frase “non è più come una volta” (e varianti) corrisponde normalmente al periodo in cui la persona che la pronuncia aveva fra i quindici e i venticinque anni.

[2014-06-01 dom] Ho messo in funzione il mio nodo ninux   Ninux

Ieri l’altro [2014-05-30 ven] sono finalmente e inaspettatamente riuscito a mettere un’antenna sul mio tetto ed entrare a pieno titolo nella rete ninux.

Finalmente perché era un anno e mezzo che partecipo a questa iniziativa e tranne che con il nodo dei miei genitori, e quindi con poco gusto, non ero riuscito ad essere parte attiva. Un’iniziativa come ninux non può essere partecipata se non facendola entrare direttamente nel proprio ambito di vita, nel mio appartamento nel mio caso.

Inaspettatamente perché non contavo proprio che nelle vicinanze del mio palazzo potesse essere installato un nodo visibile perché il mio palazzo è piuttosto basso rispetto a quelli circostanti. Invece una persona, che non conosco, amico però di Gabriel ha installato un nodo per potersi collegarsi ad internet (sempre via Gabriel) in un punto visibile da casa mia. Così ho comprato un’antenna per me e una per lui e un router da mettere a casa sua e la cosa è diventata fattibile.

A presto una relazione completa dell’installazione.

[2014-05-02 ven] Rush e i film sulle personalità sportive e musicali   Letteratura

Ieri sera ho visto Rush, il film sulla rivalità fra i campioni di automobilismo Hunt e Lauda. Per quel poco che ci capisco io di cinema, dove non ho un gusto particolarmente esercitato e pochissima competenza, è decisamente un bellissimo film, spettacolare, avvincente, con attori più che convincenti e una sceneggiatura costruita benissimo. Il mio unico rimpianto è di non essere riuscito a vederlo al cinema perché viste le scene anche piuttosto spettacolari, senza mai cadere nella baracconata, in un grande schermo deve essere stato un bel vedere: speriamo nelle arene estive.

Però c’è un solito però che mi assilla quando vedo questo tipo di film, dicasi Rush, Bird di Clint Eastwood o Maradona di Marco Risi.

Il però sta nel fatto che nessuno di questi film riesce a drammatizzare l’attività reale, il campo in cui questi personaggi eccellevano ma si concentrano solo su aspetti anche secondari, sia pur drammatici, delle loro vite.

Io non ho mai giocato a calcio in nessun modo serio e men che meno ho guidato automobili da corsa ma ho suonato, mi sono fatto due palle così a fare migliaia di ore di prova, sono salito su palchi grandi e piccoli, davanti a pubblici entusiasti e completamente disinteressati e so che tutto questo dà una carica di emozioni che sarebbero tutte da raccontare.

E invece uno che guarda Bird di Eastwood e non sa niente della vita di Parker non riesce neanche a capire un titolo di un disco, di una canzone, non vede che pochissimi concerti (bellissime le scene dei concerti della tournée nel sud degli Stati Uniti), di altri musicisti se non Gillespie. Uno vede Bird, non sa niente di Parker e pensa che quello passasse le giornate a drogarsi nelle stanze di ospedali: tutto questo è stato importante e tragico nella sua vita ma Parker in primis è stato un musicista e come tale ha suonato, provato, discusso con i membri dei suoi gruppi, registrato dischi passando ore e ore in studi di registrazione, palchi e salette.

Non si può raccontare la storia di Maradona senza far vedere un gol, partite di calcio e senza raccontare anche dei grandi campioni che sono stati suoi compagni di squadra. Maradona si è drogato ma è decisamente secondario rispetto a quello che ha fatto nei campi da calcio. Hunt e Lauda erano sì avversari con caratteri completamente diversi (non ne so niente altro che non quello che ho visto in Rush) ma hanno guidato automobili ad alta velocità in condizioni difficilissime, hanno fatto sorpassi, evitato incidenti ma hanno anche lavorato in officina sistemando questo e quello.

E tutto questo non viene raccontato.

Per fortuna si può sempre guardare Amadeus di Forman che riesce a raccontare Mozart, forse non in modo storicamente fedele, però facendocelo vedere mentre scrive, suona, ascolta, dirige e la musica è lì, fortemente presente, fonte di godio, di sofferenza, di fatica e divertimento: tutto questo oltretutto attraverso il rapporto con Salieri.

[2014-04-12 sab] Una nota interessante di Stefania Maurizi sull’NSA   Politica Privacy Snowden

Durante il convegno di cui parlerò più avanti questa giornalista, che sta seguendo la questione wikileaks per l’Espresso, ha raccontato di aver percepito la totale impreparazione dell’NSA allo scandalo di Snowden, specialmente nei confronti della stampa.

Citando a memoria, ha detto che, quando qualcuno va in pensione dalla CIA immancabilmente scrive un libro di memorie e quindi la CIA sa gestire i rapporti con i media.

L’NSA invece si è fatta trovare completamente impreparata dalle rivelazioni di Snowden tanto che, ad esempio, quando dall’Espresso li avvisavano che avrebbe scritto un articolo su un documento rivelato da Snowden si trovavano davanti risposte di funzionari assolutamente impreparati, che chiedevano cos’era l’Espresso, dove si trovava l’Italia e via impappinandosi.

Maurizi concludeva che questo è un passaggio epocale perché un’occasione del genere non si ripresenterà mai più per metterli in difficoltà.

[2014-04-12 sab] La sicurezza nelle parole di Michele Ainis   Politica Privacy

La sicurezza non è un diritto ma uno dei limiti dell’esercizio dei diritti

[2014-03-31 lun] Se me lo avessero detto non ci avrei creduto   Ninux

[2014-03-24 lun] Quello che sappiamo del futuro   Firme

L’unica cosa che sappiamo del futuro è che non ha alternative

[2014-03-01 sab] Ratpoison come sessione di X su debian   Linux Debian

Da un bel po’ di tempo uso ratpoison come window manager per X sul mio piccolo e vecchio portatile perché su uno schermo piccolo con le poche applicazioni che uso (iceweasel, terminale ed emacs) mi trovo molto meglio sempre a tutto schermo. In effetti ho anche installato xfce ma alla fine lo uso solo come soluzione di emergenza.

Un problema che ho trovato su debian unstable è che ratpoison non viene elencato nelle sessioni disponibili a lightdm e quindi ho risolto creando un file /usr/share/xsession/ratpoison.desktop così fatto (copiando pari pari quello di xfce):

  [Desktop Entry]
  Version=1.0
  Name=ratpison Session
  Name[en_GB]=ratpoison Session
  Name[it]=Sessione ratpoison
  Comment=Use this session to run ratpoison as your desktop environment
  Comment[it]=Usare questa sessione per avviare ratpoison come ambiente grafico
  Exec=ratpoison
  Icon=
  Type=Application

[2014-03-01 sab] Confronto fra giornali cartacei e “nuovi media” nel caso Snowden   Privacy Snowden Politica

Nel confronto fra “nuovi media”, o per meglio dire, fra i nuovi potentati mediatici che usano internet e i giornali cartacei i primi ne escono veramente male mentre i secondi, o per lo meno quelli che hanno lanciato e rilanciato la questione (The Guardian in primis, Wall Street Journal e pochi altri) hanno dimostrato una notevole libertà.

Evidentemente Google, Facebook, Twitter e tutti gli altri erano sottoposti ad una pressione enorme che non gli ha permesso di fare altro che piegarsi alle richieste del potere poliziesco mentre i giornali cartacei avevano margini di manovra molto più ampi, dovuti probabilmente ad una “disattenzione” del suddetto potere. Questo spiegherebbe anche le reazioni isteriche e scomposte delle polizie e del potere politico statunitense e inglese.

Poi ovviamente io, come tutto il mondo, di queste campagne di stampa ne abbiamo letto solo su internet, dimostrando in ogni caso che la vera libertà di espressione e informazione risiede strettamente ancora nella rete.

[2014-02-03 lun] Beet, il gestore definitivo della musica   Linux Informatica Musica

Ho una buona raccolta musicale di genere soprattutto pop(olare), diciamo quello che viene comunemente definito “rock” anche se la definizione è decisamente troppo generica per significare qualcosa: diciamo che è la musica delle riviste come Il Mucchio Selvaggio o Rumore che sono in assoluto le mie preferite.

La dimensione della raccolta in questi anni è cresciuta anche se sono riuscito con molta fatica a tenerla abbastanza ordinata.

Ora ho trovato uno strumento che mi permette di risparmiare un monte di fatica: beet.

Mitico strumento di gestione della musica per maniaci collezionisti, definizione che mi calza a pennello. Con un po’ di plugin mi sta permettendo di gestire i dischi che avevo lì da sistemare da una vita.

Questo è la mia configurazione:

  directory: /dati/Musica/
  library: ~/.beets/beets.db
  import:
    move: yes
    write: yes
    timid: yes
    detail: yes
  color: yes
  plugins: inline fetchart lyrics embedart replaygain importfeeds convert
  # mpdstats mpdupdate
  item_fields:
    initial: albumartist_sort[0].upper()
  paths:
    default: $initial/$artist_sort/$album/$track - $title
    singleton: $initial/$artist_sort/
  lyrics:
    import.write: on
  replaygain:
    albumgain: yes
    overwrite: yes
  mpd:
    host: pinolino
    port: 6600
    music_directory: /dati/Musica
  importfeeds:
    format: m3u_multi link
    dir: /dati/Musica/playlists/
  convert:
    dest: ~/MusicaTempo/

[2013-12-28 sab] Una frase indovinata di Daniel J. Bernstein   Informatica Privacy

Traduco a memoria da una conferenza appena conclusa al Chaos Computer Congress di Amburgo:

Creare software crittografico così semplice da usare che lo possa usare un giornalista

[2013-11-26 mar] Quarta legge della Termodinamica   Firme

Quarta legge della Termodinamica (applicabile ai sistemi umani) (enunciato di Zucchetti/Cambi)

In un sistema chiuso con presenza di esseri umani la presenza di bischeri è una funzione crescente nel tempo.

[2013-11-26 mar] La Legge Naturale sulla prevalenza del Bischero

Bell’articolo sui bischeri da un punto di vista termodinamico:

Generalizzazione termodinamica dell’effetto Dunning-Kruger

Parliamo oggi della Legge Naturale sulla prevalenza del Bischero, una teoria interessante che sto sviluppando assieme ad alcuni miei co-workers negli ultimi tempi.

L’effetto della Legge si osserva fin dai tempi antichi, ma venne formalizzato, a livello fenomenologico, nel 1999, dai ricercatori statunitensti David Dunning e Justin Kruger della Cornell University, che diedero il proprio nome appunto all’effetto Dunning-Kruger. Esso è definito come una distorsione cognitiva a causa della quale individui inesperti tendono a sopravvalutarsi, giudicando a torto le proprie abilità come superiori alla media. Questa distorsione è attribuita alla incapacità metacognitiva, da parte di chi non è esperto in una materia, di riconoscere i propri errori.

Una reale competenza potrebbe infatti, al contrario, ad indebolire la fiducia in se stessi, poiché individui competenti sarebbero portati a vedere negli altri un grado di comprensione equivalente al proprio o addirittura maggiore, arrivando però al cul-de-sac di dover confrontare le proprie opinioni e competenze con gli altri ritenuti competenti, arrivando potenzialmente al riconoscimento della parziale incompletezza o erratezza delle proprie convinzioni su un dato problema, e quindi erodendo la propria autostima e autodefinizione di competente.

Portando agli estremi la loro visione sociologica, i due ricercatori hanno tratto la conclusione che: “l’errore di valutazione dell’incompetente deriva da un giudizio errato sul proprio conto“.

Fra gli antesignani dell’osservazione dell’effetto Dunning-Kruger, citati dagli stessi ricercatori, troviamo Charles Darwin: “L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza” ed addirittura il maggior filosofo del 900, Bertrand Russel: “Una delle cose più dolorose del nostro tempo è che coloro che hanno certezze sono stupidi, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni“. Ab ovo, persino William Shakespeare disse: “Il saggio sa di essere stupido, è lo stupido invece che crede di essere saggio.”. Le Sacre Scritture – specchio di saggezza popolare antica – già ammoniscono: “La via dello stolto è diritta ai suoi occhi, ma chi ascolta i consigli è saggio.”

L’approccio fisiologico-medico alla questione è poi ipotizzato da uno dei ricercatori, che propone un’analogia con la condizione di una persona che, soffrendo di una disabilità fisica in seguito a una lesione cerebrale, sembra non avvedersi o rifiutare di accettare l’esistenza della menomazione, anche se questa è grave come nel caso di cecità.

Gli scienziati ipotizzarono che, per una data competenza, le persone inesperte:

  1. tenderebbero a sovrastimare il proprio livello di abilità;
  2. non si renderebbero conto dell’effettiva capacità degli altri;
  3. non si renderebbero conto della propria inadeguatezza;
  4. si renderebbero conto e riconoscerebbero la propria precedente mancanza di abilità qualora ricevessero un addestramento per l’attività in questione.

Su quest’ultimo punto (reversibilità del fenomeno dell’anosognosia) si innesta il nostro contributo, poiché a nostro parere esso non si può verificare in maniera illimitata, andando contro leggi fisiche e sociologiche incontrovertibili basate sui principi della termodinamica, sul concetto di irreversibilità dei processi fisici, e sul concetto di entropia. Si può verificare solotanto localmente e rispettando principi generali ben precisi, che ora saranno brevemente enunciati e discussi.

È infatti possibile enunciare la:

Quarta legge della Termodinamica (applicabile ai sistemi umani, (enunciato di Zucchetti/Cambi)

Si definisca Bi (Bischeraggine) come la presenza/densità di Bischeri in un sistema. Orbene: “In un sistema chiuso con presenza di esseri umani la presenza di bischeri è una funzione crescente nel tempo.”

Il fenomeno è irreversibile. Siccome l’irreversibilità determina sempre un aumento del numero di bischeri dell’universo, poiché i processi naturali sono tutti irreversibili, possiamo dedurre che ogni processo naturale si evolve nel verso che determina un aumento del numero di bischeri dell’universo.

Tale evoluzione cessa in corrispondenza della condizione di massima bischeraggine [ Max(Bi) ] compatibile con le condizioni fisiche dell’universo termodinamico, rappresentato dal sistema considerato e dal suo ambiente circostante. Questo stato di massima bischeraggine corrisponde allo stato di equilibrio stabile.

L’aumento di bischeraggine dell’universo in corrispondenza di trasformazioni irreversibili non implica che il numero di bischeri debba necessariamente aumentare in ogni parte del sistema e dell’ambiente circostante. Sono possibili diminuzioni locali di bischeraggine, purché in altre parti si abbiano corrispondenti aumenti del numero di bischeri in misura tale da soddisfare il quarto principio. Questo è quindi compatibile con l’osservazione ultima di Dunning-Kruger, ma avendo ben presente che essa può avvenire soltanto a livello locale.

Notiamo infine che il principio dell’aumento della bischeraggine determina il verso in cui scorre il tempo. Tutte le leggi del moto sono compatibili con un’inversione della direzione del tempo, così come per il primo principio della termodinamica; il quarto principio, invece, così come il secondo principio, attraverso il principio di aumento dell’entropia (il secondo) e del numero di bischeri (il quarto), vieta l’inversione delle trasformazioni naturali e pertanto introduce un’asimmetria tra il passato e il futuro.

Questo principio pone evidentemente le sue basi sulla termodinamica classica. È ancora in discussione – nel nostro gruppo di studio – l’approccio quantistico. Aumentando le bischerate, finirà che l’ennesima bischerata, fatta sulle precedenti bischerate, invece che portare alla paralisi totale del sistema per raggiungimento del Max (Bi), sarà invece considerata la cosa giusta; questo comporterebbe l’annullamento di tutti i bischeri, ed il tempo non sarebbe pertanto scorrente in un sol verso, ma prenderebbe la forma di una funzione ciclica, tornando allo zero: si avrebbe nuovamente il Big Bang (da qui una spiegazione ex-post del detto popolare “spararla grossa”). La più grossa bischerata annullerebbe perciò tutte le precedenti. Su quest’ultimo punto, si innestano, come sempre nelle leggi generali della Termodinamica, anche questioni di gnosi e di cosmogonia che sconfinano nelle discipline teologiche, e pertanto consigliano prudenza nell’approccio. È più importante la prima Bischerata detta, oppure l’ultima? O forse esse coincidono?

La generalizzazione del principio di Dunning-Kruger è osservabile in tutte le discipline del sapere, ma è particolarmente marcato in quelle dove si ha un necessario zoccolo duro di conoscenze minime senza le quali è arduo progredire nell’expertise: fisica, ingegneria, scienze applicate, matematica, geografia, storia, sintassi e grammatica. Allo zoccolo duro si sostituisce lo zoccolo dell’asino, ingiustamente utilizzato come metafora: un asino infatti è perfettamente in grado di adempiere ai propri compiti e di apprendere nuovi skills, il Bischero al contrario è termodinamicamente dannoso quando si occupa della questione sulla quale ritiene di aver competenza, aumentando con la sua attività l’entropia ovvero la funzione Bi, ed è incapace di progredire in essa se non nel senso stabilito, ovvero aumentando – con la propria – anche la Bischeraggine dell’universo. Questo contraddice pertanto la quarta ipotesi di Dunning-Kruger.

(L’articolo ha valso ai due ricercatori il Premio Ig Nobel per la Psicologia)

[2013-11-21 gio] Obama, fallimenti da sindrome   Politica

Lo so che sta diventando un po’ una fissazione però questo articolo di Diritti Globali (dal Manifesto) è un po’ quello che penso io dell’esperienza di Obama per la sinistra mondiale:

Scritto da Pierfranco Pellizzetti, il manifesto | 15 Novembre 2013

Se nei negoziati con l’Iran si profila l’ennesimo fallimento, viene da chiedersi le ragioni di questi flop ricorrenti di Obama (dalla mancata chiusura di Guantanamo agli studenti del Cairo sedotti e abbandonati parlando di “nuovi inizi”), la cui amministrazione intendeva connotarsi con il rilancio dell’immagine Usa.

Forse la storia della mentalità può fornirci utili chiavi interpretative al riguardo.

Ne I catari e la civiltà mediterranea Simone Weil narra che nella primavera del 1209 Simon de Monfort, alla testa dei crociati calati nel Midi per estirpare l’eresia, giunse davanti alle mura di Béziers; estrema ridotta della resistenza. Prima dell’assalto finale, Monfort convocò l’abate cistercense Amalrico, cappellano dell’armata, per chiedergli come evitare di trucidare, insieme ai biechi albigesi, anche buoni cristiani. La risposta fu l’immortale «uccideteli tutti. Dio riconoscerà i suoi». E così fu: il grand masél delle cronache occitane. L’orrido macello prodotto da un atteggiamento psicologico ottuso prima che criminale; visto che non esistevano ragioni concrete per tale carneficina. Secoli dopo un celebre sociologo - Raymond Aron - ci inviterà a non trascurare nelle nostre analisi l’importanza del “fattore S”, dove la lettera sta per “stupidità”.

Sicché la lezione dei due intellettuali novecenteschi sull’ottusa prevalenza della stupidità (e della condiscendenza nei suoi confronti) potrebbe aiutarci a penetrare l’odierno mistero di un presidente degli Stati uniti premio Nobel per la Pace che mesi fa stava cacciandosi nel cul di sacco dello scriteriato attacco alla Siria. Tra l’altro, sommatoria di tutti gli errori che in campagna elettorale aveva imputato ai predecessori, compresa l’affermazione dell’esistenza di canoniche “pistole fumanti”; copia conforme annunciata della figuraccia sulle “armi di distruzione di massa” che stroncò la carriera del Generale Colin Powell, Segretario di Stato nel primo governo Bush jr. Altro afroamericano, il cui fallimento politico suonò anche a pesante battuta d’arresto nell’emancipazione della propria comunità.

Così come le inspiegabili imprudenze di Obama rischiavano di trasformarsi in catastrofe per la comunità mondiale. Il quale ora torna a imbarcarsi in vicende che ne offuscano l’immagine - lui, l’uomo della proclamata trasparenza - combattendo una guerra personale contro Edward Snowden, reo di aver rivelato il panopticon di sorveglianza repressiva denominato Datagate; delirio della paranoia cospirativa coltivata da generali espressione di precedenti amministrazioni.

Inutile ricercare razionalità o coerenza in vicende dove sembra prevalere un’apparente testardaggine autolesionistica. E allora? Il fatto è che sul piano del carattere abbiamo sopravvalutato il personaggio, proiettandovi un carico di aspettative che corrispondevano alle nostre aspirazioni di democratici, frustrati da anni in cui abbiamo visto calpestare e irridere larga parte dei fondamenti di civiltà; più che prestare attenzione alla reale biografia presidenziale; che non è certo quella di un innovatore radicale; semmai si colloca nella categoria dei “curatori fallimentari” che compaiono sulla scena politica quando si sono evidenziati fino in fondo tutti i precedenti pasticci combinati dalla deregulation finanziaria e dai Neo-Con/Lib. Un po’ come Hollande, Monti o Letta. Politici demandati alle necessarie riparazioni, ma senza mai toccare equilibri e arredi di un ambiente a cui hanno accesso solo temporaneo. Da cui quella conseguente “sindrome dell’ospite in casa d’altri” che spiegherebbe la determinazione di Obama nello smentirsi: mostrare totale affidabilità a maggiorenti considerati certificatori di legittimità perché organici al paese profondo.

Quindi l’accettazione a membro dell’establishment più forcaiolo e retrogrado perseguita come sottomissione al mainstream dominante; prima che opportunistica, spia del complesso di inferiorità nei confronti della scemenza tracotante. L’essere “figlio di un dio minore” come colpa da espiare. «L’identità sociale costituisce la posta in gioco di una lotta» disse Pierre Bourdieu.

Anche contro se stesso.

[2013-11-14 gio] La rassegna “Hai paura del buio?”   Concerti

L’altro giorno sono andato a Milano alla rassegna “Hai paura del buio?” all’Alkatraz a Milano, rassegna organizzata dagli Afterhours.

All’interno del grande locale si sono alternati concerti sul palco principale, concerti su un palco laterale ed esibizioni di danza in mezzo al pubblico.

Infine in mezzo alla sala c’era una scultura che si chiamava come la rassegna, statua della quale non so che dire perché proprio non mi ha colpito in nessun modo.

Fra i concerti sono stati interessanti quello di un duo composto da una ragazza ed un uomo molto più anziano (non ricordo il nome) che suonavano un monte di strumenti, violini, theremin, insieme a sonagli, trombette e altro, tutti passati attraverso un monte di effetti e “delay” (non sono certo del nome) che davano un bel risultato. Interessanti per una mezz’ora ma poi più o meno sempre uguali.

Sempre per i concerti ci sono stati i sempre validi Marta sui tubi che hanno fatto sempre un ottimo show suonando pochissime canzoni dell’ultimo disco che in effetti è forse quello meno interessante.

Ci sono stati poi gli Afterhours che prima hanno suonato da soli: li ho visti ormai talmente tante volte che ormai mi fanno poco effetto. Successivamente hanno suonato con un monte di ospiti che cambiavano via via facendo una canzone loro e una dell’ospite: interessante ma più che per la musica per le “attrazioni”, fra le quali la più cercata ed applaudita dal pubblico sicuramente quella di Piero Pelù, considerato evidentemente un po’ il Grande Vecchio della scena.

Per gli altri spettacoli ho visto due ragazze con una coreografia abbastanza raffazzonata, ma anche qui non me ne intendo. Però molto interessante è stato un duo di strani ballerini che hanno messo su una scenografia che prevedeva uno strato di nylon attaccato sul pavimento sotto il quale ha cominciato a strisciare ad un certo punto il ballerino. Altri che se ne intendono più di me mi hanno detto che la cosa non era proprio una novità ma l’effetto dal vivo è stato sicuramente notevole.

Ci sono stati anche altri spettacoli ma eravamo stanchi e siamo venuti via.

[2013-11-14 gio] “Quello che puoi piratare, piratalo” ovvero, gli artisti in ritardo   Politica Letteratura Musica

Mi viene spesso da pensare che, in tanti modi diversi, gli artisti possano rappresentare la parte più conscia della società, coloro che più o meno direttamente ci spiegano il mondo che viviamo.

Però in verità quella che è stata la mia esperienza in questi anni di fruitore di opere d’arte è tutto molto diverso perché la stragrande maggioranza degli artisti che ho conosciuto, e parlo in particolar modo di musicisti, erano come accecati e invece di raccontarci il mondo ci raccontavano quanto erano ricchi e felici, diversi, lontani da tutti noi altri. I metallica che si presentano in limousine al processo contro i loro fan è forse la scena paradigmatica di questo atteggiamento.

E forse questo spiega anche un po’ lo “stile” dell’arte di questi anni.

Però forse qualcosa di diverso si sta muovendo ed un sistema che non può funzionare neanche economicamente, per non parlare dell’aspetto “artistico”, sta lasciando spazio a nuovi atteggiamenti che mettono fortemente in discussione quelli ai quali ci hanno abituato questi vecchi.

In Italia un buon esempio potrebbe essere, nel campo dei fumetti, ZeroCalcare che in un’intervista su Rumore di questo mese testualmente dice: “quello che riesci a piratare, piratalo: quello che vuoi comprare in libreria, compralo”.

Interessante l’uso dei verbi riuscire e volere, anche considerando quello che sempre ZeroCalcare affermò tempo fa.

[2013-11-06 mer] Scaricare gmail con offlineimap   Linux

Ebbene sì, per amore di Ninux Firenze ho ricominciato ad usare gmail anche se non mi pare tutto quel gran che.

Comunque per scaricarlo con offlineimap è sufficiente usare queste righe su ~/.offlineimaprc:

  [general]
  accounts = gmail
  [Account gmail]
  localrepository = GmailLocale
  remoterepository = Gmail
  
  [Repository Gmail]
  type = Gmail
  remoteuser = user
  remotepass = password
  nametrans = lambda x: 'INBOX.' + x
  folderfilter = lambda folder: folder.startswith('[Gmail]/All Mail')
  cert_fingerprint = 89091347184d41768bfc0da9fad94bfe882dd358
  
  [Repository GmailLocale]
  type = Maildir
  localfolders = ~/Gmail/
  sep = /

[2013-10-22 mar] Dov’è la nostra vita   Privacy Personale

Un ricordo di anni fa: stavo parlando con un gruppo di attivisti politici piuttosto impegnati ed “estremi”, abituati cioè anche a tenere posizioni scomode se non anche pericolose.

Stavamo parlando delle mie solite cose relative alla privacy, alla privatizzazione dei nostri dati da parte dei giganti della comunicazione e loro mi raccontarono un piccolo aneddoto, per loro spiritoso, relativo ad alcune prove fatte usando gmail che aveva mostrato come questi leggesse ed indicizzasse il contenuto delle comunicazioni dei propri clienti.

La cosa che mi suonò strana allora è che questa cosa, in un gruppo di persone abituate a pensare criticamente e “politicamente” le facesse sorridere e alla fine le dessero poco peso. A me invece parve gravissima ed ingiustificabile.

Questa differenza mi è sempre rimasta in mente perché non me la spiegavo ma in questi giorni ho trovato la soluzione: quelle persone pensavano, la storia ha poi detto che sbagliavano, che quello che accadeva “dentro” gmail non li riguardasse, non fosse la loro vita, la quale invece scorreva altrove.

Anche al di là di quello che ci racconta la cronaca di queste settimane è invece diventato evidente che “dentro” gmail (usandolo come paradigma) c’è tutta la nostra vita, che il “fuori” è sempre meno significativo perché tutto quello che siamo, che facciamo e che pensiamo lo stiamo travasando là dentro e che molto probabilmente quegli attivisti sono tutti belli immersi in questa ragnatela della quale non controllano niente.

[2013-10-15 mar] Bella frase di Nick Mathewson   Privacy

These are interesting times for crypto.

[2013-09-22 dom] Eric Schmidt di google mi dà ragione sulla privacy   Privacy Politica

Non c’è niente di più piacevole (ovviamente per dire) che sentire un potente darti ragione.

Da http://www.theguardian.com/world/2013/sep/13/eric-schmidt-google-nsa-surveillance

There’s been spying for years, there’s been surveillance for years, and so forth, I’m not going to pass judgement on that, it’s the nature of our society

[2013-09-19 gio] Intervista di Infoaut agli autistici/inventati   Privacy Politica

Probabilmente una delle cose più lucide che ho letto da quando la questione Snowden è venuta fuori.

Da http://www.infoaut.org/index.php/blog/clipboard/item/8845-libert%C3%A0-e-diritti?-tocca-sudarli-anche-in-rete-infoaut-intervista-autistici/inventati:

autistici-inventati-1 «Non pensiamo la nostra struttura come una risposta al controllo statale, ma più in generale come l’unica cosa decente venutaci in mente per garantire libertà d’espressione ed evitare la profilazione selvaggia da parte di aziende e governi». Sono queste le prime parole digitate da uno dei ragazzi di Autistici/Inventati appena cominciamo la nostra chiacchierata in una delle chat room del loro network. Una precisazione necessaria, sopratutto dopo che gli scossoni del terremoto Snowden hanno cominciato a sentirsi anche in Italia. Sono i primi giorni di agosto quando Lavabit e Silent Mail, due provider statunitensi di posta orientati alla tutela della privacy, vengono costretti a chiudere i battenti a causa delle minacce dell’NSA. Centinaia di migliaia di utenti restano improvvisamente senza strumenti di comunicazione sicura e molti di loro si rivolgono ad AI in cerca di una soluzione alternativa. In poco tempo il collettivo viene sommerso da un’ondata di richieste d’iscrizione ai suoi servizi. Un fatto che ha segnato un momento di difficoltà per la crew di hacker nostrani, tanto da determinare la temporanea sospensione dell’apertura di nuovi account. Ma che ha anche alimentato un forte dibattito in seno ai partecipanti del progetto sulle prospettive da intraprendere. È difficile per adesso dire come il datagate cambierà le esperienze di comunicazione autogestita. Autistici sa solo che potrà affrontare le nuove sfide all’orizzonte con una certezza che l’accompagna da più di 10 anni: quella di non essere un semplice servizio di posta ma una comunità. Che oggi ha bisogno del supporto di tutti quelli che si sentono di farne parte.

IFF – Dopo la chiusura di Lavabit la quantità d’iscrizione ai vostri servizi è stata tale da costringervi a sospendere temporaneamente l’apertura di nuovi account. Nella decennale storia di AI fatti di questo tipo si erano verificati solo di fronte ad eventi repressivi di estrema gravità (come il crackdown Aruba). Perché avete definito quest’ondata di richieste «preoccupante»?

Joe – Partiamo da quest’ultimo punto. Preoccupante è il fatto che ci sia gente che per le sue necessità non ha alternative rispetto ad Autistici/Inventati. Se nel tuo modello di comunicazione c’è un singolo point of failure siamo immediatamente di fronte ad un problema. Se cioè c’è un solo bersaglio da colpire, è più facile prenderlo di mira. In questo momento di fatto sono rimaste poche o nulle alternative “commerciali” che oltre ai loro servizi offrano anche la possibilità di usufruire del diritto alla privacy. Detta in altro modo sono rimaste poche alternative commerciali che non collaborino fattivamente con i servizi segreti americani.

Ginox – Oltre a questo è preoccupante che le persone che ci richiedevano un servizio si fidassero di noi solo perché avevano trovato il nostro link da qualche parte in rete. Questa dinamica riproduce un meccanismo di delega che in buona sostanza sposta solo il problema della privacy sul lato tecnico o sulla necessità immediata di trovare un’altra mail. Ma il punto da affrontare è politico: riguarda sia il rapporto tra gli americani ed il proprio governo, sia tra il resto del mondo e gli Stati Uniti.

Pepsy – A quanto detto da Joe aggiungerei anche che l’ondata era “potenzialmente” preoccupante perché Lavabit al momento della chiusura dichiarava 410.097 utenti.

IFF – Ma quante sono state le richieste di iscrizioni che avete ricevuto in quel periodo? Di quali numeri stiamo parlano?

Ginox – La curva oscilla a seconda dei lanci giornalistici sull’argomento in cui in qualche modo venivamo citati. Nello specifico, subito dopo la chiusura di Lavabit ci sono arrivate, diciamo, 10 volte il tasso di richieste che riceviamo di solito. Abbiamo registrato picchi di 200 richieste in coda giunte in poche ore, principalmente di mail. Eravamo ad un bivio: potevamo scegliere se accogliere tutti a caso oppure soffermarci a riflettere sul senso di quanto stava accadendo. Abbiamo scelto la seconda strada.

Joe – Vorrei aggiungere che tecnicamente non avremmo avuto particolari problemi a gestirci questo flusso improvviso di richieste.

Ginox – Si, sarebbe bastato prendere altri server, ma avremmo avuto sicuramente qualche difficoltà a gestire l’helpdesk. Questo tipo di scelta però non avrebbe rappresentato una soluzione.

Pepsy – E poi siamo abituati a confrontarci sempre quando c’è qualche problema, fa parte del DNA di A/I. Lo facciamo sia internamente sia attraverso i comunicati sia su cavallette.noblogs.org, dove cerchiamo un feedback dalla comunità.

Ginox – Noi vorremo che emergesse bene la contraddizione generata dalla chiusura di questi servizi commerciali. Dato che la natura del nostro progetto è differente, abbiamo pensato di prenderci del tempo: i nuovi utenti si relazionavano con noi come se fossero dei clienti e quindi ci è parso il caso di mettere in campo un momento di chiarimento. La nostra comunità resiste ai problemi repressivi o di censura perché ha delle affinità e sa unirsi nelle difficoltà. Qui invece ci sembrava che molte delle persone che richiedevano di poter utilizzare i servizi si fossero spostate da Lavabit senza battere ciglio, esattamente come avrebbero fatto con noi se ci fossimo trovati nella medesima situazione.

Joe – Infatti tra i commenti al post sul blog in cui spiegavamo che le attivazioni erano temporaneamente sospese, puoi trovare anche quelli che dicono: «Ma io vi pago!». No, non funziona così, ovviamente. Ed abbiamo cercato di ribadirlo.

IFF – Quest’impennata di richieste è arrivata solo dopo la chiusura di Lavabit (e quindi anche dopo la sovraesposizione mediatica che avete avuto sul Washington Post e sul New York Times) o anche già con l’esplosione del “datagate”?

Pepsy – Qualcosa si era cominciato a vedere già nella fase immediatamente successiva alla rivelazione di PRISM al grande pubblico.

Joe – Si, ma c’è stato un trend costante di crescita delle richieste anche prima del datagate. Poi senza dubbio con le dichiarazioni di Snowden le richieste sono aumentate. In particolar modo dopo che il sito prism-break ci ha indicato come una delle possibili alternative gratuite.

Ginox – Nella quasi totalità dei casi si è trattati comunque di richieste provenienti da utenti statunitensi.

IFF – AI è probabilmente il network autogestito più importante d’Europa. È risaputo che le Forze dell’ordine avanzino spesso richieste di log o di informazioni relative agli utenti della vostra piattaforma. Dopo il datagate avete ricevuto più pressioni rispetto al passato? È cambiato qualcosa nell’atteggiamento delle FdO?

Ginox – Non sappiamo dirlo ancora. Senza dubbio l’esposizione mediatica a cui siamo stati sottoposti negli ultimi tempi avrà modificato la percezione che hanno di noi i “servizi”. Vedremo in futuro se questa cosa avrà delle conseguenze o meno. Ora come ora non è successo nulla di nuovo, né abbiamo registrato pressioni più esplicite del solito. Di tanto in tanto i nostri server sono oggetto di sequestri clamorosi. Solitamente però quelle che riceviamo dalle FdO sono richieste di routine: riguardano acquisizioni di dati che non abbiamo. Normalmente il tutto finisce con un fax dove comunichiamo che non siamo in possesso delle informazioni che ci vengono richieste.

autistici-inventati-5Joe – La nostra strategia di fondo è quella di non tenere in memoria alcuna informazione utile alla profilazione degli utenti, secondo quello che per noi è semplice rispetto delle libertà individuali e buon senso. Va anche sottolineato però che in Italia le indagini tendono ormai a concentrarsi direttamente sull’utente piuttosto che sul servizio, ricorrendo anche a malware per compromettere il computer dell’indagato e tenerlo sotto controllo a sua insaputa (la nostra legislazione li chiama “captatori informatici”). L’utente finale di solito è l’anello debole della catena e le FdO nel 99% dei casi preferiscono prendere direttamente da lì le informazioni che gli servono. L’intento è duplice: da una parte raccogliere elementi probatori dall’altra portare avanti attività d’intelligence attraverso cui ricostruire gli insiemi relazionali del soggetto interessato. È anche per questo motivo che periodicamente insistiamo sul fatto che la tutela della propria privacy non può essere delegata a nessuno. Neanche a noi.

Ginox – Tutte le polizie europee mostrano un’attenzione crescente per i “captatori informatici”. La prassi è simile alle intercettazioni ambientali, ma con molte più implicazioni, poiché si va a mettere mano su quello che in seguito potrebbe essere utilizzato come prova in caso di processo. Il che e’ una pratica piuttosto discutibile. Per ora questi oggetti sono equiparati ad un’intercettazione, ma in maniera sufficientemente ambigua per farne uno strumento agile per le FdO, e con pochissime garanzie per gli indagati.

Pepsy - Ci sono numerose aziende anche italiane specializzate in questo genere di lavori.

Joe – Già. C’è un mare di consulenti che fanno il lavoro sporco per le procure (salvo poi mettersi le magliette hacker quando vanno ai meeting della comunità).

Ginox – In Italia il mercato della sicurezza informatica decolla intorno al 2000. Andrea Pompili, autore del libro Le Tigri di Telecom, security manager dell’azienda arrestato all’interno dell’inchiesta Telecom-Sismi, spiega bene l’atmosfera che si respirava all’epoca. Dalle sue ricostruzioni appare chiaro come quello della sicurezza sia un mercato pompato dove qualsiasi minchiata può fruttare un sacco di soldi. Cerchiamo di capirci: i “captatori informatici” non sono nulla di nuovo se non rimaneggiamenti di idee partorite in passato dal giro hacker: non fanno nulla di diverso da, che so Dark Comet o lo storico Back Orifice o altri rat (categoria di software per controllare da remoto un computer). La differenza è che oggi il commercio di questi gingilli per le intercettazioni viene infiorettato con un “marketing dell’emergenza”. Pensiamo per esempio al tormentone della cyberwar. La richiesta di questi strumenti va di pari passo con la scoperta di Stuxnet o di Flame, due malware utilizzati in operazioni di intelligence in medio oriente. Da allora tutti i governi stanno cercando di attrezzarsi. Una storia interessante in termini di malware e polizia e’ il caso tedesco, smascherato dal Chaos Computer Club.

Joe – Già. La cyberwar è un concetto indefinito, rarefatto, aleatorio. Una buzzword che non si capisce bene cosa indichi e che come tale di norma viene utilizzata da gente che non ne conosce il senso, non sa di cosa sta parlando e quindi usa il latinorum.

IFF – Dopo la chiusura di Lavabit e di Silent mail anche Riseup ha preso parola pubblicamente. In un suo recente comunicato ha affermato che sta ridisegnando l’architettura del suo network in modo da renderla ancora più sicura. L’obbiettivo è quello di non trovarsi in una situazione simile a quella di Lavabit, ovvero essere obbligati a scegliere tra due mali minori: collaborare con l’NSA o dover spegnere l’infrastruttura. Anche voi avete in programma qualcosa di simile o pensate che sia sufficiente il piano R* da voi implementato ormai diversi anni fa?

autistici-inventati-2Joe – Riseup in questo momento sta lavorando ad un progetto che includa la crittografia end-to-end e che renda impossibile, anche allo stesso gestore del servizio, sapere cosa transita sui suoi server. Per fare questo però è necessario proporre nuovi strumenti agli utenti. Senza dubbio noi ora non forniamo crittografia end-to-end trasparente. Se vuoi cifrare la posta devi essere tu a farlo. Mi spiego meglio: ad oggi se un utente riceve in chiaro una mail su un server di AI, io in quanto amministratore sono in grado di accedere al contenuto di quella mailbox. Se tu invece attivamente scambi email solo in forma cifrata con GPG, allora neanche io ho la possibilità di leggerla. Questo non toglie che sui nostri server le caselle di posta si trovino su dischi cifrati: anche in caso di sequestro risulta molto difficile accedere a quei dati. È il motivo per cui consigliamo di scaricare la posta e non lasciarla sui server. Ed è un consiglio valido in generale, non solo per i nostri utenti.

Ginox – Stiamo osservando e studiando le soluzioni disponibili per capire come affrontare questi problemi, consapevoli del fatto che non avremo una soluzione pronta tra due mesi. Quello illustrato da Joe però è il punto della questione che Riseup sta affrontando: se anche gli amministratori di un network non hanno alcun accesso ai dati degli utenti allora non c’è profilazione possibile, né nulla di utile che possa essere richiesto in tal senso.

Joe – E così facendo viene resa ancora più complicata l’intercettazione dei dati in transito su Internet, cosa che sappiamo bene – e PRISM l’ha confermato – essere un bel problema.

Ginox – Si tratta di un progetto sicuramente più avanzato del Piano R* che abbiamo attualmente implementato e che nasceva da un contesto diverso. Noi, per la nostra “esperienza repressiva” negli anni passati ci siamo posti il problema di distribuire i server, cioè decentralizzare la struttura, e di oscurare un po’ le cose per rendere bassa la probabilità che un sequestro porti al server giusto. Loro adesso stanno affrontando un altro pezzo del problema.

IFF – Autistici vive da anni di donazioni e contributi economici volontari. Prima mi raccontavate però che dopo quanto accaduto ad agosto alcuni utenti si sono detti disponibili a versare una quota annuale obbligatoria per mettervi nella condizione di continuare ad erogare i servizi e mantenere la vostra policy in fatto di privacy. Non pensate che questa opzione renderebbe più semplice affrontare la situazione d’emergenza che state attualmente attraversando?

Ginox – No, non vogliamo che le persone pensino di poter comprare libertà e diritti. Quelli tocca sudarli. È il motivo per cui eravamo in imbarazzo in questi giorni a rispondere alle richieste di attivazione: capivamo che ci trovavamo di fronte a questo ragionamento, magari fatto in buona fede ma che non va nella direzione in cui ci muoviamo noi. Non ci interessa mettere quote fisse o far diventare Autistici il nostro lavoro: non saremmo più in grado di essere credibili. Se agli utenti di Lavabit da noia aver perso un servizio utile, se si sentono privati di un loro diritto… beh, andassero nel Maryland a prendere a pietrate la sede dell’NSA e non si limitassero a cercare di comprare una mail da un’altra parte.

Joe – Tocca essere pronti ad agire in prima persona, senza deleghe. In un mondo di spettatori e votanti questo spesso è spiazzante. Il problema che sta a monte è proprio il concetto malato di democrazia che è filtrato alla gente: passa tutto per la delega, mentre perfino i teorici della democrazia borghese ti direbbero che questa è una baggianata. Poi c’è anche l’atteggiamento capitalista del mi-serve-qualcosa-e-quindi-lo-compro. Che in effetti, vedendo il mondo intorno è un meccanismo universale. Noi ovviamente ci opponiamo a questa visione. Inoltre credo sia più interessante fornire servizi ad un attivista ucraino per cui 15 euro sono una cifra significativa, piuttosto che alla middle class statunitense per cui 15 euro sono facili da spendere. Ci sono quindi ragioni pratiche e politiche per non accettare questo ragionamento.

Pepsy – Diciamo che non abbiamo simpatia per la mercificazione in genere.

IFF - Com’era ipotizzabile qualcuno ha colto al balzo la palla del “datagate”. La settimana scorsa Kim Dotcom ha lanciato una campagna di marketing per pubblicizzare un nuovo servizio di mail sicura. Così facendo ha scelto di continuare a battere quella strada che a gennaio aveva portato all’apertura di Mega, alla cui base sta un’idea semplice: gli utenti in internet non hanno alcuno status giuridico. La loro privacy non è protetta da alcun tipo di tutela legale. Chi desidera ottenere riservatezza in rete deve quindi acquistarla. Mi pare che questa dinamica presenti delle ambivalenze. Da una parte è innegabile che l’affermazione di questo modello d’impresa sancisca definitivamente la privatizzazione della privacy: questa smette di essere un diritto e viene garantita solo in quanto bene scarso, in quanto servizio erogato dietro compenso da attori privati. Con una metafora potremmo dire che anche in rete l’accesso alla cittadinanza è ancorato al reddito. Allo stesso tempo però il fiorire dell’industria della privacy rende accessibile la crittografia per le masse e più complicato il lavoro delle agenzie di law enforcement. Lo stesso caso di Lavabit è paradigmatico: fa riflettere come, nonostante la supremazia tecnologica, la più grande super potenza del mondo abbia avuto bisogno di ricorrere a pesanti intimidazioni di fronte ad uno strato di cifratura. Per altro senza nemmeno riuscire a conseguire il suo obbiettivo. Che ne pensate? Non credete che questo fenomeno possa avere anche ricadute positive?

autistici-inventati-4Joe – Mi pare chiaro da quanto detto prima che crediamo che il problema della privacy sia più politico che tecnico. Quindi non penso che l’industria della privacy risolva alcunché, dato che abbiamo a che fare con un antagonista con risorse sostanzialmente illimitate e con cui ogni “corsa agli armamenti” promette poche speranze di vittoria. La soluzione tecnica non può che essere parte della soluzione. E sospetto fortemente che sia una parte abbastanza secondaria. Poi mi aspetto che un po’ di gente crei servizi per riempire questo vuoto del mercato. Ci saranno quelli con buone intenzioni (come Lavabit) e quelli che sono interessati solo ai soldi, in stile Kim Dotcom. Nello specifico le iniziative di “mister Mega” hanno uno scopo fondamentale: parargli il culo mentre conta i nostri soldi. Di fronte ad un’entità come l’NSA della privacy degli utenti a lui non frega nulla: basta guardare com’è fatto mega.co.nz per capirlo. E comunque dal punto di vista dell’utente significa mettere la tua privacy nelle mani di un ente privato che ha interessi diversi dai tuoi. Io personalmente non mi fiderei mai :-)

Ginox – L’uso della crittografia di massa è sempre stato legato allo sviluppo del commercio elettronico. Negli anni ’90 la crittografia viene strappata all’NSA ed ai militari perché il mercato aveva bisogno di soluzioni per garantire la sicurezza delle transazioni, altrimenti non sarebbe mai potuto decollare. Credo che questa sia un’ambiguità irrisolvibile che però lascia aperto il nodo politico della questione, come diceva anche Joe. Così va il capitalismo: distrugge valore per creare profitto, dalle macerie di una cosa ne crea un’altra e apre degli spazi di mercato.

Joe – Posso fare una postilla che mi viene spontanea? È veramente divertente vedere come funziona bene il “libero” mercato. Tanta gente nel mondo vuole ottenere un servizio di posta sicura.. e la loro migliore opzione è un gruppo di attivisti anticapitalisti italiani? Beh, non mi pare esattamente un prototipo di efficienza.

Pepsy – Sulla deficienza del mercato sono d’accordo. Un po’ meno sull’esempio fatto da Joe perché tutto sommato lo tsunami di richieste non è ancora arrivato: evidentemente non siamo la sola alternativa. La necessità di mail sicure d’altra parte viene gestita direttamente anche da enti e società private.

Ginox – La Germania per esempio sta tentando a sua volta un approccio diverso. Non so se definirla una barzelletta, un moto d’orgoglio o qualcosa da buttare sul piatto della diplomazia. La proposta del governo tedesco di offrire ai suoi cittadini servizi “made in Germany” è un po’ l’equivalente del dire: «Non fatevi spiare dall’NSA! Fatevi spiare solo dai nostri servizi segreti!» Si tratta quindi di una soluzione che tecnicamente non risolve nulla, però sposta il soggetto in campo e delinea un’inversione di tendenza: si passa da un attore privato ad un ritorno dello stato nella gestione delle comunicazioni.

IFF – In un certo senso potremmo dire che anche la Germania sta perseguendo una balcanizzazione di Internet seguendo l’esempio russo e cinese (fatte le debite differenze ovviamente)?

Ginox – Si, qualcosa del genere, pur elaborando risposte diverse rispetto a Mosca e Pechino.

Joe – Anche perché una balcanizzazione in stile cinese in Europa non potrà mai funzionare a meno che non si voglia creare uno spaventoso effetto recessivo in uno dei pochi settori floridi dell’economia occidentale. In realtà io credo che quella del governo tedesco sia stata una mossa per dare un contentino ad un’opinione pubblica inferocita ed allo stesso tempo uno stratagemma per avere un argomento di trattativa con gli Stati Uniti.

Pepsy – Da parte mia credo che la rete sia sempre stata balcanizzata. Rispetto ad Internet c’è ancora troppa mitologia: quella di una rete “anarchica” che porta libertà. Una mitologia che cela le internet iraniane, nord coreane e cinesi e che allo stesso tempo ci fa però dimenticare che fino all’altro ieri anche in Italia bisognava dare i documenti per accedere ad un hotspot wifi pubblico. Una mitologia insomma che nasconde il fatto che la rete ha dei padroni, da sempre.

Ginox – Internet riflette rapporti di forza materiali: più si espande e più si lega al reale rispetto a quando era composta da qualche milione di utenti. Nel mondo reale i soldi contano e le aziende si mangiano a vicenda. È il capitalismo baby! Il mercato è una parte importante e aggressiva della rete: è stata una scelta precisa quella di smettere di sovvenzionare Internet con soldi pubblici e fare in modo che soggetti privati la lottizzassero. Finanza e politica vanno a braccetto, la rete tende a polarizzarsi verso grossi soggetti così come il capitale tende a concentrarsi in grossi monopoli e cartelli, o a essere terreno di bolle e speculazioni. La bolla delle dotcom ha anticipato quella immobiliare a dimostrare la fragilità di questa costruzione. La privacy e’ un mercato come un altro, dove c’è un bisogno il mercato accorre. I flussi di bit vanno a coincidere con i flussi finanziari. Segui quest’ultimi e capisci dove si concentra il potere. Sebbene il meccanismo sembri rodato e inarrestabile, in realtà va spesso in crisi e va avanti ad azioni di forza e calci in culo, con una certa tendenza al cannibalismo. E quando si crea una contraddizione c’è spazio per inserirsi. Questo sarebbe paradossalmente un buon momento per far nascere nuovi server autogestiti o progetti simili. Non saprei se ci sono soggetti interessati a farlo.

IFF – Quindi secondo voi le rivelazioni di Snowden rappresentano un punto di forza per chi lotta per i diritti digitali?

Ginox – Non solo per i diritti digitali. È un momento di forte imbarazzo per il governo americano. Se lo superano illesi allora ne usciranno fortificati. Altrimenti qualcuno se ne gioverà e credo che all’orizzonte si possono anche aprire spazi per le esperienze di comunicazione autogestita (a patto di saperle cogliere ovviamente). In generale poi è interessante che un impiegato metta in crisi una struttura da miliardi di dollari.

Pepsy – Ed è sempre un bene che ci sia il fattore umano che manda all’aria il sistema alla faccia degli incubi tecnologici. In questo caso è stato mosso un primo piccolo passo essenziale nella direzione giusta: certe tematiche stanno cominciando ad uscire dall’ambito underground.

IFF – In che modo gli utenti possono aiutarvi in questo momento?

Pepsy – Diciamo che ci piacerebbe che i nostri utenti imparassero a non delegare a noi la difesa della loro privacy.

Joe – Senza dubbio possono donare, mica ci fa schifo!

Ginox – Si, ma quello possono farlo sempre. Nell’immediato i nostri problemi sono principalmente di relazione verso l’esterno. Chi utilizza i nostri servizi e vuole aiutarci può farlo diffondendo un semplice messaggio: ovvero che Autistici è in primis una comunità e non semplicemente un servizio mail. Poi certo, una crescita di consapevolezza tecnica sarebbe una cosa auspicabile e sempre utile. Sopratutto nel momento in cui ti rendi conto che dall’altra parte non si risparmiano.

[2013-09-01 dom] La privacy di Obama   Privacy Politica

Da https://www.eff.org/deeplinks/2013/08/obama-promises-reform-nsa-spying-devil-will-be-details :

[T]echnology itself may provide us some additional safeguards. So for example, if people don’t have confidence that the law, the checks and balances of the court and Congress, are sufficient to give us confidence that government’s not snooping, well, maybe we can embed technologies in there that prevent the snooping regardless of what government wants to do. I mean, there may be some technological fixes that provide another layer of assurance.

[2013-08-25 dom] Hidden service con webfs   Linux

Gestisco alcuni hidden service che uso per distribuire documenti che non sarebbero distribuibili altrimenti e per farlo usavo un ottimo server, thttpd.

Il bello di thttpd era che aveva un file di configurazione ed un’occupazione di memoria minimi.

Però adesso debian ha deciso che thttpd non possa più stare dentro i propri repository e quindi mi sono visto costretto a cambiare server e così sono passato a webfs.

La ragione di questa scelta è data dal fatto che questo server è fatto esclusivamente per contenuti statici, quali i miei e che è pensato soprattutto per distribuire files da directory poco più che un server ftp.

Questi sono i passi che ho intrapreso per configurarlo.

Le mie necessità sono quelle di avere più server che girano contemporaneamente perché ho diversi hidden services.

L’installazione di default non prevede che ci siano più di un server a girare contemporaneamente e quindi ho creato una directory /etc/webfs/ per metterci i diversi files di configurazione.

File di configurazione

Ho creato il file di configurazione /etc/webfs/dati1.conf:

       # debian config file for webfsd.  It is read by the start/stop script.

       # document root
       web_root="/srv/dati1/"

       # hostname (default to the fqdn)
       web_host="hiddenservice.onion"

       # ip address to bind to (default: any)
       web_ip="127.0.0.1"

       # port to listen on (default: 8000)
       web_port="8185"

       # virtual host support (default: false)
       web_virtual="false"

       # network timeout (default: 60 seconds)
       web_timeout=""

       # number of parallel connections (default: 32)
       web_conn=""

       # index file for directories (default: none, webfsd will send listings)
       web_index=""

       # size of the directory cache (default: 128)
       web_dircache=""

       # access log (common log format, default: none)
       web_accesslog=""

       # use bufferred logging (default: true)
       web_logbuffering="true"

       # write start/stop/errors to the syslog (default: false)
       web_syslog="true"

       # user/group to use
       web_user="www-data"
       web_group="www-data"

       # cgi path (below document root -- default: none)
       web_cgipath=""

       # extra options, including arguments
       web_extras=""

Quanto prima devo togliere il logging sul syslog che tanto la cosa pare funzionare

File di avvio

Ho poi copiato il file di avvio originale /etc/init.d/webfs modificandolo in, ad esempio /etc/init.d/webfs-dati1 in modo da cambiare il nome del file pid in /var/run/webfs/webfsd-dati1.pid e il file di configurazione in /etc/webfs/dati1.conf:

  #!/bin/sh
  ### BEGIN INIT INFO
  # Provides:          webfs-dati1
  # Required-Start:    $local_fs $remote_fs $syslog $network
  # Required-Stop:     $local_fs $remote_fs $syslog $network
  # Default-Start:     2 3 4 5
  # Default-Stop:      0 1 6
  # Short-Description: Webfs simple HTTP server
  # Description:       Webfs is a very basic HTTP server
  ### END INIT INFO
  
  test -f /usr/bin/webfsd 	|| exit 0
  test -f /etc/webfs/dati1.conf	|| exit 0

  # read + verify config
  . /etc/webfsd/dati1.conf
  test "$web_root" = ""		&& exit 0

  # pidfile handling
  pidfile=/var/run/webfs/webfsd-dati1.pid
  pidfdir=`dirname $pidfile`
  mkdir -p $pidfdir
  test "$web_user"  != ""	&& chown $web_user  $pidfdir
  test "$web_group" != ""	&& chgrp $web_group $pidfdir

  # build command line
  ARGS="-k $pidfile -r $web_root"
  test "$web_host"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -n $web_host"
  test "$web_ip"		!= ""	&& ARGS="$ARGS -i $web_ip"
  test "$web_port"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -p $web_port"
  test "$web_timeout"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -t $web_timeout"
  test "$web_conn"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -c $web_conn"
  test "$web_dircache"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -a $web_dircache"
  test "$web_index"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -f $web_index"
  #test "$web_accesslog"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -l $web_accesslog"
  if test "$web_accesslog" != ""; then
        if test "$web_logbuffering" = "true"; then
		ARGS="$ARGS -l $web_accesslog"
	else
		ARGS="$ARGS -L $web_accesslog"
	fi
  fi
  test "$web_syslog" = "true"	&& ARGS="$ARGS -s"
  test "$web_virtual" = "true"	&& ARGS="$ARGS -v"
  test "$web_user"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -u $web_user"
  test "$web_group"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -g $web_group"
  test "$web_cgipath"	!= ""	&& ARGS="$ARGS -x $web_cgipath"
  test "$web_extras"	!= ""	&& ARGS="$ARGS $web_extras"
  #echo "debug: webfsd $ARGS"

  case "$1" in
  start)
	echo -n "Starting httpd daemon: webfsd"
	start-stop-daemon --start --quiet --pidfile $pidfile \
		--startas /usr/bin/webfsd -- $ARGS
	echo "." 
	;;
  stop)
	echo -n "Stopping httpd daemon: webfsd"
	start-stop-daemon --stop --quiet --pidfile $pidfile
	rm -f $pidfile || true
	echo "."
	;;
  restart|force-reload)
        echo -n "Re-starting httpd daemon: webfsd"
	start-stop-daemon --stop --quiet --pidfile $pidfile
	rm -f $pidfile || true
	start-stop-daemon --start --quiet --pidfile $pidfile \
		--startas /usr/bin/webfsd -- $ARGS
	echo "."
	;;
  *)
	echo "Usage: /etc/init.d/webfsd start|stop|restart|force-reload"
	exit 1 
	;;
  esac
  exit 0

Ho poi eliminato il file di avvio originale con il comando:

  update-rc.d -f webfs remove

e creato i link per l’avvio per il nuovo /etc/init.d/webfs-dati1 con il comando:

  update-rc.d webfs-dati1 defaults

[2013-08-20 mar] Il problema di leggere le notizie via rss   Informatica

È che spesso di una vicenda prima conosci l’esito finale e solo poi ne leggi l’inizio. Prima sai che li hanno trovati e solo poi che quattro bambini sono scomparsi a Roma.

[2013-08-20 mar] Ancora commenti sulla questione Snowden   Politica Privacy

Articolo del direttore del Guardian

Those colleagues who denigrate Snowden or say reporters should trust the state to know best (many of them in the UK, oddly, on the right) may one day have a cruel awakening. One day it will be their reporting, their cause, under attack. But at least reporters now know to stay away from Heathrow transit lounges.

[2013-08-16 ven] I Clash, Sandinista e il p2p   P2P Musica Politica

Rapidamente la storia è questa: al momento di pubblicare il disco Sandinista i Clash si imposero con la casa discografica (la CBS, ai tempi una delle maggiori del mondo) perché il disco fosse pubblicato come un triplo vinile al costo di un singolo. La CBS in cambio pretese che il gruppo non riscuotesse nessun guadagno dalle prime 200.000 compie vendute. Quello che va aggiunto è che allora i Clash non erano un super gruppo ma guadagnavano pochissimo e quindi questo accordo non era una mossa da ricche rockstar ma una scelta difficile e impegnativa.

Probabilmente è troppo tardi oppure i Clash sono stati davvero “the only group that matters” però forse da questa storia qualche monito i nostri attuali “artisti” potrebbero anche trarlo.

[2013-08-09 ven] Un ottimo commento alla questione Snowden-Prism   Politica Informatica

Da Quel brufolo rosso e grosso sull’Italia:

Poniamoci per esempio in un’ottica legalitaria e supponiamo che l’NSA abbia veramente arrestato 300 pericolosissimi criminali grazie ai miliardi di dollari spesi per questa mastodontica rete di cui noi conosciamo solo la punta dell’iceberg. Bene, dato che la loro super struttura viene messa in crisi da un solo impiegato che decide di rivelarla al mondo, abbiamo sicuramente altri 1000 Snowden che al posto di dirlo a tutti, hanno rivenduto i propri servizi ad aziende, investigatori privati, trafficanti, mafiosi, politici, finanziarie, banche, agenzie di rating, intelligence concorrente e via di seguito. Quindi avranno arrestato 300 presunti terroristi e favorito 30000 altri personaggi di categorie umane peggiori.

[2013-08-05 lun] Ancora una citazione “terribile” da Fightclub   Letteratura

Mentre picchiavo quel ragazzo, in realtà avrei voluto piantare una pallottola tra gli occhi di ogni panda in pericolo che si rifiuta di scopare per salvare la propria specie e ogni balena o delfino che molla tutto e va a spiaggiarsi

[2013-08-04 dom] Il concerto dei Baustelle   Musica

Siena, piazza del Duomo [2013-07-28 dom]

Era uno dei concerti che più aspettavo perché l’ultimo disco mi è piaciuto tantissimo e in effetti il risultato è stato valido perché hanno suonato bene, con tanti strumenti e strumentisti (fra i quali il percussionista ha veramente fatto un lavorone), una bella presentazione e abbastanza presa però:

  • il gruppo ed in particolare il cantante e la cantante sono un po’ troppo gigioni e si compiacciono un po’ troppo di piacere al proprio pubblico nonostante che poi alla fine la presenza scenica non è poi così “potente”;
  • le canzoni che non fanno parte dell’ultimo disco proprio non riesco a digerirle neanche dal vivo.

Comunque un bel concerto anche se purtroppo ero arrivato con aspettative troppo alte e quindi mi resta un po’ di amaro in bocca.

Il palco era piazzato proprio in un bel posto anche se come pessimo italiano ormai ci ho fatto l’abitudine.

[2013-08-02 ven] Citazione mitica da Fightclub   Letteratura

«Al negozio hanno carta igienica riciclata al cento per cento» annuncia Maria. «Dev’essere il peggior lavoro di tutto il mondo, riciclare carta igienica.»

[2013-07-30 mar] Un’interessante e probabilmente azzeccata definizione di Karsten Gerloff   Politica Informatica

Da http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=47312&typeb=0

Facebook definisce chi siamo, Amazon stabilisce cosa vogliamo e Google determina quello che pensiamo

Karsten Gerloff è presidente della Fondazione del Software Libero d’Europa.

[2013-07-28 dom] Una fotografia di personaggi importanti   Informatica Politica

Personaggi importanti: Richard M. Stallmann, Julian Assange e (in una piccola fotografia) Edward Snowden.

YesWeCan-rms-snowden-assange.jpg

Da File:YesWeCan-rms-snowden-assange.jpg

[2013-07-13 sab] Stupidaggine di google nella bocca di Jeff Jarvis   Informatica Privacy

Intervista a Jeff Jarvis, “super” giornalista di Google (docente, chiacchierone vario, praticamente uno che Google vorrebbe diventasse ministro) in cui si dice:

È come se dicessi a Google “dammi più contenuti di valore in cambio”. Ma attenzione: non ti stai vendendo a Google o a un altro motore di ricerca. C’è sempre una ragione dietro alle tue richieste e alle tue concessioni. Google ha capito che il contenuto è univoco, parla delle persone. Ed ha il meccanismo per capire cosa vuoi e cosa cerchi. Questo è il lato divertente della cosa: spesso non sai nemmeno tu cosa ti serve esattamente e Big G ci arriva prima.

La stessa cosa ce la sentiremo dire anche dal “guru” di Apple, dal docente di Amazon e dall’intelligentone di Facebook.

Ma non è vero.

È lo stesso discorso che ci è stato fatto dalla pubblicità quarant’anni fa: te non sai quello che veramente vuoi ma te lo possiamo dire noi. Ovviamente quello che abbiamo voluto in questi quarant’anni di spot televisivi era esattamente quello che ci potevano offrire e così anche ora i nostri amici capitalisti della rete potranno offrirci esattamente quel che vogliamo e che corrisponde esattamente con quello che hanno da offrirci.

Quanto tempo ci occorrerà questa volta per rendersi conto che non è proprio così? Altri quarant’anni?

[2013-07-09 mar] Il ragno solitario   Letteratura Firme

Sempre da La città delle illusioni di Ursula Le Guin:

Non sono più solitario… del primo ragno in una casa nuova…

[2013-07-09 mar] Emacs e l’informatica   Firme Informatica

Se ci gira emacs è un computer

[2013-07-09 mar] La creazione secondo Ursula Le Guin   Letteratura Firme

Da La città delle illusioni:

“Noi di Es Toch narriamo un breve mito: all’inizio il Creatore disse un’immensa bugia. Perché non c’era proprio nulla, ma il Creatore parlò dicendo: Esiste. Ed ecco, affinché la menzogna di Dio potesse essere la verità di Dio, l’universo cominciò subito a esistere…”

[2013-07-08 lun] La privacy in Venezuela   Privacy Politica

Un’interessante articolo sulle violazioni della privacy in Venezuela:

Snowden and Venezuela: My bizarre experience in the surveillance state

In 2009, a private call placed from the US by Isabel Lara to her mother was broadcast on Venezuelan state TV. Secretly taped calls are routinely used there to disgrace political enemies—or worse. To locals, the South American surveillance state is an odd place for government transparency advocate and NSA whistleblower Edward Snowden to end up.

Edward Snowden is heading to Venezuela? Seriously?

The Venezuelan government’s offer of “humanitarian asylum” to Edward Snowden rang hollow to most Venezuelans, who are by now used to the government spying on opposition leaders, journalists and even their own loyalists. Not only does the government routinely record their phone conversations, it broadcasts them on government-owned TV channels.

The news that the NSA leaker has been offered asylum in Venezuela seems especially ironic to my mother and me. A few years ago, we had the bizarre experience of hearing one of our private phone calls aired on Venezuelan TV. It was played over and over again and “analyzed” by pro-government talk show host Mario Silva—a man who is now in disgrace himself because, in a weird twist of fate, a recording of him was leaked and broadcast on TV.

What was most surreal about our experience was that there was no excuse or justification for taping our phone conversation. None was needed. The government just had it.

It would be nice for Snowden, who cherishes privacy and freedom of speech so much, to be aware that in Venezuela one cannot have any expectation of either.

On Monday, Sept. 14, 2009 a private phone call between my mother and me was broadcast on two talk shows on the Venezuelan government TV station.

The video of our conversation and the talk show host editorializing on it was on the homepage of the Venezuelan government TV’s website the next day under the headline: “Rabietas, tristeza y frustración provocó en opositores fracaso de marcha contra Chávez” (Anger, Grief and Frustration in Opposition Provoked by Failure of Anti Chavez Demonstration). It was transcribed as a news story in the official Venezuelan Ministry of Communication and Information website.

We can be heard talking about the international anti-Chavez demonstrations, and how we thought they hadn’t been successful. I compared them to the much larger ones for democracy in Iran that I attended in DC.

We use our familiar nicknames: she calls me Chips, I call her Moops. Who knows how silly family nicknames start?

Why would a conversation between us be of interest to anybody? My mother, Maruja Tarre, was an outspoken critic of the Chavez government and she is often on television commenting on Venezuelan foreign policy. She is a columnist for the country’s oldest newspaper, El Universal, and is followed by thousands on Twitter. What happened to us would be like if a Fox News talk show acquired and then aired a tape of Donna Brazile telling her daughter the Democratic Party strategy seems to be failing.

It first aired on the talk show Dando y Dando hosted by Alberto Nolia, on a government-owned network. After listening to the recording with a grave face, Alberto said that Maruja Tarre “a so-called foreign policy expert” and all her family have harmed Venezuela for years and that her daughter who lives abroad could clearly be heard admitting to be the organizer of all “anti-Venezuelan” demonstrations in Washington D.C.

I listened to the recording again in astonishment to see if they had edited it to have me saying I was the organizer of the demonstrations, but they didn’t. His editorializing comments misconstrued what was in the recording.

Our private conversation aired again on the late night show, La Hojilla, hosted by Mario Silva. He plays clips from news shows edited to ridicule opposition politicians. The government has used “evidence” gathered by reporters on this show to accuse opposition leaders. After broadcasting our conversation, they said my mother was admitting the opposition had failed and that this must be true because she has often advised them. Then the hosts made fun of “Chips” (me) saying she must have been living abroad for a long time because she speaks “Spanglish” and calls her mother “Mom.” They went on a tirade about the pretentious bourgeoisie that speaks in English as soon as they leave the country to appear sophisticated.

I was watching this live from my computer in Washington DC.

I logged on to Twitter to report that the Venezuelan government TV channel was broadcasting an illegally obtained private conversation between my mother and me.

Then, in a light-hearted manner, I tweeted that they had gotten the nicknames wrong: I don’t call my mother Mom, I call her Moops.

A few minutes later the hosts of La Hojilla had gone online to read my tweets, and my mother’s tweets. Now, they were reading our tweets live, on air.

They read our words aloud, mocking us by reading them in the nasal accents associated with the “sifrinos” and “escualidos.” They made us out to be ridiculous and snobbish, which is how the government wanted to brand the ever-growing opposition to populist president Chavez.

And then my mother started a Twitter-television war. She was watching the show from Venezuela, and started tweeting at Mario, the TV anchor, daring him to read what she was saying right then and there. My mother instigated what a media studies scholar might describe as the first ever tweet-to-TV live conversation. Definitely the first in Venezuela.

The television host tried to engage her in political discussion, and she replied with humor. He lost his temper and railed against the superficial elites. I thought she handled it wonderfully, and got the upper hand with irony and grace.

My mom won the Twitter war. I was proud.

This was an eye-opening incident. Like most Venezuelans, I have long been aware, on an intellectual level, that many calls are recorded and that my mother’s landline was most likely tapped.

But hearing my voice and family nicknames on Venezuelan government television was weird and unsettling.

It literally brought home all that wiretapping implies: loss of privacy, intimidation, surveillance.

The conversation they chose to air surprised me. We weren’t talking about anything secret or compromising. An informal conversation between a mother and daughter who talk many times a day commenting on current events was made out to be damning evidence of the opposition’s failure and division. There was also an inconsistent interpretation of the “evidence”: in the first TV show I was made out to be a special agent organizing demonstrations against my country abroad (note how they say anti-Venezuela, not anti-Chavez) but in the second TV show I was portrayed as a spoiled Americanized teenager whining to her mother.

When my American friends heard about this they were shocked. Isn’t it illegal to wiretap a private citizen’s phone in Venezuela?

Of course it is, but the government does it and doesn’t even try to hide it. The recordings are made available on government websites.

That was four years ago. Since then, the Venezuelan government has grown even more aggressive in its use of private conversations to intimidate opposition activists, and even their own supporters.

Mario Silva, the powerful pro-government talk show host, came down in flames after a recording of a conversation between him and a Cuban intelligence officer was made public.

Recently, high-profile opposition congresswoman Maria Corina Machado had a conversation at another opposition leader’s home—not a phone call this time, a face to face conversation—that lasted some hours, and was secretly recorded. It was edited down to a few minutes and broadcast on TV. The presenters described the recording as “proof that the opposition went to the State Department to plot a coup against the Venezuelan government.” There is even a possibility that Maria Corina could go on trial for “treason to her homeland.” All based on the “evidence” on the illegally obtained and highly edited tape.

I just wonder if Edward Snowden and the Americans cheering him on to my homeland are aware of all this.

[2013-07-08 lun] La rissa dei Clash   Musica Firme

Paul Simonon chiese a Mick Jones perché non avesse partecipato ad una rissa durante un concerto. “Qualcuno doveva rimanere intonato” fu la risposta.

[2013-07-05 ven] I problemi di ninux   Ninux

Quali sono i “miei” problemi con l’attuale situazione dell’iniziativa ninux alla quale sto partecipando.

Dico “miei” perché non sono sicuro che queste mie idee siano condivise e/o condivisibili.

Il problema è che stiamo organizzando un servizio in un mercato assolutamente saturo, quello della connessione. È sicuramente vero che le modalità con le quali il progetto prevede di realizzare questo servizio sono assolutamente peculiari rispetto alle altre offerte però questo non significa che non ci si debba confrontare con il resto del mondo.

In effetti il problema più grave è capire quali servizi cominciare ad offrire per rendere un po’ interessante quello che stiamo facendo anche a chi non è interessato alla “semplice” realizzazione tecnica.

Però mi viene anche in mente che questi stessi problemi sono già stati affrontati quando mi sono trovato a voler diffondere l’uso del software libero: anche allora ci muovevamo in un mercato apparentemente assolutamente saturo e le uniche caratteristiche peculiari che aveva il software libero erano le modalità con le quali offriva i propri “servizi”. Allora la mia personale soluzione fu quella di concentrarmi nella ricerca di servizi che interessavano la cerchia più ristretta di attivisti e solo via via allargare il range di copertura, sempre rispettando le modalità iniziali. In altre parole allora era necessario creare e diffondere software che venisse usato dagli utenti di software libero per allargare la base di utenti via via che si riusciva a trovare chi sviluppasse anche software per scopi più comuni.

Probabilmente dovremmo usare anche con ninux un approccio simile concentrandosi inizialmente sulla creazione di servizi significativi per la piccola cricca attuale sperando che questi attraggano persone vicine come necessità che a loro volta richiedano e portino altri tipi di servizi via via allargandosi.

Speriamo.

[2013-06-14 ven] Un buon commento su PRISM   Politica

Da http://exploit.noblogs.org/post/2013/06/12/garanti-della-privacy-o-garanti-dei-privati/

Facebook-big-brother

Il recente caso Snowden e le odierne dichiarazioni del Garante della Privacy ci portano a riflettere sulla riservatezza e la sicurezza sulla rete.

Le dichiarazioni di oggi del garante della privacy Soro alla Camera non potevano giungere con un tempismo migliore. Lo scandalo PRISM ha ricordato come le agenzie di intelligence statunitensi analizzino indisturbate le conversazioni del mondo intero, mentre le grandi compagnie come Google o Facebook dall’uso dei nostri dati personali producano quel valore che consente loro di essere i colossi monopolistici dell’ information technology.

Per chi si fosse perso qualche passaggio, pochi giorni fa Edward Snowden, ex impiegato della CIA e contractor dell’NSA ha “svelato” il gigantesco e capillare meccanismo (nome in codice PRISM) consistente in un enorme database nel quale le agenzie di sicurezza U.S.A. riversano e controllano le comunicazioni dei cittadini principalmente non statunitensi, comprese e-mail, profili facebook e telefonate, avvalendosi della collaborazione delle compagnie di telefonia e dei “grandi colossi del web” come Facebook, Twitter e Google. Questi ultimi sono stati l’oggetto della dichiarazione del Garante della Privacy che indica la necessità di arginare l’egemonia dei colossi della Silicon Valley affermando che “non sono più accettabili le asimmetrie normative rispetto alle imprese europee che producono contenuti o veicolano servizi”. Da queste parole emerge chiaramente come l’Authority, lungi dal preoccuparsi delle cosiddette violazioni della privacy dei cittadini, intenda piuttosto sottolineare necessità di un allargamento degli spazi di un mercato fino ad ora monopolizzato dalle enormi corporations statunitensi. Il garante sembra non preoccuparsi di quella che per noi rappresenta la vera problematicità, ossia l’estrazione di valore dalle informazioni personali. Ciò che critica riguarda unicamente lo squilibrio a livello di mercato che il monopolio statunitense genera nei confronti dell’Europa.

“Le intercettazioni”, continua Soro, “sono una risorsa investigativa fondamentale, insostituibile, che andrebbe gestita con molta cautela: per evitare fughe di notizie – che, oltre a danneggiare le indagini, rischiano di violare la dignità degli interessati – e per evitare quel ‘giornalismo di trascrizione’ che finisce, oltretutto, per far scadere la qualità dell’informazione”. Soro torna sul terreno della privacy, individuando un uso legittimo ed un uso illegittimo degli strumenti di controllo. Da queste due dichiarazioni emerge in realtà una contraddizione profonda, che per noi è centrale: se da una parte infatti si riconosce il meccanismo di valorizzazione delle informazioni, dall’altra lo si scinde dall’appropriazione indebita delle informazioni stesse. Quello che dalle parole di Soro non traspare ma anzi viene ancora più eclissato, è che la violazione della privacy, magari in nome del cyber-bullismo o della pirateria informatica, sulla Rete non è l’eccezione, ma è il fondamento cardine che consente una struttura verticale della Rete, e di conseguenza il buon funzionamento del capitalismo 2.0, che può produrre valore dalla produzione immateriale messa a disposizione da ogni utente/target.

Sul piano “orizzontale” dei diritti individuali di ciascuno, esiste una sfera privata inviolabile che, tuttavia, su un piano “verticale”, cioè da parte delle aziende o dalla legge, può essere violata in virtù di ragioni quali le esigenze del mercato o di repressione. Se le informazioni personali possono essere fonte di guadagno è proprio grazie a questa loro ambivalenza, ovvero al loro essere “private” sul piano orizzontale, ossia recintate dall’utilizzo tra pari, e contemporaneamente accessibili a terzi su un piano verticale gerarchico. Così il singolo partecipante al social network non ha alcun accesso alla struttura d’informazione complessiva che contribuisce a costruire con tutti gli altri utenti, mentre l’azienda che entra in possesso di tali dati, proprio in virtù della natura riservata degli stessi, può manovrarne i “rubinetti” e filtri in uscita traendone enormi guadagni.

Il dato che in definitiva ci troviamo ad affrontare è come questo nuovo capitalismo 2.0, fondato non più solo sulle recinzioni ma anche sulla condivisione libera, stia modificando oltre che i processi anche le vecchie definizioni che eravamo soliti ad usare. E’ per questo se le parole di Soro, che dovrebbero difendere un fondamentale diritto individuale, si trovano invece a rafforzare una privacy che più che un diritto è un “privatus”; una proprietà, in questo caso delle aziende dell’informazione, italiane o statunitensi che siano. Simili paradossi ne abbiamo già visto, quando ci siamo trovati a combattere a fianco di Google la campagna anti-ACTA, o ancora e soprattutto nell’affrontare il tema del copyright, nel quale la filosofia delle “libere” Creative Commons gioca un ruolo fondamentale nella costruzione della visione anarcocapitalista.

Se la parola “libertà” piace così a tutti, è forse giunto il momento di fare chiarezza su questioni imprescindibili, a partire dalla differenza tra la libertà che noi auspichiamo e quella a difesa della proprietà in nome del libero mercato. Il terreno è scivoloso e il nemico è versatile, se non si vuole cadere in trappole retoriche è necessario fin da ora produrre e condividere analisi per comprendere dove e come le nuove forme di sfruttamento agiscono e possono essere debellate.

[2013-06-11 mar] Prism e la radicalità della lotta per la privacy   Politica

Ovviamente anche io devo avere la mia idea sullo scandalo di questi giorni, cioè la “scoperta” che anche l’amministrazione Obama ha autorizzato un esteso programma di spionaggio delle comunicazioni, estendendo anche quello del presidente precedente nonostante le promesse elettorali ribadite decine di volte

Se neanche il presidente fico e di sinistra è capace e/o ha la possibilità di evitare di ciacciare nella vita privata dei propri cittadini, che sono gli abitanti del pianeta più garantiti in assoluto, allora evidentemente il nostro sistema non può veramente più sopravvivere senza violare il diritto alla privacy.

In questo senso allora la battaglia per ribadire questo diritto diventa una vera lotta rivoluzionaria, contraria alle fondamenta del nostro sistema e fortemente destabilizzante. E di questo dobbiamo rendercene conto in primis noi attivisti, cosa che secondo me non avviene.

[2013-05-08 mer] La privacy per Bruce Schneier   Politica

Perché è sempre necessario ricordarsene: da http://attivissimo.blogspot.it/2006/05/privacy-e-intercettazioni-parla.html (a sua volta da http://www.wired.com/politics/security/commentary/securitymatters/2006/05/70886)

Sono in troppi a definire erroneamente la questione contrapponendo sicurezza e privacy. La vera scelta è fra libertà e controllo. La tirannia, sia che emerga sotto la minaccia di un attacco fisico straniero, sia che derivi da un’autorevole sorveglianza domestica, resta comunque tirannia. La libertà richiede sicurezza senza intrusione, sicurezza abbinata alla privacy. Una sorveglianza generalizzata da parte della polizia è, per definizione, uno stato di polizia. Ed è per questo che dobbiamo essere paladini della riservatezza anche quando non abbiamo nulla da nascondere.

[2013-05-05 dom] Appino alla Flog   Concerti Musica

Ieri sera [2013-05-04 sab] ho visto Appino alla Flog e mi è piaciuto anche tanto.

Un bellissimo suono, veramente curato anche se forse un peletto troppo alto il volume per il tipo di sala.

La presenza scenica ottima: Appino l’avevo già visto con gli Zen Circus e sicuramente si conferma uno dei migliori performer che abbia mai visto. Il chitarrista dei A Toys Orchestra Enzo Moretto è stata probabilmente la maggiore sorpresa perché ha suonato benissimo, con una presa sul palco eccezionale e una notevole perizia tecnica sia con la chitarra che con la tastiera - veramente bravo. Il batterista de Il Teatro Degli Orrori Franz Valente non mi ha impressionato più di tanto se non per l’unico tom della batteria che era veramente fuori misura. Infine il bassista Giulio Ragno Favero, sempre proveniente da Il Teatro Degli Orrori, nonché produttore del disco, è stato forse quello che un po’ mi ha deluso perché aveva un atteggiamento come dovesse fare tutto il concerto lui e invece alla fine è stato ben poco significativo se non per il gesto finale di lasciare lo strumento in mano alle prime file del pubblico (strumento poi recuperato dal backliner), cosa che non avevo mai visto e che ha avuto proprio un bell’impatto.

Per l’aspetto più musicale del concerto le canzoni mi sono piaciute anche se soffrono un po’ delle debolezze del disco: questo mi è piaciuto però il confronto con gli Zen Circus le fa un po’ sbiadire perché sono meno “a fuoco” rispetto specialmente agli ultimi due dischi del gruppo. I generi usati sono tanti, metal, punk con tocchi d’elettronica estremamente azzeccati però manca sempre un qualcosa che invece gli Zen Circus ci mettono.

Dal vivo poi s’è presentato un problema ulteriore perché i testi sono spesso molto “intimi” e visto che la voce dal vivo non era così in risalto si è persa un po’ di efficacia.

Ottimo concerto comunque - da rivedere e consigliare.

[2013-05-05 dom] I concerti   Personale Concerti

Sono sempre solito dire e pensare che nella vita tre cose ho fatto di buono fino ad adesso, la politica, l’amore e la musica.

Nei due aspetti della musica, ascoltata e suonata, ho sempre preferito quella suonata (forse perché non sono mai stato così bravo) ed in particolare la musica dal vivo è sempre stata per me un momento particolarmente emozionante.

Di concerti ne ho visti tanti e continuo, per quanto compatibile con la vita da babbo, a vederne tanti e quindi ho deciso di lasciarne una traccia anche in questo mio diario pubblico (?).

[2013-04-29 lun] Le storie di Feynman in ASCII   Firme

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~~ The only ASCII history possible
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[2013-04-28 dom] La fame e il sonno   Firme

Se ti fa venire fame, continua. Se ti fa venire sonno, smetti.

[2013-04-28 dom] I diritti   Firme

I diritti sono come i muscoli, se non vengono esercitati si atrofizzano e vanno persi

[2013-04-28 dom] Le firme dei miei messaggi   Personale Firme

Un’azione decisamente narcisista ma cosa meglio per un blog se non un tocco di narcisismo?

È che mi piacciono le mie firme e quindi ho deciso di metterle qui via via che le cambio, iniziando pure una nuova categoria.

[2013-04-27 sab] Una buona analisi della situazione politica attuale   Politica

Da http://www.emiliocarnevali.it/articoli/71-rodota-e-l-ultima-vittoria-della-thatcher.html

Rodotà e l’ultima vittoria della Thatcher

L’antefatto Bene. Anzi, male. Ricapitoliamo. A pochi giorni dal voto, quando il sismografo dei sondaggi (riservati) già annuncia l’“onda anomala” grillina, Pier Luigi Bersani apre inaspettatamente al Movimento 5 Stelle. Dopo mesi nei quali sguardi e corteggiamenti sono stati univocamente rivolti verso il “nuovo centro” di Mario Monti, il segretario del Pd se ne usce con queste parole:

«Se in Parlamento ci saranno i grillini ci sarà da fare uno scouting per capire se intendono essere eterodiretti o partecipare senza vincoli di mandato. Non è campagna acquisti ma li testeremo sui fatti». All’indomani della “mancata vittoria” Bersani decide – nonostante le fortissime resistenze all’interno del proprio partito – di giocarsi fino in fondo questa carta proponendo ai 5 Stelle un “governo di cambiamento” articolato in 8 punti. In cima alla lista parole di inequivocabile chiarezza sulla necessità di spingere per una inversione di rotta delle politiche europee incentrate sul dogma dell’austerità. Quella chiarezza che era mancata nelle ultime settimane della campagna elettorale, vuoi per tenere aperte le porte di una alleanza (obbligata, a quanto dicevano i sondaggi) con Monti, vuoi per non spaventare fantomatici mercati dal ciglio umido, terrorizzati per il prossimo abbeveraggio dei cavalli dei cosacchi nelle fontane di San Pietro (mercati rivelatisi in realtà molto più rassicurati dal “whatever it takes” estivo di Mario Draghi che preoccupati per le convulsioni politiche del Belpaese). A quel punto è Grillo a trovarsi in difficoltà: non ha di fronte a sé scelte facili. E per lui le scelte sono ogni volta più difficili che per gli altri, vista l’estrema eterogeneità del proprio bacino di voti: un terzo provenienti da destra, un terzo da sinistra, un terzo dall’astensione. Qualunque scelta si faccia, qualcuno viene scontentato. Ma torniamo a quei giorni. Se Grillo aprisse al centrosinistra (Pdmenoelle nel vocabolario dei 5 Stelle) si attirerebbe addosso le accuse della propria base più oltranzista di essersi “venduto” alla Casta. Se invece rifiutasse, come poi ha fatto, verrebbe colpito dalla simmetrica e speculare accusa di mandare in fumo una straordinaria occasione per voltare finalmente pagina nella politica italiana. Opportunità che difficilmente si ripresenterà nel prossimo futuro. Non sono pochi, all’interno del Pd, a sperare in questa seconda opzione. Così potrebbero scaricare su Grillo l’intera responsabilità del mancato accordo e andare poi all’’incasso, sia nella prospettiva di elezioni anticipate – nelle quali puntare tutto su una campagna martellante di “voto utile” – che in quella di una alternativa da ricercarsi all’interno del Parlamento. La via del voto anticipato è tuttavia momentaneamente preclusa da un Presidente della Repubblica in scadenza di mandato, impossibilitato a sciogliere il Parlamento. È dunque una minaccia di cui la coalizione di maggioranza assoluta alla Camera non può disporre fino in fondo.

La mossa del cavallo

A questo punto Bersani opta per una “mossa del cavallo” che potrebbe essere foriera di soluzioni ardite ed innovative. Sceglie di congelare la trattativa sul governo per anteporvi l’elezione del presidente della Repubblica. Se si riuscisse a far convergere voti dei 5 Stelle su una figura di incontestabile autorevolezza sarebbe poi difficile per gli stessi grillini dire di “no” ad una futura trattativa su un governo. Tanto più che questa “figura di incontestabile autorevolezza” godrebbe di pieni poteri, compreso – appunto – quello di rimandare tutti a votare. Ma è da qui in poi che comincia quel capolavoro di disastri che in pochi giorni ha raso al suolo la credibilità di tutto un partito e di una intera classe dirigente.

Prima di esaminare brevemente la catena del tracollo ci sarà tuttavia permessa una rapida digressione personale. Chi scrive è una specie di “cultore” del realismo politico, perché è da sempre convinto che la politica sia diversa dai tuffi (intesi in ambito sportivo): mentre nei tuffi l’individuo è chiamato ad offrire una bella performance sul piano atletico-estetico, per poi ricevere un buon voto dalle palettine dei giudici a bordo piscina, nella politica l’eleganza del gesto lascia un po’ il tempo che trova se non è funzionale al perseguimento di un obiettivo. È questo il motivo per cui – sempre a parere di chi scrive – in politica il velleitarismo e l’irrilevanza sono colpe gravi. Ancora più esplicitamente: quando voto un politico non voglio faccia commoventi arringhe nelle aule parlamentari spiegando i motivi della sua contrarietà verso ciò che gli accade davanti agli occhi. Sono cose che posso leggere tranquillamente da qualche bravo – e indignatissimo – editorialista su qualche giornale. Io vorrei che il “mio” politico, per rimanere nella metafora sportiva, tornasse da me infangato, con la maglietta strappata, con i lividi dei calci ricevuti sulla gambe, e magari pure con qualche sputo piovutogli addosso dal pubblico. Ma vorrei che non tornasse a mani vuote, perché non l’ho mandato in campo per scrivere poesie o dotte dissertazioni giurisprudenziali. L’ho buttato nella mischia per sgomitare verso il pallone e fare se possibile qualche meta. Ecco, tutto questo per dire che in chi scrive non ha alcun pregiudizio negativo verso la mediazione, il compromesso, la possibilità di lavorare con persone che la pensano anche (molto) diversamente nell’ottica del perseguimento di un fine o anche solo della limitazione di un danno. Essere cultori del realismo non significa però essere compiacenti verso l’autolesionismo o, peggio ancora, la stupidità (altro vizio capitale in politica).

In principio fu Marini

Toniamo a quei giorni fatali. Il gruppo dirigente del Pd sceglie di dare seguito ad alcune incaute affermazioni di Bersani sulla possibilità di un “doppio binario” per la presidenza della Repubblica e il governo. Votare il capo dello Stato con il centrodestra – in ossequio al dettato costituzionale che prevede una larga convergenza nell’elezione di questa figura di garanzia che «rappresenta l’unità della nazione» – per poi continuare il tentativo sul “governo di cambiamento” con i 5 Stelle. Il disastro comincia a palesarsi nel momento in cui entrambe le interpretazioni possibili di questo gesto portano dentro un vicolo cieco: se davvero si vuole battere la strada del cambiamento, l’elezione di un presidente della Repubblica benedetto da Berlusconi fornisce il più grande alibi al movimento 5 Stelle per sottrarsi comodamente all’abbraccio gridando all’”inciucio” già consumato. Se un’elezione lungo l’asse Pd-Pdl-Monti è invece concepita come propedeutica ad un governo di larghe intese, questa doveva essere la via che si doveva perseguire sin dal principio, a viso aperto, con coraggio, giustificandone le ragioni: Matteo Renzi in parte lo ha fatto, e di questa superiore coerenza raccoglierà i frutti, nonostante il paradosso di essere stato – per ragioni del tutto diverse – fra i gradi “impallinatori” di Franco Marini. Vi è poi una terza considerazione di contesto. È certamente buona norma cercare di eleggere un presidente della Repubblica dotato di un vasto consenso parlamentare (e dunque di un ampio consenso fra i legittimi rappresentanti del popolo sovrano). Queste elezioni ci hanno tuttavia consegnato un elettorato diviso in tre terzi sostanzialmente uguali fra loro. Per quale motivo il terzo da sommare a quello del centrosinistra deve essere quello di Berlusconi e non quello di Grillo? La cosa appare ancor più inspiegabile dopo la proposta da parte del Movimento 5 Stelle del nome di Stefano Rodotà: una personalità di altissimo livello che a sinistra dovrebbe ricevere ponti d’oro. Se mai, in linea di principio, potrebbe trovare resistenze proprio nel vasto mondo dell’elettorato grillino – che è cosa ben più complessa e articolata di quei miseri 4677 voti raccolti dallo stesso Rodotà nelle “quirinarie”. Parliamo infatti di un professore ottuagenario con quattro legislature già alle spalle, un passato da presidente del Pds (partito antesignano del Pd), e una cocciuta ostinazione a rivendicare con orgoglio il suo essere “un uomo della sinistra italiana” (in tempi in cui molti – 5 stelle in testa – considerano queste categorie come ferrivecchi da consegnare al passato, etichette care solo alla Casta). Grillo comincia la sua campagna su Rodotà, ma il centrosinistra sceglie l’accordo con la destra e punta su Marini. Quest’ultimo viene abbattuto da duecento franchi tiratori, segnale inequivocabile di un partito balcanizzato in faide di corrente: l’elezione trionfale di Giorgio Napolitano dimostra che la ragione principale di quei voti mancanti non era la resistenza verso la prospettiva delle larghe intese, di cui l’attuale presidente è l’incarnazione suprema. Non solo quella, almeno. Bruciato Marini, si pensa a un alternativa, passando dal disastro alla catastrofe.

Da Marini a Prodi, a Napolitano

Romano Prodi gode di ben altra considerazione e popolarità a sinistra. Ma non si è detto fino a un minuto prima che il presidente della Repubblica non lo si può eleggere “da soli”? E se lo spazio di un accordo con il centrodestra si è chiuso, non dovrebbe essere del tutto “naturale” aprire ai 5 Stelle? Un terzo più un terzo non fa esattamente due terzi, cioè lo stesso risultato di prima col solo cambiamento di un addendo? Nel frattempo i 5 Stelle hanno detto che si sarebbero aperte “praterie” per un governo insieme, proprio l’obiettivo per il quale Pier Luigi Bersani si è speso testardamente nelle settimane precedenti. Erano aperture sincere? È del tutto irrilevante saperlo. Anche nella peggiore e più malevola delle ipotesi, se Grillo avesse poi rifiutato un governo sollecitato dal presidente della Repubblica Rodotà sarebbe stato lui ad andare incontro a quella rovina ingloriosa che invece ha travolto gli attuali vertici del Partito democratico.

Invece si è scelto Prodi. Rodotà «non avrebbe mai avuto i voti», si è detto. Grande esercizio tattico di realismo: Prodi ha forse avuto i voti? E ancora: perché mai i parlamentari del centrosinistra non avrebbero potuto votare Rodotà? Perché “troppo a sinistra”, amico dei centri sociali, avversario irriducibile di Berlusconi? Personalmente considero fuori luogo tutti questi possibili elementi di critica e penso che Rodotà sarebbe stato un ottimo presidente della Repubblica. Ma, anche qui, non mi scandalizzerei se una cospicua parte dei parlamentari del centrosinistra la pensasse diversamente. Bene, lo potevano dire chiaramente. Non sarebbero mancate argomentazioni robuste e razionali, o quantomeno plausibili. Un esempio fra tutti: l’ineleggibilità di Berlusconi. Sono in molti, anche fra gli avversari insospettabili del Cavaliere, a considerare assolutamente fondate le obiezioni dell’ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida sull’applicabilità della famosa legge del 1957 sui titolari di concessioni pubbliche. Altri ne contestano l’opportunità politica, dato che si tratterebbe di “far fuori” con un codicillo giuridico il rappresentante di un terzo dell’elettorato italiano scelto con procedure democratiche. Rodotà è il simbolo di questa sinistra giustizialista che non vuole battere Berlusconi nelle urne ma condurlo in galera con le catene ai piedi? Va bene, lo si dicesse. Ci si facesse sopra una battaglia politica. Ma una battaglia, ancora una volta, in campo aperto, da cominciarsi non nel segreto dell’urna presidenziale, ma il minuto dopo la “non vittoria” e i primi accenni di apertura di Bersani ai 5 Stelle. Ancora una volta uno dei pochi ad aver manifestato un po’ di coraggio in questa vicenda è stato Matteo Renzi: ha assicurato lealtà all’iniziale tentativo di Bersani ma ha sempre sostenuto – a torto, secondo la personalissima opinione del sottoscritto – che quella era una strada senza sbocchi. E ora dice con ancor maggiore chiarezza che Berlusconi vuole mandarlo in pensione e non in galera. Bisogna vedere, per completare il quadro, se nel prossimo futuro continuerà a sostenere – sempre a torto, e sempre secondo la personalissima occasione del sottoscritto – anche le medesime ricette di alternativa sul piano economico e sociale a Berlusconi. In questo caso la coerenza non sarebbe una virtù, perché il fallimento delle politiche adottate sin qui in tutta Europa è sotto gli occhi di tutti e la crisi è ben lungi dall’essere alle nostre spalle. I venti euforici che hanno soffiato i giorni scorsi sulle borse, sospinti dalle correnti di liquidità provenienti da lontanissime Banche centrali, non devono illudere. Berlusconi, Renzi e Grillo sono i vincitori di questa tormentata vicenda che per la sinistra italiana ha assunto un tratto più che drammatico: grottesco, ovvero di ciò che «muove il riso pur senza rallegrare». Al premier inglese Margaret Thatcher, scomparsa pochi giorni fa, era caro uno slogan: There is no alternative. Il suo capolavoro politico fu quello di riuscire a diffondere il proprio verbo anche fra i suoi avversari, annientandoli. Ora il centrosinistra italiano si è cacciato nella condizione di essere costretto a scegliere fra un ritorno alle urne che sancirebbe il trionfo di Berlusconi e un governo di larghe intese insieme a lui e guidato dal vicesegretario del Pd. È evidente che dovrà indirizzarsi verso la seconda opzione. Ma, ancora una volta, avrà vinto la Lady di Ferro.

da Micromega Online, 26 aprile 2013

[2013-04-14 dom] Incontrare altri solipsisti

Sto leggendo “la trama della realtà” di David Deutsch e mi dà molto da pensare ma in questo caso voglio riportare una storiella gustosa:

Un professore tiene una lezione in difesa del solipsismo. La lezione è così convincente che, appena terminata, molti studenti entusiasti si precipitano dal professore, impazienti di stringergli la mano. «Magnifico. Ero d’accordo con ogni parola», dice con convinzione uno studente. «Anch’io», dice un altro. «Sono contento di sentirlo - dice il professore - È così raro avere l’opportunità di incontrare altri solipsisti».

[2013-03-31 dom] Le parole del futuro del diritto d’autore   Letteratura Politica

Leggo in un’intervista a ZeroCalcare, interessante di per sé, su Rumore di questo mese queste parole:

Il campo dei fumetti gratuiti su Internet in Italia è davvero poco frequentato. Gira per lo più l’idea che mettere il proprio lavoro in rete sia come sprecarlo, regalarlo, o peggio prestarlo a furti e plagi. Alcuni preferiscono lavorare gratis per un editore pensando che sia un’occasione di visibilità, ma non è così: è cedere il proprio lavoro a qualcuno che ne trarrà profitto. Se lavori gratis per te stesso, invece, ti puoi autogestire i tuoi contenuti, scegliere che tipi di lavoro fare, dettare le tue scadenze…. In verità stai seminando cose che poi ti torneranno indietro.

La forma probabilmente non è gran che, in particolare ho qualche dubbio sulla punteggiatura, il livello di approfondimento non è particolarmente alto e forse ci sono troppe semplificazioni però il messaggio è chiaro e secondo me è largamente applicabile anche ad altri campi del diritto d’autore che non siano i fumetti.

La cosa che mi colpisce è che queste parole, così schiette e chiare, vengano dette da un trentenne diciamo così “di successo” mentre nessuno della mia età, di successo o sconosciuto che sia, le ha mai dette o per lo meno io le ho mai trovate nelle riviste di musica che leggo da anni. E quindi mi viene da pensare: non è che la mia generazione ha completamente bucato l’occasione della rete per farsi conoscere e che ormai siamo vecchi e legati ad industrie e modi di pensare il rapporto con il proprio pubblico vetusti? Ci spazzeranno via?

La chiusura poco più avanti me lo confermerebbe:

E forse uno dei motivi per cui questa mia cosa ha funzionato è appunto il fatto di aver intercettato un vuoto.

[2013-03-13 mer] Uno dei perché di Grillo alle ultime elezioni   Politica

Uno dei moltissimi blog che seguo spiega perfettamente la ragione della vittoria del movimento Cinque Stelle alle ultime elezioni in relazione alla sconfitta della sinistra:

da http://feedproxy.google.com/~r/IlBlogDiPeppeLiberti/~3/PLy1aZVhua0/lo-scherzone.html

Il primo governo Berlusconi inizia la sua attività nel 1994 e da allora è trascorso il tempo necessario per formare una nuova generazione di elettori, gli attuali venti/trentenni, quelli che han visto solo uno spettacolo e che sono stati educati al voto, al vivere civile, da un manipolo di anziani dall’etica equivoca, da gente che ha esercitato il potere in maniera spregiudicata. Non parlo mica solo dei politici, ci metto dentro anche i supposti intellettuali, ché bastava entrare in questi ultimi vent’anni in una qualsiasi Università per misurare il livello di corruzione del professore medio di sinistra. Che cosa avete insegnato? Quali esempi avete proposto? Il fatto che i due maggiori schieramenti abbiano ottenuto lo stesso identico risultato numerico lo mostra con chiarezza, la percezione è di un’assoluta indifferenza, avete allevato gente che non è in grado di distinguere non solo perché forse non ne ha gli strumenti o la voglia ma anche perché è difficile, assai difficile. Una persona onesta come Bersani non basta a lavare tutte le porcherie che avete fatto anzi, siamo arrivati al punto che per vincere anche voi a sinistra sarete costretti a candidare un minchione.

Qui si parla di “intellettuali” e si citano in particolare i professori universitari (anche perché il blog parla di università) ma lo stesso discorso si potrebbe applicare a tutte le figure dell’agire sociale: sindacalisti, amministratori, dirigenti dell’associazionismo. Distinguere la destra dalla sinistra è diventato difficile in generale e su questo la destra ci sguazza e la sinistra ci muore.

[2013-03-10 dom] La fantascienza negli anni passati   Letteratura

Negli anni ’90 la fantascienza stava sulle scrivanie delle segretarie dei produttori dei film con le astronavi.

[2013-02-20 mer] Lockare byobu-tmux con vlock   Linux

Sono un potente utilizzatore di byobu con tmux perché nel piccolo portatile che ho alla fine la console è lo strumento che trovo più comodo per fare un po’ tutto.

Mi mancava la possibilità di poter bloccare la console ma con l’aiuto della lista debian-italian ho trovato il verso.

Ho installato il programma vlock, ho scritto questo file ~/.tmux.conf

  bind-key C-x    lock-server
  set-option -g   lock-after-time 50
  set-option -g   lock-server on
  set-option -g   lock-command "vlock"

e poi ho modificato il file ~/.byobu/profile.tmux aggiungendoci queste righe:

  source $BYOBU_PREFIX/share/byobu/profiles/tmux
  source ~/.tmux.conf

[2013-02-15 ven] Montare un disco cifrato all’avvio   Linux

Il problema è il seguente: ho un disco esterno usb contenente tutti i dati familiari “non sensibili” come musica, fotografie e film. Il disco è cifrato usando cryptsetup, non per un problema di protezione dei dati contenuti quanto per impedire che in caso di spostamento in altro contesto del disco, come ad esempio per una vendita, tutti questi dati vadano a chissà chi. Per questa ragione può andare bene che all’avvio la cifratura venga aperta usando una chiave che si trova sul file system di sistema.

Creazione della password

  root@nemo2:~# bash /usr/share/doc/cryptsetup/examples/gen-ssl-key ChiaveSegreta

Viene chiesta una password che alla fine in verità ci si può anche dimenticare.

/etc/crypttab

  DatiCifrati     UUID=510cd274-9019-45ed-8cf3-243187cabcee       /dove/sta/ChiaveSegreta        luks

E ci dovremmo essere.

[2013-02-09 sab] La chiarezza di idee   Personale

Leggo anche oggi con un po’ di commozione le parole di Caronia sulla fantascienza scritte più di trent’anni fa e mi rendo conto che riflettono quello che ho sempre saputo sulla letteratura in generale e sulla fantascienza in particolare.

Scrivo “saputo” perché non posso dire “pensato” perché non sono mai riuscito ad esprimere questa mia sensazione con lucidità. E questa cosa mi succede spesso e quindi mi viene da ammirare chi riesce al contrario di me a vedere e scrivere con lucidità concetti come quello.

[2013-02-02 sab] In morte di Antonio Caronia   Personale  Politica  Letteratura

Ieri ho scoperto che è morto Antonio Caronia e l’ho scoperto perché ho preso e viaggiato, cosa che (nota personale) non faccio mai abbastanza.

Però adesso voglio scrivere di questa persona che ho visto di persone solo una volta ma che posso riconoscere come un maestro perché ho sempre letto e seguito e soprattutto perché nei suoi confronti mi sento una barchetta che ha seguito la sua scia.

E questo nella telematica, nella passione per la fantascienza e in generale nel vedere le tracce del futuro nel presente.

I miei maestri più “diretti” sono stati altri che però anche loro facevano parte della stessa scia.

E solo oggi che è morto scopro queste sue parole che posso sicuramente come mie:

Sappiamo, certo, che la liberazione non ci aspetta nelle pagine dei libri. Ma, se rifiutiamo alla scrittura un ruolo consolatorio (quel ruolo, dice ancora Foucault, che è dell’utopia), siamo in diritto di chiedere anche alla fantascienza un contributo alla comprensione di quello che siamo, all’elaborazione di altre forme di socialità, di altri codici di comunicazione, di qualche nuova, modesta teoria locale. Consapevoli che i suoi sentieri sono accidentati e, inevitabilmente, ambigui.

[2012-12-23 dom] Un piccolo passo nella mia freedombox - tt-rss   FreedomBox

L’altro giorno ho compiuto un altro piccolo passo nella costruzione della mia personale freedombox, o meglio nella configurazione tutta mia personale dell’idea freedombox.

Ho messo su l’aggregatore di feed Tiny tiny RRS, raggiungibile all’indirizzo https://bbs.cybervalley.org/tt-rss.

La cosa mi è risultata particolarmente utile e azzeccata anche perché insieme al programma in sé, che sembra decisamente funzionale, ho installato anche un programmillo per android sul cellulare che funziona da client specifico e che quindi mi permette di tenere sincronizzato lo stato degli articoli fra tutti i computer che uso per leggere le notizie e il cellulare.

Considerando l’assiduità con la quale seguo i miei feed è stato decisamente uno splendido passo avanti.

Ovviamente la mia freedombox corrisponde pochissimo con l’idea che caratterizza il progetto conosciuto comunemente con questo nome.

[2012-10-11 gio] Mi si è rotto l’N900   Personale

Davvero, mi si è rotto il mio fido telefono-computer e non credo di poterlo recuperare. In più mi si è rotto proprio quando avevo appena speso 30€ per una nuova batteria.

Non gli funziona più la parte telefonica e adesso mi sento come perso, senza più connessione continua con il mio mondo di relazioni (decisamente sporadiche in questo periodo) continue.

E il peggio è che non so come sostituirlo: da una parte sarei tentato di prenderne uno uguale perché alla fine questo computer è stato probabilmente quello che più mi si è “legato” probabilmente da sempre. Però sono pur sempre un fanatico della tecnica e dell’informatica e quindi sono anche tentato di provare, e quindi di cercare di imparare, qualcosa di nuovo; oltretutto la piattaforma usata per l’N900 è ormai decisamente abbandonata e quindi non ho neanche voglia di spenderci soldi e tempo per una cosa che probabilmente avrà vita breve.

Ancora devo fare una prova resettandolo completamente e poi, se andrà male come pare assolutamente probabile (bell’ossimoro questo), dovrò prendere una decisione.

Intanto un saluto a questo mio aggeggino.

[2012-09-30 dom] Mi sono iscritto ad un partito politico   Personale Politica

Ebbene sì, dopo tanti anni ho chiesto l’iscrizione ad un partito politico.

Forse un po’ particolare, forse “nuovo” rispetto ad altri ma resta il fatto che ho chiesto l’iscrizione al partito dei pirati.

Non ho bene idea di cosa aspettarmi da questo mio passo, l’ho fatto solo sulla base della sensazione che questo tipo di aggregazione possa essere una novità interessante con qualche chanche di diventare qualcosa di durevole e significativo.

Appena avrò cominciato la partecipazione racconterò.

[2012-09-18 mar] Io disadattato sociale   Personale

Tempo fa rimasi un po’ stupefatto leggendo di un famoso e vecchio dirigente comunista del giornale Il Manifesto che, del quale si diceva in occasione della morte, che non sapesse usare il bancomat o un cellulare. L’impressione che mi fece lì per lì fu quella di un disadattato, pensiero che espressi anche a voce.

Oggi però mi è venuto in mente un auto esame e mi sono reso conto che potrei non apparire poi tanto diverso:

  • non possiedo un televisore realmente funzionante (quello che c’è in casa non riceve il segnale digitale);
  • non acquisto più da tempo alcun quotidiano anche la lettura casuale di quelli che trovo è sempre molto superficiale;
  • questi due fatti messi insieme comportano che ormai non so quasi più niente di argomenti comunissimi nella conversazione quotidiana come lo sport (ma soprattutto il calcio) e il gossip televisivo;
  • non possiedo un’automobile e quelle che uso o sono in prestito da parenti oppure sono a noleggio e comunque le uso pochissimo.

Probabilmente ad un occhio esterno la mia vita relazionale appare davvero quella di un disadattato, di uno che della società in cui vive non conosce niente, non ha relazioni con la realtà.

In realtà questa mia condizione non è cercata, è solo capitato di non aver mai acquistato un’automobile per tante ragioni ma fondamentalmente perché non serve al tipo di vita familiare che conduco e perché anni fa avevo la motocicletta che però non possiedo più. È solo capitato che in un piccolo appartamento in cui vivevo anni fa non c’era il cavo dell’antenna televisiva e che in quel periodo la mia vita era tale che nessuno se n’è mai accorto. È solo capitato che quando ero ragazzo non andava tanto di moda nel mio giro seguire il calcio per cui non ho mai avuto modo di avvicinarmici.

Per i quotidiani il problema è più generale che ha portato alla mia personale rinuncia che poi è forse l’unica della quale sento la mancanza.

Quello che però mi fa sentire diverso dal personaggio di cui parlavo all’inizio di questo mio articolo è che in realtà io mi sento molto “moderno” come “vecchio” ho sentito il morto.

Non che lo stia facendo apposta per posa o per chissà quale scelta di vita, come ho scritto sopra, è solo capitato. E ho l’impressione di essere capitato in cima ad un’onda (come già altre volte) senza che in realtà la cercassi davvero.

Forse fra qualche anno se ne avrò il coraggio e la forza potrò fare un consuntivo e decidere se davvero ho vissuto come un disadattato sociale oppure se ho precorso dei tempi nuovi.

[2012-09-04 mar] La mia freedombox vegeta   FreedomBox

Tempo fa avevo scritto della mia freedombox.

Non ne avevo più riscritto perché in effetti il mio progetto sta un po’ muorendo soprattutto perché mi sembra in forte difficoltà anche il progetto generale.

Da quel che ho capito questo progetto è stato presentato male perché all’inizio molti avevano capito/pensato che la cosa avesse a che fare con la dissidenza digitale (incomprensione probabilmente dovuta alla coincidenza dell’annuncio con le varie primavere arabe). In effetti il progetto in realtà aveva poco a che fare con questo tipo di necessità, o per lo meno anche io avevo capito così.

Una volta che questa incomprensione è stata risolta il progetto sta scontrandosi con difficoltà tecniche, soprattutto dovute a problemi di NAT delle adsl casalinghe (che dovrebbero essere l’alveo naturale per un progetto del genere) con i servizi che in teoria una freedombox dovrebbe offrire.

Nella lista di discussione questi problemi sono stati posti più volte e ultimamente anche da me ma mi pare che le risposte siano abbastanza vaghe e sicuramente poco convincenti.

Speriamo che invece vengano affrontati questi problemi perché l’idea continua a piacermi un monte.

[2012-09-04 mar] L’ebook mancato   Letteratura

In questi giorni sto leggendo un libro decisamente interessante: La vita inaspettata di Telmo Pievani.

Al di là del mio interesse circa l’evoluzionismo la cosa che volevo segnarmi è l’occasione mancata che sto riscontrando.

Le cose sono andate così: per un po’ mi sono cullato con l’idea di comprarmi il libro in questione in formato elettronico, scontrandomi però con un prezzo del formato elettronico decisamente troppo alto, 16€ contro i 21 del formato cartaceo, prezzo che mi ha fatto scegliere alla fine il formato cartaceo.

Ma il problema maggiore che ho trovato è stato soprattutto il fatto che sono convinto che il formato elettronico non usa tutte le possibilità che questo offre.

Cerco di spiegarmi meglio: il libro in questione è pieno di riferimenti ad animali, fossili, eventi preistorici dei quali c’è sempre una voce su wikipedia, almeno in inglese. Ecco io sono convinto che un libro elettronico che contenesse link alle voci di wikipedia sarebbe un articolo veramente eccezionale, non tanto per la quantità di lavoro necessaria per realizzarlo (alla fine si tratterebbe solo di fare i link ed eventualmente tradurre o di correggere le voci in italiano) quanto per il fatto che ancora non ho mai sentito parlare di niente del genere.

Ecco se una cosa del genere me la facessero pagare 16€ sarei stato oltre modo contento di comprarla.

Ma così proprio non so perché avrei potuto spendere così tanti soldi.

Tanto che mi viene voglia di prendere questo libro davvero in formato elettronico, togliergli le protezioni (?) e rifarlo mettendoci questi link mancanti.

[2012-08-25 sab] Verso il Moca   Personale

Sono un’altra volta in viaggio sempre per le questioni dei “computer” come dicono in casa mia. Questa volta sto tornando verso Pescara, città che probabilmente è stata la città dove è cominciata la mia attività politica in questo campo.

Tanti anni fa (il 1994 o giù di lì) si tenne da queste parti un incontro che si chiamava Illudiamoci che parlava di videogiochi, durante il quale però si tenne anche un incontro di BBs che era la cosa che mi interessava allora. Ricordo ancora che mi misi lì zitto zitto da una parte ma che qualcuno, che non ricordo chi fosse, mi fece parlare della mia BBs (CyberValley BBs) senza che io avessi praticamente niente da dire :-)

Fu il mio esordio come chiacchieratore di questi argomenti, carriera che per fortuna è terminata.

[2012-08-02 gio] Il confronto con la FIOM   Sindacato

Ogni volta che partecipo ad un’assemblea sindacale, specialmente con alcune persone, viene sempre fuori il confronto con l’“attività” della FIOM che loro fanno quello, che loro fanno quell’altro.

Ora sarà che io sono rimasto un po’ diciamo così, scottato da quando il loro segretario è diventato, nell’ordine, prima personaggio televisivo, poi ministro, poi ultimo segretario del partito al quale più o meno mi appoggiavo e quindi può darsi che il mio giudizio non sia scevro da pregiudizi. Inoltre non ho mai lavorato in fabbrica e quindi molte cose le so o per articoli di giornale oppure per averle sentite raccontare da chi in fabbrica ci lavora.

Però poi, sempre durante la stessa assemblea viene sempre detto anche:

  • i metalmeccanici lavorano come ciuchi;
  • gli ambienti delle fabbriche sono orribili con stalking, sorprusi e minacce ai lavoratori continue;
  • lo stipendio dei metalmeccanici fa schifo;
  • i metalmeccanici sono stata una delle prime categorie ad aver creato un fondo pensionistico separato dalla previdenza sociale, cioè hanno aperto la strada a sinistra per accettare questa cosa;
  • la FIOM ha rotto praticamente tutti i rapporti con gli altri sindacati quasi ovunque;
  • in molte fabbriche la storica predominanza di questo sindacato è ormai persa a favore di altri.

Ecco se non fossi un vecchio lettore del Manifesto, frequentatore di case del popolo e cellule di partiti comunisti ma fossi arrivato or ora da Vega il primo commento che mi verrebbe in mente sarebbe “questi qui hanno un sindacato di merda”.

[2012-07-22 dom] Il mio consumismo   Personale

L’altro giorno stavo riflettendo su quali siano i negozi, le vetrine che guardo quando mi trovo in un centro cittadino e di conseguenza quale sia il mio personale livello di consumismo e mi sono reso conto di quanto poco sia ormai il mio interesse nei negozi dei centri cittadini.

Non che sia mai stato particolarmente interessato ma fino a qualche anno fa frequentavo alcuni tipi di negozi: innanzitutto i negozi di dischi, dei quali avevo sempre una mappa mentale abbastanza precisa ma da quando il senso dell’“acquisto” di musica si è perso io ho perso di vista questi negozi che poi via via sono praticamente tutti scomparsi.

Un’altra tipologia di negozi che ormai ho ormai praticamente perso sono i negozi di informatica: anche qui fino a qualche anno fa ero un frequentatore se non assiduo ma qualcosa del genere. E anche in questo caso hanno perso attrattiva via via che anche l’hardware ha perso interesse ai miei occhi, calo dovuto io credo alla mancanza di reali novità.

Fino a pochissimo tempo fa frequentavo moltissimo le librerie ma anche qui il mio interesse sta rapidamente scemando dato che anche qui il p2p sta facendo i primi sconquassi. Continuo a frequentarle ma praticamente compro solo libri per i bimbi.

Minimamente ho dato un’occhiata fugace ai negozi di strumenti musicali ma pur suonando da sempre sono sempre stato ben poco interessato all’aspetto “tecnico” della musica. E poi ormai anche questi stanno scomparendo e quindi il problema si porrà sempre meno.

E allora che ci vado a fare nei centri cittadini che ormai sono indistinguibili dai centri commerciali (nei quali peraltro non vado praticamente mai)? A prendere un gelato, un caffè o che altro, ad accompagnare mia moglie che almeno guarda le vetrine di abbigliamento, a cercare volantini di pubblicità di concerti, mostre o chissà quale altra attività non dovessi trovare su internet, a comprare legumi una volta al mese dall’unica civaiola rimasta nel centro di Firenze.

Niente altro.

E il peggio è che non mi sento neanche un caso isolato perché praticamente delle persone del mio giro nessuna frequenta più (o ha mai frequentato) il centro cittadino.

E allora mi chiedo: davvero “la città”, intesa come centro civico, non riesce a trovare il modo di tornare ad essere interessante per me? Questa cosa succede solo perché abito in una città il cui centro cittadino è uno stabilimento di turismo di massa oppure è comune anche ad altri centri?

Quello che so è che la città, ed in particolare la mia città, mi manca tanto e mi sento derubato di uno spazio che sentivo mio.

[2012-05-12 sab] La musica rock diventa seria?   Musica

È già un po’ di tempo che mi era parso di vedere le tracce di questo (orrendo?) cambiamento ma adesso ho avuto altre due prove: la musica rock sta seguendo la strada che il jazz ha percorso almeno trent’anni fa diventando una musica seria e intelligente.

L’altra sera sono andato ad un concerto di rock’n’roll suonato a tutta palla tecnicamente eccellente ed in generale ottima musica. L’unico problema è che il concerto si è tenuto dentro ad un museo d’arte, in mezzo alle sculture con un pubblico di trentenni

[2012-03-28 mer] Il promontorio   Storie

Ci separammo dagli altri decisi a raggiungere il promontorio.

Il sentiero che percorremmo era tanto accidentato che anche a piedi era decisamente una strada difficile.

Quando arrivammo là il panorama era veramente strano: quelle barche abbandonate in circolo e ormai quasi inghiottite dalla pietra apparivano come sculture casuali del vento.

“Non so perché ma mi ricorda il porto di Dogali. Te lo ricordi, vero? In Turchia quest’anno!”

Lei mi fece un cenno quasi più a volermi tranquillizzare più che a volermi confermare la mia impressione.

Ci avviamo verso il mare che già stava montando la tempesta che sarebbe arrivata puntuale in serata. Tornai indietro verso la fila di barche e vidi che la prima era un po’ più bassa, quasi a farne un gradino così decisi di utilizzarla per salire sopra e provare a vedere il panorama da sopra i tetti delle barche abbandonate.

Da lassù la salutai reggendomi alla Parete perché il vento cominciava a soffiare veramente forte.

“Sali su quella più alta che ti faccio una foto”.

Io riuscii a salirci ma lei non riusciva a scattare la foto un po’ a causa del vento, un po’ l’amaca con la bimba le impediva di reggersi. La lasciai ai suoi tentativi di reggersi in piedi e mi avviai ancora verso il mare lungo la fila delle barche camminando sui tetti delle cabine. Di lassù era già visibile la tempesta che si avvicinava dal mare e così mi resi conto che non avremmo fatto in tempo a rientrare prima di esserne colpiti.

[2012-03-13 mar] I miei eroi civili   Musica

L’altra sera ho provato un’emozione fortissima, praticamente mi sono messo a piangere, ascoltando un concerto di un antico gruppo di Firenze e ho avuto l’illuminazione di trovarmi difronte a persone che hanno un merito fortissimo che però non gli verrà mai riconosciuto.

Nel mio piccolo scrivo questo articolo per dare loro il riconoscimento ufficiale di miei personali eroi civili.

Mi riferisco ai gruppi musicali, nel caso in questione erano i Diaframma, i quali un tempo arrivarono ad un passo dalla “vera fama” ma che a quel punto hanno deciso di seguire la loro ispirazione, di continuare a cantare le proprie canzoni, come si suol dire con un’espressione abbastanza stupida rifiutandosi di svilire quello che avevano da dire per seguire necessità commerciali.

Sia ben chiaro e lo premetto fin da subito (che in questi ambiti ci si letica fin troppo facilmente), chi a quel momento ha fatto la scelta opposta e l’ha azzeccata (Litfiba?) starà benissimo e son contento per loro ma con quella scelta hanno anche perso la possibilità di rientrare in questa mia personalissima categoria, oltre che, purtroppo per me, di provocarmi interesse alla fruizione del loro lavoro.

Invece l’altra sera risentendo Gennaio suonata alla rassegna dedicata al Mucchio Selvaggio mi sono commosso sia perché la canzone mi piace tuttora tantissimo, ma anche perché vedere i Diaframma salire su un palco dopo una serie di gruppi musicali più o meno esordienti è veramente un bell’esempio. Amore per la musica, per l’Arte, per quello che si riesce a dire alle persone che ti ascoltano, un monte di cose belle.

Mi rendo conto che vista dalla parte di chi se la vive giorno per giorno non è per niente facile e i Diaframma l’hanno anche detto esplicitamente durante la presentazione del concerto e del loro appoggio alla rivista.

Il brutto è che si rischia che nessuno riconosca mai quello che questo tipo di persone fanno per la nostra vita, che tutto vada perduto banalmente perché dimenticato.

O anche peggio, che gli venga riconosciuto solo quando e se avranno bisogno di elemosina per sopravvivere.

Un augurio e un enorme riconoscimento da parte mia!

[2012-03-06 mar] Nessuna pietà neanche davanti alla morte   Media

Questa è l’ultima volta che scrivo che guardo poco la televisione.

L’altra sera c’era mia moglie che guardava un telegiornale della RAI. La notizia del giorno erano le elezioni russe vinte da Putin, notizia nella quale venivano indicate le “lacrime di Putin” senza spiegare niente per cui non ho capito assolutamente cosa volessero significare.

Ma la seconda notizia, il funerale di Lucio Dalla a Bologna, è stata data veramente in un modo vergognoso: mi riferisco a quando la giornalista ha parlato del discorso tenuto in piazza dal “migliore amico di Dalla”. Neanche davanti alla morte si ha pietà di una persona dicendo che quello che stava parlando era il suo amante da tanti anni, il quale appariva ovviamente affranto.

Niente, la televisione non ha alcun interesse nelle persone, siamo solo spettatori.

[2012-02-29 mer] La rinascita del Manifesto?   Media Politica

Tempo fa mi ero speso in tristi parole sulla sorte del secondo (in ordine cronologico ma primo sicuramente per importanza) quotidiano della mia vita.

Oggi leggo che forse hanno ancora qualche speranza, anche se da quel che riesco a leggere tra le righe, l’articolo è stato scritto più per questioni di lotte interne invece che di reale interesse alla possibilità di passare davvero nel 21° secolo.

[2012-02-29 mer] Il progetto della mia freedombox   FreedomBox

Provo qui a descrivere un po’ il mio progetto della mia freedombox, qual’è lo stato e quali sono i piani futuri.

La prima cosa da chiarire è che l’idea è nata molti anni prima dell’invenzione pubblica, anche se ovviamente il mio progetto era tutt’altro che un’idea chiara. Semplicemente volevo imparare a fare delle cose da solo per capire come funzionavano e poi, visto che c’ero, anche proteggere un minimo la riservatezza delle mie comunicazioni.

La mia idea, banalmente, si basa sulla disponibilità casalinga di un collegamento decente ad internet: decente significa costante e abbastanza ampio da permettermi di offrire alcuni servizi a me in primis e ai miei familiari, continuando ad usare la connessione ad internet per gli usi standard.

La prima cosa che ho realizzato, questa in effetti molti anni fa, è la posta elettronica. Sono ormai anni che ricevo in casa mia direttamente tutta la posta per il mio dominio, senza limiti di indirizzi o che altro. E con la posta elettronica è subito sorto il primo problema perché ormai sono molti anni che è praticamente diventato obbligatorio avere un ip fisso per poter spedire la posta e quindi la necessità di dipendere da un servizio esterno, nel mio caso mi appoggio a DynDNS (che già usavo da anni per avere un dominio raggiungibile sul mio ip). In ogni caso il servizio di posta elettronica è ormai assodato e decisamente efficace per tutti i familiari.

Dalla posta sono nati anche il servizio di lettura della posta via web e quella di piccole mailing list gestite tutte nel mio computer.

Un altro servizio che ho messo su da poco e che per ora sto usando praticamente solo io è la condivisione dei link, usando semanticscuttle.

Attualmente sto lavorando alla possibilità di mettere le fotografie familiari a disposizione mediante un sistema di album web che sia gestibile anche da altri e la mia idea sarebbe quella di usare piwigo, anche se per ora ho qualche problema con il pacchetto debian.

In futuro conto di attivare anche:

  • condivisione delle agende (via webdav?)
  • lettura dei feed rss (via tinytinyrss?)

Riporterò qui i risultati ottenuti.

[2012-02-26 dom] La mia freedombox   FreedomBox

Una cosa che voglio cominciare a riportare sono le cose che riesco a fare nel mio piccolo progetto che segue le orme di FreedomBox.

Il progetto generale non è che mi convinca moltissimo ma visto che ricalca quello che io stavo facendo già da tempo per i fatti miei provo a seguire un po’ i binari che loro stanno tracciando, cercando di capire quello che mi serve e riportarlo anche qui.

[2012-02-25 sab] La musica suonata e quella ascoltata   Personale Musica

Premessa: suono uno strumento da quando avevo circa dodici anni e probabilmente suonare è la cosa che faccio da più tempo nella mia vita dopo leggere e le ovvie altre cose fisiologiche. Di conseguenza considero di avere qualche forma di esperienza su questo argomento.

Proprio in questi giorni ho ricominciato a suonare in una piccola ma vecchissima banda, la banda di Campi e quindi ho cominciato a ripensare ad una considerazione che mi sono trovato a fare qualche tempo fa.

Adoro suonare il mio strumento anche se in verità le mie capacità in questo ambito siano sempre state poco più che amatoriali però devo riconoscere che mi piace di più ascoltare la musica anziché suonarla.

Molto probabilmente ascoltare la musica è una delle attività che più preferisco della mia vita, tanto da stare alla pari rispetto alla lettura e molto oltre a molte altre.

Però questa cosa non è tanto condivisa nell’ambiente che frequento perché ascoltare è sempre visto un po’ come il fratello scemo del suonare, come se fosse condiviso da tutti che suonare è molto meglio dell’ascoltare. Per me no, per me è assolutamente preferibile passare un pomeriggio ad ascoltare musica piuttosto che suonare: ascoltare mi permette di spaziare nel genere, nello strumento, nel musicista ;-) Ascoltare è un’attività che mi soddisfa tanto di più.

Anche da un punto di vista puramente logico questa cosa non mi torna perché se non c’è nessuno che ascolta che senso può avere suonare?

Invece appena parli con qualcuno che parla di musica subito vedi che cerca di capire se sei davvero in grado di parlarne, cioè se sei un musicista oppure no, un po’ come se solo i musicisti avessero ragione di parlare di musica.

Se la stessa cosa venisse pensata per la letteratura…

E invece, la voglio sparare grossa, devo riconoscere che spesso i musicisti sono quelli che conoscono meno la musica perché ne ascoltano pochissima altra che non sia la propria.

[2012-02-21 mar] Rinascita del blog   Personale Media

Finalmente sono riuscito a rimettere un po’ le mani al mio scrivere e pubblicare :-) perché mi rendo conto che fa piacere rileggere tante cose che ho scritto in questo mio spazio. Mi sono inoltre finalmente deciso ad abbandonare il motore di blog che ho usato fino a poco tempo fa perché tanto se non uso emacs io non scrivo e quindi lascerò un po’ di caratteristiche.

Ho anche trovato il tempo per risistemare un po’ la scheletrica struttura, che non credo rispetti alcuna norma di accessibilità, standard o che altro ma mi va benissimo così.

Attualmente la struttura è la seguente:

Benvenuto al nuovo blog!

[2012-02-12 dom] La morte del Manifesto   Media Politica

Tanti anni fa un mio amico di allora mi disse “mah, io leggo il Manifesto” facendomi accendere una lampadina in testa da lettore dell’Unità quale ero da tanti anni.

Cominciai a comprare i due quotidiani insieme per un po’ fino a quando non smisi di comprare l’Unità perché nel Manifesto avevo trovato veramente una sponda per le mia voglia di conoscere e capire. Ricordo ancora come mi lessi avidamente tutti gli inserti dedicati al ’68, anche se spesso non ci capivo gran che.

Comunque per molti anni il Manifesto è stato il mio compagno di letture veramente di tutti i giorni e di questo non posso che ringraziare chi si è dato da fare per mantenerlo in vita.

Però, come deve succedere, in questi anni sono cambiato e soprattutto sono cambiati i mezzi con i quali mi tengo informato. Probabilmente con qualche anno di anticipo rispetto a molti la rete per me è via via diventata la principale fonte di informazione (oltre che di intrattenimento) scalzando praticamente tutto: il Manifesto è rimasto l’ultimo per un bel po’ ma ormai sono anni che non lo compro più. Per un anno ho provato anche a fare l’abbonamento alla versione digitale ma alla fine restava lì senza che la potessi mai leggere perché il formato scelto, pdf, lo rendeva scomodissimo, ma soprattutto perché l’idea di un giornale scritto ora e pubblicato domani era diventata veramente obsoleta: mi trovavo a leggere notizie che avevo già letto qualche volta anche due giorni prima. Anche i commenti, se pur interessanti, arrivavano talmente “dopo” che spesso non risultavano neanche più interessanti.

E non sto parlando del fatto che anche politicamente ci eravamo un po’ allontanati, specialmente dalle elezioni che poi decretarono la scomparsa della sinistra nel parlamento italiano.

Quello che mi era sempre tornato poco nell’atteggiamento del giornale era la completa mancanza di riflessione sulla questione della rete, su quello che io ho seguito per tanti anni e che mi sembrava (la storia mi ha poi dato ragione) una novità assolutamente epocale, specialmente per coloro che si muovo nell’ambito della comunicazione.

Niente, il Manifesto sembrava completamente impermeabile all’argomento. Al di là di qualche “contentino” come inserti e che altro, fra l’altro politicamente assai discutibili (l’incanto per le modalità commerciali, tecniche, di immagine di Microsoft), restava questo enorme buco nero nella “realtà” coperta dal giornale: mai che abbia letto qualcosa di sensato sul p2p, sul software libero, sui nuovi media (social network e cloud non ne ho idea perché sono esplosi dopo che ho smesso di leggere il giornale), nessuna iniziativa tipo blog o edizione elettronica ragionevole. Niente.

Ora leggo che sta chiudendo ed è come leggere della morte di un lontano amico che sapevi malato di una malattia inguaribile: sei profondamente triste ma sapevi già da tempo che non aveva altra possibilità.

[2012-02-12 dom] La televisione al cinema   Media

Premetto che sono molti mesi che non mi capita proprio più di guardare la televisione e che già prima la guardavo molto raramente solo al lavoro. Quindi può darsi che quello che scrivo sia fuori tempo.

Quello che guardo molto volentieri sono i film, purtroppo in casa o simili perché il cinema mi spetta solo quello per bambini.

L’altro giorno mi è capitato di vedere un film americano nel quale c’era una scena classica, quella del tipo che va in televisione a parlare di sé e si vede che tira fuori il proprio intimo, parla veramente sinceramente.

E allora mi è venuto da chiedermi: perché quando la cosa succede nella televisione “vera” e non in quella immaginata la situazione diventa subito troppo artificiosa, con la persona che parla che automaticamente diventa assolutamente non credibile? Saranno gli abiti di scena che sembrano esattamente quello, saranno gli applausi. Non lo so.

Sicuramente la televisione immaginata è migliore di quella reale.

[2012-02-12 dom] Devo davvero (ri)cominciare a scrivere   Personale

Mi devo davvero sforzare perché sento come se il tempo mi stesse sfuggendo dalle mani senza compicciare poi gran che. Scrivendo invece ho sempre sperimentato che le idee mi si chiariscono e i progetti diventano più facili da seguire anche nel tempo, anche interrompendoli per un bel po’, cosa che mi succede quanto mai spesso visto che dare dietro ai figli è una cosa che prende tutto il tempo possibile.

In verità poi pensandoci non è che non stia compicciando niente. La verità è che non sto facendo niente per me direttamente, per i miei interessi ma sto facendo un sacco di cose anche complicate, delle quali sicuramente la più complessa è dare dietro ai figli. Inoltre il cambio di lavoro è stato decisamente faticoso e va avanti quasi da un anno.

Ore però la necessità di darsi da fare anche per me sta diventando sempre più impellente e devo darle dietro.

Il primo passo sarà quello di imparare a gestire questo blog davvero con emacs perché tutti gli altri sistemi che ho provato alla fine non mi si sono dimostrati così “portatili” come emacs e i suoi modi.

[2011-12-25 dom] La mia rivoluzione fallita (insieme a due maestri)   Personale Politica Media

Tempo fa scrivevo che anch’io ho partecipato ad una rivoluzione e adesso mi rendo conto che, come tutti i rivoluzionari, posso anche tranquillamente affermare che la mia rivoluzione è fallita. Sicuramente mi sento anche meglio potendo scrivere questo concetto perché mi toglie da un monte di responsabilità future :-)

Questa amara (?) considerazione mi è sorta l’altro giorno [2011-12-16 ven] quando con Franco Vite e Ferry Byte ho partecipato (per la seconda volta) ad una presentazione del loro libro Mela Marcia, questa volta in un centro sociale molto vicino a loro.

Ed è stato allora che mi sono reso conto che di quanto andavamo a discutere e pubblicizzare anni fa in relazione alla rete, alla rivoluzione che allora ci si stava parando davanti tanto si è realizzato ma che pochissimo siamo stati capiti e soprattutto seguiti: che di quello di cui parlavamo tutto si è realizzato nel modo peggiore che allora temevamo. E questo verificato in un ambiente che dovremmo sentire “vicino” al limite come attitudine fa sentire l’abisso che ci separa dalle “masse”.

Masse di utenti felici di google, di facebook e di chissà quali altri mostri mangia-vite.

Una nota a margine solo per ricordarmi che i due succitati rientrano nella mia personale categoria dei “maestri” per quanto mi hanno aiutato a diventare quello che sono.

Autore: Leandro Noferini

Email: lnoferin@cybervalley.org

Created: 2024-03-25 lun 20:01